Yeonmi Park, 29 anni, è una delle più celebri fuggiasche da Pyongyang: le sue frasi contro «l’indottrinamento» che sarebbe in atto nelle scuole e nelle università Usa sono state salutate con forza dalla destra Usa (mentre la sinistra cerca di screditarla)
Può l’esperienza della dittatura più feroce del pianeta, la Corea del Nord del Leader Supremo Kim Jong Un, insegnare qualcosa alla democrazia americana? Una delle più celebri fuggiasche da Pyongyang è convinta di sì. Esule negli Stati Uniti, la giovane nordcoreana paragona l’«indottrinamento politicamente corretto in atto» nelle scuole e università Usa, al lavaggio del cervello del regime comunista da cui si è salvata.
La destra americana la trasforma in un’eroina. La sinistra cerca di screditarla con ogni mezzo possibile.
La vicenda offre un’angolatura nuova sullo scontro fra Oriente e Occidente.Stavolta è una donna orientale ad avvertire gli americani sui rischi che stanno correndo, incluso quello di distruggere «la propria civiltà».
Lei si chiama Yeonmi Park, ha 29 anni e vive negli Stati Uniti. Aveva 13 anni quando sua madre riuscì a portarla con sé, nel 2007, in una fuga avventurosa attraverso il confine fra la Corea del Nord e la Cina. Fu una fuga drammatica, inclusa una lunga traversata a piedi nel deserto di Gobi fino alla Mongolia. Secondo il racconto di Yeonmi Park la madre fu stuprata dal trafficante di profughi che l’aveva aiutata a scappare; lei stessa da adolescente venne venduta a un marito cinese e ridotta in semi-schiavitù, a lavorare in una chat-room pornografica. Solo cinque anni dopo madre e figlia raggiunsero la Corea del Sud, dove lei fu ospite di un talkshow televisivo dedicato ai profughi da Pyongyang. Fu il primo passo verso la celebrità, che l’avrebbe condotta negli Stati Uniti. È in America che ha intrapreso la sua nuova carriera di scrittrice e public speaker. Ed è qui che la giovane coreana entusiasta della liberaldemocrazia occidentale ha incontrato una nuova realtà: gli americani che odiano l’America, la descrivono come un concentrato di orrori, e per curarla dei suoi peccati le impongono un nuovo tipo di indottrinamento.
Un episodio chiave nella sua «epifania», risale al 2020. Yeonmi stava passeggiando con suo figlio per le vie di Chicago quando è stata aggredita da una donna afroamericana che le ha scippato il portafoglio. Mentre chiamava la polizia per denunciare l’aggressione e il furto, un’altra donna ha inveito contro di lei accusandola di razzismo. Altri episodi per lei illuminanti sono accaduti quando studiava alla Columbia University di New York e si è imbattuta nelle più recenti campagne della cosiddetta woke culture (la cultura del «risveglio»). Per esempio l’assalto contro l’insegnamento tradizionale della matematica, considerato razzista. Contestare la scienza in nome di un’ideologia politica è un’operazione che – secondo lei – ricorda proprio i metodi usati in Corea del Nord.
Un altro filone del pensiero politicamente corretto che l’ha spaventata è la negazione dell’identità biologica delle donne, portata avanti dagli esponenti più radicali del movimento transgender, con ampio seguito nelle élite intellettuali, nel mondo dello spettacolo e sui media. Infine l’educazione sessuale «fluida» che incoraggia i bambini a rimettere in discussione la propria identità di genere, e propone gli insegnanti come difensori di questi diritti a cui gli alunni possono appellarsi contro i genitori.
La delazione contro le famiglie nelle scuole, sottolinea Yeonmi Park, è un’altra pratica che le ricorda la Corea del Nord. Su questi stessi temi si è costruita in parte la fortuna politica di Ron DeSantis, il governatore della Florida che è sceso in campo proprio contro l’educazione sessuale «fluida» alle elementari. La destra repubblicana la considera un’eroina e un regalo della provvidenza: una vittima del regime comunista più crudele del mondo paragona l’egemonia del «politicamente corretto» in America alla propaganda di Kim! Perciò Yeonmi Park è diventata una star nel circuito dei talkshow e degli eventi politici della destra repubblicana. A sinistra è scattata l’operazione opposta: la demonizzazione. Un esempio è il lungo ritratto che le dedica oggi il New York Times in prima pagina, alla ricerca di dettagli incoerenti o imprecisi nella sua autobiografia, o di moventi poco nobili.
Gli avversari le affibbiano il nomignolo di «Paris Hilton nordcoreana», per alludere alla sua ricerca di notorietà. I suoi libri sono diventati dei best-seller. Il paragone fra l’insegnamento in Corea del Nord e la Columbia University appare eccessivo anche a chi non si riconosce nel nuovo indottrinamento di massa della woke culture. Ma è sempre interessante vedere l’America di oggi con gli occhi di chi si è formato in una cultura che è agli antipodi rispetto alla nostra. Oriente e Occidente non sono mai stati così lontani, se il politicamente corretto della sinistra americana viene giudicato partendo da un sistema di valori confuciano, transitato attraverso i traumi del comunismo di guerra .
Federico Rampini_Il Corriere della sera.