Se non mangi l’agnello non sei un cristiano.

E non si può cucinare col Bimby e simili, che sono perfetti per cosine poco virili. Possono senz’altro essere utili nelle mense degli asili e degli ospedali, possono avere varie funzioni, ma non la funzione Rito. All’agnello arrosto non ci arrivano
L’agnello di Pasqua non si può cucinare nel robot da cucina. Non si può proprio, e significherà pur qualcosa. Dentro quel trabiccolo al massimo puoi cucinare uno spezzatino ossia un piatto feriale, non festivo, una ricetta melanconica e non troppo religiosa perché l’agnello obbligatorio nel pranzo pasquale (se non lo mangi non sei un cristiano, sei uno dei tanti apostati, uno dei molti deculturati) sarebbe meglio fosse intero. Il fondatore della Pasqua, Dio, ha detto: “Lo mangerete arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere”. Da Esodo 12,9 è tutta una decadenza, chiaro, però dev’esserci un limite anche allo sfacelo. Il pater familias, armato di coltelli, deve difendere la prerogativa di fare lui, in tavola, tagli e porzioni. I robot da cucina, Bimby e dintorni, sono perfetti per creme e vellutate, risotti, straccetti. Cosine poco virili, tendenzialmente vegetali e, se carnivore, blandamente tali. Cucineranno forse le polpette, questi marchingegni, non certo le bistecche, e anche col bollito pare abbiano grosse difficoltà. Non dubito possano essere di aiuto nelle mense degli asili e degli ospedali, dove si devono sfamare mocciosi e malati. Hanno varie funzioni ma non la funzione Rito. All’agnello arrosto non ci arrivano. Dio non vuole.

Camillo Langone__da __ IL  FOGLIO

 

agnello

 

L’intelligenza artificiale infantilizza le masse.

C’è una stagione per ogni cosa, ma ora tutti vogliono apparire più teneri e simpatici e chiedono ritratti fumettosi. Ed ecco l’uragano delle immagini in stile GhibliIntelligenza e rimbambimento. C’è una stagione per ogni cosa, da bambini i fumetti e i cartoni animati vanno bene, da grandi no, è come continuare a mangiare omogeneizzati. Invece l’intelligenza artificiale infantilizza le masse ed ecco dunque l’uragano delle immagini in stile Ghibli, dal nome di uno studio giapponese specializzato in pupazzetti. Tutti vogliono ritratti fumettosi con gli occhi grandi, tutti vogliono imbambolarsi, apparire più simpatici e meno autentici, senza profondità, in fuga dalla serietà. Il fumettista Igort dice a Repubblica che “i manga e gli anime sono ormai un esperanto grafico: riescono a comunicare emozioni superando le barriere culturali e creando un’estetica universale”. Allora ringrazio il Cielo di non essere interessato alle emozioni, semmai ai sentimenti, e di possedere muraglie altissime a difesa della mia cultura ossia della mia anima che gli anime, tanto carini, vorrebbero annientare.

Camillo Langone__da __IL FOGLIO

 

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Un barbecue per resistere all’assedio degli amidi…

 

Nei centri storici chiudono i negozi e aprono pizzerie, pinserie, puccerie, piadinerie, tigellerie, focaccerie. È il trionfo della bassa ristorazione. Prego pertanto per il successo di “Foco”, “il barbecue che rivoluziona la tua griglia”

Pizzerie, pinserie, puccerie, piadinerie, tigellerie, focaccerie… Nei centri storici chiudono le gioiellerie, le profumerie, le drogherie, le calzolerie, le cartolerie e aprono innumerevoli, ignobili mangerie dove ti rimpinzano di carboidrati. E’ il business dell’ingrasso. Me lo spiega un ristoratore: “Costruisco il mio menù in base alla marginalità e dunque evito il più possibile la carne”. La carne costa, farina è la risposta. Potrebbe essere lo slogan della bassa ristorazione, l’unica ristorazione che sembra avere un presente e anche un futuro, destinata com’è ai crescenti numeri delle masse diabetiche e pitagoriche (vegetariane). Prego pertanto per il successo di “Foco”, splendido ordigno metallico che ho visto promosso da due eroi della brace quali Paolo Parisi e Barù, ossia Gherardo Gaetani dell’Aquila d’Aragona.

foco

Barbecue rovente, cottura lenta e sapori intensi. Con prodotti freschi e carne preparata con cura dai nostri chef, il barbecue FOCO raggiunge la temperatura ideale per esaltare ogni ingrediente. È il momento: accendi la tua creatività alla griglia!Vivi l’esperienza del fuoco e scopri un gusto unico, grazie alla cottura impeccabile che solo FOCO può offrire. La sua piastra (disco centrale) e il grill ti permettono di avere ogni alimento sempre sotto controllo e a portata di mano.
Una volta provato, non potrai più farne a meno. Accendi un barbecue FOCO anche tu!

