Emanuela Fanelli, mi godo il successo e quando finirà pazienza

Emanuela Fanelli, David di Donatello come miglior attrice non protagonista per C’è ancora domani di Paola Cortellesi e premio Nino Manfredi ai recenti Nastri d’Argento, si racconta.
A Vanity Fair dice: «Sono il frutto di una serata d’allegria dei miei genitori», dei «mille lavori che ho fatto» (call center, cameriera, baby sitter), delle difficoltà di lasciare quello di maestra d’asilo per inseguire il sogno della recitazione ma anche dell’importanza di saper aspettare il momento giusto.  E ancora: delle audizioni andate male, della nascita del suo rapporto con Paola Cortellesi, del perché il MeToo non ha funzionato in Italia e dell’essere single oggi.    

Un’audizione andata male?

«Sono stata scartata per In Treatment di Saverio Costanzo: è stata presa Giulia Michelini, che è bravissima e non lo dico per gentilezza. Questo mestiere mette a dura prova l’equilibrio personale, stuzzica l’ego e il narcisismo sia quando va tanto bene sia quando va tanto male. Mentre mi barcamenavo tra mille lavori, avevo il dubbio che stessi sprecando il tempo a inseguire una frustrazione invece di concentrarmi su qualcosa di più soddisfacente».

Adesso se lo chiede quanto durerà il periodo d’oro?

«Ho smesso. Perché devo farmi venire l’ansia? Oh senti, se dovesse finire domani è stato bello. Non volevo recitare per diventare famosa, nemmeno per i soldi: non li ho mai avuti, sono più libera perché non ho uno standard di vita altissimo e soprattutto sono stata felice anche quando mi arrangiavo e andavo in vacanza in tenda. Ora devo stare attenta: non sarà per sempre “il momentino carino” di Emanuela Fanelli, arriveranno altre attrici».

Se le dico Paola Cortellesi?

«Eh beh. Mi imbarazza parlare di lei, perché siamo davvero amiche e perché credo che quando verbalizzo certe cose perdano un po’ di valore. Ci siamo conosciute otto anni fa, abbiamo girato insieme Gli ultimi saranno ultimi, ci siamo state molto simpatiche e ogni tanto ci sentivamo. Un giorno mi ha chiamata: “Vieni che ti voglio raccontare il mio film”, sapevo che lo stava scrivendo. Alla fine del racconto ha detto: “Mi piacerebbe che Marisa fossi tu”. E io: «“Non lo fare perché mi vuoi bene”. Lei mi ha mandato a quel paese. L’ansia per me è stata doppia: non deludere un’artista stimata e l’amica mia».

A Cannes quest’anno c’è stata una ripresa del MeToo francese. Perché in Italia è caduto nel vuoto? 

«È rimasto confinato alle esperienze personali delle singole attrici, annacquato dal chiacchiericcio più o meno velato del: “Però sotto sotto ti ha fatto comodo”. Non c’era un clima di grande accoglienza delle testimonianze».

Lei ha subito molestie e comportamenti inappropriati?

«Sul lavoro mai, e so di essere stata fortunata. Nella vita sì, come temo sia successo a qualsiasi donna. Avevo 18 anni, ero in treno, stavo leggendo. È passato un uomo che mi ha dato una spinta con la mano, il tempo di alzare lo sguardo e l’ho trovato che si stava masturbando tra due vagoni. In genere sono molto reattiva, in quel caso mi sono paralizzata. Ero gelata. Quando ho fatto per alzarmi, lui è scappato. Mi sono seduta vicino a una signora, che mi ha confidato che le era accaduta una cosa simile».

Cambiamo argomento. L’anno scorso a Vanity Fair ha detto: «Devo trova’ sto fidanzato, così la prossima volta titolate: “Finalmente l’amore!”». Possiamo procedere?

«Purtroppo no, mi spiace, mi avete dato pure la copertina. Il nuovo titolo potrebbe essere: “Emanuela Fanelli non se la carica nessuno, nonostante tutto”. Non uso le app di incontri, mi imbarazza e mi annoia la fase della presentazione: di che cosa ti occupi, quali sono i tuoi hobby… Eppure, la maggior parte delle mie conoscenze si è fidanzata o sposata grazie a Tinder. Quando c’è qualcuno che mi piace, poi, entro in modalità “amica del calcetto”: non proprio la tecnica seduttiva più efficace. E agli appuntamenti tendo a esagerare con le battute, come se dovessi fare cabaret o animazione».

Desidera dei figli?

«Ho 38 anni, dovrebbe scattarmi l’orologio biologico. Invece no. Non che non li voglia categoricamente»

Sabrina Impacciatore: «È ora di smettere di considerare una donna completa solo se diventa madre».

«C’è un’altra cosa che bisogna smettere di fare: domandare perché non lo diventa. Sono questioni private. Stesso discorso per i commenti sull’aspetto fisico: basta parlare del corpo degli altri».

Emanuela Fanelli, mi godo il successo e quando finirà pazienzaultima modifica: 2024-07-30T22:24:54+02:00da newsconulana

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