pensieri 2

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Sto leggendo un libro di Chiara Gamberale. Carino. Lei scrive molto bene. In quelle pagine ho trovato conferma di una cosa che mi frullava in testa e che l’oroscopo di quel matto di Brezsny aveva consolidato. Io devo pensare a quel che voglio essere come se già io fossi in quella vita. Per tutto il mondo io sarò altro? Amen. Io invece sono esattamente quella che penso di essere. E sogno ed apparecchio il mio quotidiano come se.

Così questa mattina ho messo in atto il mio ennesimo piano strategico. E ho portato avanti la mia filosofia. Desidero fare un determinato percorso, finalmente, e proverò ogni via per raggiungerlo. Se poi, come sempre è accaduto, dovrò nuovamente rassegnarmi mio malgrado abbasserò le alette, ma dentro rimarrà tutto presente ed io continuerò a sognare la mia vita.

Sento che prima o poi la vinco io. Fosse solo un mese prima di andarmene.

pensieri

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Oggi mi sono spinta ancora oltre.

Se mi avessero raccontato che avrei fatto queste cose a questa età avrei riso come una pazza. Ed invece le sto facendo e mi sto divertendo. Perchè non è vero che il tempo è tiranno. Talvolta il tempo insegna che tutto può accadere. Anche quando nulla è favorevole ed il mondo ti dice che sei un cretino e che la devi smettere di sognare.

Forse, ma soltanto forse, ad un certo punto dovrò rassegnarmi nuovamente. Ma quando l’ho fatto ad un certo punto ho capito che non stavo vivendo e che non avrei potuto andare avanti in quel modo.

Perchè se lo avessi fatto sarebbe stato un supruso nei confronti di coloro che ogni giorno lottano contro la malattia, una guerra o un problema davvero serio. E quindi ci devo credere anche io e fottermene di tutti coloro che pensano che la loro vita abbia un senso maggiore della mia via vissuta in una dimensione alternativa.

così inizia il mio primo libro

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Oggi

Elisa sapeva che tornando a casa avrebbe dovuto prendere delle decisioni importanti.

Era scappata sull’isola di Sao Vicente, Capo Verde, nella speranza di schiarirsi le idee, ma soprattutto per ritrovare se stessa.

La città di Mindelo le era parsa subito brutta, sporca e caotica, piena di cani abbandonati per le strade, lontanissima dalla sua idea di Africa e dai sapori ed odori che teneva cari nel suo scrigno della memoria. A quella vista il suo cuore era diventato un groviglio di emozioni contrastanti e più che una via di uscita si era sentita chiusa in una prigione dove, nelle ultime ore, si era sentita addirittura soffocare.

Partita da Milano aveva avvertito subito una forte eccitazione.  Dopo anni in cui il suo corpo e la sua mente erano rimasti congelati in un panico sempre crescente, aveva nuovamente provato l’inebriante ebbrezza del viaggio in solitaria.

Per Elisa il viaggio era qualcosa che non tutti possono comprendere: la pianificazione dei dettagli, la preparazione del bagaglio, il poter ascoltare la gente del mondo che parla tutto intorno lingue differenti, il cogliere gli sguardi di estranei ed i visi interessanti, il testare la propria capacità di cavarsela da soli. Man mano che le sensazioni tornavano ad essere famigliari lei si emozionava sempre di più, come in un film.

Salita sull’aereo per Lisbona aveva riprovato il piacere della vita scorrerle nelle vene ed il suo sorriso non aveva più lasciato il suo volto. I suoi occhi scuri erano tornati scintillanti e divertiti e la sua eloquenza aveva sostituito la timidezza e la chiusura dei mesi precedenti. Non si era assopita neppure per un istante, sebbene si fosse alzata alle tre del mattino per poter arrivare in tempo. Aveva sfogliato la rivista patinata senza leggerla, aveva osservato ogni dettaglio ma soprattutto aveva goduto. Beata.

Arrivata a Mindelo però la delusione era stata cocente: ma quella era Africa? E quello era il capolavoro di cui aveva sentito più volte parlare?

“Accidenti, che posto del cazzo….”, furono le prime parole che le affiorarono alla mente.

Poi aveva incontrato la sua amica Carlotta con il suo fidanzato capoverdiano Francisco e si era fatta coinvolgere dai racconti, dalle risate, dai discorsi ed aveva messo in secondo piano quella sensazione negativa sebbene sapesse, nel suo intimo, che quel posto non l’avrebbe innamorata. Certo, avrebbe trovato lo speciale anche lì (in questo era bravissima, nulla da eccepire), la sua rosa tra le rose tutte uguali (tanto per citare il Piccolo Principe), ma non sarebbe mai stato un luogo da cinque stelle.

“Carlotta..ma dove ti sei venuta a chiudere?”

“Cara Elisa, nel mondo dei truzzi e della polvere, dove tutto è fiesta..”

“Ah però..”

Gli anni precedenti erano stati anni senza odori, né sapori, grigi e nebbiosi come la sua città, e la sua rosa si era praticamente appassita. Poi, un giorno, inaspettatamente lo aveva sentito: era come un piccolo terremoto sommerso, che era diventato sempre più potente ed assordante e, a quel punto, non aveva più potuto fermarlo. Si era fatta sovrastare e soggiogare. Era andata dalla direttrice della struttura dove prestava servizio e le aveva detto che se ne andava, perché doveva cambiare vita. Poi aveva informato il suo fidanzato e sua madre, dicendo loro che sarebbe anche partita.

Una rivoluzione era in corso e nulla sarebbe più stato come in quel momento: protetto ma insulso, piatto e fastidiosamente incolore. E per la prima volta dopo secoli era soddisfatta. Per tutti sarebbe stata solo una povera matta di mezza età, ma chissenefregava.

Si era fatta prendere da un’euforia baldanzosa e tutto le era apparso multicolor, con i sapori forti e gli odori cruenti della città in pieno caos, con la gente che le batteva contro e quell’effetto brioso di un bicchiere di spumante.

Tutti attorno a lei erano costernati, tutti erano stati caustici. Tutti tranne la Vikka e la dolce Carlotta, dalla quale era appunto andata per la prima tappa della nuova Elisa.

Da quel momento aveva focalizzato la sua attenzione sul suo spostamento, cercando di non sentire la paura e l’ansia, sue ottime compagne di vita degli ultimi anni. Nel recente passato aveva dovuto far fronte a due potenti crisi di panico che le avevano impedito di guidare sola in autostrada, di spostarsi con tranquillità, rendendo sempre più flebili le sue autonomie. I suoi appuntamenti avevano iniziato a diradarsi, i suoi confini si erano sempre più ridotti, il suo mondo si era rimpicciolito in modo esponenziale. La sua casa e poco altro erano i soli luoghi dove si sentiva a suo agio.

Pertanto, prima della partenza, si era obbligata a rifare cose per abbattere barriere: aveva preso Laos, il suo cane, ed era andata in auto da Ikea, prendendo la tangenziale in pieno traffico. Aveva comprato il biglietto aereo senza valutare le conseguenze. Era andata a pranzo da sola in un bar del centro senza sentire vergogna.

Si era buttata e, finalmente, aveva volato.