Parlamento europeo: -30% emissioni CO2 nel 2030 e nuovo piano riforestazione

Approvati due regolamenti per ridurre le emissioni da agricoltura, edilizia, trasporti e rifiuti, nonché per nuove misure per garantire che la deforestazione sia bilanciata da nuovi alberi.

Un nuovo impegno per ridurre le emissioni CO2 del 30% entro il 2030 da agricoltura, edilizia, trasporti e rifiuti e nuove misure per ridurre le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo e dalla silvicoltura e per aumentare il livello delle emissioni assorbite dalle foreste. Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva questi due regolamenti per potenziare l’impegno in vista dei target fissati dall’Accordo di Parigi sul clima.

Toccherà ora al Consiglio approvare entrambi i testi prima che possano entrare in vigore. Questi obiettivi europei dovranno poi essere trasformati in obiettivi nazionali vincolanti per i settori non coperti dalla corrente Sistema di Scambio di Emissioni (ETS – Emission trading system), quindi l’agricoltura, i trasporti, l’edilizia e rifiuti. Settori  che insieme rappresentano circa il 60% dell’UE le emissioni di gas serra. Il primo regolamento è il Climate Action Regulation (CAR), conosciuto anche come Effort Sharing Regulation, e stabilisce un taglio del 40% delle emissioni di gas serra in tutti i settori non ETS entro la fine del prossimo decennio, rispetto ai livelli del 1990.

La seconda normativa ha il duplice scopo di ridurre le emissioni di gas serra derivanti dall’uso del suolo e dalla silvicoltura e di aumentare il livello delle emissioni assorbite dalle foreste per far fronte ai cambiamenti climatici. Oggi infatti le foreste dell’Unione europea assorbono l’equivalente di quasi il 10% del totale dei gas a effetto serra prodotti dall’Unione ogni anno. In base alla legge approvata, i Paesi dell’Ue dovranno garantire che la deforestazione sia bilanciata da nuovi alberi. Sono inoltre state introdotte misure per promuovere l’assorbimento di CO2 delle foreste, delle coltivazioni e dei pascoli. Entro il 2030, gli Stati membri dovranno impegnarsi affinché l’assorbimento di CO2 superi le emissioni, in linea con gli obiettivi a lungo termine dell’Ue e con l’Accordo di Parigi.

 

Fonte: http://www.rinnovabili.it/

Portogallo da record: l’energia verde prodotta supera i consumi del Paese

  • Il sorpasso a marzo: l’energia prodotta da fonti rinnovabili superiore all’intero fabbisogno del Paese.

    Record green per il Portogallo. A marzo l’energia elettrica prodotta dalle sole energie rinnovabili è stata superiore all’elettricità complessiva consumata nel Paese. Stando all’associazione portoghese per le energie rinnovabili (Apren), che cita i dati della Rete energetica nazionale, il mese scorso le fonti pulite hanno generato 4.812 gigawattora di elettricità, il 103,6% rispetto ai 4.647 gigawattora consumati nel Portogallo continentale.

    La generazione da fonti rinnovabili non è stata comunque costante nel corso del mese, per cui in alcuni periodi il Paese ha dovuto fare ricorso alle fonti fossili. Nel dettaglio, la produzione elettrica da fonti verdi ha toccato il suo minimo il 7 marzo, quando ha fornito l’86% dell’elettricità complessiva consumata in Portogallo, e il suo massimo l’11 marzo, quando ha generato una quantità di energia pari al 143% della domanda.

    Tra le fonti, l’idroelettrico ha soddisfatto il 55% del fabbisogno e l’eolico il 42%. Nell’insieme le energie ‘green’ hanno evitato l’immissione in atmosfera, a marzo, di 1,8 milioni di tonnellate di CO2, evidenzia l’associazione, secondo cui entro il 2040 le fonti rinnovabili saranno in grado di soddisfare interamente il fabbisogno del Portogallo continentale

    Fonte: http://www.repubblica.it/

Grazie a Winnebago la propulsione elettrica debutta nei camper.

Presentati negli Stati Uniti due motorhome EV da 10 e 11,6 metri.

