Potere alle donne…

Le ultime elezioni europee hanno confermato una tendenza: il passaggio del comando politico dagli uomini alle donne. Giorgia Meloni ed Elly Schlein guidano i due maggiori partiti nostrani, su cui si fonda il nostro bipolarismo imperfetto. E a livello europeo, Marine Le Pen è la vera vincitrice di questa tornata elettorale. Ma non solo: Ursula van Der Leyen eRoberta Metsola, presidenti della commissione e del parlamento europeo, sono uscite bene dalle elezioni, nonostante la sconfitta delle forze eurocratiche, la disfatta di Macron in Francia e di Scholz in Germania. E altre donne guidano altri paesi, da est a ovest.

Ma non è un fenomeno contingente; c’è qualcosa di più profondo e strutturale: il potere sta passando alle donne. Non c’è bisogno di essere femministe per plaudire a questa svolta ginecocratica. Personalmente mi sono convinto che il futrazione del latino Domina, è colei che domina anche nella vita pubblica. uro della politica sia femmina. Non lo dico con rassegnazione o per compiacere le donne, è una pura constatazione di fatto: si, la politica oggi si addice di più alle donne. E non dirò nemmeno che è un segno di decadenza della politica. Le donne oggi hanno più determinazione, carattere, tenacia, si applicano di più, sono meno superficiali e multitasking, più adatte a governare e guidare la politica. L’uomo molla, è molle, ha meno volontà. Non siamo al regno della Amazzoni ma si deve prendere atto che la Donna, contLe donne sono più portate alla concretezza, sono più pragmatiche e sono meno inclini alla corruzione e alla disonestà politica.
Un tempo le Golda Meir e le Indira Gandhi, ma  anche le regine del passato, facevano storia a sé. Poi venne il tempo della Thatcher e poi della Merkel; oggi sta diventando la norma.
Le donne hanno una vocazione naturale alla crematistica, che dai tempi di Aristotele è l’arte di gestire l’economia, e riguarda non più solo le spese di casa, ma quelle del condominio-Paese o del condominio Unione. Una donna guida pure la Banca centrale europea, Christine Lagarde, la Draghi in versione euro-femminile. Che non suscita, almeno in me, simpatia e ammirazione, ma è una conferma ulteriore di questa svolta.
Non è lo stato d’animo sconfortato e depresso di un uomo, di un maschio che vede ormai il passaggio di consegne e si lascia prendere da una specie di sindrome di Stoccolma. È un’abdicazione serena, che libera l’uomo dall’ansia di prestazione politica e dal dovere di dimostrare la sua maggiore capacità di visione e di gestione, l’attitudine al comando e alla decisione. In fondo, ci sono già state epoche nell’antico mediterraneo all’insegna del matriarcato. Che ancora si riflette in alcune società del sud, dove l’uomo regna ma la donna governa. Anche quando restavano in casa a esercitare il loro potere a latere, erano le mandanti dei loro consorti, laddove gli uomini amavano figurare, duellare, guerreggiare, ma poi delegavano alle loro mogli, sorelle e madri, la gestione della casa, della famiglia e delle strategie di prossimità. Quell’eredità ancestrale è venuta ora a maturazione e si è fatta sistema; e la disfatta della politica, la maggioranza assoluta del popolo sovrano che abdica alla sovranità e non va a votare, sono ulteriori segnali che qualcosa è cambiato, dobbiamo prenderne atto e trarre le dovute conseguenze. All’uomo resta, se sarà in grado di mantenerlo, il regno degli scopi ultimi, il mondo dei significati, l’arte, il gioco, il pensiero, la metafisica. Anche se veniamo da un secolo, il novecento, in cui il pensiero forte è stato più rappresentato dalle donne. Dopo millenni di dominio maschile, le pensatrici più vigorose del Novecento sono loro: Simone Weil e Hannah Arendt, Maria Zambrano e Rachel Bespaloff e altre pensatrici e scrittrici. Mentre gli uomini in larga parte dichiaravano la morte della filosofia e la sconfitta del pensiero, o fallivano nei loro sogni, figli del superuomo nicciano, il pensiero delle donne, al di là delle rivendicazioni femministe, assumeva vigore politico, filosofico e religioso. Peraltro entri in libreria, vai a cinema o a teatro o a una conferenza e vedi più donne che uomini. È un segnale.
Il repertorio classico delle motivazioni aveva fino a ieri un senso, pur nel suo corredo di ovvietà: quando l’uomo andava in guerra e a caccia, quando sfidava l’incognito, il pericolo e le intemperie, si sporgeva fuori casa e portava da mangiare alla famiglia, comunque si occupava lui delle fonti di sostentamento, aveva una naturale propensione non solo a guidare la società ma anche a interpretarla, a capirla, tramite la cultura, lo spettacolo, la ricreazione. Oggi è tutto un sorpasso. In più prevale per i maschi giovani lo stereotipo del bamboccione, motteggiato dalle donne con la frase-password: “non ha le palle”. Anche da qui prende corpo l’evirazione della politica.
Un tempo si diceva che gli uomini hanno una visione generale delle cose, mentre le donne hanno una visione particolare, ravvicinata. Oggi non è più così, l’individualismo egocentrico, la vanità e il puerile narcisismo hanno reso gli uomini più preoccupati della loro sfera personale, quanto se non più delle donne. Anche in politica prevale il particulare, la carriera personale, i fatti propri, se non gli interessi privati. Non so se chiamarla emancipazione femminile o piuttosto decadenza maschile; non se se sia da ascrivere più a un’accresciuta sensibilità e capacità delle donne o a un crescente inebetimento e inettitudine dei maschi. Direi salomonicamente a entrambi. Oggi quando si deve eleggere un presidente o un premier mi trovo a dire: speriamo che sia femmina.

