#testdrive #testroad con #Ssangyong Rexton a visitare un borgo che rinasce dopo la distruzione del maltempo

Uno dei #BorghipiùbellidItalia ornato da allestimenti in legno e dai ‘castei’ le cataste di legna da ardere

Poi, verso le Pale di San Martino ricordando il Rally

E qui scatta la storia, che mi ha fatto innamorare di Mezzano ancor di più di quello che vi racconterò dopo. Una storia che mi ha ricordato il dramma del terremoto del Friuli del 1976, che ho vissuto in prima persona subito, correndo a scavare sotto le macerie di un condominio caduto nella notte del 6 maggio di quell’anno per cercare di salvare chi era sopravvissuto agli effetti devastanti delle prime fortissime scosse. Poi da Vigile del fuoco. Quindi da giovane cronista, a seguire per la Regione le fasi difficili e dibattute della ricostruzione. Un processo che ha funzionato e si è completato in modo esemplare perché tutti, da subito, si sono rimboccati le maniche per fare qualcosa. Per ripristinare, riattivare, ricostruire, sviluppare. E Mezzano che c’entra? Ha vissuto lo stesso processo:

i suoi abitanti si sono rimboccati le maniche e hanno sistemato, ognuno la sua proprietà.

Il Comune ha fatto la sua parte. Poi tutti assieme hanno ideato modi, tecniche, attività per abbellire e arricchire il Paese. Con uno spirito di coesione e iniziativa, che ha fruttato iniziative, realizzazioni, allestimenti. Ecco, gli allestimenti. Qui, in questa vallata, nel Primero, è costume accastellare la legna fuori dall’uscio, perché sia pronta per riscaldare la casa. I ‘castei’ sono così divenuti ornamento per la località. Che assieme alla cura dei fiori, all’amore con il quale sono state risistemate e vengono mantenute le case, gli orti, che sono numerosi, i giardini, rappresenta la caratura di questa cittadina. Divenuta anche per questo

uno dei ‘Borghi più belli d’Italia’.

Spostandoci per il Paese, abbiamo fatto ‘strani’ incontri: un gemellaggio con la scuola di musica di New York fa sì che ogni estate giovani musicisti dagli States vengano qui a formarsi e a provare o inventare nuove performance musicali. Così, del tutto casualmente, ci imbattiamo in un sassofonista che fa musica seduto sui bordi della vasta di una delle numerose fontane. In un chitarrista che prova nuovi accordi accanto al monumento in legno, e legna, realizzato in memoria dell’evento alluvionale. Di essere attratti nell’auditorium per incontrare Victoria, giovane pianista di Atlanta. E rimanere ammaliati dalla melodia della sua tastiera. E la Rexton? Beh, è estate. Un po’ di ferie anche per #charlieinauto. Ma domani si riparte. La meta:

San Martino di Castrozza. IMG_51301 IMG_515311 IMG_51751 IMG_51771 IMG_52891 IMG_530011 IMG_5415[1] IMG_51481 IMG_51761 IMG_52891 IMG_538111 IMG_540011 IMG_541911 IMG_542311 IMG_542711 IMG_5257111 IMG_5367111 IMG_53691111 IMG_537211111 IMG_5375111 IMG_53871111

È tanto che non ci ritorno. La prima volta, scendendo dall’Altopiano di Asiago, dopo essere stato a seguire le speciali del Rally, nel 1975, con la mia R4. Non è cambiato molto da allora. Certo, la città ai piedi della Pale di San Martino è crescita, si è arricchita di nuove attività ricettive, di ristoro. Ma l’attrattiva principale è dl’imponente scenario retrostante: le grandi montagne dolomitiche che al tramonto si colorano dal rosa all’arancio. Per arrivare fin qui, superando Fiera di Primero. Risalendo le vallate abbiamo perfino incontrato la pioggia. Così abbiamo provato a variare la trazione della Ssang Yong Rexton. Un po’ di attenzione nelle curve strette sull’asfalto bagnato e a bassa velocità utilizzando la trazione posteriore, perché un minimo di sovrasterzo, sia pur controllato dalla stessa auto è inevitabile a causa della potenza e della mole della vettura: diesel 2200 cc da 181 CV con 2105 kg di peso. Unitamente alla potenza alle ruote. Quanto alle dimensioni (485 cm per 192 cm), sono ininfluenti sulla guida e sulla condotta di guida. Così com’è l’effetto delle scelte stilistiche e del design, ai grandi spazi interni corrisponde una progettazione che ha reso il nuovo modello Rexton agile e performante. Il tettuccio apribile ci ha poi consentito di ammirare gli incomparabili scenari dolomitici.

