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ADE: IL MITO

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Rea

Nella mitologia dell’antica Grecia, Ade è figlio di Crono e Rea, fratello di Zeus e di Poseidone, Dio degli Inferi, delle ombre, dei morti, nonché sposo di Persefone.
Era padre di Macaria, dea della morte “felice”.
La sua corte era formata da figure mostruose: demoni della morte (Thanatos), demoni del sonno (Hypnos), demoni della morte violenta in battaglia (Keres), demoni della violenza delle tempeste (Arpie), demoni del rimorso e della maledizione divina (Erinni).
Nella mitologia latina, dapprincipio corrispondeva a Plutone, dal greco plutos «ricchezza» e quindi venerato solo come dispensatore delle ricchezze celate in seno alla terra. Per questo motivo era considerato come un dio benefattore, distributore della ricchezza agricola (Ploutôn, quello che arricchisce), da qui la sua cornucopia.
Ade era un dio implacabile ed inflessibile e, pronunciare semplicemente il suo nome, era già di cattivo augurio.
Pertanto, spesso veniva chiamato come:
Ploutôn = colui che arricchisce
Eubouleus = buon consulente
Aïdoneus = colui che non si vede
Klymenos = rieletto
Polydegmon = che riceve molto
Pylartes = alle porte solidamente chiuse
Stygeros = orribile, Orcus, nome utilizzato dai Romani la cui origine resta oscura.

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Il ratto di Persefone (Bernini)
Dante Gabriel Rossetti-Persefone
Dante Gabriel Rossetti-Persefone

Alla nascita, venne divorato dal padre Crono, insieme con Poseidone, Era, Demetra, e Estia; solo Zeus fu salvato dalla madre, Rea, grazie ad uno stratagemma. Ella sostituì il neonato con un sasso, inducendo Crono a divorarlo, spacciandolo per il figlio.
Divenuto adulto, Zeus affrontò il padre, costringendolo a rigettare tutti i suoi fratelli e, finalmente liberi, si accordarono per spartirsi equamente regni e poteri.
Ade, quando si innamorò di Persefone, figlia di Demetra (dea del grano e della mietitura), fu costretto a rapirla perché temeva un suo rifiuto e la condusse nel suo tetro regno.
Quando Demetra lo seppe, la sua ira scatenò una carestia che si diffuse in tutto il mondo. Una carestia così terribile, che il genere umano rischiò l’estinzione. Zeus cercò di rimediare tale catastrofe, inviando un suo messaggero ad Ade, per fargli riportare indietro Persefone, raccomandandole di non mangiare cibo del mondo degli Inferi durante il suo periodo di permanenza.
Ade non voleva rinunciare alla sua amata e, sapendola a digiuno, offrì a Persefone un melograno, del quale lei mangiò solo alcuni grani. Ciò fece scatenare nuovamente la collera di Demetra e Zeus dovette riproporre un nuovo accordo.
Non avendo mangiato l’intero frutto, Persefone sarebbe rimasta accanto ad Ade nel mondo dei morti, solo per un numero di mesi corrispondente al numero di grani ingeriti. Il tempo restante sarebbe ritornata dalla madre nel suo mondo. Il nuovo patto fu accolto favorevolmente da tutti e Persefone cominciò la sua nuova vita.
Ella trascorreva sei mesi (successivamente associati ai periodi dell’autunno e dell’inverno) come regina del mondo degli Inferi accanto a suo marito Ade e sei mesi (associati ai periodi della primavera e dell’estate) accanto alla sua adorata madre Demetra.

Perseo-Kunée (Cellini)
Perseo-Kunée (Cellini)

Ade possedeva un elmo che rendeva invisibili se indossato, Kunée, che usò Perseo per uccidere Medusa.
Il dio partecipava a Titanomachie (lotte guidate da Zeus contro i Titani), nelle quali indossava un casco che lo rendeva invisibile, fabbricato per lui dai Ciclopi.
Ade usciva raramente dal suo regno, una volta per rapire Persefone ed un’altra volta per farsi curare, sul monte Olimpo, della ferita inflittagli da una freccia di Eracle.

