Lockdown n. 3 – Filosofi dal sconfinamento

Tra politici che non si lasciano sfuggire, neanche durante l’epidemia, l’occasione per fare campagna elettorale: uno con profezie alla Nostradamus, l’altro recitando in tv l’Eterno riposo, ci vengono inimages soccorso, durante il lockdown, le parole della filosofa e psicoanalista Julia Kristeva. Da lei viene uno sguardo lucido e impietoso sull’attuale situazione dell’umanità globalizzata. Tre sono le caratteristiche dell’uomo, scopertosi fragile e vulnerabile nella “guerra virale” in corso: “Solitudine, intolleranza ai limiti, rimozione della mortalità”, dice la filosofa a “La Lettura”. Nell'”esaltazione iperconnessa”, viviamo infatti “un isolamento davanti agli schermi che non ha abolito la solitudine, ma l’ha incistata nei social media, l’ha compressa nei messaggi e nei dati”.  Si tratta dell’aspetto forse più negativo delle odierne modalità di comunicazione attraverso i new media. Se avevamo rimosso l’idea dei limiti umani ed il pensiero della morte, che interferivano sulle magnifiche sorti e progressive, a guidare esistenze appiattite esclusivamente sul presente, oggi, nel confinamento anti-virus, tutto torna su. Stiamo riscoprendo i pensieri più profondi, come in una mega seduta psicoanalitica virtuale.

Lockdown n. 3 – Ettari e metri quadri

Mentre va avanti la chiusura sociale, che viene chiamata “distanziamento”, il nostro pensiero non può non riguardare le differenze di ceto e di classe con le quali si sta vivendo la forzata reclusione domestica.  Dallo scorso 5 marzo, infatti, siamo tutti obbligati a non muoverci dal luogo di residenza, ma è senz’altro diverso isolarsi in un appartamento di città rispetto alla possibilità di soggiornare in una villa, oppure in una casa con giardino annesso, in un rustico di campagna, magari con qualche ettaro di terra intorno. Certamente è più vivibile avere spazi coltivati o alberi tra i quali respirare e camminare: condizione che rende più lieve la sopravvivenza in “cattività” di questi giorni di epidemia. Stare in appartamenti di metri quadri limitati, privi pure delle richiestissime terrazze condominiali, fa emergere invece tutte le controindicazioni della convivenza forzata dentro luoghi ad alta densità abitativa. Quelle che vengono diluite e metabolizzate con maggiore facilità quando si è proprietari terrieri o di doppie case. Allora, gli eroi sono quelli che a stento possono contare su un balcone e delle finestre. Ancor di più chi è costretto a cercare aria soltanto attraverso queste. In tempi di segregazione sociale, causa Covid-19, ritornano prepotentemente le disuguaglianze, fra chi si può concedere pranzi a tre stelle da postare in Rete ed altri che devono fare a turno anche per mangiare.

Lockdown part. 2/ Ora d’aria

Al venticinquesimo giorno di clausura, ecco l’ora d’aria, nel regime di limitazione della libertà imposto dalla pandemia. Il debito d’ossigeno e di vitamina D, per la poca esposizione ai raggi solari, si fa sentire. Ma è soprattutto l’impossibilità di irrorare di aria fresca il cervello ed il corpo, mentre si è ristretti tra le mura di casa, a destare le maggiori preoccupazioni. Perché può provocare danni psicologici, fisici e relazionali. E allora interrompiamo, almeno per un poco, la routine claustrofobica in cui siamo precipitati, anche se è negato ogni incontro con i propri cari lontani, né ci  è concessa una passeggiata. L’uscita è riservata esclusivamente all’approvvigionamento di beni necessari a continuare il sacrificio di stare rinchiusi, isolati. Che le epidemie possano favorire svolte autoritarie è un dato di fatto, ma il pensiero che, da qualche giorno, ci assale riguarda l’incredibile situazione in cui è venuta a trovarsi all’improvviso l’umanità. Passata dal benessere, più o meno distribuito, alla sofferenza globale, causata da un virus misterioso che non smette di mietere vittime.

Lockdown Avellino

Lockdown. La città è chiusa. Almeno formalmente, perché, pur in un’atmosfera generale strana e a suo modo raggelante – non può esserlo del tutto per gli avellinesi che hanno avuto vissuto la terribile esperienza del sisma del 1980 -, la dolente prigionia a cui siamo costretti viene accompagnata, soprattutto al mattino, dal flusso del traffico veicolare che si avverte in lontananza. Per il resto, il clima pesante e surreale si è impadronito delle nostre vite recluse. Balconi e finestre diventano così le nostre uniche vetrine sul mondo circostante. E l’immagine rimane fissa. A seconda dal luogo in cui si risiede, strade vuote e palazzine sempre uguali immediatamente di fronte. Un quadro ogni tanto interrotto da qualche coraggioso che, nonostante i divieti, trafelato rientra a piedi nella propria abitazione, ma più di ogni altra cosa dai mai così solerti padroni di cani che portano le loro bestiole, mai così felici, a fare i propri bisogni. Sperando che siano altrettanto solerti nel ripulire i marciapiedi dalle deiezioni dei loro fidi, notiamo più di altre volte quanto siano numerosi i cani in una città come Avellino, dove gran parte dei nuclei familiari ne possiede mediamente uno, molto spesso solo per ostentarne la bellezza, tenendolo al guinzaglio, lungo Corso Vittorio Emanuele. Adesso, in tempi di emergenza da Covid-19, che non colpisce gli animali, vediamo gli avellinesi seguire con cura le esigenze dei propri cani, approfittandone per sgranchirsi un po’ e abbozzare una passeggiata (vietata).

Avellino, 28 marzo 2020