Lovers of a Night

A volte le storie prendono vita


          A volte le storie prendono vita, mutano mentre le scrivi e sono ispirate da piccoli dettagli, da notti che non sono mai state e da bische che esistono solo in un mondo di carta. Ne ho visitato uno, dove dal bar il fumo di una sigaretta ti salutava il buongiorno. Un barman e la sua clientela hanno riempito l'aria di sensazioni. Lo fanno meglio, mille volte meglio di me, ma questo è il loro. La stanza è al buio, con le luci a metano tipiche dei locali notturni in cui ondeggiano centinaia di anime mosse da note pizzicate dal più profondo. Non è un posto molto grande, e non è affollato, conserva il fascino di altri tempi, della musica dal vivo, strappata a una gola che raschia le note, e di un jazz che accarezza la tromba. Le piace immergersi di tanto in tanto in essa, nel suo fumo e nella sua ombra, lasciandosi trasportare dalla carezza di un blues antico. Senti la musica che scorre sotto i tuoi pori, producendo quella stessa vecchia sensazione, in cui il tuo corpo assume una vita propria e si muove a tempo con la melodia che risuona nella tua testa mentre chiudi gli occhi... Le è sempre piaciuto ballare così, ad occhi chiusi sentendo ogni accordo vibrare nel profondo, le è sempre piaciuto ballare, come se la vita fosse quella, una danza in cui improvvisiamo i passi mentre sentiamo la musica, ma oggi è suona diverso. Per tutta la giornata uno strano formicolio ha camminato liberamente sotto la pelle, come se avesse intuito che oggi è diverso, come se ci fosse davvero qualcosa in attesa, e ha cercato invano di ignorarlo immergendosi in mille compiti. Si è alzata molto presto, guardando il mondo dalla sua piccola finestra, quella che guarda l'orizzonte, sentendosi piena di vita, accarezzata dalla brezza marina che sempre l'accompagna. E così, quasi senza accorgersene, la giornata trascorre assorta in mille pensieri e sensazioni. Lavoro, scartoffie, telefonate, la solita routine condita da mille emergenze. Il vortice del vivere, del non vivere, in una città che si sveglia dalla sua monotonia quando cala il mantello della notte. E così, quasi senza rendersene conto, ora sta aspettando in quel piccolo giunto. Sperare per. È buffo come ultimamente la sua vita sia proprio così, aspetta. È arrivata prestissimo, sentendo una strana impazienza, un desiderio di uscire in strada e percorrere quell'asfalto che di notte, sembra prendere vita propria sotto la luce fioca dei lampioni, per riempirsi di quel momento in cui la città che vive immersa nella fretta, sembra diventare letargica e lasciarsi toccare dal velo della notte come fosse una carezza. Trasformandosi in quanto si riempie di trambusto, risate, odori. E come dal nulla, migliaia di volti camminano per le sue strade, cercando la musica, l'anima di un blues, le risate di una storia raccontata dietro le quinte. Il glamour di un balletto. Quel momento magico in cui la città grigia cambia colore e si riempie di neon, di vita oscura dietro i vicoli, di tacchi e pellicce. Falsi più, ostentati alcuni. E in una strana armonia pelle e seta, glamour e sfrontatezza convivono, condividendo aria e manifesti che attirano l'attenzione dei potenziali clienti con le loro luci, fumo di sigaretta nascosto. Tazze tirate fuori come mercato nero da assaporare in mezzo alla tiepida brezza della notte. Oggi sembra tutto diverso. Oggi tutto ci ricorda tante altre notti di un tempo, quando quelle ore erano di ritrovo, di aperitivi e di rilassate risate, in cui non importava che giorno fosse, per i sigari di fretta che inalavano il fumo, e la notte era una scusa per vivere al ritmo di una musica, di una storia raccontata su celluloide, di risate condivise tra drink e shot, della voglia di vivere come di fretta, bevendo le ore con la sete della giovinezza e gli occhi pieni di brillantezza. Quello con le illusioni. Oggi, una