“Il barbecue che rivoluziona la tua griglia. Con la piastra circolare che ti permette di avere 3,14 metri sotto controllo. Uno strumento pratico ma soprattutto conviviale”. Prego per Foco e per riuscire a conservare il fuoco del carnivorismo, per avere sempre amici da grigliata, per resistere all’assedio degli amidi.

Camillo Langone__da __IL FOGLIO

 

Maledetta moda, che impedisce a un conservatore di tenersi il cappotto del padre..

Se i nonni ti lasciano una casa ci puoi abitare, se i genitori ti lasciano un guardaroba puoi solo chiamare lo svuotacantine . Sono uscito di casa con il loden di mio padre, uno Steinbock blu. E’ un bel cappotto molto ben rifinito, con una splendida fodera e scaltre tasche interne, tutto in perfette condizioni compresi bottoni e cerniere, ma non è il mio genere, mai comprerei un loden, l’ho indossato perché l’ho ereditato, per una sorta di dovere. Camminando in mezzo alla folla, tutti quanti in piumino o giaccone, mi sono sentito sorpassato e ho riflettuto sulla difficoltà del tramandare. Se un capo di vestiario sopravvive all’usura e alle tarme è improbabile sopravviva alla moda che infatti, Leopardi insegna, è sorella della morte. Se i nonni ti lasciano una casa ci puoi abitare, se i genitori ti lasciano un guardaroba puoi solo chiamare lo svuotacantine. Gesù ha avvertito: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo”. Ma un conservatore è un sentimentale, ci terrebbe a conservare qualcosa pure qui. Non sembra sia possibile. Maledetta moda.
Camillo Langone__da __IL FOGLIO

 

giacconi

Il funerale della polenta…

Nelle trattorie di un nord che ha perso dignità alimentare ora ci sono amatriciane e carbonare. Questa è la deculturazione padano-veneta a cui nemmeno la Lega ha posto un argine. La polenta è morta, bisogna prenderne atto.

Si organizzi il funerale della polenta. Una volta, nemmeno tantissimi anni fa, la polenta, la polenta gialla, la polenta di farina di granturco, era al Nord talmente diffusa da definirne gli abitanti: polentoni. Delle osterie veronesi dove i miei genitori cenavano coi loro amici ricordo solo una cosa, la polenta abbrustolita. Nei decenni successivi, con gli amici stavolta miei, ricordo grandi polentate invernali in certe case avite della collina reggiana. Poi, improvvisamente, più niente. Ora nelle osterie, nelle trattorie di un Nord che ha perso dignità alimentare vedo amatriciane e carbonare. E io mi dispero. Mille volte ho sentito dire che per la polenta non c’è più tempo ma la verità è un’altra: non c’è più amore. La polenta era un rito e il tempo è parte del rito e se il tempo per il rito non lo trovi mai (come quei sedicenti cattolici che non vanno a messa per la sua lunghezza) significa che hai tradito, che hai apostatato. Questa è la deculturazione padano-veneta a cui nemmeno la Lega ha posto un argine (del resto il fondatore Umberto Bossi era un divoratore di pizze, per dirne la pochezza). La polenta è morta, bisogna prenderne atto. Siccome ai morti vanno resi gli onori funebri si organizzi il funerale della polenta, la si mangi un’ultima volta, in compagnia, le si dia ufficialmente l’ultimo saluto.

Camillo Langone

 

La polenta

Tra lazzi e ammicchi, questi spiritosoni ci chiudono lo stomaco…

 

Gli spiritosi sono pericolosi. Massimo Bottura, per dire, il cuoco modenese che in epoca ormai remota lanciò la moda dei menù ironici, vorrebbe sbattere in galera Carlo Giovanardi e me. Lui è un partigiano del ddl Zan e noi invece crediamo nella Bibbia tutta e perciò anche in quel libro del Nuovo Testamento (Lettera ai Romani) in cui San Paolo definisce “ignominiosi” gli atti di uomini con uomini, aggettivo che in futuro ci potrebbe procurare 18 mesi di reclusione. Com’è possibile? E’ possibile perché, come annotò Friedrich Schlegel, “ogni arguzia tende al nichilismo”.

