E’ diventato un volto conosciuto grazie al docu-reality “Il collegio”. Ai suoi alunni insegna che la filosofia è l’lingrediente giusto per salvarsi dal baratro. “Troppi esperti hanno un’immagine stereotipata dei ragazzi”.

 

Intervista ad Andrea Maggi

Lo hanno definito “il professore più amato d’Italia”. Grazie al docu-reality ‘Il collegio’ trasmesso su Rai 2 per otto edizioni, e al programma ‘Splendida cornice’ su Rai 3, Andrea Maggi conta più di 400 mila follower su Instagram e oltre 500 mila su TikTok. Perciò, quando dice che la filosofia è l’ingrediente giusto per salvare gli adolescenti dai fossi – e dai baratri – lungo il cammino qualche credito bisogna darglielo. Il 2 settembre il professore ha ripreso servizio nella scuola di Sacile, provincia di Pordenone, dove insegna lettere, e l’indomani è uscito in libreria ‘Il mio Socrate’ per Giunti, romanzo e dialogo tra una quattordicenne tormentata e un avatar del filosofo greco, che le indica la strada per la libertà e la felicità. Difficile intanto non pensare alla tragedia di Paderno Dugnano, dove un male insondabile ha spinto un diciassettenne a sterminare la famiglia nella notte del primo settembre. Difficile commentarla senza consumare cliché.

Ha ascoltato le considerazioni degli esperti?

Senza dubitare delle loro competenze, mi chiedo perché quando si parla di giovani non si privilegino le voci degli insegnanti, che lavorano in prima linea e conoscono le cose in presa diretta. Spesso gli esperti hanno smesso da un pezzo di avere contatti personali con i ragazzi e ne hanno un’immagine distorta dal ricordo e stereotipata, come di manichini immutabili nel tempo.

Dica la sua opinione.

Non posso giudicare il caso specifico, ma credo che il malessere diffuso tra i ragazzi sia dovuto in larga parte all’assenza della parola nella paradossale società dell’infosfera, dove si sa tutto in tempo reale ma si chiudono i ponti di comunicazione tra i suoi membri, anche dentro le famiglie. Quando si azzerano le parole per esprimere disagio o inquietudine, ci si involve in un isolamento che può portare alla chiusura, alla sindrome dell’hikikomori, o a una esplosione di violenza.

La ricetta filosofica è davvero praticabile?

Cominciai a riflettere al libro un paio d’anni fa, quando una ragazza di terza media mi chiese: “Cos’è la filosofia?”. Pensai che Socrate potesse raccontarlo, che fosse un tramite per ripristinare il dialogo come confronto e aiuto. Il recupero della parola come di un bene che ci è stato tolto. Chi sa dare un nome al suo male è per metà guarito.

I social hanno rubato le parole ai ragazzi?

Non sono i soli responsabili, ma il rischio è che riducano il confronto e favoriscano su ogni argomento le tifoserie invece del pensiero logico. La filosofia è una medicina possibile: insegno in una scuola secondaria di primo grado e se parlo del paradosso di Zenone i ragazzi ne sono affascinati come da una favola. La filosofia declinata a seconda dell’uditorio può essere una compagna di viaggio fin dalla tenera età perché aiuta a dialogare anche con se stessi e a evitare, per esempio, che ci si iscriva alle superiori o a una facoltà universitaria influenzati dai sogni altrui senza conoscere i propri.

Quanto servono gli psicologi?

Quando la terapia coinvolge la famiglia. I genitori non devono pensare di tenersi fuori e delegare tutto alla scuola e al terapeuta. Noi insegnanti spesso ci troviamo soli a lottare ad armi impari contro un mondo che smentisce i modelli che cerchiamo di inculcare e identifica la felicità con l’auto di lusso e gli orologi costosi. Non basta un “pandoro-gate” a dimostrare la fragilità degli influencer, perché ne spuntano subito altri.

La felicità come si persegue?

Con la conoscenza di sé. Ho in mente un vicino di casa che aveva un grande talento per la falegnameria ma ha fatto l’operaio tutta la vita. Ora che è in pensione mi dice: “Sono stati quarant’anni di galera”.

I ragazzi pensano al futuro?

Nella società del boom erano tutti proiettati al futuro. Oggi si vive in un presente continuo e ci sono solo vaghe, ma alte aspettative sul domani. Non tutti faranno i soldi come youtuber e questo genererà frustrazione, perciò bisogna attrezzarsi a comprendere che la ricchezza non è la felicità.

Servono le buone letture?

Se la lettura è vista come “cosa della scuola” diventa antipatica. Dovrebbe essere una consuetudine familiare, però i genitori non possono invitarti a leggere e poi smanettare sullo smartphone senza aprire un libro.

Cosa fa leggere ai suoi alunni?

L’anno scorso ‘Il Milione’ di Marco Polo. Superata l’osticità della lingua, hanno scoperto che l’uomo medievale abitava il mondo con una presenza concreta, analitica, attenta alle altre culture. Che era molto più moderno di quanto non si creda. Quest’anno vorrei leggere brani da ‘La Gerusalemme liberata’ per far capire tante cose sulla guerra.

Com’è recepita la poesia?

È messa male. Il congelamento della parola la uccide e l’amore è visto più come possesso che con romanticismo. I maschi controllano i profili social delle fidanzatine e guai a sgarrare, e le ragazze si assoggettano. È come se si fosse interrotta la comunicazione anche con certe conquiste del passato. Come se la Generazione Alpha ricominciasse da zero. Bisogna riaprire i ponti con tutta la storia. Far sapere che in Afghanistan e in Iran prima del burqa e del velo c’è stata la minigonna, e i musulmani che combattevano per Francesco Giuseppe avevano per slogan: niente rum, niente battaglia.

Un altro fenomeno sommerso dai luoghi comuni è il bullismo.

Se ne parla in occasione di episodi eclatanti, ma nelle forme più striscianti è quotidiano, un altro frutto delle frustrazioni di chi vive una vita che non ritiene sua. La prevenzione è ancora nel dialogo. Torniamo sempre a Socrate.

Francesco Palmieri

 

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E’ diventato un volto conosciuto grazie al docu-reality “Il collegio”. Ai suoi alunni insegna che la filosofia è l’lingrediente giusto per salvarsi dal baratro. “Troppi esperti hanno un’immagine stereotipata dei ragazzi”.ultima modifica: 2024-09-09T15:13:47+02:00da g1b9

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