Esiste da sempre un problema tra l’io che sa e pensa e le cose, e neanche il progresso scientifico ha risolto questo dilemma, anzi lo sta accentuando.Se i medioevali distinguevano fra una res e una vox, se Kant distingueva il fenomeno dal noumeno, oggi il neurologo Rudolph Linas asserisce quella che per lui è una verità, ossia che quelli che noi chiamiamo “oggetti”, in realtà non esistono, che i nostri sensi , durante la vita si imbattono in pochi campi di forza elettromagnetici e da questi incontri ricostruiamo il mondo in modo sbagliato ;inoltre asserisce che in definitiva, “vedere è come sognare”. Tuttavia l’uomo, nello scorrere del tempo non solo ha“ricostruito” il mondo sulla base dei sensi e della mente, ha “dato un nome alle cose”, ma ha anche attribuito loro una personalità. Quanti dicono:” Se queste case potessero parlare..,Questo luogo mi ha visto nascere, crescere, ha vissuto la mia vita…!
animando gli oggetti, i luoghi perchè per noi tutto, o quasi vive una vita di sensazioni e di intelletto. Litigare col navigatore o col computer è proiettare, nel presente tecnologico, il bisogno antico di dare un ‘ anima all’universo.
Wislawa Szymborska entra coi suoi versi nella vita, nel mondo , in punta di piedi , ma con quella visione profonda e accurata, che l’hanno resa un monumento della poesia contemporanea,perchè riesce a trovare la perfezione in una semplicità perfettamente autosufficiente. Non si può dire niente di più, e non si può dirlo con più limpidezza e più grazia. La
sua usuale allegria ricca di ironia, mette i brividi: la verità che dice è tremendamente fredda . La sua è un’umanità vista dalla parte degli oggetti, accorgendosi che essi, in realtà non vedono nulla, non si accorgono di niente. Questo è quello che ci dice la poetessa, polacca, premio Nobel per la Letteratura,Wislava Szymborska .
Vista con granello di sabbia
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Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia.
Fa a meno di un nome
generale o individuale,
permanente, temporaneo
scorretto o corretto.
.
Del nostro sguardo e tocco non gli importa.
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque,
senza la certezza di essere già caduto
o di cadere ancora.
.
Dalla finestra c’è una bella vista sul lago,
ma quella vista, lei, non si vede.
Senza colore e senza forma,
senza voce, senza odore e senza dolore
è il suo stare in questo mondo.
.
Senza fondo è lo stare del fondo del lago
e senza sponde quello delle sponde.
Né bagnato né asciutto quello della sua acqua.
Né al singolare né al plurale quello delle onde,
che mormorano sorde al proprio mormorio
intorno a pietre non piccole, non grandi.
.
E tutto ciò sotto un cielo per natura senza cielo,
ove il sole tramonta senza tramontare affatto
e si nasconde senza nascondersi dietro una nuvola ignara.
Il vento la scompiglia senza altri motivi
che quello di soffiare.
.
Passa un secondo.
Un altro secondo.
Un terzo secondo.
Tre secondi, però, solo nostri.
.
Il tempo passò come un messo con una notizia urgente.
Ma è soltanto un paragone nostro.
Inventato il personaggio, fittizia la fretta,
e la notizia non umana.
.
da: Gente sul ponte
di Wislawa Szymborska
(traduzione di Pietro Marchesani)
