In un paese civile

In un paese civile, aggredito da una pandemia subdola che non smette di mordere in in maniera indiscriminata, i suoi rappresentanti del governo non verrebbero assaltati ogni momento per la loro presunta incapacità. Per gli errori compiuti nella gestione dell’emergenza. Senza proporre delle alternative.

In un paese davvero civile, maggioranza ed opposizione farebbero fronte comune e, deposta l’ascia di guerra, si sarebbero concentrate con spirito unitario ad organizzare le risposte più efficaci rispetto all’eccezionale portata del contagio che non risparmia nessuno.

Invece, dentro una realtà frammentata dal regionalismo poco federato, si continua nello stillicidio delle contrapposizioni partitiche, fra gruppi parlamentari e categorie di persone colpite dai provvedimenti di chiusura. Regioni contro esecutivo.

C’è scarsa condivisione nell’Italia attuale, che dal febbraio scorso è alle prese con il mostro rappresentato dal Covid-19. Senza riuscire a venirne a capo. E la situazione nazionale investe in maniera devastante anche le piccole città come Avellino.

Qui, come altrove, si registra da giorni una preoccupante impennata di contagi. I ricoveri in Ospedale sono ormai sold out e, nonostante le rassicurazioni, che vengono soltanto da chi è al timone dell’amministrazione comunale, il momento è critico. Più di quanto fosse stato nel pieno dell’epidemia a marzo.

Obbligati dall’incrocio di ordinanze regionali e nazionali, che hanno chiuso le scuole, con proroga fino al 14 novembre, imposta la Didattica a distanza, mantenuto lo smart working ed il coprifuoco dalle ore 23 alle 5 di mattina, gli avellinesi si ritrovano in un’atmosfera spettrale, accentuata dalla chiusura anticipata dei bar e ristoranti alle ore 18. Nel tentativo di limitare la mobilità dei cittadini, condizione ritenuta necessaria a bloccare la circolazione del virus.

In assenza dei primi riscontri dei provvedimenti anti-Covid, si va avanti per tentativi ed errori, mentre la pandemia non cessa di crescere. Al permanere delle divisioni e del malcontento degli esercenti vittime designate del pre-lockdown che stiamo sperimentando, i cittadini nel disorientamento generale subiscono con evidente malsopportazione gli effetti della stretta inevitabile alla loro libertà di movimento, messa a repentaglio dal distanziamento sempre più “sociale” oltre che fisico.

In un quadro siffatto, alcune decisioni provenienti da Palazzo di Città non fanno che preoccupare ulteriormente quanti vorrebbero certezze e trasparenza dai propri rappresentanti istituzionali. Se, da un lato, il Consiglio, col suo presidente urologo, ha optato per le riunioni in remoto, evitando però di rendere pubblico l’accesso alla piattaforma virtuale scelta per il civico consesso, per renderlo visibile come dovrebbe essere per l’assise in presenza; dall’altra c’è il solito fiume in piena delle dichiarazioni del primo cittadino, che in questo grave frangente si è ritagliato il tempo per affidare al suo mentore costruttore edile l’appalto sull’edificazione di alloggi popolari destinati ai senza casa del capoluogo.

Più trasparente, ma confusa, la strategia della fascia tricolore sull’emergenza sanitaria, fin quasi a negarla. Unico sindaco d’Italia a non temerla, solo con i nuovi numeri del contagio ha pensato bene di organizzare a Campo Genova una struttura per effettuare test sierologici a tutta la cittadinanza. Solo che questo tipo di analisi (pungi-dito) serve poco, in questa fase, perché accerta solo la risposta immunitaria al virus, senza individuare in maniera certa i positivi. In più, proprio nello stesso spazio destinato ai prelievi sotto l’egida del Comune, ci sarà anche l’Asl ad effettuare i tamponi secondo la pratica del drive-in, di certo più attendibili e sicuri di quegli altri che contemporaneamente saranno svolti a Campo Genova. È evidente il rischio di generare un grande caos, con deboli garanzie nel trattamento immediato di quanti risulteranno positivi ai test.

In un paese civile.

In un paese civileultima modifica: 2020-11-01T08:52:02+01:00da carlopicone1960