L’uomo del gas magico…non è un serial killer.

Chi adora l’inverno per la neve, chi l’estate per il senso di libertà. Chi odia la primavera per gli uccellini con troppa voglia di vivere già alle cinque del mattino, chi l’autunno per l’eterna indecisione davanti all’armadio: “cosa metto oggi?”  Io, invece, entro nel mio paradiso proprio nelle stagioni di passaggio. Avrebbe più senso se dicessi “purgatorio”, penserete voi. Eppure, è in quei momenti sospesi che trovo una pace e una serenità che solo il paradiso riesce a darmi.

Da piccolo non era cosi.

Da piccolo non era affatto cosi. Non notavo nemmeno il passare delle stagioni. Certo, mi accorgevo che gli alberi si spogliavano in inverno per rivestirsi in primavera, e mi domandavo che senso avesse tutta quella perdita di tempo. Notavo che nei miei cassetti sparivano i pantaloncini per lasciare spazio ai pantaloni lunghi e alle calzamaglie. Ma non me ne curavo  . Ero attento ad altro: al conto alla rovescia verso le feste di paese, alle sagre, a qualsiasi occasione in cui sapevo che ci sarebbe stato l’uomo del gas magico. Nome inquietante, lo so. In un altro contesto potrebbe essere un serial killer… o semplicemente un anestesista.. Eppure, per me l’uomo dal gas magico era l’uomo sul ciglio della strada accanto a una bancarella piena di giocattoli e una miriade di palloncini svolazzanti.  Aveva una forma strana, quasi buffa. Mi chiedevo se fosse diventato così a forza di vendere palloncini. Forse la sua pancia era così gonfia perché un giorno aveva provato a volare via. Forse non c’era riuscito perché ormai era troppo grande. Ma io, che ero piccolo, magari ce l’avrei fatta. “Magari io posso farcela” mi dicevo . Volevo volare solo per scoprire dove finissero i palloncini quando il bambino di turno lasciava andare il filo. All’inizio vanno su, piano piano, come a chiederti: “Sicuro che vuoi che me ne vada?” E poi continuano a salire. In questo caso le reazione potevano essere due: La prima, il bambino che ha voluto lasciare il palloncino lo guarda incuriosito, affascinato e divertito. La seconda il bambino, che il palloncino col cavolo che voleva lasciarlo, adesso urla e piange e se ne frega altamente del dove andrà il palloncino, perché il suo unico pensiero e che non è più legato alla sua mano. Ma c’è una terza reazione. Più rara. Forse strana  .In realtà c’è una terza possibile, rara e, di certo, strana reazione. Il bambino lascia volontariamente il palloncino, lo guarda andare sempre più alto, lentamente, e lo rassicura ” Vai. Raggiungi gli altri palloncini. Grazie.”

Un addio sproporzionato per un palloncino, penserete. Immaginate cosa farebbe lo stesso bambino alla morte del suo pesciolino rosso. Catastrofe. Nemmeno a dirlo la terza reazione era la mia .Ero attento alle feste di paese, quelle tradizionali dove si segue una statua per le vie e si salutano amici e conoscenti. Attento alle sagre, anche quelle con il tartufo del Kazakistan (che poi veniva dal paese accanto). Ma soprattutto, attento a rivedere l’uomo del gas magico, sperando di convincere i miei genitori a comprarmi un palloncino. Rosso o giallo, sempre.  Un palloncino, giallo o rosso, con cui, giocare un paio d’ore o forse più. Immaginare di poterlo far muovere con la sola forza del pensiero. La sensazione che il palloncino mi seguisse, non perchè legato al mio polso da un filo, ma perchè dipendente da me, perchè mi voleva bene.  Sapevo, però, che non sarebbe durato. A un certo punto mi sarei stufato. Lui si sarebbe sgonfiato, avrebbe perso la sua forma, la sua forza. E allora lo avrei lasciato andare. Lo avrei lasciato andare con la speranza che raggiungesse quel posto lontano dove vanno tutti i palloncini che hanno reso felice un bambino. Un posto dove restano sempre uguali, così come li ricorda quel bambino.  Crescendo ho smesso di cercare nuovi palloncini. Crescendo avrei potuto comprarli da me. Avrei potuto giocare e sognare ogni giorno e non lasciarli andare mai.  Ma crescendo ho capito che in fondo, io, i palloncini li lasciavo andare non perchè mi stufassi, non perchè ci fosse un altro gioco a sostituirli. Ho capito che in fondo, io, i palloncini li lasciavo andare solo perché sapevo che prima o poi l’avrebbero fatto loro. Si sarebbero sgonfiati. O peggio sarebbero scoppiati facendomi anche paura. Mi sarei ritrovato con un filo legato al polso, e dall’altra parte… il nulla, un nodo di plastica. Crescendo ho finalmente capito che in fondo, io, i palloncini e le persone che mi amano, li lascio andare non perchè mi stufo di loro, non perchè li sostituisco.

Io li lascio prima che loro possano lasciare me.

Ed io non voglio essere lasciato.

Non di nuovo.

Non adesso.

Da___L’uomo del gas magico…non è un serial killer

 

gasmagico

L’uomo del gas magico…non è un serial killer.ultima modifica: 2025-04-19T16:55:07+02:00da g1b9

Lascia un commento