Già dal titolo ti si scompigliano i capelli, anche se non ne hai. Abbiamo uno Stefano Accorsi tossicodipendente di non si sa bene quale sostanza. Sempre sporco, sempre sudato, con i denti marci e così via. Possono chiamare anche Rambaldi che me lo trucca come il mostro della laguna nera ma sempre l’effetto da cazzone di riviera romagnola col maxibon farà, punto. E non è il peggiore.
Ma proviamo comunque a non essere troppo prevenuti, soffermiamoci un attimo sulle immagini del cinema italiano degli ultimi decenni (quello dei soliti, quello “medio”, voliamo basso): si vedono essenzialmente tavolate ricche di ogni bene, vino a fiumi, grandi terrazze parioline, sguardi nel vuoto e crisi esistenziali di varia natura accompagnate da biascichi incomprensibili e grida isteriche. Se consideriamo solo questo, beh, si potrebbe quasi azzardare che con Veloce come il Vento ci sia andata di lusso.
Il regista, poi, è uno ancora fresco (1982!) e salta all’occhio un notevole sforzo produttivo, maggiore cioè di quello impiegato per una cucina abitabile alla Ozpetek, ecco. Qui ci vengono offerti esterni in abbondanza, autodromi nazionali e tantissime auto GT che non si sfiorano nemmeno (sennò sai i danni). Colpiscono poi una certa frenesia nel montaggio e l’abbondanza dei suoni. Fandango e Rai Cinema si sono fatti prendere la mano, è fuor di dubbio.
Ma l’irreparabile è dietro l’angolo, quando Le Mans con McQueen è all’orizzonte, quando Vin Diesel sta per fare capolino nella Porsche accanto alla sorella dell’Accorsi, proprio lì ci ricordiamo fortunatamente di che pasta siamo fatti. Ecco prepotente il vero carattere nazionale, ecco la furia canina degli attori e la capacità sublime di fare le cose esclusivamente a cazzo, finalmente!
Hitchcock diplomaticamente diceva a Truffaut che “gli italiani trascurano molto i problemi della costruzione“, parlava di Age & Scarpelli, figurati il resto. Ha detto tutto.
Per la cronaca deve essere fatto comunque un breve elenco: i “Vacca boia” dell’Accorsi, la credibilità della sorellina pilota, il film nel film che nasce a metà del film (perché oltre al campionato italiano GT arriva pure la corsa clandestina alla Fast e Furious con esotiche riprese a Matera dal giorno alla notte), le abitudini tossiche e promiscue della fidanzata (che si chiama Annarella!), il dramma del fratellino da affidare… insomma viene da piangere per eccesso di roba e cattivo assortimento.
Non di commozione.
Voglio elogiare l’unico momento di vero divertimento: quando Accorsi, per insegnare alla sorella come tagliare le curve, ha l’ottima idea di provocare mediante testata in bocca il membro di una banda di Harleysti cattivi. Così parte l’inseguimento in città e la sorellina pilota riesce a tagliare quelle cazzo di curve. Una roba che Di Leo e Lenzi, nei poliziotteschi anni ’70, neanche hanno mai sognato.
Ringrazio sentitamente la Produzione, sono trascorse un paio d’ore di evasione, di cose diverse. Sempre fatte a cazzo e da cani, per carità, ma almeno l’aria è stata diversa dal solito.