Possedeva anche greggi, che pascolavano nell’isola di Erizia, l’isola rossa. Erano custodite dal pastore Ménoétès, che fece la spia di Eracle, quando l’eroe rubò le greggi di Gerione.
Per Ade si sacrificavano, unicamente nelle ore notturne, pecore o tori neri e coloro che offrivano il sacrificio voltavano il viso, poiché guardare negli occhi Ade senza l’ordine o il permesso del dio, avrebbe portato immediatamente alla morte.
Il suo culto non era molto sviluppato ed esistono poche statue con sue raffigurazioni.
Ad Ade erano associati lo “Scettro delle Tenebre” e “Cerbero”, il cane a tre teste.

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Ade con Cerbero
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ADE-MITI E LEGGENDE

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IL REGNO DI ADE

Ade era il mondo degli Inferi, la casa del Dio omonimo e dell’oltretomba.
Infatti, in greco antico, Hádēs identifica il regno delle anime greche e romane (chiamato anche Orco o Averno).
Nella tradizione greca, uno degli ingressi all’Ade si trovava nel paese dei Cimmeri, che si trovava al confine crepuscolare dell’Oceano, regione remota in cui Ulisse dovette recarsi per discendere all’Ade e incontrare l’ombra dell’indovino Tiresia.
Nella mitologia romana, invece, uno degli ingressi infernali si trovava vicino al lago dell’Averno, divenuto poi il nome del regno infernale stesso, dal quale Enea discese insieme alla Sibilla cumana.

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Per accedervi, bisognava superare prima Cerbero, poi attraversare l’Acheronte pagando un obolo al terribile traghettatore Caronte e raggiungere i tre giudici Minosse, Eaco e Radamanto, i quali emettevano il loro verdetto.
Zeus, dopo la sconfitta del padre Crono e dopo avere precipitato i Titani nel Tartaro, nominò dio degli Inferi suo fratello Ade.
L’Ade accoglieva le anime di tutti i defunti, tranne dei morti rimasti insepolti.
L’Ade, quindi, era un luogo tenebroso situato all’interno della Terra, temuto persino dagli Dei dell’Olimpo.
Secondo Esiodo, primissimo tra tutti nacque il Caos, poi la Terra (Gea), il Tartaro (luogo di punizione delle anime malvagie) ed Eros (l’amore). Da Caos nacquero Erebo e la nera Notte.
Tutti i morti, fossero stati in vita buoni o malvagi, giungevano nell’Ade attraverso una qualsiasi voragine aperta nel terreno.
L’Ade comunicava con l’esterno tramite tutti quei luoghi della superficie terrestre, che emanavano vapori sulfurei, ribollivano di lava o si spalancavano in tetre voragini.

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GROTTA DELLA SIBILLA, LAGO AVERNO

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Raramente, anche i vivi potevano accedere al Regno dei Morti, tra cui Ulisse, Enea, Ercole, Orfeo, Teseo, Pirotoo.
Si racconta che l’entrata era situata nella più remota parte occidentale, dove non giungevano i raggi del sole.
In Sicilia, si trovava sul monte Etna; nel Peloponneso a Capo Tenaro; ad Atene nelle caverne di Colono; nella costa ionica della Grecia ad Ammoudia.
Ma si trovavano anche presso Cuma, in Campania, nelle vicinanze del lago Averno, formato dal cratere di un vulcano profondo, circondato da rupi e pieno di esalazioni mefitiche.
Secondo l’etimologia, Averno vuol dire “senza uccelli” ed effettivamente gli uccelli non vi potevano vivere a causa delle esalazioni.
I Greci, che da tempo popolavano le colonie campane, non accettando come dimora dei morti, una terra d’origine troppo lontana dalla baia di Ammoudia, scelsero un luogo più vicino, i Campi Flegrei.