L’aspirante censore dei testi sacri non si è autocensurato mai, convinto di essere spassosissimo continua a imporre ai poveri clienti, intimoriti dalle tre stelle Michelin, piatti dai nomi ridicoli che rendono l’ordinazione imbarazzante. All’Osteria Francescana, che non è un’osteria e non ha nulla di francescano, in questo periodo propone un secondo ghignante: “Stiamo ancora decidendo che pesce servire!”. Chissà se in tavola arriverà una cernia o un cavedano, l’unica certezza è il prezzo, quello lo ha già deciso, 110 euri. Ma il vertice lo raggiunse nel 2010 quando battezzò “Oops! Mi è caduta la crostatina al limone” un dolcetto spiaccicato su un piatto fintamente rotto. Puro decostruzionismo derridiano, cucinato con oltre quarant’anni di ritardo. Il problema è che nella disastrata ristorazione italiana i ritardi non si riducono ma si accumulano, e Bottura continua a produrre imitatori. Tutti terribilmente spiritosi. L’altro giorno meditavo di cenare in un bellissimo e nuovissimo ristorante tranese quando scorrendo il menù su internet ho letto “Polpo di fulmine”. Mi è venuto da piangere e ho cenato a casa. C’è qualcosa di più triste di una barzelletta vecchia? Qualcosa di più patetico di un gioco di parole seriale? Nella stessa lista c’era inoltre una “Zuppa d’amare” e sarà stato il milionesimo parto dello straconsumato connubio mare-terra. Agli spiritosoni il bisticcio mare/amare risulta irresistibile, come fino a poco tempo fa il calembour vino/divino.Due esempi fra mille: il Capriccio di Vieste con la “Parmigiana d’(a)mare”, insomma melanzane e gamberi, e Da Vittorio a Brusaporto col “Crudo “D’Amare”, ovvero pesci e crostacei. Dilaga un frasario similfaceto, stucchevole, che travolge anche i migliori e dunque Errico Recanati all’Andreina di Loreto invece di scrivere “Ostrica alla brace” (l’avrei presa) scrive “L’ostrica si dà le arie di brace” (l’ho lasciata lì). Figuriamoci se si tirava indietro quel ridanciano di Alessandro Borghese: “Ho trovato una seppia a Capri” (seppia, fior di latte, pomodoro e basilico). A qualcuno diverte? A me fa venire il fior di latte alle ginocchia. Un amico mi parla bene del ristorante Manna di Milano che però è tutto un lazzo e un ammicco: un piatto di paccheri al pomodoro si chiama “Banalissimo”, un dolce a base d’uva si chiama “Senza volpe”… Anziché farmi ridere, Manna mi allarma: siccome ogni arguzia tende al nichilismo, non sarà che anche lì brigano per sbattermi in galera?

 

Camillo Langone_da _Il FOGLIO

cibo

Che stile la Principessa di Galles in Barbour. L’Italia cosa può opporre?

Kate
Quali sono i classici vestimentari italiani? Forse il cappotto 101801 di Max Mara? Ma più che senza tempo è anni Ottanta, e costa 2.300 euri. La moda italiana è classista, a differenza dei Windsor

Mentre noi esportiamo nel mondo, da Napoli, città già nota per la splendida sartoria, l’immagine oscena e ancor più che oscena, scadente, del Priapo Pulcinella, l’Inghilterra esporta l’immagine del purissimo stile: la Principessa di Galles in Barbour. L’altro giorno, ai bordi del campo in cui giocava a calcio il principino Louis, un’icona del nostro tempo indossava un classico senza tempo. Noi, popolo già noto per una moda ormai passata di moda, cosa possiamo opporre? Quali sono i classici vestimentari italiani? Il tabarro, certo, ma a parte che fa ancora un caldo assurdo e io già sudo col soprabito, convincere una donna italiana a intabarrarsi, a meno che non sia una reazionaria nostalgica di San Marco, è impresa improba. Forse il cappotto 101801 di Max Mara? Ma più che senza tempo è anni Ottanta (lo dichiarano le “maniche a kimono risvoltabili”) e quel che è peggio costa 2.300 euri, cinque volte la britannica giacca cerata. La moda italiana è classista, a differenza dei Windsor che non hanno bisogno di ostentare alcunché. Poi dice che uno è monarchico, che uno grida “God save the Princess”.

Camillo Langone__da__IL FOGLIO                                                                                  

Non c’è speranza, ma non smetterò di scrivere contro l’umanizzazione degli animali.

Accade persino che le spese veterinarie si possono almeno in parte detrarre. Tali detrazioni andrebbero abolite e il risparmio andrebbe utilizzato per aumentare le detrazioni riguardanti i figli. Ma so che non accadrà.

cani

No, non mi rassegno a queste città piene di italiane coi cagnini e di arabe coi bambini. Non taccio. Continuo a scrivere contro gli animali domestici e l’umanizzazione dei medesimi. Ho scoperto che Diaco ha un cane di nome Ugo, che Fedez ha un cane di nome Silvio e questo Silvio veste camicie Versace. Non c’è speranza, chiaro.

