Mi rendo conto che col tempo mi sto affezionando alle piccole parole, quelle piene di provvisorietà, tenute da impalcature, deboli e transitorie. Consapevole che possono crollare con un colpo, li tengo come se fossero vetro nel palato. Faccio tesoro di tre che mi hanno dato:
‘Risa’, che esplode dentro di me, incontrollata dalla mia compostezza e dalle linee guida dettate dal confinamento.
‘Kiss’, pronunciato in modo tale che i suoi testi sfuggono come un sussurro finché non si insinua sotto i miei vestiti per darmi la pelle d’oca.
‘Faith’, che con calligrafia infantile e scritta a matita, nasconde timida e delicata nella mia gola; il più piccolo di tutti, il più fragile e spaventoso, ma anche il più indipendente. Quello che mi salta alla punta della lingua quando meno me lo aspetto e quello che finisce sempre per convincermi con i suoi giochi all’angolo delle labbra.
Sento che sono i migliori regali che la vita mi ha fatto, tre parole. Niente di più e niente di meno…