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STIGE (Gustave Doré)

Nell’Ade si riversavano principalmente cinque fiumi ed una palude: Stige, Acheronte, Cocito, Flegetonte, Lete e palude Acherusiade.
Lo Stige, fiume dell’odio. Secondo Platone è una palude di colore blu cupo, formata dal fiume Stigia.
Stige è considerata essa stessa una terribile divinità figlia della Notte e di Erebo.
L’ acqua dello Stige ha proprietà magiche e la Nereide Teti avrebbe immerso il figlio Achille per renderlo invulnerabile.
Se gli Dei non rispettano un giuramento fatto sull’acqua dello Stige, subiscono castighi terribili, giacendo per un anno senza respiro, avvolti nel torpore e non possono avvicinarsi al nettare e all’ambrosia, oltre a non potersi avvicinare agli altri Dei per nove anni.
L’ Acheronte, fiume del dolore o dei guai, è descritto come il fiume principale che circonda l’Ade ed è situato subito dopo l’ingresso. La sua riva è sempre colma della infinita torma dei morti, in attesa di Caronte, il traghettatore.
Questi è un vecchio di orribile squallore, dagli occhi fiammeggianti come brace e dalle membra muscolose. Per traghettare le anime dei morti sull’altra riva, si serve di una grossa barca, vecchia e malandata. Trasporta solo i morti che possono pagarlo con l’obolo (antica moneta greca) che i parenti pongono in bocca del defunto prima degli onori funebri .

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LETE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Canto-XII
Flegetonte

Gli altri devono aspettare 100 anni (secondo alcuni, per l’eternità), in una lunga attesa che è per loro causa di indicibile tormento anche se sanno che, al di là del fiume, li attende una pena terribile ed eterna.
Il Cocito, fiume dei lamenti o del pianto, affluente dell’Acheronte e ramo dello Stige.
In esso sono immersi gli omicidi.

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Cocito- Gustav Dorè

Il Cocito acquista una corrente violenta a partire dalla palude Stige, si inabissa e scorre a spirale, in senso contrario al Flegetonte, fino a toccare, dalla parte opposta, le sponde della palude acherusiade.
Dopo aver compiuto un largo giro, si getta nel Tartaro dalla parte opposta al Flegetonte.
Secondo Virgilio, il Cocito è una palude stagnante di fango nero e canne deformi invece, per Dante, è la confluenza di tutti i fiumi infernali ed è ghiacciato nell’ultimo girone dei traditori.
Il Flegetonte, fiume del fuoco, circonda il Tartaro e, ogni tanto, lo rischiara con le sue vampe di fuoco. Il fiume si unisce al Cocito nel formare l’Acheronte.
Secondo Platone, invece, si riversa in una grande pianura arsa da fuoco violento e forma una palude più grande del mare, tutta ribollente d’acqua e di fango; da qui scorre circolarmente, torbido e fangoso e, sempre sotto terra, volge a spirale il suo corso fino a giungere alle estreme rive della palude acherusiade, ma senza mescolare le sue acque.
Dopo molti altri giri sotterranei, si getta in un punto del Tartaro che è più in basso. Il Flegetonte riversa sulla terra torrenti di lava, ovunque trovi uno sbocco. Si immagina che in quel fiume si punissero i violenti.
Il Lete, fiume dell’oblio, attraversa l’Elisio; chi beve o si immerge nella sua acqua, perde la memoria della sua vita passata e può quindi reincarnarsi in un altro corpo.
In un’altra versione, non c’è il Lete, ma due cipressi bianchi vicino cui sgorgano due fontane: quella dell’Oblio e quella della Memoria. Le acque della prima cancellano il ricordo della vita passata, quelle della seconda rinnovano la memoria delle cose amate.

PRATO DI ASFODELI
Prato degli Asfodeli
William-Adolphe Bouguereau
Erinni-William Adolphe Bouguereau

 

 

 

 

 

 

 

 

La palude Acherusiade è la palude principale situata all’ingresso dell’Ade. E’ formata dalla acque dell’Acheronte, del Flegentonte e del Cocito. Secondo Platone, qui si raccolgono le anime di coloro che hanno condotto una vita mediocre.
Quando muoiono, tutte le anime subiscono la stessa sorte. Raggiungono l’Ade, dove vivranno per sempre sotto forma di ombre incorporee, che hanno le sembianze dei loro corpi.
Risiedono probabilmente tutte nel Prato degli Asfodeli, luogo monotono, senza dolori, ma anche senza gioie, senza un futuro e senza la luce del sole.
Col passare del tempo, gli spiriti dei morti entrano in uno stato di semi coscienza, chi più chi meno.
A parte Tiresia l’indovino, nessuno possiede il dono della preveggenza. Ognuno però mantiene i ricordi della vita terrena. Vengono attirati dai sacrifici offerti dai vivi, che consistono in un rituale con preghiere e sangue di alcuni animali uccisi. Ottenuto il permesso di bere il sangue, riacquistano completa coscienza e, se lo vogliono, possono parlare.
L’Ade è stato anche suddiviso in vari settori, a seconda delle azioni commesse in vita.
– Atropo (una delle Parche) decide di tagliare il filo della vita di un uomo. Ipno (il sonno) e Tanatos (la morte), adolescenti alati, allontanano il corpo di un guerriero morto sul campo di battaglia.

