I momenti che non sappiamo vivere e poi…nostalgia!!

 

Quando mi viene la nostalgia è perchè ho voglia di cancellare le malinconie, di tornare col pensiero a tutti quei momenti, in cui avrei fermato il tempo, perchè troppo belli da credere veri ,in cui i miei occhi brillavano di stelle. Scorrono nelle mente come un film leggermente sbiadito e poi, quasi sempre all’improvviso ,spunta lei, la mia nostalgia più grande.Di quando il mondo era un continuo spunto per la mia curiosità. Di quando non avevo paura di prendere la mano di chi mi porgeva la sua. Di quando ero felice di essere stata buona.

bimbetta

Elogio della nostalgia, la fonte da cui nasce l’arte…

La nostalgia si addice a quel che è stato, riguarda il passato. Qualcuno anni fa parlò perfino di nostalgia dell’avvenire ma il significato era trasparente: costruire il futuro sulle tracce di un mitico passato. La nostalgia del presente fu invece il titolo d’una famosa poesia di Borges, dove il desiderio combaciava con la realtà. Al di là di Borges, la nostalgia del presente appare quasi uno scippo di vitalità alla pienezza del tempo in atto, un’emorragia vitale o una schizofrenia mentale, il contrario del carpe diem. È il sentore di non vivere abbastanza il presente, di non trattenere alcuna traccia di quel che sta accadendo, come se finisse prima che se ne prenda pieno possesso. E dunque indica il timore e il dolore di veder sfiorire le situazioni presenti.  La fotografia è una forma tecno-pratica di nostalgia del presente: immortalare il momento o il luogo, cioè fermarlo, depositarlo nella sacca della nostalgia, l’archivio. Il vintage è invece la nostalgia applicata agli oggetti.  La poesia nasce da un sentimento di nostalgia preventiva: mentre vivi un’esperienza, un incontro, una presenza, prefiguri il suo svanire, avverti il presagio della sua assenza. E da quel sentimento di perdita sorge la poesia, che è il tentativo estremo di eternizzare o tesaurizzare quel momento, quel luogo, quell’incontro e di farlo vivere in un altrove, oltre il tempo e lo spazio. Salvare nei cieli della poesia quel che finisce in terra, dissipato nei giorni. La poesia è la dimora della nostalgia, intima e cosmica; la poesia sorge sull’amore perduto o caduco, sul presagio doloroso di una mancanza, passata, presente o ventura.  La nostalgia è il sentimento originario che ha mosso l’arte, il pensiero e la  grande letteratura di ogni tempo: si pensi all’Odissea, il poema della nostalgia.  Il filosofo della nostalgia è Plotino che nel nome di Platone eresse un pensiero incentrato sul conato dell’anima a ricongiungersi all’Uno da cui è sgorgata.  Ma il termine nostalgia, benché evocante due parole antiche – nostos e algos – è  recente e non sorge in ambito filosofico-letterario bensì medico-scientifico. Indicava infatti una malattia diagnosticata poco più di tre secoli fa e riguardava i soldati svizzeri che pativano la lontananza dalla loro valle, la loro patria.  Quel sentimento di lontananza spaziale, che in seguito fu ribattezzata apodalgia, coi romantici si tramutò in lontananza temporale. Non più distanza spaziale che implica la presenza pur remota di ciò che si anela a rivedere; ma distanza temporale, riferita a un tempo trascorso; dunque sentimento disperato che non può essere esaudito.  Il suo più acuto sensore fu Marcel Proust, il suo capolavoro riassume il senso della nostalgia: alla ricerca del tempo perduto. Il suo prologo in cielo, ossia la sua versione metafisica, è il paradiso perduto, che è poi l’unico paradiso da noi conosciuto, secondo Borges. Da Omero a Kavafis, da Saffo a Pasolini, la nostalgia è l’anima della poesia. L’uomo è un animale nostalgico, non sa vivere solo del presente. Vive tra l’attesa ponderata del futuro (Kant) e la nostalgia delle origini (Plotino, Vico, Mircea Eliade).  