#charlieinauto105

 

#testdrive #Volvo V90 #testroad nella montagna pordenonese per provare una delle regine delle SW

Docile e adattiva sulle balze di una prova speciale storica dei rallies del Nordest

Morbida come il velluto nell’arrampicata lungo una mulattiera

Oggi viaggiamo davvero comodi. Su un’auto che non ci fa sentire problemi di spazio. Vista da fuori non cela gli ampi volumi interni. Anche se sono distribuiti in lunghezza e in larghezza. Per dare corpo a una linea morbida ma grintosa. Perché si tratta di una SW. Di quella che è considerata una delle Regine delle station wagon. La #Volvo V90 D4 ha iniziato a coccolarci fin da quando abbiamo iniziato questo nostro viaggio a bordo dell’auto svedese. A parte vecchi ricordi rallystici, #Volvo, negli ultimi anni ci evocava la

#Volvo Ocean Race,

una delle regate più estreme in equipaggio e a tappe attorno al mondo. Nella quale sono impegnati un velista friulano, Alberto Bolzan, che ha vinto la tappa più recente, la più dura, da xx ad Auckland, e la triestina xxx Klapcic. Salire a bordo della V90 è stata davvero una bella sorpresa. Fari che intendono cancellare ogni angolo buoi della nostra visuale, una guida adattiva che non ci fa pesare i suoi interventi, nemmeno se forziamo un po’ la mano. Ci dà la sensazione di

guidare sul velluto.

Facile a dirsi! – commenterete: su una superstrada o in pianura è semplice stare comodi in auto e guidare in relax. Così decidiamo di mettere la Volvo V90 D4 alla prova. Riepilogando: 2000 cc diesel, 190 CV 4 ruote motrici. E fin qui, la scheda si discosta di poco dalla norma. Mancano l’eleganza delle rifiniture, l’accuratezza degli accessori, la comodità dei sedili. Che di solito si ritrovano su una gran turismo. Questa, invece, è quella che oltre una ventina d’anni fa avremmo chiamato un’auto familiare. Per arrivare alla pedemontana e alla montagna pordenonese assecondiamo il navigatore e toccata San Daniele del Friuli per un caffè e uno sguardo dalla cima del colle al panorama verso la valle del Tagliamento, ripartiamo verso Forgaria. Ci addentriamo nella zona montana e dopo Anduins, dove si correva una delle prime e più impegnative gare di regolarità motociclistica, e Vito d’Asio,

raggiungiamo Clauzetto.

Un paesaggio morbido, ricoperto da una folta vegetazione, che si alterna a tratti nei quali la pietra prevale sul bosco. Un territorio che presenta caratteristiche carsiche, con formazioni di calcare particolari, residui del paesaggio preistorico della zona: allora, il mare arrivava fin qui, ricopriva le Dolomiti sulle quali si trovano tutt’oggi i resti fossili di molluschi tra le rocce in quota. Ne consegue, che la strada è di montagna, si restringe e cambia frequentemente morfologia. Inducendoci a una guida attenta…, penserete. Attenta sì, ma per nulla stressante. Anzi. Il cambio automatico a 8 marce Geartronic se la cava benissimo da solo, senza lasciare mai l’auto in sofferenza su una rampa, o troppo su di giri quando il percorso diviene più scorrevole. Ma adesso viene il bello: la nostra meta, a Clauzetto, è

l’azienda faunistico venatoria di Gianluigi D’Orlandi.