Marcello Veneziani     

2024, fuga dalla politica e dai giornali…

Qual è l’effetto Meloni sulla diffusione della stampa in Italia? Una vecchia tendenza dell’informazione di solito premiava in modo particolare i giornali all’opposizione dei governi in carica. E’ più facile e più esaltante fare un giornalismo contro; fa più notizia, capitalizza la critica permanente verso il potere. Stavolta invece il calo è generale e si accanisce con i giornali più ostili al governo Meloni. Ma c’è da aggiungere in tutta onestà che il calo dei lettori non risparmia nemmeno i giornali che sostengono il governo Meloni.  Come leggere allora questa flessione ulteriore e trasversale nelle edicole? Si potrebbe spiegare, al di là degli umori e delle opinioni politiche, con la marcia irreversibile verso il tramonto della stampa, a partire da quella cartacea (l’informazione sul web si difende), che coincide con la sostituzione anagrafica degli anziani con le giovani generazioni, refrattarie alla lettura dei quotidiani acquistati nelle edicole. Ma è una spiegazione solo in parte vera.  Se vogliamo dare una chiave di lettura “politica” di quel che succede dobbiamo piuttosto considerare una mutazione “atmosferica” in atto nel nostro paese: dopo la partecipazione attiva alle vicende politiche, all’indomani del covid e con le ultime elezioni politiche, che sancirono la svolta netta verso un governo di destra, premiando l’unico partito d’opposizione che c’era in quel momento, è sopraggiunto nei mesi il torpore, un certo disincanto e un crescente disinteresse, come se si fosse entrati in una specie di stallo generale.  Non è dunque una perdita di fiducia nei confronti della Meloni e nemmeno del suo governo, che pure non suscita entusiasmi almeno a leggere i sondaggi; quanto una sorta di disilluso consenso o un tacito assenso al governo, ma senza adesione attiva e positiva, come un accettare la situazione esistente perché non si intravedono alternative né vie d’uscita. E’ come se l’orizzonte di aspettativa si fosse ristretto, ci si rende conto che i margini e gli argini di manovra consentiti al governo sono in effetti molto ridotti rispetto all’unione europea, alla Nato e al sistema delle alleanze, dei vincoli e delle pressioni internazionali. E dunque, pur senza passare al dissenso o al Partito degli Scontenti, la maggioranza del nostro paese è per così dire in sonno o in stand by, parla meno di politica e meno è interessata a sentirne parlare. Di conseguenza legge meno i giornali che hanno comunque ancora una prima motivazione politica, polemica e civile che ora pare sopita.  Il discorso naturalmente non riguarda solo la Meloni ma si estende alla politica in generale; anzi bisogna dire che la “fortuna” della Meloni, che spiega in parte la persistenza del suo alto consenso nel paese, è il paragone vincente con i suoi avversari (e anche, vorrei aggiungere, con i suoi competitori interni o alleati). Obiettivamente Elly Schlein è una polizza per la Meloni, ma anche Giuseppe Conte, che pure si sta muovendo meglio della segretaria del Pd, non riesce a catalizzare grandi consensi. Dall’altro versante Salvini e Tajani non destano particolari preoccupazioni per la Meloni. Che se vogliamo, è più impensierita da eventuali fattori esterni, come per esempio la discesa in campo del generale Roberto Vannacci, piuttosto che dagli altri alleati e concorrenti.  