Sul K2 70 anni fa, un libro sulla montagna del mito

(di Maria Emilia Bonaccorso) STEFANO ARDITO K2. LA MONTAGNA DEL MITO (Solferino, pp. 368, 20,90 Euro).
    Settant’anni fa, il 31 luglio 1954, due alpinisti arrivati dall’Italia si abbracciano sugli 8611 metri del K2, la seconda cima della Terra. Lino Lacedelli è nato a Cortina d’Ampezzo, Achille Compagnoni, originario dell’alta Valtellina, è una guida alpina del Cervino.
    La vittoria non appartiene solo a loro, ma anche al capospedizione Ardito Desio, al Club Alpino Italiano che ha voluto e finanziato l’impresa,a gli altri alpinisti a iniziare da Walter Bonatti e dal portatore pakistano Amir Mahdi che affrontano un gelido bivacco a 8100 metri per portare l’ossigeno alla cordata di punta. E naturalmente a Mario Puchoz, uno dei componenti del gruppo, ucciso dal mal di montagna un mese prima della vittoria. La conquista del K2 non viene festeggiata solo sulle Alpi.
    Quando la notizia arriva in Italia il Parlamento interrompe i lavori, i quotidiani aprono con titoli a nove colonne, le campane delle chiese suonano da Torino a Trapani. A settembre, quando gli alpinisti sbarcano a Genova, sono attesi da 40.000 persone. Anche oggi, in tutta Italia, sono dedicati al K2 centinaia di bar, alberghi e ristoranti. Stefano Ardito, giornalista e storico dell’alpinismo, ha percorso più volte i sentieri e i ghiacciai del Karakorum, e ha intervistato Desio, Lacedelli, Bonatti e decine di altri protagonisti della storia del K2. Nel suo libro racconta della ricerca dei fondi, dell’aiuto del premier Alcide De Gasperi che vede nella spedizione del 1954 un’occasione per rilanciare l’immagine dell’Italia, della mobilitazione da parte di decine di aziende che forniscono cibo, abbigliamento e attrezzature.
    Dopo il ritorno in patria, finite le celebrazioni, si apre una fase di polemiche destinate a durare cinquant’anni, e che arrivano più volte nelle aule di giustizia. Bonatti, che accusa Desio, Compagnoni, Lacedelli e il CAI di aver nascosto il suo sacrificio, vedrà le sue posizioni accettate solo nel 2008. Il racconto di Stefano Ardito inizia con il gesuita pistoiese Ippolito Desideri che visita il Tibet nel Settecento, e prosegue con le mappe disegnate a metà del secolo successivo dai britannici, che temono un’invasione russa dell’India.
    L’alpinismo arriva nel 1909 grazie al Duca degli Abruzzi, al fotografo Vittorio Sella e alle loro guide di Courmayeur, poi 3 spedizioni a stelle e strisce (1938, 1939 e 1953) precedono la vittoria italiana. Nei decenni successivi il K2 viene salito molte altre volte, e sui suoi fianchi vengono tracciati altri itinerari. E’ una storia dove sfilano i migliori alpinisti del mondo ma non mancano le tragedie: quasi 200 vittime. Negli ultimi anni, com’è già accaduto sull’Everest, la seconda montagna della Terra diventa appannaggio dei cacciatori di record e delle spedizioni commerciali.
    C’è anche molta scienza, sul K2, ed è spesso tricolore. Il primo team di scienziati (topografi, glaciologi, studiosi del magnetismo terrestre) visita la zona nel 1913 insieme a Filippo De Filippi. Altri ricercatori arrivano nel 1929 con il Duca d’Aosta. La scienza italiana torna sul Karakorum nel 2004, quando una squadra di ricercatori accompagna le due spedizioni (una nazionale, l’altra ideata a Cortina) che portano dieci italiani sulla vetta. Negli anni successivi l’Italia e il Comitato Ev-K2-CNR avviano un’importante collaborazione con il Central Karakorum National Park. Anche in questi giorni, insieme alla spedizione delle alpiniste italiane e pakistane che puntano a toccare la cima 70 anni, cammina verso la base del K2 un gruppo di glaciologi.
   

Sul K2 70 anni fa, un libro sulla montagna del mitoultima modifica: 2024-06-24T12:34:37+02:00da newsconulana

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