Un paio di chilometri a monte delle grotte di Pradis, anch’esse da visitare. Sulla strada provinciale che ci collegherebbe a Tramonti, e attraverso il passo Rest, alla Carnia. Non a caso, questa strada è stata una prova speciale dei rally di San Martino di Castrozza, dell’Alpi orientali, del Piancacallo. Dopo avere percorso diversi chilometri di un tracciato nervoso e largo poco di più di una sola carreggiata, possiamo commentare che la V90 è davvero maneggevole, docile e morbida alla guida, comoda, reattiva: si guida con due dita sul volante anche su un percorso impegnativo come questo. Però… ci è sfuggita la strada di accesso all’azienda. Ritorniamo indietro, e la scorgiamo: poco più di una mulattiera sassosa, con i solchi tracciati dal passaggio delle auto, o più probabilmente di mezzi fuoristrada. Cerchiamo di rintracciare il proprietario. Fortunatamente il segnale del cellulare, seppur debole, arriva anche qui. E ci conferma che l’ingresso è proprio quello, esortandoci a entrare. Ruote da 19’, larghe, stradali, confortate da un assetto morbido e accondiscendente. Questo elemento, assieme al fatto che si tratta di una 4 wd, e che è nata tra le nevi della Svezia, ci fa intuire che, probabilmente, anche in queste condizioni la Volvo V90 D4 avrebbe sfoderato la sua classe ed eleganza, mettendoci a nostro agio. E così è stato. Abbiamo imboccato la mulattiera, dato gas, e l’auto

ha cominciato a inerpicarsi come se si trattasse di affrontare una normale strada asfaltata,

o nella peggiore delle ipotesi, con un fondo sterrato ma liscio come un biliardo. A un certo punto un bivio. E imbocchiamo la direzione sbagliata. Ce ne accorgiamo scorgendo oltre la radura auto fuoristrada lungo una direttrice diversa dalla nostra. E adesso? Troviamo uno spiazzo con uno spazio troppo esiguo per manovrare. Sposto la leva del comando centrale sulla posizione R, retromarcia, e sul grande display centrale si materializza l’immagine delle telecamere che mi fanno vedere l’auto dall’alto, come ripresa dal satellite, riproducendo fedelmente tutto quanto le sta attorno. In questo modo l’inversione di marcia è facilissima. Arriviamo così al centro visite, dove ci spiegano che ci troviamo in una realtà di oltre 200 ha, il compendio di una cava dismessa, allestito per dare modo a tutti di ammirare la flora e la fauna selvatica tipiche della montagna pordenonese. Altane, punti di osservazione, belvedere situati su percorsi segnalati ci permetteranno di osservare i camosci, i cervi, la lince, le aquile che nidificano nella zona. Con un po’ di fortuna anche l’orso, che però è meglio tenere a distanza. L’azienda si chiama

Monterossa, dal toponimo che forse prende il nome dai colori della montagna sovrastante, al tramonto.

Nella parte agrituristica dove si può anche alloggiare, ci fanno assaggiare il formaggio salato di Tramonti. L’erborinato di Tramonti di sotto, la minestra di riso con il ‘pestat’, una sorta di insaccato con lardo ed erbe aromati che che da tempi remoti, nelle valli, specialmente d’inverno serviva a insaporire le pietanze. Al termine della lezione sui sapori del territorio, un caffè preparato rigorosamente con la moka e quasi quasi… Andiamo ad ascoltarci un po’ di gran musica con l’impianto della Volvo? La suggestione del posto ci coinvolge e per questa volta scegliamo di affrontare un sentiero verso una serie di formazioni rocciose, che probabilmente racchiudono l’ingresso di qualche anfratto o di una grotta. E lì attorno i primi segnali della primavera ci arrivano dal mondo vegetale.

#charlieinauto77

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