Negli ultimi tempi la Meloni ha ulteriormente personalizzato la sua leadership; si fida sempre meno di chi le sta attorno. Ma sul disincanto verso la Meloni e sull’ulteriore ondata di disaffezione verso l’informazione, non solo scritta ma anche televisiva, contano anche le vicende recenti. Per esempio quel che sta succedendo dal 7 ottobre a Gaza. A un bestiale massacro compiuto da Hamas è seguito ed è ancora in corso da più di cento giorni un genocidio della popolazione palestinese, tra migliaia di morti, di feriti e quasi due milioni di sfollati. L’intenzione di eliminare e non solo sconfiggere  Hamas, è comprensibile e legittima, ma considerare migliaia di bambini, donne e vecchi palestinesi come puri ingombri da eliminare o da sgombrare pur di bruciare il terreno intorno ai terroristi di Hamas non può essere accettato dalla pubblica opinione e dalla ipersensibilità a lungo alimentata per quanto riguardava l’Ucraina e altre tragedie umanitarie. Non si può improvvisamente silenziare o sottorappresentare  quel che sta avvenendo. Nessuno mette in discussione  la rabbia e il dolore di Israele, il diritto alla sua esistenza e incolumità e l’oggettiva ostilità che lo circonda da cui deve difendersi; ma non si possono nemmeno tacere le catastrofi umanitarie in corso, dopo averne enfatizzate altre.  L’opinione anti-establishment è ormai molto forte in Occidente, dopo la vicenda del Covid, la guerra russo-ucraina e le posizioni della Ue, della Nato e degli Stati Uniti; lo dimostrano, tra l’altro, i successi tornanti di Donald Trump e di Marine Le Pen, come lo aveva dimostrato lo stesso successo della Meloni in Italia. E i dubbi assai diffusi che quest’Occidente, e l’Amministrazione Biden in particolare, stiano gestendo male questa situazione internazionale, facendosi tanti nemici e aprendo fronti di conflitto un po’ ovunque, acuiscono questo disagio. Ma di tutto questo c’è scarsa traccia nei regni dell’informazione occidentale, da destra a sinistra. Da qui la tendenza a disertare la piazza dell’informazione, a darsi alla macchia nella prateria dei social, a scomparire dai radar della pubblica opinione e a rifugiarsi ancor più nella dimensione privata e individuale.

Marcello Veneziani

Il primo grande flop della Ferragni …

 

 

Elezioni, Chiara Ferragni scende in campo e invita i follower al voto - Il  Mattino.it

I giovani non son andati a votare in gran numero, dai 18 ai 35 anni hanno preferito dedicarsi ad altro, a loro più gradito e confacente. Per la prima volta, coloro che pendono dalle labbra sensuali della Chiara, e  per la prima volta, non l’hanno ascoltata per niente: era riuscita a trascinarli persino nei musei, a farsi comprare per 10 euro una bottiglietta d’acqua griffata da lei, li aveva convinti a seguire costumi scostumati, a fare tutto quello che lei faceva, ma a votare no. Si può spiegare col fatto che non si fidino più di lei, perchè fa un altro mestiere, perchè anche per lei comincia a valere il detto” a ciascuno il suo” perchè il voto o è sentito, oppure no, non è una chiamata alle armi, come qualcuno ha inteso. Tuttavia è chiaro che i giovani non sono poi soltanto esseri manipolati da algoritmi e influencer, ma non ascoltano nessuna influencer,  neanche la loro madrina, per un fatto di coscienza , la loro; e in questo caso non solo non hanno votato per.., ma proprio non l’hanno fatto . Sarà meglio che la Chiara lasci sponsorizzare la politica a qualcun altro, ammesso che si trovi, di questi tempi.