ROMA – Anche il mondo dei camper e dei veicoli da campeggio strizza l’occhio alla elettrificazione, non solo per eliminare l’impatto ambientale nei trasferimenti verso le località turistiche, ma anche per ridurre le emissioni dei mezzi quando sostano nei parcheggi, spesso all’interno di parchi naturali o zone di rispetto ambientale.

Un decisivo contributo a questo trend, che si sta evidenziando negli Stati Uniti, arriva dal colosso Winnebago – è nato nel 1958 ed è il numero 1 del settore -, che ha stretto un accordo con la Motiv Power Systems, azienda specializzata nella conversione ‘elettrica’ di autotelai di truck di medie dimensioni.

Il risultato sono due famiglie di motorhome (mezzi che hanno una carrozzeria completamente ridisegnata, mentre gli autocaravan conservano la cabina e i camper tutta la carrozzeria d’origine del furgone) con lunghezza di 33 e 38 piedi, rispettivamente 10 e 11,6 metri. Il telaio di questi mezzi viene modificato per ospitare batterie di ogni tipologia, da quelle al piombo al litio.

Nel caso, ad esempio, del motorhome realizzato da Winnebago sul telaio Ford F53 modificato da Motiv, l’autonomia 100% elettrica può variare fra 85 e 125 miglia (140-200 km), che è ancora inadeguata ai grandi spazi degli Stati Uniti, ma che – secondo l’azienda – può essere ideale per una vacanza ‘slow’, con soste frequenti ad ammirare i panorami e, naturalmente, rifare il pieno di energia.

Biometano, il decreto apre le porte all’economia circolare

Promuove la gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti.

Biometano fa rima con economia circolare: da un lato lo sviluppo di iniziative ad hoc per una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti, che da scarti diventano ‘carburante’, e dall’altro si ottiene la stessa cosa nella chiusura del ciclo delle acque, con l’uso dei fanghi dei reflui della depurazione. Questo il senso del convegno, a Roma, nella sede del Gse (Gestore dei servizi energetici) sul nuovo decreto per il biometano che punta alla sua “promozione” e all’uso di “altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti”, con l’obiettivo di sostenere “la creazione di una filiera nazionale per la produzione”.

A livello europeo l’Italia è oggi il secondo produttore di biogas dopo la Germania; per il biometano però i Paesi con il maggior numero di impianti di produzione sono Germania e Svezia, rispettivamente con circa 180 e 60 impianti, seguiti dal Regno Unito (37) e Svizzera (24). In Italia, per esempio, con l’utilizzo integrale della Forsu (Frazione organica del rifiuto solido urbano) da differenziata sarebbe possibile produrre circa 400 milioni Sm3 (Standard metro cubo) all’anno corrispondenti a quasi il 40% di gas naturale attualmente utilizzato nei trasporti. E ipotizzando alcuni scenari risulta che oltre il 50% delle province italiane possiede la materia prima necessaria ad alimentare almeno un impianto di produzione di biometano.

Il biometano è un combustibile ottenuto dal biogas che, dopo alcuni trattamenti chimico-fisici, può esser immesso nella rete del gas naturale. I vantaggi ambientali – viene osservato – sono nella riduzione delle emissioni di gas serra, oltre che nello sviluppo di zone agricole che possono contribuire ‘offrendo’ materie prime (scarti, rifiuti animali e organici).

In Italia ci sono già esperienze virtuose legate allo sviluppo della filiera, con esempi a livello locale dove il biometano viene prodotto dalla gestione dell’umido raccolto sul territorio in modo differenziato, poi utilizzato dalla società di trasporti locale per alimentare i mezzi di trasporto pubblico urbano e di raccolta dei rifiuti. Ma anche applicazioni in fase di sviluppo, come la prima iniziativa del settore agricolo: il biometano, prodotto dai liquami provenienti dall’allevamento zootecnico aziendale, potrà esser utilizzato per alimentare le macchine agricole e i mezzi di movimentazione dei prodotti.

