La Chiesa dei tre papi viventi.

La leggenda di Fiore è un romanzo spirituale  di Marcello   Veneziani, uscito oltre due anni fa. Racconta  la vita di un personaggio favoloso in cammino per il mondo alla ricerca dello Spirito. Nel suo peregrinare si imbatte e dialoga con un Papa che ha lasciato il soglio pontificio, come il suo predecessore. Qui  alcuni stralci dal capitolo a lui dedicato, il Santo Padre che volle farsi fratello.

Papa Pietropaolo decise di dimettersi e abbandonare l’impossibile apostolato. Presentò le sue dimissioni con una denuncia dei mali di cui pativa la Chiesa, in velata polemica con la Curia e l’Episcopato. PierPaolo non si limitò a dimettersi da Papa, come il suo predecessore, ancora vivente: decise di rinunciare ai voti, abbandonare la Santa Sede e andarsene lontano in abiti civili, senza però rinunciare, disse, alla misericordia verso i fratelli. Si sarebbe occupato con una organizzazione umanitaria di emergenza, profughi, carità. Sparì per una destinazione ignota nell’estremo sud-ovest; dissero che era andato a vivere in una baracca delle favelas.

Il suo papato era partito col proposito di riportare la Chiesa alle origini, di ricominciare daccapo, come al tempo dei primi cristiani, delle catacombe. Per questo aveva deciso in un primo tempo che si sarebbe chiamato Pietro, come il fondatore della Chiesa. Ma, a quanto trapelò in quei giorni, i cardinali lo scongiurarono di non chiamarsi come il primo pontefice perché in tutti, benché implicita, era viva e inquietante la memoria della profezia di san Malachia, che aveva vaticinato la fine della Chiesa con l’avvento d’un papa chiamato Pietro II. Il cerchio si sarebbe chiuso nel suo nome, proprio come era cominciato. Il papa Pietro, si leggeva, pascerà il gregge fra molte tribolazioni; la città eterna sarà poi distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo come alla fine dei giorni. Ma al nuovo papa quel nome significava il ritorno alle umili origini, rappresentava il Nuovo Inizio per rifondare la Sposa di Cristo. E rinunciarvi sarebbe apparso un cedimento alla superstizione e alle dicerie intorno alla profezia di Malachia; e uno sfregio all’Apostolo Fondatore. Allora concordò un compromesso coi cardinali più influenti: si chiamò PietroPaolo, fondendo i nomi dei due apostoli, già congiunti nel giorno loro dedicato. Il Papa fu poi battezzato nel linguaggio corrente, PierPaolo. Lui siglava i documenti pontifici con le tre P, Petrus Paulus Pontifex, PPP; la traduzione corrente e più affabile, che a lui non dispiaceva, era PapaPierpaolo.

Il papa cercò di sostituire al carisma la simpatia, alla grazia la carità, al Signore Dio Onnipotente l’umanità di Cristo, o solo l’umanità, secondo alcuni. Sostituì alla liturgia, al rito e al simbolo, l’umile famigliarità di “uno di noi”; rimosse il sacro e identificò la santità con la carità. Nel suo pontificato cercò di cambiare la missione alla sua Chiesa, aprirla al mondo e al suo tempo, fondere le religioni e i popoli, curarsi dei non credenti più che dei credenti, dei poveri più che dei fedeli, dei lontani più che dei più vicini[…] Migliaia di chiese e monasteri erano ormai svuotati di sacerdoti, suore e devoti, e la curia aveva deciso di cederli per trasformarli in locande, luoghi di ristoro ed alberghi. Il Papa invece volle mutarli in luoghi d’accoglienza per bisognosi[…]

Ci fu un effetto imprevisto delle sue dimissioni improvvise e radicali: prima di convocare il conclave per eleggere il nuovo Papa fu necessario ripristinare sul trono pontificio il vecchissimo Papa Gesumino, che si era dimesso tredici anni prima per motivi d’età e di salute, ma che a novantanove anni compiuti si trovò a indossare nuovamente la mitra di Pietro. Quando Gesumino rinunciò al papato ‒ lui che aveva scelto quel nome per schernirsi come pargolo del Signore ‒ vedendolo in condizioni cagionevoli di salute, molti pensarono che di lì a poco sarebbe tornato alla Casa del Padre. Invece, quel fragile, malato papa emerito, con un fil di voce e il passo curvo, resisteva negli anni […]

Faceva impressione rivedere quel vegliardo serafico tornare dopo tredici anni sulla sedia di Pietro, ormai disabituato alle attenzioni del mondo, più timido e impacciato di prima, tremante, perduto nella sua ascesi mistica, sottratto alle sue letture, ai suoi esercizi spirituali e alla penombra di una santa clandestinità. Guardava in silenzio e benediceva mentre un sorriso amaro si fermava sulla sua bocca per nascondere la riluttanza[…]

Il Conclave con gran difficoltà e con nuovi prelati, alla fine fu celebrato. Fu eletto Papa un cardinale venuto da una popolosa isola cristiana dell’estremo Oriente. Non era una gran figura, si puntò sulla sancta simplicitas, il fervore genuino della sua fede. E sulla comprensione del mondo verso un papa venuto da un mondo remoto. Mentre saliva nel cielo la fumata bianca che annunciava il nuovo pontefice, Papa Gesumino, ormai centenario, lasciava questa terra […]

La coincidenza tra l’elezione del nuovo Papa e la morte del Papa emerito, indusse l’eletto a scegliere come suo nome GesùMaria, nel ricordo di Cristo Nostro Signore, del predecessore Papa Gesumino col suo più umile diminutivo e per la sua devozione speciale alla Madonna. Per la prima volta un nome femminile risuonava nella nomenclatura pontificia, come un segno di apertura. Il nome suscitò turbamento ma era un tempo straordinario, di negazioni assolute e cominciamenti sovrani e furono ammessi anche nomi fuori dall’ordinario. Quando Papa GesùMaria s’insediò sul soglio di Pietro, morì Papa PierPaolo, a tre giorni dal suo predecessore. Una messa solenne per un evento mai accaduto fu celebrata dal Papa che guardava stranito e stordito le salme dei due suoi predecessori, una accanto all’altra. Uno serafico, l’altro corrucciato. Due mondi finivano e il terzo era ignoto. Qualcosa di enorme stava avvenendo, ma non si riusciva a capire se era una morte o una rinascita.

da La leggenda di Fiore (Marsilio)

La Chiesa dei tre papi viventi.ultima modifica: 2023-01-07T15:22:14+01:00da g1b9

2 pensieri riguardo “La Chiesa dei tre papi viventi.”

  1. Bell’incontro. Io non mi interesso molto della Chiesa in terra, seguo fin dove so di poter arrivare, poi mi fermo, altrimenti la mi fede ballerebbe come Fred Astaire. Mantengo una distanza di sicurezza: troppe chiacchiere, troppi dissidi interni, troppe correnti e qualcuno potrebbe…raffreddarsi. Allora non potendo entrare nel merito poiché sotto la cenere cova un fuoco di cui solo Dio sa causa ed effetti, mi astengo, credo (con cautela) nel Papa eletto e vivo interiormente la mia fede pura (perché frutto solo della mia coscienza). In altre parole, do conto solo al Supremo, o meglio, il mio “redde rationem” se lo prende da solo.
    Buona e piacevole domenica mia cara Giovanna.

  2. …ma ne bastano solo due, di Papi.
    Uno per lo spazio dei primi che hanno,
    l’altro per lo spazio degli ultimi lasciati in fondo alla scala sociale, come è sempre stato.
    Buona giornata e buona domenica, carissima Giovanna.
    🙂

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