Poi ho scoperto che i proprietari di bovari bernesi non mettono gli impermeabili ai loro bestioni per proteggerli dalla pioggia ma per proteggersi dalla puzza che emanerebbe, una volta rientrati a casa, dal pelo bagnato. Ho dunque capito che i cani devono puzzare, in caso contrario è la società a puzzare. Di rovesciamento e decomposizione. Infine ho scoperto che le spese veterinarie si possono almeno in parte detrarre. Tali detrazioni andrebbero abolite e il risparmio andrebbe utilizzato per aumentare le detrazioni riguardanti i figli. So perfettamente che non accadrà, che perfino La Russa ama gli animali, che la mia è vox clamantis in deserto. Non è un mio problema, sono un misantropo, ci sto bene nel deserto.

Camillo Langone__da__IL FOGLIO                                                                   

Sentirsi come l’ultimo dei Mohicani in libreria…

Cosa c’entrano i Meridiani con le librerie di oggi, con i lettori di oggi? Il lungo scaffale dei libri prenotati, dietro la cassa, mi fa temere di essere l’unico cliente interessato alle collane di classici.

Sono l’ultimo dei Mohicani? L’ultimo acquirente dei Meridiani? Vado in libreria a ritirare il Meridiano Chiaromonte e mi guardo intorno: cosa c’entrano i Meridiani con le librerie di oggi, con i lettori di oggi? Il lungo scaffale dei libri prenotati, dietro la cassa, mi fa temere di essere l’unico cliente interessato ai Meridiani Mondadori. In questa libreria, in questa città, in questa nazione, in questo pianeta. E dico Meridiani Mondadori ma potrei dire anche Millenni Einaudi, Nave Argo Adelphi, tutte le residue collane di classici. Poi certamente me la sono andata a cercare: una cosa è il Meridiano Ungaretti, altra cosa è il Meridiano di Nicola Chiaromonte, saggista troppo saggio, troppo pacato… Quante copie ne avranno vendute? In Mondadori non sono scemi, conoscevano perfettamente il potenziale di un titolo simile, zero, dunque le case editrici fanno ancora, a volte, scelte non commerciali bensì squisitamente culturali. Ci sarà un ultimo dei Mohicani anche in Mondadori. Intanto prendo il libro, 1.820 pagine, prezzo di copertina 80 euri (68 con lo sconto), e mi domando: ha senso ostinarsi a parlare una lingua morta? Non dovrei leggere anch’io “Il canto dei cuori ribelli”?

Camillo Langone

meridiani

Tante conquiste, ma mai come oggi le donne sono impotenti…

Sono avverso alle donne di potere, ma non misogino: oggi le donne sono impotenti.  Le Sodomiadi di Parigi hanno sancito il sorpasso di omosessualismo e genderismo nei confronti del femminismo. E del femminile, tristemente passato di moda. Se aggiungiamo immigrazionismo e islamismo, la donna risulta indifesa.

Prego di riuscire a smettere di definirmi misogino. Non perché debba sfuggire alla nuova severissima censura inglese (non frequento la perfida Albione). Ma perché oggi la mia avversione riguarda soltanto le donne di potere. E se il mio problema si riduce al potere femminile la definizione di misogino, che tanto mi piaceva, che ancora un po’ mi piace, non mi descrive più: quasi tutte le donne sono impotenti. Le Sodomiadi di Parigi – “un salto di qualità nell’attacco alle donne” (Eugenia Roccella) – hanno sancito il sorpasso di omosessualismo e genderismo nei confronti del femminismo. E del femminile, apparso tristemente passato di moda… Se a ciò aggiungiamo immigrazionismo e islamismo ecco uno spaventoso ircocervo ideologico davanti al quale la donna, peggio se giovane donna, peggissimo se giovane donna bianca, risulta indifesa. Oggi una ragazza non può vestirsi liberamente, non può frequentare tranquillamente stazioni e metropolitane. Può accedere a tutti i mestieri? Sì, ma non a tutti i quartieri. Se è bella viene criticata. Se non lo è viene criticata. Se è famosa può essere lapidata in qualsiasi momento per qualsiasi minimo disallineamento. Se è ignota è una sfigata. Ovvio che in un mondo così disgraziato al posto della misoginia serva cavalleria ossia gentilezza e rispetto nei confronti della donna.

Camillo Langone __da__IL FOGLIO

 

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