La follia odierna pretende di abolire la nostalgia e negare il passato. Questo da un verso implica la cancellazione della memoria storica ma dall’altro comporta la velleità utopica di proiettare la condizione di allora nel momento presente. L’infanzia e la giovinezza sono le fonti della nostalgia? Aboliamo la nostalgia e viviamo nell’illusione del puer aeternus, figurandoci come bambini permanenti, sempre giovani.  La sindrome di Peter Pan nega la nostalgia perché rifiuta di considerare il tempo che passa. La nostalgia, invece, accoglie il principio di realtà: quella condizione, quell’atmosfera è passata, è trascorsa da storia a mito. La separazione dal presente rende sacro quel passato. Il fascino della nostalgia è lì: evoca un evento o uno stato irripetibile e irrevocabile. Non puoi rifarlo né puoi cancellarlo. Come i classici, le grandi imprese, gli amori perduti. L’arte che ne scaturisce sublima quella mancanza, e il desiderio esala fino alle stelle (de-sidera). Per il bambino perenne, invece, il desiderio va esaudito e così cessa l’arte, nata dalla nostalgia che è il dono della mancanza.   Analoga pretesa hanno i movimenti nostalgici che vogliono ripristinare un passato concluso. Il passato lo puoi amare e onorare ma non puoi riportarlo in vita. È morto e può vivere solo nel mito. La nostalgia è un nobile sentimento intimo e universale ma non può essere un programma storico-politico.  La storia è una freccia, la nostalgia è invece una curva; la pietà del ritorno che si curva a raccogliere il tempo versato. La nostalgia riconosce il fascino dell’inattuale, irriducibile all’attualità. Ma è ingenuo idealizzare il passato .  La superiorità ontologica del passato sul presente è un’illusione ottica che nasce da due motivi: il rimpianto bioepico della nostra infanzia/giovinezza e l’occhio magico della nostalgia che è selettiva e conserva del passato solo le cose amate.  Ci sono temperamenti più inclini alla nostalgia e altri più protesi alle novità. Ci sono i migranti di prua che amano vedere lo scafo che solca nuove onde e punta nuove terre, appena intraviste, e ci sono i migranti di poppa che amano vedere il paesaggio originario che si perde alla vista e la scia sul mare è il suo estremo cordone ombelicale. Beato chi ama ambedue, le origini e l’approdo, divino chi le combacia. La nostalgia è il canto, e l’incanto, di un tempo che passa al mito. Il passato che vive e non passa si chiama invece Tradizione, che è patrimonio trasmesso, eredità perpetuata, perennità che continua nel corso del tempo.  Ci sono giorni e sere soprattutto in cui avverti il peso ottuso della vita andata. Il male, il nulla, il falso, il poco, il mio, il futile, il labile, sono i sette colori di quest’iride spettrale che va dal nero al bianco, ingrigendo la vita. Senza la luce della nostalgia scema la policromia del mondo. È la nostalgia a dare colore al passato.  C’è un proficuo esercizio d’amore per animare la nostalgia nell’intimità. Chiudete gli occhi e concentratevi a ricordare ad una ad una le voci delle persone più care e assenti. Passatele in rassegna, lentamente, fino a sentirle risuonare nella memoria e nel cuore, associandole allo sguardo, l’ultimo sguardo di loro che vi è rimasto impresso benché remoto e ormai sfocato. Per dare più forza a quell’esercizio ripartite dalla memoria della vostra voce che li chiama. Li vedrete apparire e sentirete la loro voce che vi parla e il loro sguardo che vi guarda.  Questa è l’arte di procurarsi i sogni, di rianimare il passato e di con-vocare gli assenti in un simposio di nostalgia. Un esercizio difficile e delicato, come risalire la corrente, sfidando le rapide impetuose che invece trascinano verso il basso, nella valle dell’oblio. La pietà della vita è protesa a risalire la corrente del tempo.  La nostalgia è quel dolore dolcissimo che pervade l’anima per una lontananza che sentiamo vicina e per un’assenza che sentiamo presente.

