Con la California che fa da apripista, gli Stati Uniti tentano una soluzione per arginare i milioni di tonnellate di vestiti smessi che finiscono nelle discariche dello Stato o in paesi in via di sviluppo. Il governatore Gavin Newson ha firmato una legge che impone l’onere del riciclaggio alle aziende che producono abiti, scarpe e tessuti (e i loro retailer) creando programmi per la raccolta, la riparazione e il riuso di questi materiali. Alcune catene si sono già mosse: H&M offre da tempo incentivi a chi porta nei suoi punti di vendita capi smessi. Altre, come Banana Republic, capitalizzano sul boom dell’usato nel nuovo punto di vendita a Soho: un vero e proprio viaggio nella memoria attraverso capi unici degli anni ’80 e ’90 pescati negli archivi che resuscitano, a prezzi compresi tra i 50 e i 1200 dollari, l’estetica del surplus militare mixato al safari per la generazione dei nipoti di chi all’epoca avrebbe potuto acquistarli.
Negli Stati Uniti ci sono oltre 25mila negozi dell’usato. Le vendite di capi di seconda mano sono aumentate dell’11 per cento nell’arco di un anno con un giro d’affari di 43 miliardi di dollari – ben oltre i 23 miliardi del 2018 – secondo un rapporto di ThredUp, una piattaforma online che lavora con grandi catene come Lululemon, J. Crew e Abercrombie & Fitch per rimettere in commercio i loro vestiti usati. Il mercato è differenziato: si va da catene nazionali come Goodwill, a piccole imprese e non profit con una vasta gamma di prezzi e stili: alti o molto alti in The RealReal che vende sul web pezzi usati di alta moda. Parlando di usato, però, il concetto dell’online non sempre funziona: “Il cliente vuole vedere, toccare e provare prima di acquistare”, ha spiegato al New York Times Richard Wainwright, un noto retailer di abiti vintage a Los Angeles.
Madewell, il gemello hip di J. Crew, vende nei suoi negozi jeans di seconda mano del brand lasciati dalle clienti. Intanto, a pochi passi dal Banana Republic di Soho, un H&M ha aperto quest’anno un nuovo negozio che include un angolo per capi di seconda mano “pre-loved”: l’installazione è stata creata da James Veloria, un designer con negozi a New York e Los Angeles.
L’esperimento, che raccoglie il testimone da spazi simili aperti dal colosso svedese del fast fashion a Londra e Barcellona, sembra essere “più produttivo” per metro quadro dello spazio riservato ai capi nuovi di zecca: “I giovani ci credono, non solo come forma di auto-espressione, ma anche per l’impatto sul pianeta e sul clima”, ha spiegato al Times Linda Li, capo del marketing per H&M America.