strana urgenza la spinge a camminare per le strade sotto i lampioni e i nomi disegnati di plastica e fluorescenti, e una luna che è disegnata in un cielo stranamente stellato, e mentre lo attraversa, pensa a quei due volti che ha, così opposti, così disparati La città di cemento, fredda e grigia, vibra di notte in piccoli luoghi, dove il fumo si mescola al profumo e al sudore. Dove i corpi si lasciano andare, desiderosi di sentire, di riempirsi di sensazioni, di sentirsi vivi, di toccarsi, mentre danzano insieme su melodie dense che scaldano la pelle. Così eccolo lì, in quella giuntura sperduta tra i vicoli in attesa. Oggi è tutto strano. È arrivata così presto che non c'era nessuno, e si è ritrovata sola, sulla porta, a guardare l'ora sul cellulare più e più volte, mentre con la coda dell'occhio osservava lo sguardo del portiere del comune, che ha sicuramente pensato che sia una povera illusa che è rimasta in piedi, perché le ha sorriso con un gesto mezzo beffardo che la mette profondamente a disagio. Tanto che è stata sul punto di incrociare il suo sguardo un paio di volte, ma i suoi occhi azzurri e profondi l'hanno disturbata così tanto, appena li ha incrociati per un istante, che ha subito ritirato i suoi, sentendosi un quindic- arrossire di un anno che la fa sentire ancora più nervosa. Alla fine è entrata nel locale da sola, serpeggiando tra le persone che affollavano i suoi corridoi, i loro posti a sedere e i loro due lunghi bar, e ora eccola lì, in mezzo alla pista da ballo, a ballare con gli occhi chiusi, sentendo ogni nota accarezzare la pelle come se fossero i baci di un amante, ogni battito del cuore è un tocco di dita. E balla lasciandosi trasportare dalla musica come se fossero parole sussurrate ancora una volta sul suo collo. Ed è piena di sensazioni, perché desidera sentire le braccia che la avvolgono intorno alla schiena, la carezza di un tocco che le solletica lentamente sulla nuca mentre i desideri danzano, respirare l'aroma di un'altra pelle che passa attraverso i suoi sensi fino al ritmo della musica, che si abbandona allo swing della musica. Fa finta di non vedere un ragazzino molto giovane che gli sorride, mentre in un gesto più goffo che provocatorio si morde leggermente la lingua, socchiudendo gli occhi. Così giovane in modo offensivo che le fa provare un imbarazzo inappropriato, e tira giù la gonna del suo vestito, come se fosse troppo corto e dice a lettere lampeggianti: "Mi sento sola e ho bisogno di compagnia", rimpiangendosi per l'ennesima volta .non aver indossato i suoi soliti pantaloni skinny comodi, invece di quel vestitino cortissimo che aveva comprato all'inizio della primavera e che languiva così comodamente nell'armadio. Ha anche evitato, con un gesto per nulla sottile, un uomo più anziano che non faceva altro che tenersi con la schiena mentre ballava. Quindi chiude gli occhi e cerca di assorbirsi sentendo le note accarezzarla e dimenticare le volte in cui ha maledetto e accettato l'invito delle sue amiche. Non vuole pensare a quanto sarebbe comoda al riparo sul divano, vestita solo con una maglietta comoda ascoltando le canzoni mentre legge. Al sicuro da sguardi indiscreti, da proposte di sguardi che ti attraversano come se spogliassero le tue sensazioni più intime. Mani che si posano sul bordo della tua schiena, quasi nell'abisso in cui si perde alla fine mentre sussurra parole appena intelligibili nelle tue orecchie. Scuse per avvicinarsi con l'umidità di alcune bocche assetate di altri. Vengono in ritardo. Troppo tardi, e comincia a chiedersi se potrebbe essere stato nel posto sbagliato. Alla fine si sente così a disagio che, in uno di quegli scoppi che a volte la dominano, decide di andarsene, pensando che inventerà una scusa, un'indisposizione tempestiva che invierà come semplice messaggio molto più tardi, al riparo in la sicurezza delle sue mura. E