Marcello Veneziani                                                                                                                     

La nostalgia non è una malattia.

Ma la nostalgia è un vizio o una malattia? È vero che ci rende prigionieri dei ricordi, non ci fa vivere nella pienezza del presente e fa procedere a testa indietro verso il futuro, ostaggi della retro-topia, come la chiamava Zigmunt Bauman? L’unica nostalgia oggi ammessa è il vintage, la commercializzazione di oggetti e mode del passato.
A lungo, nostalgico è stato un appellativo usato per definire e deprecare chi ha posizioni politiche reazionarie, a partire dai neofascisti; ma la stessa cosa vale per i monarchici e i nostalgici dei Savoia, degli Asburgo, dei Borboni. Perfino Federico Fellini definì il suo Amarcord “un film sul fascismo dentro di noi” affermando che il fascismo e l’infanzia fossero stagioni permanenti in lui. Ma la nostalgia è un sentimento impolitico o al più prepolitico che non si fonda sulla memoria, che è un tornare alla mente, ma sul ricordo, che è un tornare al cuore. La nostalgia va oltre il piano storico, politico e polemico; tocca l’anima, la vita, il pensiero, l’arte, la letteratura, la metafisica.
C’è una filosofia della nostalgia che va ricercata prima in Platone e poi in Plotino, il suo pensiero del ritorno all’Origine, per ricongiungersi all’Uno, alla Casa, allo stesso Platone; e il suo vivere sulle tracce di tre civiltà perdute o declinanti: egizia, da cui proveniva, greca in cui si riconosceva, romana in cui viveva al tempo del suo declino, nel terzo secolo dopo Cristo. Filosofia del ritorno e della nostalgia fu pure quella di Giovanbattista Vico. E altri percorsi nostalgici furono intrapresi nell’ottocento da poeti e scrittori romantici o nel novecento in ambito psicologico, da Jung a Hillman. Ma c’è soprattutto una letteratura della Nostalgia che si oppone alla letteratura dell’Esodo, come l’Odissea alla Bibbia: parte da Omero e poi percorre tutti i tempi, fino ai nostri giorni. E trionfa con Marcel Proust che percorse contromano il novecento fino a raggiungere il cuore del secolo precedente. Con Proust avviene la rivoluzione copernicana della nostalgia, perché non si riferisce più a un luogo lontano ma a un tempo perduto. Tre fili dorati s’intrecciano nella Recerche: la curvatura del tempo, col passato che riaffiora nel presente; il ponte dei ricordi, introspettivo, che collega la realtà all’antro nascosto dell’anima, dove sorgono le idee e i sentimenti. E infine la scoperta che le cose sono animate; liberate dall’inerzia del banale parlano e vibrano in esse tracce allusive di un tempo remoto. La nostalgia di Proust scava nella memoria, nel cuore dei tempi e nella vita nascosta delle cose.
La nostalgia non è una patologia come talvolta si ripete, ma una facoltà innata dell’anima, un sentimento originario che  ci costituisce. I doni della nostalgia sono copiosi, anche se intinti nell’amarezza. Bisogna però distinguere i piani e le forme della nostalgia. Come l’Afrodite platonica c’è una nostalgia urania, celeste, e una nostalgia pandemia, volgare. C’è la nostalgia come alibi per non affrontare la realtà e rifugiarsi nel passato, nel già vissuto. C’è la nostalgia come prigionia che inibisce il rapporto con la vita reale e la con il futuro. C’è la nostalgia come velleità di restaurare pezzi di passato o fingere che il tempo non sia trascorso.
Ma c’è pure la nostalgia che non nega la realtà, non rifiuta il presente e tantomeno il futuro – c’è pure la nostalgia dell’avvenire – e non oppone il mito alla realtà, ma vive il mito sapendolo distante dall’odierno fluire dei giorni. Quella nostalgia è un’apertura dell’anima agli incanti del passato, è una fedeltà intelligente ai nostri mondi perduti, è una carezza tenera e struggente a quel che ci è caro, tra affetti, cose, paesaggi che durano oltre la loro scomparsa. E in questa chiave la nostalgia si fa gravida e feconda di pensieri, opere e visioni, genera poesia e narrazioni. La poesia nasce da una nostalgia preventiva: mentre vivi un’esperienza, un incontro, una presenza, prefiguri il suo svanire, avverti il presagio della sua assenza. E da quel sentimento di perdita sorge la poesia, che è il tentativo di eternizzare o far tesoro di quel momento, quel luogo, e portarlo in salvo nell’altrove della poesia, oltre il tempo e lo spazio. La poesia salva i volti, le anime, i mondi dalla rovina e li custodisce nella teca della nostalgia. E poi la musica, e il cinema, e l’arte, coltivano la nostalgia, e attraverso di lei toccano la grazia dei momenti indimenticabili.
Nella nostalgia non fingi che quel mondo sia ancora vivo e reale, cogli tutto lo scarto tra il passato e il presente; quel che è vivo del passato è semmai la tradizione, che si trasmette e si tramanda. Ma la nostalgia sa di abitare un mondo che non c’è più e non pretende di ripristinarlo, non è preda del revanscismo e nemmeno dello spiritismo. Il fascino della nostalgia è lì: evoca un evento o uno stato irripetibile. Non puoi rifarlo né puoi cancellarlo. Come i classici, le grandi imprese, gli affetti e gli amori perduti. Si addice alla distanza nello spazio o nel tempo; nostalgia del primo tipo fu quella di Ulisse nel suo percorso a ritroso verso la sua Itaca; nostalgia del secondo tipo fu quella di Proust alla ricerca del tempo perduto. Nel nostro tempo, le distanze si accorciano e sono possibili i ritorni; mentre restano irraggiungibili i mondi perduti del passato, e dunque la nostalgia si addice più all’infanzia, alla giovinezza ormai lontana, piuttosto che alla casa remota, alla patria lontana. La nostalgia è quel dolce dolore che pervade l’anima e la mente per una lontananza che sentiamo vicina e per un’assenza che avvertiamo presente.

