Un pensiero sulla serenità…

 

serenità

Serenity Creek

L’America censura “Maus” di Art Spiegelman: Shoah troppo volgare

Dal corrisp0ndente Sandro  Mastrolilli

“Maus” di Art Spiegelman 
 Il caso in una scuola del Tennessee. L’autore del graphic novel premiato con il Pulitzer, replica: “Forse vogliono un Olocausto più carino”
New york

“Chissà, forse vogliono che insegniamo l’Olocausto in maniera più carina”. Per fortuna Art Spiegelman non ha perso il senso del ridicolo, dopo che un distretto scolastico del Tennessee ha vietato Maus agli studenti di terza media, perché contiene brutte parole e un po’ di nudità. Uno potrebbe obiettare che magari i libri dove si racconta lo sterminio degli ebrei contengono alcune brutte parole e nudità, perché nei campi di concentramento a volte giravano brutte parole e non sempre si riusciva a vestire in modo appropriato. Il punto però non è questo, o non solo. Il problema altrettanto grave è la crociata censoria in corso negli Usa, che evidenzia drammaticamente la profonda spaccatura culturale alla radice delle minacce per la sopravvivenza della democrazia più antica e potente del mondo moderno.

Art Spiegelman 

Maus è ispirato all’esperienza dei genitori di Spiegelman durante l’Olocausto. Disegna gli ebrei come topi e i nazisti come gatti. Il 10 gennaio il board scolastico della McMinn County lo ha tolto dai libri per gli studenti di terza media, lanciando un segnale inquietante su quanto accade in America. In Texas è stata approvata una legge per limitare l’insegnamento del fenomeno del razzismo, per contrastare la “critical race theory”, che riconduce ad esso tutte le discriminazioni nella società americana. Oltre una trentina di Stati hanno adottato misure simili, mentre la Florida si è spinta a vietare gli atti capaci di far provare ad una persona “disagio, senso di colpa, angoscia o qualsiasi altra forma di imbarazzo psicologico a causa della sua razza, colore, sesso o origine nazionale”. In altre parole, non insegnate ai bambini bianchi la storia dello schiavismo, affinché le colpe dei padri non ricadano sui figli. Così quasi nessuno sa che il Tredicesimo emendamento della Costituzione, scritto dopo la Guerra Civile per abolire la pratica, la faceva uscire dalla porta ma rientrare dalla finestra: “Né la schiavitù né la servitù involontaria, tranne che come punizione per un crimine per il quale la parte sarà stata debitamente condannata, esisteranno negli Usa”. Quindi i neri erano liberi, ma se sgarravano potevano essere condannati a tornare nelle piantagioni, altrimenti l’economia del Sud falliva.
I conservatori accusano i liberal di aver cominciato la crociata col “politically correct”. In parte hanno ragione, a patto di ricordare questo ragionamento di Mario Cuomo: “A New York ogni giorno parliamo oltre 140 lingue. Vuol dire che tutti i conflitti presenti sulla Terra sono rappresentati da noi. Se ognuno si sentisse autorizzato a dire e fare ciò che gli dice la testa, vivremmo nello scontro costante. La correttezza politica a volte sarà grottesca, ma serve a prevenire la guerra civile: scegliete voi cosa preferite”. I conservatori hanno risposto lanciando una campagna sistematica di censura, di cui ora è diventato vittima anche Spiegelman.

Il Primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di espressione a tutti, inclusi i neonazisti. Almeno per i politici, però, la società americana si è sempre basata sull’obbligo di dire la verità, e quando venivi beccato a mentire eri finito. Ora invece imperversano le fake news, e Trump sta costruendo la ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024 sulla “grande bugia”, secondo cui Biden avrebbe rubato le elezioni del 2020. La spaccatura culturale alla base di questa disputa è già profonda, ma se diventerà insanabile metterà a rischio il futuro della democrazia americana.
 Amaus
Articolo da La Repubblica

Al di là del bene e del male.

