Favoscuro
Tra i boschi gelidi della montagna abbiamo consumato l’agnello,
e la neve scendeva lentamente e copriva pure le ombre,
e la nebbia negava il mio vero nome.
Tra i boschi gelidi della montagna
ti pensavo incessantemente
e di te rimaneva soltanto l’universo
delle parole,
inossidabili al tempo, impavide nello spazio.
Parole bisbigliate, deliranti, mormorate,
recitate, apostrofate, vociferate.
L’universo delle parole si polverizza, si disperde e ritorna
con mulinelli colorati, con uno schianto di immagini
nella mente.
Parole dette, parole cantate, parole flebilmente suonate,
che scendono flessuose sulle tue tempie,
come graffi indelebili invadono l’anima, come vitreo sudore scivolano piano che
sembrano la nenia.
Le note suadenti non sono precise,
piuttosto blaterate di un suono fischiato, sonnolento,
come acqua di fonte.
Una polvere sottile copre il passato, ma guarisce le ferite,
emergono ricordi e voci lontane a comporre il quadro di pace.