Quasi ogni giorno, sogno di vivere in una casa con il giardino. Con il tetto spiovente e il cane da guardia, un roseto profumato e un vialetto dove fare quattro passi.

Poi penso che mi piacerebbe avere un aumento per comprare un’auto più comoda, con cui portare la mia famiglia in vacanza in luoghi da favola. O che vorrei acquistare vestiti più belli ed eleganti.

Ma siamo sicuri che se avessi tutto ciò sarei felice?

Se ci riflettiamo bene, questi sono desideri indotti dalla pubblicità e dalla logica del consumismo, la cui filosofia da “più hai e più sarai felice” si è trasformata in “più è costoso e nuovo ciò che possiedi, più sarai felice”. Si tratta, dunque, di una pseudo-felicità con la data di scadenza impressa sulla confezione: quando la facciata della villetta inizierà a scrostarsi e la carrozzeria dell’auto smetterà di luccicare, allora la felicità si spegnerà come un fuoco fatuo.

Vogliamo essere chiari però su un punto: nessuno vuole affermare che sia più felice chi perde il lavoro e resta senza soldi. La saggezza popolare tedesca, in proposito, ci avvisa: i soldi non fanno la felicità, però calmano i nervi.

La felicità, tuttavia, non dipende da ciò che abbiamo o non abbiamo. La felicità è uno stato (o moto) d’animo, che ci dona la tranquillità necessaria per capire quale sia il nostro posto nel mondo.

I filosofi greci misero al centro della loro riflessione questo tema. Per Socrate, ad esempio, è felice  chi agisce secondo ragione e segue la virtù. I valori veri, per il filosofo ateniese, non sono quelli esteriori, ma quelli dell’anima. Per rendere migliore e più felice la nostra vita e quella della comunità in cui viviamo, dobbiamo orientare le nostre scelte verso il bene comune. La felicità di uno, perciò, si può sviluppare solo in relazione con la felicità degli altri.

Non si può essere felici da soli, per Socrate.

Chissà se in questi giorni anche i nostri politici rifletteranno su questo tema…