Tiresia
Tiresia (John Henry Fuseli)

– Ermes Psicopompo (Mercurio) prende in consegna le anime dei morti e le trasporta alle porte dell’Ade o le consegna a Caronte.
– Caronte traghetta le anime al di là del fiume Acheronte, al prezzo di un obolo. Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale con pioppi e salici ed arrivavano ad una grandissima porta da cui tutti potevano passare. Lì c’era un terribile guardiano che vegliava rabbioso contro i vivi che tentavano di entrare e contro i morti che cercavano di uscire: Cerbero.
-Cerbero era un cane mostruoso fornito di tre teste, sempre vigile e pronto a scagliarsi contro i trasgressori delle leggi divine.
– Prateria degli Asfodeli (dal greco “a”= non, “sphodos”= cenere, “elos”= valle, ovvero “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”). Varcata la soglia, le anime degli eroi attraversavano questa prateria, vagando tra altri morti, che svolazzavano qua e là come pipistrelli. Il loro unico piacere era bere il sangue delle offerte dei vivi.
– Erebo (coperto), Palazzo di Ade e di Persefone, cinti da possenti mura sulle quali stavano le Furie. Le Furie o Erinni sono tre: Tisifone, Aletto e Megera, con il compito di torturare le anime che si sono macchiate di gravi colpe verso i familiari e gli Dei. Solo quando la a pena era stata interamente scontata, la loro persecuzione cessava, ed allora, diventate benevole, erano venerate col nome di Eumenidi. Ai lati del Palazzo sorgono due cipressi bianchi, da cui sgorgano due fontane: quella dell’Oblio e quella della Memoria. Le acque della prima cancellano il ricordo della vita passata, quelle della seconda rinnovano la memoria delle cose amate.
– Minosse, Radamanto ed Eaco sono i giudici infernali, che stanno su un incrocio di tre strade: da qui loro giudicano le anime e le indirizzano verso una delle tre aree o le isole. La leggenda narra che Eaco, anche custode delle chiavi, si dovesse occupare delle anime di provenienza europea, Radamanto di quelle di provenienza asiatica e Minosse dei casi più difficili.
– Le tre aree in cui risiedono i morti sono:
1) Prateria degli Asfodeli, in cui si riunivano le anime degli ignavi e di coloro che in vita non si erano macchiati di colpe gravi, ma nemmeno erano stati buoni e virtuosi. La prateria è caratterizzata da un tedio senza fine, dove solo il cacciatore Orione, inseguendo eternamente dei daini, sembra godere del conforto di avere qualcosa da fare.

 

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Tartaro

2) Tartaro, destinato agli empi, che nella vita si sono macchiati di colpe verso gli Dei o verso i propri simili (per esempio, i Titani, Tantalo, Issione, Tizio). Il Tartaro è immerso nel buio ed ogni tanto è rischiarato dalle vampe di fuoco del fiume Flegetonte. I dannati vengono perseguitati da mostri infernali, che rimproverano loro le colpe di cui sono macchiati.
3) Campi Elisi (o Elisio) sono riservati ai giusti, ai virtuosi, ai saggi e agli eroi, dove essi vivono eternamente sereni, in luoghi pieni di luce e di fiori, dediti alle occupazioni che più li avevano dilettati in vita. Ad allietare questo luogo ridente ci sono musiche, danze, canti e banchetti. Qui abitano due figli della Notte, Thanatos, il demone della morte, e Hypnos, il sonno. Figli di questi sono i Sogni, che abitano in una grande casa al di là dell’Oceano. Questa casa ha due grandi porte, una di avorio e una di corno. Dalla prima escono sogni falsi e ingannevoli, dalla seconda escono sogni premonitori.
4) Isole Beate, riservate a coloro che nacquero tre volte e ogni volta vissero virtuosamente.