«Il mio personaggio è arrabbiato e ha il coraggio di esserlo, di reagire, cosa che spesso le donne non fanno per paura di esporsi». Il “girl power” della commedia action che l’attrice-regista Michela Andreozzi sta finendo di girare a Gaeta è già tutto in questa battuta di Ilenia Pastorelli, che dopo l’exploit con Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e la conferma con Benedetta follia di Carlo Verdone è entrata a far parte della banda delle Brave ragazze. Opera seconda per la regista dopo Nove lune e mezzo – «ma per me è un nuovo primo film, perché questo è il primo che ho scritto», dice Andreozzi – il film è ispirato alle vicende reali di quelle che furono ribattezzate le “Amazzoni di Vaucluse”: un gruppo di donne disperate che, trenta anni fa vicino ad Avignone, misero a segno otto rapine travestendosi da uomini. Andreozzi ha portato la storia in Italia e l’ha ambientata all’inizio degli anni 80 riunendo Serena Rossi, Ambra Angiolini, Silvia D’Amico e, appunto Ilenia Pastorelli, «che, tra tutte, è la più impulsiva, una mina vagante», ha sottolineato Andreozzi. A cercare i (anzi le) responsabili di queste rapine è il commissario Gianni Morandi, interpretato da Luca Argentero in versione Tom Selleck di Magnum P.I. per «un’avventura di bigodini e pistole, una storia rock al femminile», come la sua autrice ha definito Brave ragazze, la cui uscita è prevista per marzo.
Ilenia, cosa l’ha convinta a partecipare a questo film?
«Il mio sogno, da grande, era di fare una rapina e ora finalmente sto capendo come si fa. Mi piace molto che in questa storia le donne facciano una cosa che solitamente fanno solo gli uomini. Mi ricorda il cartone animato Occhi di gatto».
E il suo personaggio, Chicca, com’è?
«Chicca è una ragazza borderline su molti fronti. È irascibile, arrabbiata con la vita ed è alla ricerca della sua identità, anche sessuale. È un personaggio ricco di sfaccettature, non è lineare, ha degli alti e bassi pazzeschi. È orfana e ha avuto una vita difficile insieme alla sorella, interpretata da Silvia D’Amico: io e lei viviamo insieme, non abbiamo una famiglia e ce la siamo sempre cavata da sole. Siamo riuscite a farcela solo grazie a queste amiche, sono loro la nostra famiglia».
C’è un personaggio vittima di violenza domestica, un altro che è stato abbandonato… Eppure è una commedia.
«Il motivo per cui ho voluto fare Brave ragazze è proprio questo: quando ho letto la sceneggiatura, ho visto che ogni personaggio vive un dramma, ma tutto è raccontato in chiave di commedia. È come quando guardi la vita attraverso la carta rossa delle caramelle Rossana… È un’altra cosa».
Come se l’è cavata con le scene d’azione?
«Le rapine sono state faticose, soprattutto la prima. Come le donne della storia reale, anche noi abbiamo faticato a capire come si fa una rapina. Facevamo le prove a casa dicendo “tutti giù per terra”, ma quasi come fosse la filastrocca dei bambini. Dovevamo anche essere credibili come uomini, ed è stato complicato. E poi, anche se fai finta, fare una rapina fa un certo effetto: entri in banca, stanno tutti zitti e si accucciano, è stata una sensazione forte».
Ci si ritrova nella ribellione “alternativa” di queste donne?
«Stavolta sto facendo un personaggio molto distante da me. Io nella vita sono molto più diplomatica, anche se ho un forte senso di giustizia. Quando nella vita capitano cose che non mi sembrano giuste, anch’io sbotto a livelli esagerati, ma poi mi passa subito, non sono una che porta rancore. Chicca è più rancorosa di me».
Lei è romana. Cosa la fa arrabbiare della sua città? E cosa ama?
«La Roma che preferisco è quella delle periferie, fuori dal Raccordo. Una Roma abbandonata ma piena di poesia più del centro. Il centro è per i turisti, viene curato un po’ di più ma nemmeno poi tanto: guarda Largo Argentina con l’erba alta due metri e dentro un convitto di gatti. È tutto in abbandono».
Nella periferia, invece?
«Nella periferia c’è un degrado palese, ma c’è anche il tentativo degli abitanti di migliorarsi, a Tor Bella Monaca, ad esempio, c’è uno street artist che ha fatto un bel murale di Jeeg Robot».
Sta lavorando molto, ci sono ben tre suoi film in uscita…
«È vero, sono in Cosa fai a Capodanno?, in cui interpreto un personaggio con un’ingenuità che conosco, ma che poi ha un risvolto improvviso, inaspettato. È una donna che non ha stima per se stessa, non si trucca e anzi si imbruttisce, si mette maglioni larghi per non apparire… e poi cambia tutto. In Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno faccio tutto il contrario, ovvero il personaggio che in Romanzo Criminale si chiama Patrizia: una ragazza sensuale e avvenente che manipola gli uomini con il sesso… lei ci riesce, beata lei, io no.
E poi c’è Chicca…
«Sì, in questo film, interpreto un ruolo ancora diverso: una che non sa chi è né cosa vuole, sa solo che vuole scappare da se stessa»