L’impresa parrebbe difficile ma il fenomeno dei ‘sober bar’ (i bar sobri, dove si servono solo bevande analcoliche) cresce di anno in anno. Ce ne sono nelle principali metropoli americane, da New York a Los Angeles, da Orlando ad Austin e in quelle inglesi (dove fanno da contraltare ai rinomati pub che si riempiono il venerdì sera di clienti a caccia di ubriacature). A Parigi si segnala l’apertura del Déjà Bu, un bar dove si bevono Spritz, Gintonic e altri vini a zero gradazione alcolica. Inaugurano anche in Italia (l’ultimo a Torino) e i supermercati della penisola ampliano gli scaffali dedicati alle bevande analcoliche, inclusi i vini. Imprenditori e bartender coraggiosi accettano la sfida di proporre sempre più bevande, spumanti, birre, cocktail e aperitivi senza alcol in nome di una maggiore socializzazione tra avventori (bere senza gradazione alcolica aiuterebbe, assicurano) e per andare incontro alla richiesta crescente di chi non beve bevande alcoliche per credo religioso, malattie croniche (siamo un popolo che invecchia) e altre motivazioni personali. Infine per questioni di coscienza degli stessi gestori di bar perché c’è anche chi si sente in colpa nel servire bevande che fanno male alla salute e l’alcol è in cima alla alla lista delle sostanze tossiche, con il fumo e via dicendo.
“I sober bar ridefiniscono la vita notturna” titolava la Cnn segnalando l’apertura di un nuovo locale ad Austin, Texas, il Sans Bar. “Ogni venerdì, quando Chris Marshall apre il suo bar, riceve la stessa richiesta dai clienti: alcol, per favore. E ogni volta che qualcuno chiede un vodka tonic o un altro drink a lui familiare, deve ricordargli gentilmente che il suo bar, il Sans Bar, non serve alcolici” segnala l’emittente tv americana. “Posso sicuramente aiutarti con il tonico, non tanto con la vodka”, risponde Marshall che ha scelto di eliminare le bottiglie a gradazione alcolica con succhi, estratti, sciroppi, erbe, ginger beer , frutti, clorofilla, salamoia di verdure e così via. Per niente facile creare miscele saporite e spesso identiche ai cocktail più rinomati nel mondo.
Anche a Torino l’imprenditore Davide Piastra ha appena aperto un bar ‘no alcol’. ‘Atipico’ il nome, dove si servono cocktail alternativi ai classici superalcolici. Piastra ha deciso di convertirsi all’Islam e la scelta ha influenzato la sua carriera e il suo approccio imprenditoriale, dichiara lui stesso alla rivista di enograstronomia Gambero Rosso. Prima lavorava in un bar ma non si sentiva sereno nel servire persone che bevevano troppo. Piastra, con oltre 20 anni di esperienza nel settore, ha ideato così cocktail analcolici originali e simili ai classici oppure del tutto nuovo “Conosco i prodotti alcolici, – ha spiegato – ho fatto vari corsie la sfida è stata quella di mantenere l’intensità dei gusti per avere comunque l’impressione di bere un buon cocktail, come gin tonic, amaro lucano, spritz, cocktail al limoncello e negroni privi di gradazione alcolica e non accontentarsi della solita coca cola, crodino o tè freddo”. Naturalmente Piastra ha perso la fetta di clientela a caccia di ‘stonature alcoliche’ ma ne conquista un’altra.
I bar sobri sono anche detti ‘temperance bar’ ed il fenomeno non è per niente nuovo (risale addirittura al 1890 l’apertura della prima taverna senza alcol, è il Fitzpatrick’s Temperance Bar a nord di Manchester) ma il trend si sta consolidando di anno in anno perché cresce il consumo di bevande alcoliche e, di pari passo, anche quello delle analcoliche. In un sondaggio Gallup pubblicato le scorsa estate risulta che il 62% degli adulti (campione americano) sotto i 35 anni ha dichiarato di bere alcol, in calo di 10 punti percentuali rispetto a 20 anni prima. Senza contare che anche chi apprezza vini e apertivi a gradazione alcolica gradisce sorseggiare anche bevande alternative, ugualmente saporite ma con meno calorie o prive di effetti dannosi.