Fissa il mare una finestra buia e lei appoggiata al vetro con un braccio e la mano tra i capelli.
“Placati mare che hai la rabbia dentro, chetati furia che non ha colpa chi ha reti da calare. Senti il mio canto portalo a lui vento, perché non si abbandoni alla tempesta.”
Ritornerà lo sa, lo vuole! e nell’attesa che si svegli la luce di una nuova alba, resta a cercare in quel buio che si mescola alle onde, la luce fioca di quella lampara a poppa della barca che ancora non ritorna. Lontane sono le notti d’estate, quando al rientro la portava a ballare, lontane le notti di bonaccia, quando la risacca dolce, danzava al canto dei grilli cullando il loro amore .
“Placati mare, spegni la furia delle tue braccia fatte d’acqua e proteggi il suo rientro tra lo sciaguattio che accarezza le sponde … lui é il mio unico amore.”
Aperta la finestra canta forte per farsi sentire, il vento ascolta e si spegne; l’ascolta il mare che un po’ per volta si calma e s’addormenta. É l’alba. Tornerà e lei sorride.
© L’incanto
La lanterna a prua faticò a spandere la propria luce, lasciando sull’acqua una semplice pennellata di giallo subito cancellata dalla spuma nera delle onde. Il pescatore, nella sua cerata nera era ritto al timone con lo sguardo rivolto al buio. Ogni tanto un violento strattone faceva beccheggiare l’imbarcazione. Guardò ai suoi piedi la rete ancora arrotolata e scosse la testa, se l’avesse calata il mare l’avrebbe strappata. Un’onda più alta spazzò la barca trascinando tutto ciò che non era fissato allo scafo. Il pescatore afferrò la bitta un attimo prima che scivolasse fuori bordo.
Impassibile, con l’altra mano raddrizzò la barca prima che una montagna d’acqua la travolgesse. Ne cavalcò la cresta e si trovò per un attimo sospeso sopra la nuvola d’acqua e nebbia e vide il cielo stellato e la luna che brillavano in cielo indifferenti.
Sorrise. Era solo questione di tempo, il mare si sarebbe calmato.
© Il passo