Ri-confinamento

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Dopo due giorni vissuti come se non ci fosse un domani, con la gente presa dalla sindrome dell’apocalisse in arrivo: i negozi presi d’assalto, le strade affollate di persone, anche quelle che non uscivano da anni, ed un traffico intasato di veicoli; la mia città si ritrova ristretta in un nuovo confinamento, misura estrema per rallentare la diffusione del virus. C’è da dire, però, che stavolta il provvedimento che limita la mobilità territoriale e le attività fino ad impedirle non ha un fondamento legato al numero dei contagi e delle morti da coronavirus, non elevatissimo da queste parti, ma piuttosto alla gravità della situazione delle strutture ospedaliere, che, nel dispositivo con cui è stata divisa l’Italia per fasce cromatiche, relega la Campania in zona rossa, mentre altre regioni continuano ad essere gialle o arancioni. Noi come la Lombardia e il Veneto in giallo. Così, in mancanza di un lockdown nazionale, come all’inizio dell’emergenza, qui si fanno di nuovo i conti con i molteplici divieti e le poche concessioni, come se fossimo aggrediti da una situazione difficile da controllare.

Magari lo sarà nei luoghi di maggior densità abitativa, Napoli in testa, ma per il territorio irpino, dove la pandemia ha pure aumentato le cifre dei positivi e delle vittime, non sembrano persistere condizioni tali da obbligare le persone a rinchiudersi in casa, ad uscire solo muniti di autocerficazione, a rispettare rigorose disposizioni assimilabili al coprifuoco esteso a tutta la giornata. E questa è la prima contraddizione, un vero e proprio difetto di forma che anima il provvedimento dell’esecutivo, capace in poche ore di modificare il colore della nostra regione, dal livello meno grave direttamente a quello gravissimo. Senza sapere effettivamente quali siano state le motivazioni davvero probanti. La strategia regionale con cui si sta affrontando questa paurosa seconda ondata dell’epidemia, del resto, non riesce ad essere convincente né condivisa come dovrebbe, a causa delle differenze attuate tra zone e zone. Tutt’altra cosa la chiusura proclamata sul piano nazionale.
Ma una responsabilità si può individuare nell’atteggiamento del presidente De Luca, che prima ha sbraitato perché la Campania era finita in fascia gialla, chiedendo al governo misure più drastiche, e poi quando queste misure sono arrivate ha protestato vivacemente contro lo stesso governo, chiedendone addirittura le dimissioni, se una giunta regionale possa sfiduciarlo, per manifesta incapacità. Intanto, è la gente comune, quella sempre in mascherina e distanziamento sociale, che ne subisce le conseguenze. Da qui fino al 3 dicembre, data di scadenza dell’ultimo Dpcm, sarà costretta ad un’ulteriore prova di sopravvivenza. Poi si vedrà. Se la morsa della pandemia dovesse allentarsi, le misure potrebbero divenire più leggere, sempre con il dubbio depressivo sulla possibilità di fare un Natale più o meno normale, con il Covid ancora presente tra di noi. Meno di un mese, quindi, per verificare se sigillare tutto per fermare la circolazione del virus è ancora l’arma più efficace per combatterlo.

Ri-confinamentoultima modifica: 2020-11-15T12:42:20+01:00da carlopicone1960