Gli scienziati dell’Università della California a San Francisco ritengono che indossare una maschera possa essere paragonato all’effetto dell’immunizzazione con un vaccino debole.
I ricercatori suggeriscono che la maschera, filtrando grandi goccioline contenenti particelle di coronavirus, riduca così la dose di SARS-CoV-2 che una persona che indossa una maschera riceve se c’è un paziente con COVID-19 nel suo ambiente. Di conseguenza, la dose di virus ricevuta da chi indossa la maschera sarà minima. Con un’adeguata reazione del sistema immunitario, il corpo acquisisce familiarità con il virus, ma potrebbero non esserci sintomi di infezione.
Se questa teoria è confermata, allora si può sostenere che l’uso di maschere da parte della popolazione contribuisce ad aumentare la percentuale di pazienti asintomatici. E mentre i dati disponibili parlano in difesa di questa ipotesi.
Quindi, negli esperimenti sui criceti, alte dosi di coronavirus hanno portato allo sviluppo del COVID-19, e se i criceti erano protetti con una specie di maschera, allora la malattia era asintomatica o lieve.
Inoltre, secondo il CDC, a metà luglio negli Stati Uniti, in media, circa il 40% dei casi di infezione da coronavirus non mostrava alcun sintomo della malattia. E nelle aree degli Stati Uniti in cui era obbligatorio indossare maschere, tale cifra è salita all’80%. Un altro esempio: durante i primi focolai di COVID-19 sulle navi da crociera, il tasso di casi asintomatici era di circa il 20%, e durante il successivo focolaio su una nave argentina, dove passeggeri ed equipaggio indossavano mascherine, il tasso di casi asintomatici è salito a 81 %.
Infine, negli stabilimenti di trasformazione alimentare statunitensi in cui i lavoratori indossavano maschere, il 95% delle infezioni è asintomatico e il 5% mostra solo sintomi da lievi a moderati.
Allo stesso tempo, gli esperti avvertono che le mascherine non possono essere considerate un vero e proprio sostituto di un vaccino sicuro ed efficace.