Matteo Garrone, a Berlino per gli European Film Awards (è in corsa con Io Capitano per miglior film e regia), nonostante il jet lag (viene da New York), si lascia andare a una lunga conversazione in cui parla del suo film, di cinema, sport e futuro. “Ho praticato tanti generi – dice nella hall di un albergo berlinese -, mi manca solo un film di sport, genere su cui sono state già fatte tante opere straordinarie, penso a Rocky, a Million Dollar Baby e a Toro Scatenato”. Il suo prossimo film potrebbe allora essere dedicato allo sport? “Perché no, ma sempre nella prospettiva di raccontare una condizione umana che è un po’ la mia filosofia. A proposito di sport, anni fa ho tentato di comprare i diritti di Open di Andre Agassi, ma non me li hanno dati, sarebbe stato stupendo raccontare la sua fantastica storia – dice il regista che ha un passato di enfant prodige del tennis -. A me lo sport commuove, mi capita anche di fronte a una corsa di atletica. Non ci posso fare nulla”.
E tornando al suo passato di promessa del tennis all’età di undici anni racconta: “Al Fleming un mito come Borg mi ha guardato giocare per circa trenta secondi e poi mi ha anche regalato una sua racchetta firmata che ovviamente ancora posseggo”. Perché smise di gareggiare? “A un certo punto ho capito che c’erano atleti più giovani di me che mi avevano superato, capii che era ora di smettere, anche se c’è stato un momento in cui ero ai primi posti in classifica e si scommettevano bei soldi sulla mie partite”. Nessun pentimento? “Nessuno. Se avessi continuato mi sarei ritrovato a fare il maestro di tennis come è capitato a molti miei amici di allora”. E ancora sullo sport racconta: “Al Festival di Marrakech ho parlato a lungo con Mads Mikkelsen, anche lui ex atleta (è stato prima ginnasta e poi ballerino, ndr), che rimpiange ancora il suo passato di sportivo e che mi ha detto: solo quando smetto di recitare sono felice”. Infine, da Garrone che agli Efa, considerati gli Oscar eurpei, ha già vinto nel 2008 con Gomorra per film e regia, un parallelo tra essere regista e sportivo: “Entrambi sono lavori individuali, singoli, che richiedono una gran fatica e in cui è importante la componente agonistica”.
Quanto alla promozione negli Usa di Io Capitano, che l’Italia ha designato per la corsa agli Oscar come miglior film internazionale, sottolinea ancora il regista: “Abbiamo avuto solo reazioni positive, anche perché l’America è fondamentalmente una terra di migranti e poi questo film piace, perché è un viaggio epico, racconta la schiavitù moderna”. Il regista ricorda poi di aver presentato quest’opera difficile, in lingua originale sottotitolata, in ben settantacinque sale italiane sempre con grande successo e fa notare come ci siano, ad oggi, prenotazioni per le scuole fino a marzo. Io Capitano, che uscirà nelle sale Usa nel 2024 con Cohen Media, sarà distribuito in ben venti paesi africani e ci sarà poi eccezionalmente uno screening privato Pixar a San Francisco. Paolo Del Brocco, Ad di Rai Cinema, sottolinea a Berlino che nel caso in cui il film riuscisse ad entrare nella shortlist dei quindici finalisti per gli Oscar (lo si saprà il 21 dicembre), oltre a quello del MiC, potrebbe avere il sostegno anche di grandi aziende nazionali. “Alcune hanno già risposto con entusiasmo – dice Del Brocco -. Un caso unico, che vedrebbe per la prima volta aziende e istituzioni, tra le più rappresentative del nostro Paese, unite per un progetto comune, di grande rilievo sociale e culturale”.