Una favola e la politica…. e io preferisco le favole vere a quelle quotidiane della realtà!

Ecco una favola molto antica, che mi è capitata sotto gli occhi oggi e che prima mi ha fatto verificare  chi fosse l’autore .Mi si presenta come scritta da Leonardo, ma che tradussi  dal greco Esopo e poi dal latino Fedro . Anche se questo può avere la sua importanza sapete che mi ha fatto pensare ? A quanto grande sia la stupidità dei nostri governanti e mi riferisco all'”eccelso”Biden “, seguito dai governanti dell’Europa e poi dei nostri Luminari, che si sono precipitati a sanzionare Putin in ogni modo possibile senza prima aver pensato alla spaventosa crisi energetica in cui avrebbero cacciato buona parte del mondo, senza preoccuparsi minimamente del popolo, ma solo di compiacere la Nato. Putin andava punito, non noi,e questo le gente non lo dimentica, non lo dimenticherà tanto presto.

Una volpe era caduta in un pozzo e non
poteva più uscirne. Un caprone assetato viene
allo stesso pozzo guarda dentro e la vede: – E’
buona quest’acqua? Era la fortuna inattesa. –
Se è buona! Scendi giù, amico mio! Scendi: è
una delizia!
E quello stordito si caccia giù e beve sino a
saziarsene. Quando ebbe bevuto, si guardò
intorno. – E ora come si fa a risalire?
– Già, è un affaraccio; ma c’è un modo di
salvare te e me. Guarda: tu appoggi i piedi
davanti, così, in alto, contro il muro, e rizzi le
corna; io m’arrampico e poi ti tiro su. Va bene?
– Facciamo pure così rispose quel bonaccione; e
così fece.
La volpe, saltando lesta lungo le gambe, le
spalle e le corna del suo compagno, si trovò
subito al collo del pozzo; e già se ne andava.
– Ohé, – gridò il malcapitato – te ne vai? E così
mi tradisci?
La volpe si rivoltò verso di lui : – Se tu avessi
tanti ragionamenti nella testa quanti hai peli
sotto il mento non saresti sceso giù, prima
d’aver pensato al modo di risalire.

La-volpe-e-il-caprone-Fedro.jpg

La festa del lavoro. 1 maggio

 Pensando che domani sarà il 1° maggio, la festa del lavoro, mi è venuto alla mente il grande quadro “Quarto Stato” , opera di  Giuseppe  Pelizza di Volpedo, grande non solo perché ha un grande valore politico ,ma perché le sue dimensioni sono davvero eccezionali.

Quarto Stato

Dal primo maggio al 30 giugno ‘Il Quarto Stato’, capolavoro di Giuseppe Pelizza da Volpedo, sarà in mostra nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio.
. Simbolica l’apertura della mostra nel giorno della festa dei lavoratori, dato che ai lavoratori è dedicato questo enorme dipinto alto due metri e 93 centimetri e lungo cinque metri e 45.   Proviene  dal Museo del Novecento di Milano, dove è esposto dall’inaugurazione del 2010.Perchè abbia pensato a quest’opera non è il mio amore per l’autore, che ammiro,  ma per lo stato d’animo che sto vivendo, e credo di non essere l’unica in questo periodo, un’ era della mia vita tra le più brutte. Infatti   il dipinto è la rappresentazione del disagio, dello sconforto che arriva alla disperazione.   Il popolo, non solo di braccianti, operai, è quel popolo di cui fanno parte  quei cittadini, fuori dalla casta del potere, ai quali dovremmo accodarci tutti coloro  che  sono stanchi di vedere annullati tutti i nostri diritti in nome di una sudditanza mascherata da democrazia, vogliosi di potere esprimere i propri pensieri, che, se dissenzienti dal main stream del potere e dei media, oggi ti condannano al ghetto fascista.