mentre cerca di attraversare il pavimento pieno di corpi che si muovono in languida simmetria, non può fare a meno di notare gli occhi che la guardano dall'altra parte. Curioso, sorridente, quasi beffardo. Il loro. E sente un calore che gli attraversa la pelle. E con rabbia nota il rossore sulle guance, mentre cerca di non guardarlo. Ma non riesce a staccare gli occhi dai suoi mentre accarezza un foglietto che tiene in tasca con un numero scarabocchiato velocemente e nascosto tra una banconota depositata lentamente nella sua mano, quasi accarezzandolo, tenendolo per pochi secondi che sembrano eterni, Senti il suo sguardo penetrante e oscuro. Proprio come al bar, quando lui non riusciva a sbarazzarsi di lei, mentre tra un drink e l'altro gli stendeva la rete intorno ai sensi. E lei annuì, arrossì e ascoltò il sussurro delle sue parole vicino al suo collo, mentre lui lo sfiorava tra i sorrisi. Forse per questo motivo, quelli che avrebbero dovuto essere solo pochi istanti sono finiti in più G&tonics di quanto avrebbe dovuto e ora la fanno fluttuare tra i vapori dell'alcol. Cerca di uscire velocemente, controcorrente, perché la marea di persone che entra nel luogo le rende difficile la fuga, e va nel panico al pensiero che non riuscirà ad uscire in tempo, non sapendo cosa la spaventa lei di più, incontrare i suoi amici e non essere in grado di scappare o cosa Esci da dietro il bar e raggiungila prima che lo sguardo interrogativo del buttafuori le auguri di nuovo la buonanotte. Determinata, si insinua di nuovo tra i corpi, ascoltando le loro voci come se fosse sott'acqua, cercando di raggiungere velocemente la porta e con essa respirare l'aria fresca della notte, sente che sta annegando, le sue pinne si gonfiano nel disperato tentativo di scappare per non avere le vertigini, e per non provare le vertigini, ma è tardi, le sue gambe sono deboli e al rallentatore la sensazione che precede il crollo lo invade. Dura solo pochi secondi perché sente come le braccia la tengono. La abbracciano e la prendono quasi in volo dal locale affollato. E non è finché non è fuori e sta soffocando nell'aria che le invade i polmoni quando si stacca da quell'abbraccio, il suo. Non sa come, deve essere volato da dietro il bancone, oppure la percezione del tempo e dello spazio è stata distorta da nervi, ansia e soffocamento estremo perché è riuscito a trattenerla, tirarla fuori dall'articolazione e portarla a il vicolo in un sospiro, dove si sforza di recuperare il respiro e il ritmo normale dei battiti del cuore che quasi gli sfuggono di bocca a zampilli, e gli impediscono di articolare qualcosa che sembra quasi una parola. Lei cerca di parlare ma riesce solo a inghiottire aria come un pesce fuor d'acqua, mentre lui sorride, o sorride a se stesso, non lo sa, perché la vergogna che prova è tale che riesce a malapena a guardarlo negli occhi, mentre si abbassa la sua testa cerca di concentrarsi su un punto delle sue scarpe, annuendo leggermente alle sue domande, vuoi andartene? ti chiami un taxi? stai bene? mi chiamerai? quest'ultimo martella come se non avesse smesso di farlo più e più volte, mentre lo tiene, temendo che gli faccia tornare le vertigini. E non sa perché si sente annuire leggermente a ogni domanda, anche all'ultima, ancora più avidamente all'ultima. Le accarezza la guancia con il dorso della mano ed è morbida, più di quanto si fosse sentito al bar, quando le ha dato il resto, più di quanto non sentisse in tante mani da tanto tempo, o forse è per questo, E senza rendersene conto è seduto in un taxi che è apparso come dal nulla, e mentre è perso sul sedile posteriore, le accarezza le labbra, assaporando un bacio che ha lasciato su di loro e un sussurro... Chiamami. E mentre stringe saldamente in mano il minuscolo pezzo di carta, un impercettibile sussurro gli sfugge di bocca... Forse Copyright Ufficiale © ® A.D.G.