Il Brano in lettura è tratto dal libro di Fabio Chiusi “L’uomo che vuole risolvere il futuro. Critica ideologica di Elon Musk”, edito da Bollati Boringhieri (134 pagine, 12 euro)
A Elon Musk chiediamo quello che chiediamo a un dio. Salvaci, diciamo all’uomo che è stato capace di diventare il più ricco del mondo. Mostraci la Via, liberaci dal male. Perché è una notte fonda, là fuori, buia e piena di terrori. Pandemie, guerre, catastrofi climatiche, crisi sociali ed economiche: c’è un senso greve di fine, di apocalisse, di disperazione, nel mondo. E allora illuminaci, salvatore! Illumina la notte, gli diciamo, devoti e insieme attoniti, nel mistero; rischiarala con la luce della verità.
È una religione laica, quella nell’imprenditore di Tesla e SpaceX, NeuraLink e ora anche Twitter, che al sacro ha sostituito la ragione, e ai comandamenti le leggi di natura. Ma che sempre come religione si configura. Le sue verità non sono rivelate dal Verbo, ma dal metodo scientifico; le sue profezie sono probabilistiche, ma ugualmente imperscrutabili; e il suo paradiso è terrestre, ma non meno paradisiaco. Musk non moltiplica pani e pesci, e tuttavia annuncia comunque un futuro di benessere e felicità infiniti, dove miseria, malattia, scarsità, perfino il lavoro non saranno altro che ricordi di un’epoca passata di barbarie e irrazionalità; errori di un’umanità nella sua adolescenza, destinata a redimersi con la tecnologia e l’ingegno, per poi godere una lunghissima, beata maturità. A patto che si rispettino i dogmi del “muskismo”. A patto che l’umanità tutta ragioni e si comporti come una unica, enorme intelligenza collettiva intenta esclusivamente a massimizzare il bene aggregato del massimo numero di esseri umani, presenti e futuri.
Anche la fede, infatti, è richiesta. Una fede militante, che si traduce nell’obbedienza di precisi precetti morali e rivoluzionarie scelte politiche, nell’adesione a una propria teoria della storia e della conoscenza. Perché chi trasgredisce i suoi comandamenti, ammonisce l’imprenditore-dio, non mette a repentaglio soltanto il suo futuro, ma quello dell’umanità intera. Perché è ora che bisogna credere: domani potrebbe essere tardi. Una Intelligenza Artificiale superintelligente potrebbe – quasi certamente potrà, dice Musk – superare l’umano e, per errore o diletto, annientarci ora e per sempre. O forse potrebbe essere la stupidità umana a mettere fine alla storia, questa volta per davvero. Una qualche sua perversione ideologica, una qualche conseguenza del suo agire senza considerare le conseguenze di lunghissimo termine delle proprie azioni. Qualunque sia la causa, la diagnosi è certa: è ora, che c’è bisogno di salvarci. Ora che i “rischi esistenziali” minacciano la fine della civiltà umana si impone la necessità di un salvatore.
Anche la religione del muskismo ha le sue apocalissi, dunque. Solo che non recano ad alcun giudizio universale: l’universo, direbbe Musk con il suo idolo e guida Douglas Adams, ha già da sempre giudicato; è già la risposta. Tutto ciò che possiamo fare è cercare le domande giuste, porle, e tentare di meglio avvicinarci alla sua comprensione – oppure estinguerci, sparire nel silenzio di un cosmo che potrebbe essere vuoto, senza di noi, privo della “luce della coscienza” che Musk vorrebbe, con la sua vita e le sue opere, estendere il più possibile, sulla Terra e nello spazio. Siamo noi, insomma, l’apocalisse. E solo a noi spetta il compito di evitarla.
Si potrebbe obiettare che il paragone tra un dio e un uomo, per quanto ricco e potente, sia fuorviante e ideologico. Che certo, Musk con un tweet può indirizzare i mercati e stravolgere le regole del dicibile, ma i miracoli ancora non gli competono. O ancora, che la sua religione prevede una nutrita schiera di miscredenti, che tendono a dipingerlo come un Satana, più che come un Cristo dell’era dell’Intelligenza Artificiale. E che dunque se di fede si tratta è quella di una setta, al più. A parte gli iniziati, non tocca nessuno. […] Ma il culto di Musk è tutt’altro che una setta. È, al contrario, espressione di una fede più ampia e strisciante nella nostra società iper-informatizzata, di cui Musk è solo la manifestazione più nitida: quella nel soluzionismo tecnologico. Intuita come tratto caratteristico della contemporaneità dallo scienziato politico Evgeny Morozov già un decennio fa, consiste in una incrollabile fede nel potere salvifico della tecnologia, e più di preciso nella capacità della scienza e della tecnica di risolvere da sé problemi sociali, politici, economici complessi.
Non importa quanto le sfide poste dalla realtà siano imbevute di storia, discriminazione, violenza. Importa la loro riduzione a risposta computabile, quantificabile, algoritmica. Quello che importa, insomma, è la loro riduzione scientifico-matematica, il loro essere sostanzialmente problemi di calcolo, di efficienza. Musk è elevato a rango di divinità perché incarna meglio di ogni altro questo mito soluzionista, che sta al fondamento dell’innovazione secondo Silicon Valley e insieme della nostra stessa idea di progresso. Perché gli ha dato un volto irriverente e affascinante. E perché, contrariamente alla maggioranza dei soluzionisti, qualche soluzione l’ha prodotta davvero.
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