 

Pandora portò il vaso coi mali e lo aprì. Era il dono degli dèi agli uomini, un dono di fuori bello e seducente, chiamato «vaso della felicità». Subito tutti i mali, esseri vivi e alati, volarono fuori: da allora girano per il mondo e arrecano danno agli uomini di giorno e di notte. Un unico male non era ancora guizzato fuori dal vaso: allora Pandora riabbassò per volontà di Giove il coperchio, e così esso vi rimase dentro.

Ora l’uomo ha in casa per sempre il vaso della felicità e crede mirabilia del gran tesoro che in esso possiede: esso è a sua disposizione, egli lo prende, quando gliene viene voglia; poiché non sa che quel vaso che Pandora portò era il vaso dei mali, e tiene il male rimasto lì dentro per il più gran bene di felicità – esso è la speranza.

Giove volle cioè che l’uomo, per quanto tormentato dagli altri mali, tuttavia non gettasse via la vita, e continuasse invece a farsi tormentare sempre di nuovo. Perciò egli dà agli uomini la speranza: essa è in verità il peggiore dei mali, perché prolunga le sofferenze dell’uomo.

FRIEDRICH NIETZSCHE

 

Magritte

Renè Magritte___Il vaso di pandora

Giochi di bambini, Bruegel racconta la noia del quotidiano-

 

pietr Brueghel il vecchio giochi dei bambini

“Giochi di bambini” raffigura una grande piazza che accoglie gruppi di bambini, intenti a giocare. Più di ottanta giochi tipici di quel periodo sono rappresentati nel quadro. Grazie a questa sorta di fotografia siamo, dunque, in grado di capire come passavano il tempo i bambini vissuti nella seconda metà del Cinquecento. Dal dipinto, infatti, sono facilmente riconoscibili, fra gli altri, i giochi come “fare un finto matrimonio”, “mosca cieca”, “pentolaccia”, “morra”, “scarica barili”.

La scena ripresa da un punto rialzato permette di godere di una visione più dettagliata di quanto accade nella piazza. Le figure sono disposte in maniera equilibrata, si alternano bambini a personaggi singoli. I soggetti risultano ben visibili grazie al terreno che si presenta ora a macchie, ora polveroso, ora fangoso. Le figure dalle linee arrotondate si stagliano sullo sfondo grazie ai contorni netti utilizzati da Bruegel. Sulla sinistra, nella parte superiore del dipinto, l’artista offre un scorcio di natura , un punto di fuga offerto dagli alberi e dal fiume e dalla veduta delle case in lontananza.

Se al primo sguardo il quadro pare offrirci un’atmosfera di allegria e di convivialità, ad una più attenta osservazione ci si accorge che non è proprio così. I volti dei bambini, ripresi nell’atto di giocare, infatti, sono tutt’altro che felici, e mostrano invece un sentimento di monotonìa. I fanciulli appaiono annoiati, quasi come giocare fosse un affare inutile. I giochi non sono altro che una mera imitazione della vita degli adulti. A sottolineare questo, alcune messe in scena ideate dai bambini che fingono di celebrare un matrimonio o un battesimo e, ancora, le sequenze dei piccoli che indossano una maschera da adulto per spaventare i passanti.
Pieter Bruegel era solito dare questo tipo di messaggi. In tutta la sua produzione, infatti, viene ripreso l’uomo nella sua bestialità. Le quotidianità vengono percepite come inutili e svolte senza alcuna soddisfazione. Ad aggiungere un che di grottesco all’opera, senza dubbio, il fatto che i protagonisti siano dei bambini che, prima ancora di affacciarsi alla vita già la percepiscono come faticosa e noiosa-

Pieter Bruegel o Brueghel nasce a Breda intorno al 1525- 1530. Il pittore olandese è conosciuto con il soprannome di “il Vecchio” per distinguerlo dall’omonimo figlio primogenito, che intraprese la stessa carriera del padre.

Non solo pittore, ma anche disegnatore e incisore, Bruegel è considerato il più grande artista della prima metà del Cinquecento nel nord Europa. Malgrado il periodo di attività piuttosto breve, ha lasciato circa una settantina di opere che presentano episodi di vita quotidiana e paesaggi dell’epoca.