Sono previsti degli incentivi dal Gse ai produttori di biometano: per quello immesso al consumo nei trasporti o attraverso i distributori è previsto il rilascio dei Certificati di immissione in consumo (Cic), calcolati secondo le procedure del Gse; per i produttori di biometano avanzato il riconoscimento è di 375 euro per ogni Cic (un incentivo che ha una durata massima di 10 anni), a cui si aggiungono maggiorazioni legate agli impianti; c’è anche la possibilità del ‘ritiro’ da parte del Gse, anche per una parte della quantità, del biometano avanzato. Inoltre il Gse aggiorna e pubblica le procedure operative, un contatore per il monitoraggio del raggiungimento del limite massimo posto dal decreto di 1,1 miliardi di Smc/anno, le graduatorie con l’elenco degli impianti ammessi all’incentivazione e un bollettino informativo sugli impianti. A poter usufruire degli incentivi sono i nuovi impianti di produzione di biometano che entreranno in esercizio dopo l’entrata in vigore del decreto ed entro il 31 dicembre 2022, e quelli esistenti riconvertiti parzialmente o totalmente entro la stessa data, anche con incrementi di potenza. Possono accedere agli incentivi anche gli impianti di produzione di biocarburanti avanzati diversi dal biometano che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2022. Per gli impianti di produzione di biogas riconvertiti a biometano, e già incentivati sulla produzione elettrica, il periodo di diritto è uguale a quello per gli impianti nuovi con alcune distinzioni sulle quote.

Artico senza inverno, in 3 giorni sciolta un’area grande come la Gran Bretagna.

Il picco di estensione invernale dei ghiacci dell’Artico è già stato toccato due settimane fa: appena 13,87 milioni di kmq, il secondo peggior risultato di sempre.
(Rinnovabili.it) – Tutti gli indicatori puntano in una direzione: il picco di estensione dei ghiacci dell’Artico è già stato toccato due settimane fa. Solo negli ultimi tre giorni, infatti, si sono sciolti 262mila kmq di calotta polare, una superficie maggiore di quella della Gran Bretagna. E il dato registrato dalle rilevazioni satellitari della Japan Aerospace Exploration Agency è pessimo: appena 13,87 milioni di kmq. Si tratta del secondo peggior risultato di sempre, battuto solo dal 2012, l’annus horribilis per il Polo Nord. E il terzo e quarto dato più basso della storia risalgono rispettivamente al 2015 e al 2016, disegnando così un trend marcato nello scioglimento dei ghiacci.
Per avere la conferma definitiva, comunque, bisognerà aspettare i dati della fine del mese, periodo che gli scienziati prendono convenzionalmente come riferimento per fare il bilancio sull’inverno artico, quando il Polo Nord ricostituisce la sua coltre ghiacciata. Sempre comunque improbabile un’inversione di tendenza nei prossimi giorni, visto che le temperature del Polo Nord sono stabilmente sopra la media stagionale –nell’ultima settimana di 4,5-5,4°C – e arrivano perciò pericolosamente vicino allo zero termico.
D’altronde non sono mancati gli allarmi già nei mesi scorsi: ondate di calore eccezionali e anomalie termiche protrattesi per settimane hanno più volte portato il Polo Nord a sciogliersi, piuttosto che a ghiacciare nuovamente. A gennaio la colonnina di mercurio era salita anche 28°C oltre la media e a fine mese mancavano all’appello 1.571 km cubi di ghiaccio (il 10%) rispetto a gennaio 2013, il mese in cui l’Artico aveva toccato il fondo.
Il calo più sensibile rispetto alla media storica è stato registrato nei mari di Bering e Okhotsk. Ma nei prossimi giorni potrebbe aggiungersi anche il versante atlantico dell’oceano artico, dal momento che il ghiaccio in quel quadrante appare particolarmente sottile. Altre zone di ghiaccio in prossima ritirata potrebbero essere quelle del mare di Kara, chiuso a nord dall’arcipelago russo di Novaya Zemlya.
Lo scioglimento dei ghiacci artici ha conseguenze sull’andamento del clima a livello globale, oltre a mettere a repentaglio gli ecosistemi marini e terrestri dell’area e aggravare le difficoltà per i circa 5 milioni di abitanti delle terre artiche.

Anche l’Antartide si scioglie: record negativo per i ghiacci.

