Quel giorno, tra Zeus ed Era

Quel giorno, tra Zeus ed Era

La prima scena di seduzione della letteratura occidentale viene descritta, con tutta la potenza narrativa di cui Omero è capace, nel XIV canto dell’IliadeQuesto il contesto: privi della loro punta di diamante Achille – che da tempo ha rinunciato a combattere perché adirato con il capo della spedizione, Agamennone –, gli Achei si trovano in situazione di gravissima difficoltà. I Troiani imperversano sul campo di battaglia, e sono arrivati al punto di abbattere il muro di protezione dell’accampamento nemico. Disperati, i capi degli Achei si riuniscono per decidere il da farsi; ad Agamennone che addirittura propone di tagliare la corda, mettendo in mare le navi nell’oscurità della notte, Ulisse e Diomede rispondono, indignati, che un simile comportamento non è da uomini valorosi: bisogna continuare a combattere. Per vincere, tuttavia, non bastano il coraggio e la forza dei mortali; è necessario un intervento divino.

È qui che entra in gioco Era, avversaria dei Troiani sin da prima della guerra, dal tempo che Paride la giudicò meno bella di Afrodite (ma questa è una storia che racconteremo più in là). Per favorire gli Achei suoi protetti, Era deve fare in modo che si allenti il controllo che suo marito Zeus esercita sul campo di battaglia. Sa bene, la dea, che convincerlo soltanto con le parole non può; c’è bisogno di altro, di un piano astuto e molto ben architettato. È così che si reca nelle sue stanze e inizia un’accuratissima toilette: si lava, si unge di un olio inebriante, si pettina, si veste e si ingioiella. Quindi si reca da Afrodite.

Tra le due non corre buon sangue, visto che Afrodite, riconoscente a Paride che la aveva preferita a Era giudicandola come la più bella delle dee, parteggia per i Troiani. Ma Era è scaltra abbastanza da farsela amica, in questa circostanza: il suo aiuto le è indispensabile. E allora la suborna con una credibile menzogna: le dice che vuole far da paciera tra altre due divinità, Oceano e Teti, che da tempo litigano e non godono delle gioie del letto; può Afrodite darle amore e desiderio, in modo che lei possa riuscire nell’impresa? Naturalmente, Afrodite accondiscende di buon grado, cadendo nel tranello; e, dopo esserselo sciolto dal petto, le mette in mano l’oggetto che racchiude il potere invincibile della seduzione e della brama erotica: la cinta ricamata, di vario colore, dove erano posti tutti gli incantamenti; lì c’è amore, lì desiderio, lì incontro e seduzione, che toglie la mente anche ai savi.

La dea Era prende la cinta di Afrodite, la indossa, e con essa si mostra a Zeus, che subito è colto da un fortissimo desiderio di lei, «come quando la prima volta si unirono in amore»; la sua consorte, però, è sfuggente, e ripete anche a lui la bugia che deve recarsi al più presto da Oceano e Teti, per riappacificarli. Zeus, però, insiste: Era, laggiù puoi ben andare più tardi: vieni ora, stendiamoci e diamoci all’amore. Mai così desiderio di dea o di donna mortale mi vinse, spandendosi dappertutto nel petto.

E, senza imbarazzo alcuno, prosegue snocciolando un lungo elenco di amanti – una specie di catalogo di Leporello ante litteram – alle quali in passato non aveva saputo resistere. Una cosa che alle nostre orecchie  suona ben poco elegante, anche se poi non doveva essere fuori luogo per la mentalità del tempo: era normale che l’uomo non provasse per la moglie quella pulsione erotica che invece lo accendeva nelle relazioni adulterine, di cui peraltro non faceva mai troppo mistero.

Comunque sia, Era – nota per essere molto gelosa delle ripetute scappatelle di Zeus – qui sembra non fare caso alla lunga lista di conquiste extraconiugali del marito e alla sua caduta di stile nel ricordarle, determinata com’è a portare a termine il suo piano. Di nuovo però si mostra ritrosa, finge pudicizia: non può giacere con lui, perché è pieno giorno. Qualcuno degli dei potrebbe vederla, e per lei sarebbe una vergogna. Ma Zeus la rassicura: verserà tutt’intorno una nebbia così fitta che nessuno potrà sorprenderli mentre si abbandonano all’amore. È così che Era, infine, capitola – o meglio, fa finta di capitolare – e che Zeus si illude di sedurla, anche se in realtà ottiene quello che lei aveva già deciso di concedergli.

I due si abbandonano dunque all’amore, stendendosi su un prato fiorito – dettaglio importante questo, su cui torneremo –. Al termine dell’amplesso, Era completa il suo piano facendo addormentare Zeus con l’aiuto di Hypnos, il Sonno; e mentre il padre degli dei dorme placido e appagato, la dea può consentire agli Achei di recuperare forza sul campo di battaglia.

Il gustoso episodio appena rievocato ridimensiona, e non poco, la fama di seduttore che a Zeus tradizionalmente si attribuisce, e che lui è il primo ad alimentare, come la sopra ricordata lista di partner facilmente dimostra. Del seduttore, in effetti, Zeus non ha nulla: posto che la seduzione passa dalla capacità di ammaliare, di condurre un gioco sottile di sguardi, di parole e di silenzi, di movimenti del corpo che dicono più di quanto appare, ebbene, il re degli dei non possiede nessuna di queste doti. Se la preda su cui ha messo gli occhi cede subito, tanto meglio; altrimenti, egli ricorre ai sotterfugi, alle mutazioni zoomorfe, alla forza per possedere chi gli fa resistenza. Un esempio per tutti? Quello di Europa, la fanciulla fenicia della quale un giorno Zeus si invaghì, vedendola giocare insieme alle amiche. Per attrarre la sua attenzione, il dio si trasformò in un toro bianchissimo: e, non appena la ragazza gli si avvicinò per accarezzarlo, egli la rapì, portandola lontano sulla sua groppa per potersi unire a lei senza che nessuno disturbasse l’amplessoZeus non è un seduttore: è – come lo ha definito Eva Cantarella con immagine icastica – un «molestatore seriale».

Del resto, nel mito greco si cercherebbe invano un dio o un eroe seduttore: per i Greci, la seduzione non può che essere donna.

Laura Pepe, La voce delle sirene

L’educazione sentimentale dei giovani, e più in generale di tutti i maschi idioti, potrebbe cominciare da qui, dalla mitologia greca. Ora, se ai teneri virgulti riservo il necessario beneficio del dubbio, per gli adulti che somigliano a Zeus non provo neppure compassione. Ne ho incrociati così tanti di ominicchi che preferisco riconoscermi nella consuetudine alla solitudine, pur di non correre il rischio di doverne protocollare un altro.

Quel giorno, tra Zeus ed Eraultima modifica: 2020-11-12T13:18:17+01:00da Eryn_gium