Meditazione autunnale….

Per combattere la malinconia – per me inevitabile – di questi primi giorni di novembre, non c’è molto di meglio delle parole di un grande poeta e grande visionario, Jorge Luis Borges. Le sue poesie hanno il potere di aprire davanti ai nostri occhi scenari un po’ misteriosi e anche un po’ mistici, magari non chiarissimi ma sicuramente vivaci e vividissimi.

Una bussola

Tutte le cose sono parole della
lingua in cui Qualcuno o Qualcosa, notte e giorno,
scrive quell’infinito garbuglio
che è la storia del mondo. Nel suo vortice
passano Cartagine e Roma, io, tu, lui,
la mia vita che non capisco, questa agonia
di essere enigma, caso, crittografia,
e tutta la discordia di Babele.
Dietro il nome c’è ciò che non si nomina;
oggi ho sentito gravitare la sua ombra
su quest’ago azzurro, lucido e lieve,
che verso il confine di un mare tende il suo zelo
con qualcosa di un orologio visto in sogno
e qualcosa di un uccello addormentato che si muove.

Questa poesia mi piace molto , trovo che gli ultimi due versi siano splendidi.
I versi evidenziano da una parte l’uomo, coi suoi tentativi di mettere ordine nel mondo dando un nome alle cose ,senza però riuscire a dominare il tempo o a spiegare il senso della propria esistenza , e dall’altra quel mistero che ci controlla tutti, che non si può nominare né descrivere eppure è il motore del mondo,che non si ferma mai.

meditazione-autunnale-giorgio-de-chirico-1912

Giorgio De Chirico__Meditazione  autunnale__1912

Milano: il segreto di San Satiro che non tutti notano La Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, nel capoluogo lombardo, nasconde un’illusione ottica che bisogna scoprire

Milano, interno chiesa di San Satiro
L’abside della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro

Nel centro storico di Milano, precisamente a Via Torino su un corto vicolo cieco stretto tra due palazzi, si trova una chiesa parrocchiale edificata alla fine del Quattrocento: si tratta della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, che ingloba il sacello di San Satiro di epoca medievale e costituisce una delle attrazioni milanesi tutta da scoprire. Già, perché non è solo la facciata in stile neorinascimentale, con la sezione centrale suddivisa in due fasce orizzontali sovrapposte da un cornicione a loro volta separate in tre settori da lesene corinzie, il rosone, le due nicchie, la torre campanaria del IX secolo in stile romanico o la cupola con rosoni circolari ciechi a destare particolare stupore. Bisogna varcare la soglia per poter ammirare, dietro l’altare, il grande spazio formato da un’abside regolare e ben completata da colonne e decorazioni: procedendo infatti verso l’altare, quasi a toccare con mano, ci si accorge che non si può passare, poiché c’è poco meno di un metro di spazio.
E’ in realtà un’illusione ottica, una prospettiva illusoria perché l’abside non esiste. Questo inganno prospettico è opera di Donato Bramante, uno dei più grandi architetti italiani, che ha fatto fronte allo spazio ridotto della chiesa per creare la finta abside che misura 97 centimetri invece di 9 metri e 70 previsti in quello che era il progetto originale. Quello che nacque come un impedimento alla diocesi che non aveva i permessi per costruire una chiesa di più ampie dimensioni si è evoluto poi in un risultato inaspettato, vero e proprio capolavoro artistico. Il Bramante, sfidando le limitazioni, ha infatti creato l’illusione perfetta e la finta fuga prospettica di San Satiro è considerata l’antesignana di tutti gli esempi di trompe l’oeil che vennero successivamente: nella sua perfezione l’opera evidenzia anche l’influenza delle ricerche di Piero della Francesca e Donatello nel campo della rappresentazione illusionistica. Se si pensa che in origine tutto l’edificio era decorato in bianco, azzurro ed oro, ci si rende conto che l’impressione ottica, all’epoca, era davvero ricchissima.

fonte:la Repubblica

abside di santa maria presso san satiro

” La stanza rossa “di Henri Matisse o se preferite “Armonia in rosso”, altro titolo dell’opera…

Henri Matisse dipinge “La stanza rossa” nel 1908, quando il suo percorso artistico approda al fauve, ossia alla concezione di pittura come espressione di emozioni rese attraverso il colore. E’ nota anche come Armonia in rosso. L’opera di Henri Matisse è un olio su tela che ,prima di essere quella che è ora e tale uscita dal suo studio , è stata prima verde e poi blu.