Battuto il risultato del 1997: i ghiacci marini sono appena 2,28mln di kmq. Dati che confermano l’inversione di tendenza per il Polo Sud.
(Rinnovabili.it) – I dati satellitari confermano quello che i climatologi avevano previsto da mesi: anche l’Antartide si sta sciogliendo. Non solo, i ghiacci del Polo Sud hanno appena fatto registrare il record negativo di estensione. Il 13 febbraio la coltre ghiacciata che ricopre parte dell’Oceano attorno al continente era di appena 2,28 milioni di kmq. Battuto, seppur di poco, il primato precedente che risaliva al 27 febbraio del 1997, quando la superficie marina ghiacciata era scesa a 2,29 mln di kmq.
È quanto emerge dalle rilevazioni satellitari condotte dal National Snow and Ice Data Center degli Usa (NSIDC), uno degli istituti più prestigiosi nel monitoraggio scientifico dell’andamento dei ghiacci del Pianeta. Sebbene si tratti, a questo stadio, soltanto di dati preliminari, difficilmente potranno variare di molto. Infatti il Polo Sud tende a raggiungere la sua estensione annuale minima alla fine di febbraio, nel culmine dell’estate australe. Le prossime settimane potranno quindi soltanto confermare il nuovo record negativo, basato sul confronto con la banca dati del NSIDC attiva fin dal 1979.
Anche se la variazione rispetto al 1997 è davvero minima, il risultato è da tenere da conto. Infatti l’Antartide, fino a questo momento, era riuscito a evitare la tendenza che caratterizza invece l’Artico, dove i ghiacci sono da anni in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale e dell’aumento delle emissioni di gas serra. Anzi, negli ultimi anni il Polo Sud aveva fatto registrare anche risultati in controtendenza, aumentando addirittura la sua superficie marina ghiacciata. Un fatto, questo, che molti scettici del clima usavano per confutare l’esistenza del riscaldamento globale.
“Abbiamo sempre ritenuto che l’Antartide fosse l’elefante addormentato che poteva iniziare a risvegliarsi – commenta il direttore dell’NSIDC Mark Serreze – Bene, forse sta iniziando adesso”. Una situazione che negli ultimi mesi era stata prevista dagli scienziati. Mentre il 2016 si avviava a diventare l’anno più caldo della storia, nel dicembre scorso proprio l’NSIDC avvertiva che complessivamente, tra Polo Nord e Polo Sud, mancavano all’appello 3,8 milioni di kmq rispetto all’estensione media del periodo di riferimento 1981-2010 – cioè un’area grande 13 volte l’Italia – e che anche l’Antartide aveva iniziato a sciogliersi. Dato che le rilevazioni delle prossime due settimane potranno confermare in via definitiva.

India, piantati 50 milioni di alberi in un solo giorno!

Nello stato dellʼUttar Pradesh sono stati piantati milioni di alberi in 24 ore nell’ambito di un progetto di riforestazione e lotta all’inquinamento.
Un’impresa titanica e di grande impatto, per lanciare un segnale forte ed entrare nel libro del Guinness dei Primati. Nello stato dell’Uttar Pradesh, uno dei più popolosi dell’India, sono stati piantati oltre cinquanta milioni di alberi in una sola giornata. Il primo albero è stato piantato, alle cinque del mattino dello scorso lunedì, dal primo ministro Akhilesh Yadav, dopodiché è toccato a centinaia di migliaia di persone piantumare milioni di piantine di ottanta specie diverse di alberi distribuite dalle autorità.
Nello stato dellʼUttar Pradesh sono stati piantati milioni di alberi in 24 ore nell’ambito di un progetto di riforestazione e lotta all’inquinamento.
Un’impresa titanica e di grande impatto, per lanciare un segnale forte ed entrare nel libro del Guinness dei Primati. Nello stato dell’Uttar Pradesh, uno dei più popolosi dell’India, sono stati piantati oltre cinquanta milioni di alberi in una sola giornata. Il primo albero è stato piantato, alle cinque del mattino dello scorso lunedì, dal primo ministro Akhilesh Yadav, dopodiché è toccato a centinaia di migliaia di persone piantumare milioni di piantine di ottanta specie diverse di alberi distribuite dalle autorità.
Oltre 800 mila persone hanno preso parte all’iniziativa, tra cui studenti, legislatori, funzionari governativi, casalinghe e volontari provenienti da organizzazioni non profit, piantando gli alberelli nei punti designati, lungo strade di campagna e autostrade, binari e terreni forestali.
Alberi contro lo smog.
L’iniziativa è nata per cercare di contrastare l’inquinamento che affligge l’India, uno dei paesi più inquinati al mondo, e per avviare un intenso processo di rimboschimento e di conservazione dell’ambiente, come parte degli impegni assunti al vertice sui cambiamenti climatici svoltosi lo scorso dicembre a Parigi. “Il mondo ha capito che sono necessari seri sforzi per ridurre le emissioni di carbonio per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, Uttar Pradesh ha fatto un grande passo avanti in questo senso”, ha dichiarato il primo ministro Akhilesh Yadav.

