News IT

Cocciante, 'non sono contro Sanremo ma serve un premio'


"Non è vero che ce l'ho con Sanremo, ma in Italia per la musica non può esistere solo quello". A dirlo è Riccardo Cocciante, oggi tra gli artisti intervenuti al secondo incontro al Mic, quello dedicato al settore musica, in vista della nascita del primo Codice dello spettacolo.
    "Alla musica italiana oggi servirebbero molte cose: protezione, innanzitutto, per gli artisti - dice - Dovremmo anche avere più posti per fare dei concerti, adatti. Invece siamo sempre in luoghi in prestito da qualcun altro, dallo sport ad esempio. Roma non ne ha uno degno per la musica popolare. La prova è che quando dovevamo portare qui Notre Dame de Paris, David Zard ebbe l'idea di creare un teatro, perché non si trovava un posto per 4mila spettatori. In Italia - prosegue - solo l'opera è l'unico tipo di musica protetto e accettato. È nostro patrimonio, assolutamente, ma dobbiamo proteggere anche la musica di oggi, che sarà quella di domani. E che non è 'musichetta', ma crea cose importanti. In Italia, poi - dice - manca un'educazione di base alla musica. Se non c'è, le nuove generazioni non sapranno neanche cos'è l'opera, né conosceranno i grandi compositori. E soprattutto - aggiunge - in Italia non abbiamo un premio alla musica, come i Grammy che danno riconoscenza a quello che è successo durante l'anno, perché noi cantanti siamo la punta dell'iceberg, ma sotto c'è una gran quantità di persone che lavora e che non vengono mao riconosciute. L'Italia è l'unico paese in Europa a non avere un premio del genere. No, non sono contro Sanremo - sottolinea - ma quello è un concorso. Deve esistere, però deve esistere anche il premio che vada a tutta la categoria della musica".
    E ancora, dice Cocciante, "molti la considerano musica leggera, 'musichetta'. Maestri come Mogol o Gino Paoli non hanno mai avuto un premio. L'underground in Italia così non è aiutato, non si fa sperimentazione, perché tutto nasce ed è pensato per andare a Sanremo. Penso anche al jazz, che invece è la musica che rimarrà del nostro secolo, così come le categorie non commerciali. Ecco - conclude - non siamo aiutati a esistere in quanto cultura popolare di oggi".