MV

La Javanaise…musica per una nostalgia.

 

amarsi in spiaggia

 

Una sera d’estata…. la ragione si smorza e l’istinto prevale.
E allora giunge la nostalgia di uno di quelle notti al mare quado ci prendeva la voglia intensa e urgente, di fare l’amore con una canzone.
È la sera giusta per “La javanaise”……

Si sa che non è una canzone composta di getto, ma, anzi, scritta su commissione per Juliette Gréco. Ma la javanaise non é nemmeno un ballo: è la java quella che si danzava al ” bal musette” con la musica dell’accordéon.
Poco importa.
Se la si ascolta cantata dalla voce impastata di un Serge Gainsbourg sudato, impudico e, forse, ubriaco, la Javanaise perde tutti gli orpelli, arriva all’essenziale e si rivela per quello che è: il ricordo di un amore di una sensualità lancinante e disperata.
Chapeau !

 

 

Sarà questo poesia? Un ricordo, un’ emozione improvvisa, una lacrima di nostalgia?

 

Da un tuo cortile aver guardato
le antiche stelle,
dalla panchina in ombra aver guardato
quelle luci disperse
che non so ancora chiamare per nome
né ordinare in costellazioni,
aver sentito il cerchio d’acqua
nel segreto pozzo,
l’odore del gelsomino e della madreselva,
il silenzioso uccello addormentato,
la volta dell’androne, l’umido
– forse son queste cose la poesia.

Jorge Luis Borges

 

gelsomino