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LE FAKE NEWS, "ER PADRE DE LI SANTI" E LE "ZEBBRE" CON DUE ZETA


  Non so che cosa abbia indotto Giuseppe Gioacchino Belli, uno dei massimi poeti dialettali italiani, a comporre "Er padre de li santi", un sonetto con addirittura "la coda", che in realtà non é altro che un elenco di tutti i vocaboli con cui si suole indicare quella particolarità anatomica del corpo umano che é esclusiva degli uomini, salvo la battuta ironica degli ultimi due versi: "e la su' moje pene, segno per Dio che nun je torna bene.". Il sonetto, tuttavia, mi ha suggerito l'idea di mettere in fila tutti, o quasi, i vocaboli che nella lingua italiana sono utilizzati per definire una notizia falsa, così a memoria sono riuscito a comporre questo elenco: " frottola, fandonia, panzana, bugia, notizia infondata, inbroglio, infamia, scemenza, inganno, raggiro, frode, truffa, bufala, boiata, cavolata, abbaglio, garbuglio, menzogna e poi, sempre in italiano sebbene di origine volgare, balla, frescaccia, fregnaccia, cazzata, stronzata etc.". Certo, ognuna delle suddette parole ha una accezione sua propria, spesso consistente in una sfumatura derivante più che altro dall'intento per il quale si ricorre a porre in essere una notizia priva di fondamento, cosa che certamente imbarazza chi non ha molta dimistichezza con la lingua corretta, perciò non deve meravigliare  che la stragrande maggioranza dei giornalisti impegnati e dei politici di primo piano (per non dire degli altri) parli esclusivamente e con sussiego di "fake news", così scavalcando a piè pari l'imbarazzo di definirne la causa determinante. A questo punto però mi sorge un dubbio: aveva torto Spencer a ritenere che il progresso  é un passaggio dal semplice al complesso? o per caso stiamo procedendo come si dice si muovano i  gamberi? La  risposta non posso certo darla io, ma certo mi pare strano che la "zebbra" di una sconosciuta insegnante di sostegno di una scuola elementare finisca sui mezzi d'informazione come esempio dell'ignoranza dilagante e nessuno dica niente sull'uso errato della particella pronominale ne da parte di tanti comunicatori della TV, o sull'uso del femminile per indicare la metà delle ore, o sull'ignoranza della giusta concordanza tra il participio dell'ausiliare essere ed il complemento oggetto che lo precede, né sull'incapacità del corretto uso del congiuntivo e del condizionale, per non dire dei tanti neologismi improvvisati da personaggi di assoluto primo piano.