Unicef, sono 300 milioni i bambini che respirano aria tossica!

Trecento milioni di bambini nel mondo pari a quasi uno su sette, respirano aria “tossica”, vivono in luoghi in cui i livelli di inquinamento sono sei volte più alti degli standard fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Complessivamente i bambini esposti ad aria inquinata sono due miliardi e di questi un terzo vive nell’India settentrionale e nei Paesi vicini, con gravi rischi per la salute a causa di possibili danni a polmoni, cervello e altri organi. A lanciare l’Sos è un rapporto dell’Unicef pubblicato oggi.

I dati vengono diffusi a una settimana dal via alla conferenza sul clima Cop22 di Marrakesh, in Marocco, cui l’Unicef chiede di prendere misure urgenti per ridurre l’inquinamento atmosferico. Questo, spiega in una nota Anthony Lake, direttore esecutivo Unicef, “è uno dei principali fattori di morte per circa 600 mila bambini sotto i 5 anni e minaccia vite e futuro di altri milioni di minori ogni giorno”.

Le immagini satellitari analizzate dal rapporto “Clear the Air for Children” confermano che circa 2 miliardi di bambini respirano aria inquinata, per lo più a causa delle emissioni dei trasporti, dell’uso massiccio di combustibili fossili, della combustione di rifiuti. Vivono in luoghi che superano i livelli minimi di qualità dell’aria stabiliti dall’Oms. Il triste primato va all’Asia meridionale, dove 620 milioni di bambini sono interessati. A seguire l’Africa con 520 milioni e poi la regione dell’Asia orientale e Pacifico con 450 milioni di bambini.

BOTTIGLIE DI PLASTICA: QUALI RESPONSABILITÀ?

Sotto accusa le bottiglie di plastica che, secondo una ricerca, potrebbero causare cancro, diabete, deficit dell’attenzione, iperattività e autismo. Secondo una ricerca della NYU Langone, l’acqua delle bottiglie di plastica conterrebbe delle molecole che possono causare gravi patologie.
Tali molecole sono conosciute come EDC, Endocrine Disrupting Chemicals, un gruppo di sostanze chimiche conosciuto da tempo per essere in grado di interferire con il funzionamento del sistema endocrino. Tra gli effetti finora osservati, oltre ad un aumento della probabilità di sviluppare tumori, vi sono alterazioni della fertilità e del metabolismo, l’incremento di aborti, di difetti morfologici o funzionali alla nascita.
Il problema è che li introduciamo nel nostro organismo attraverso migliaia di prodotti che utilizziamo tutti i giorni, dai contenitori di plastica a quelli di metallo, dai detergenti ai cosmetici, fino anche ai giocattoli dei bambini: cosa piuttosto allarmante vista la presenza, come detto in precedenza, di autismo e deficit dell’attenzione ed iperattività tra gli effetti collaterali provocati dall’esposizione.
Il lato paradossale della faccenda, così come evidenziato dai ricercatori americani, è che composti chimici come gli ftalati ed il bisfenolo A vengono utilizzati perché le industrie li trovano utili e convenienti: tuttavia
L’argomento è anche stato trattato da Report, il programma condotto da Morena Gabanelli, che ha messo sotto accusa tutti i contenitori in plastica per alimenti. Secondo gli esperti, i materiali di plastica, perlopiù contenitori, possono rilasciare una parte delle sostanze di cui sono composti. Tra queste ci sono sia il Bisfenolo A che gli Ftalati, due sostanze che secondo diversi dottori ed esperti di alimentazione sono molto nocivi per la salute dell’uomo.