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LA FAVOLA DEI PROGRAMMI ELETTORALI RACCONTATA AGLI ITALIANI.


  "La situazione é grave, ma non é seria", così con questa espressione idiomatica un viennese definirebbe l'attuale momento politico italiano. Le promesse elettorali dei vari partiti, infatti, mi ricordano un banale episodio verificatosi anni or sono, quando, al passaggio di una avvenente ragazza più o meno ventenne, in un gruppo di amici il più spigliato pensò di esprimere i suoi desideri erotici, il più anziano di rimando prese la parola per dire che in ragione della sua età egli si sarebbe dovuto contentare di una bella quarantenne, onde immediatamente un terzo gli si rivolse dicendogli: "perché ti poni queste limitazioni? Tanto si tratta di sogni!". Non diversamente può dirsi dei programmi di governo predisposti dalle parti o raggruppamenti in competizione. Se, ad esempio, si prende in considerazione il punto programmatico del "movimento 5stelle" relativo alla riduzione nell'arco di dieci anni del 40% del debito italiano ci si rende subito conto che esso, da solo, richiederebbe un impegno annuo di oltre 80 miliardi di euro, al quale andrebbero aggiunti i quasi 30 miliardi necessari per il reddito di cittadinanza, e così via per quasi tutti i venti punti evidenziati! Un po' più gravosa sarebbe la riduzione al 100% di detto debito nell'ambito di una legislatura prevista nel programma del raggruppamento di centrodestra, ovviamente anch'essa concorrente con l'impegno dell'aumento delle pensioni minime ai mille euro mensili. Certamente meno mirabolante, ma comunque esosa e distorsiva delle regole del prelievo fiscale, é la promessa del Partito democratico di corresponsione di 80 euro mensili per ogni figlio fino al compimento del diciottesimo anno, naturalmente in aggiunta alle altre analoghe dazioni già in atto. Tutto ciò senza considerare gli interventi di vario grado comunque previsti sulla "legge Fornero", dalla soppressione tout court alla sua maggiore flessibilità, la riduzione delle aliquote fiscali e le tante altre promesse, che se attuate farebbero dell'Italia il vero "PAESE DI BENGODI".  Una valutazione dell'aspetto formale dei messaggi elettorali é stata inequivocabilmente espressa dal presidente dell'Accademia della Crusca, secondo il quale "le elezioni uccidono l'italiano. E il campione é il M5S", vale a dire che questa sarà la campagna elettorale linguisticamente più povera di tutti i tempi , anche perché priva  di quei duelli verbali dai quali rifuggono i candidati, come é stato dimostrato dall'episodio della rinuncia di Di Maio al  confronto televisivo con Renzi.   Tuttavia é l'aspetto sostanziale di una tornata elettorale che si svolgerà in un panorama internazionale in cui si addensano ombre più o meno cupe che deve preoccupare: non si può certamente credere che possa rimanere senza conseguenze l'indirizzo protezionistico avviato da Trump con l'annuncio della imposizione di dazi doganali su alcuni prodotti cinesi e sudcoreani, cioè anche di paesi amici, specie ove si ricordi che tra quelli indicati come necessari di contrasto sul piano commerciale l'allora candidato Trump indicò anche alcune eccellenze italiane, come la Vespa e l'acqua minerale San Pellegrino.  Né minore preoccupazione possono destare le sue dichiarazioni al convegno di Davos, dove in sostanza ha ribadito la sua volontà di attirare sul suolo americano gli investimenti produttivi degli altri paesi, tenendone però fuori il più possibile i relativi cittadini: "America first" non significa sola, ma significa al primo posto! E che dire delle iniziative belliche della Turchia nei confronti dei curdi siriani, già combattenti per gli USA,  e dei tanti recenti attentati terroristici in Afganistan ad opera dei fuggitivi dell'ISIS, in competizione con quei telebani che in oltre sedici anni di permanenza militare nel paese gli statunitensi non sono riusciti a debellare nonostante il contributo, tra gli altri, anche dei soldati inviati dall'Italia. Per non ricordare l'influenza che possono avere le precarie situazioni di Corea, Yemen, Libia e di tutti gli altri Stati in cui non regna la pace. Forse ci si potrebbe dire soddisfatti di una più equa distribuzione del reddito.