L’autore del dipinto nacque nella seconda metà dell’ottocento e morì  nei primi anni del novecento, dopo una lunga carriera da pittore, iniziata da giovanissimo e che perfezionò seguendo scuole di maestri come Fattori, Segantini, studiò con Signorini nel periodo dei macchiaioli per approdare al divisionismo insieme a Matteo  Olivero e altri pittori di quel periodo pittorico, che correva parallelo all’impressionismo francese e le sue derivazioni tecniche. Non ebbe molta fortuna tra il pubblico, la sua produzione si trova principalmente nei musei di arte moderna. “Quarto Stato” deve la sua fama e fortuna al  Partito Socialista, che, all’inizio del Novecento, iniziò ad usare il dipinto per propagandare il movimento dei lavoratori. Di seguito alcuni dipinti della sua produzione.

pelizza

 

divisionismo

 

 

Italiani con le valigie…

I migliori tra gli italiani con la valigia – quelli che insieme alla valigia portano in viaggio anche occhi e cervello – si inquietano quando sentono dire che l’Italia fino a oggi ha funzionato perché era  ingovernata, o era governata poco e male.
Si inquietano perché sanno che – fosse governata in maniera normale, come una qualunque Olanda – l’Italia funzionerebbe meglio.
Quello che chiedono, gli italiani di buon senso, sono poche leggi chiare, un capo da premiare o da punire, una classe politica mediamente capace e non troppo corrotta, che non occupi, ogni giorno, più di quindici minuti dei loro pensieri e più di due pagine sui loro giornali.
Un governo che si concentri sui treni, le poste e il bilancio, e li lasci andare avanti con la loro vita.
Sono stanchi, gli italiani, di essere speciali.
Dopo aver viaggiato, vogliono tornare in uno Stato come gli altri: magari meno spumeggiante, ma più onesto e funzionante.
Hanno voglia, deposta la valigia, di vivere in un Paese normale.

Beppe Severgnini.

con la valigia1

Mi piace riconoscermi nel pensiero di qualcuno che è nella Storia, mi gratifica e mi sento molto meno piccola.

Ronald  Reagan è stato uno dei più amati presidenti degli Stati Uniti, durante la cui presidenza gli USA brillarono sulla scena mondiale sia per le scelte di politica interna, che per quelle di politica estera. Le sue biografie ci portano all’interno dei suoi discorsi, delle sue interviste ed anche delle sue personali riflessioni. Molte di queste rispecchiano benissimo anche il pensiero dell’uomo comune,per cui vi propongo qualcosa di lui, che va a giustificare molti nostri cattivi pensieri sui governanti e sul potere. Dopo tutto se le ha pensate uno che è stato dentro alle stanze dei bottoni, possiamo pensarle e dirle anche noi, no ???

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“Abbiamo creduto allora e ora: Non ci sono limiti alla crescita ed al progresso umano quando gli uomini e le donne sono liberi di seguire i propri sogni.”

“Si ritiene che la politica sia il secondo più antico mestiere del mondo. Sono arrivato a rendermi conto che è fortemente somigliante al primo.”

“Il governo è come un neonato: un canale alimentare con un grande appetito a un’estremità e nessun senso di responsabilità all’altra.”

“Amici miei, la storia è chiara: abbassare le tasse significa una maggiore libertà, e ogni volta che abbassiamo le tasse, la salute della nostra nazione migliora.”

“Il contribuente è uno che lavora per lo stato senza essere un impiegato statale.”

“L’assegno di disoccupazione è una vacanza prepagata per i fannulloni.”

“Abbi fiducia, ma verifica.”

“Le menti migliori non sono negli uffici governativi. Se ve ne fossero alcune, il mondo degli affari le assumerebbe portandosele via.”

“Le nove parole più terrificanti nella lingua inglese sono: Io sono del governo e sono qui per aiutarla.”

“Le vedute del Governo sull’economia possono essere riassunte in frasi molto brevi. Se si muove, tassalo. Se continua a muoversi, regolamentalo. E se smette di muoversi, sussidialo.

“Il debito pubblico è abbastanza grande da badare a se stesso.”