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                       Henri Matisse, La stanza rossa, 1908

Ne la stanza rossa Matisse rappresenta una domestica che prepara la tavola. . Sul tavolo, coperto da una tovaglia rossa, sono poggiati frutti, un paio di bottiglie e un’alzata con dei fiori. Sul lato opposto una sedia impagliata alle cui spalle una finestra si apre su un paesaggio stilizzato molto variopinto. Nella stanza rossa ciò che colpisce, oltre alla cromia, è la presenza di alcuni arabeschi che si snodano sulla tovaglia e sui muri e che saranno poi una costante nelle opere di Henri Matisse.

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Henri Matisse, La tavola imbandita, 1897

Henri Matisse dipinse Armonia in rosso nel 1908, quando aveva 39 anni. Undici anni prima egli si era già confrontato con il medesimo soggetto. Tra la prima e la seconda versione però cambia tutto: se gli elementi del quadro sono i medesimi (la donna, le sedie, la tavola imbandita, la finestra), lo stile , nel corso del tempo, è andato incontro ad un’estrema semplificazione e ad una accentuazione del ruolo del colore. Nella prima opera sono evidenti tutte le gamme cromatiche mentre non si vede il ricorso al disegno. Nella seconda, invece, i colori si sono ridotti al rosso predominante, al blu, al nero e al giallo, mentre ogni elemento è contornato da una spessa linea scura. Anche la costruzione dello spazio non è più la stessa: nel dipinto del 1897, le linee convergono verso un unico punto mentre ne La stanza rossa siamo di fronte a tre sole linee oblique con differenti punti di fuga. La profondità è appena suggerita dalla scansione dei colori e dal tavolo che, tuttavia, si confonde con la parete. Anche le donne sono totalmente diverse; la prima figura ha una fisicità che la seconda perde per apparire quasi un ritaglio dal fondo.
La Stanza rossa di Henri Matisse è evidente dimostrazione di pittura fauve, di cui ho parlato all’inizio e qui la violenza della cromia vuole esaltare la positività, come emozione dominante.

Sarà questo poesia? Un ricordo, un’ emozione improvvisa, una lacrima di nostalgia?

 

Da un tuo cortile aver guardato
le antiche stelle,
dalla panchina in ombra aver guardato
quelle luci disperse
che non so ancora chiamare per nome
né ordinare in costellazioni,
aver sentito il cerchio d’acqua
nel segreto pozzo,
l’odore del gelsomino e della madreselva,
il silenzioso uccello addormentato,
la volta dell’androne, l’umido
– forse son queste cose la poesia.

Jorge Luis Borges

 

gelsomino

I Residui Di Michelangelo .Dal Blog di Paulo Coelho

Michelangelo al lavoro

Una volta domandarono a Michelangelo come riuscisse a creare delle opere tanto magnifiche.
“È molto semplice,” rispose Michelangelo.
“Quando guardo un blocco di marmo, io riesco a scorgervi dentro la scultura.
Tutto ciò che mi rimane da fare è togliere i residui.”
C’è un’opera d’arte che siamo destinati a creare.
Essa è il punto centrale della nostra vita e, per quanto tentiamo di ingannarci, sappiamo come sia importante per la nostra felicità.
Eppure, quest’opera d’arte generalmente è coperta da anni di paure, colpe, indecisioni.
Ma, se decideremo di eliminare questi residui, se non dubiteremo delle nostre capacità, saremo in grado di proseguire nella missione che ci è stata destinata.
E questa è l’unica giustificazione della nostra vita.

 

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