La tradizione dei defunti in Sicilia

Share via emailSubmit to redditShare on Tumblr

La tradizione dei defunti in Sicilia


s-l225 (1)“Chi non è stato in Sicilia e non ha dimestichezza col nostro popolo, non può avere un’idea esatta degli esseri spirituali che vanno sotto questo nome di Morti.
I Morti sono le anime dei nostri congiunti più cari, i quali una volta l’anno, la notte dall’1 al 2 novembre, escono dalle sepolture e vengono a rallegrare i nostri figlioletti lasciando loro ogni più bella cosa secondo i gusti e i desideri de’ fanciulli.
I Morti escono dai cimiteri ed entrano in città. Siccome in passato i cimiteri erano per lo più entro i conventi de’ Cappuccini, così i Morti sogliono partire da quei conventi.
In Gianciana però escono dal convento di S. Antonino de’ Riformati, attraversano la piazza e arrivano al Calvario; quivi, fatta una loro preghiera al Crocifisso, scendono per la via del Carmelo.
È nel passaggio appunto che lasciano i loro regali a’ fanciulli buoni.
Nel viaggio seguono quest’ordine: vanno prima coloro che morirono di morte naturale, poi i giustiziati, indi i disgraziati, cioè i morti per disgrazia loro incolta, i morti di subito, cioè repentinamente, e via di questo passo.

In Modica i Morti, risorgono al solito, la notte della loro festa, e propriamente quando canta il gallo la prima volta; escono a schiere dalle sepolture e si ordinano a due a due come nelle processioni e camminano lentamente.
Le prime schiere son vestite di bianco e son le anime dei morti in grazia di Dio; le seconde schiere son vestite di nero, e son le anime dei dannati; le ultime son vestite di rosso , e son le anime degli uccisi.
Ciascuno di quei morti ha un braciere (una cunculina) sul capo; ma la processione non può spingersi al di là della prima croce che incontri, perché alla vista della croce è forza che i Morti retrocedano.

In Baucina la resurrezione dei Morti ha luogo presso il Monte Falcone; e qui si possono vedere vestiti di bianco, mormorare non so che parole o preghiere, con alla mano destra un rosario ed alla sinistra un vaso da notte, che col rosario vengono ordinatamente battendo; ed intanto vanno saltelloni a ridursi nella cosiddetta Grutta, donde scendono al feudo sottostante per tener consiglio.
In Francofonte al primo risorger che fanno si sentono dire : Cumanna cumanna! e senza neppur fiatare, per propria volontà, son già divenuti vento. Non si vedono, ma si sentono a cantare un latino corrotto:

Meu meu Catameu.

In Gasteltermini il viaggio è ogni sette anni, e i morti lo fanno attorno al paese, lungo le vie che devono percorrere le processioni solenni.
Vi son donnicciuole che giurano esservi stata una giovane morta pochi dì innanzi il 2 novembre, la quale, impedita nel viaggio notturno da una camicia troppo lunga che la madre le aveva messa il giorno della morte, si fosse recata da lei pregandola che gliela raccorciasse per poter meglio seguire la funebre ma benefica compagnia.

In Vicari i Morti partono in processione dai Cappuccini, ma non fanno nessun regalo; i regali li fa la Vecchia di Natale. Rimessi di questo modo a vita effimera i Morti, appariscono essi vestiti?
Ciò non saprei affermare, essendo molto vago nella tradizione.
Quel che si sa è che in Acireale vestono di bianco, avvolti, come quelli del Friuli nel funebre lenzuolo, e calzano scarpe di seta, forse per eludere la vigilanza de’ venditori ai quali andranno a rubare qualche cosa.

In Borgetto, Partinico, ecc. vanno avvolti nel solo lenzuolo a piedi nudi e con una grattugia di sotto, portanti ciascuno un torchio resinoso acceso; procedono a due a due recitando rosari e litanie.

In Milazzo, col teschio pesante che hanno sul debole bollo, schiacciano la tenera cervice de’ bambini; hanno tutti in mano una crocetta con la quale cavano gli occhi ai fanciulli indiscreti e curiosi.

In Catania passeggiano in processione per le strade recitando il rosario.
In altri comuni dell’Etna camminano cu lu coddu di filu, cioè con un collo di filo o sottilissimo quanto un filo. Quindi girato pei luoghi più popolati del paese^ e giunti ove essi devono, si fanno formiche per entrare nelle case de’ loro congiunti, penetrano per le fessure, e non mai visti fanno il fatto loro.
In che modo passino i loro doni non sappiamo, ma è celio che li passano.
Così nelle novelline popolari i figli di re, col piede d’una formica da essi beneficata, hanno la potenza di convertirsi nella stessa formica e penetrare nei castelli incantati a trovarvi la principessa fatata, cui essi lungamente cercarono.
Accadde una volta in uno de’ viaggi notturni dei morti un fatto che è tutto piacere a sentire dalle donne etnee. La quali raccontano che ne’ tempi antichi un fanciullo orfano, desideroso d’incontrare in mezzo a quello stuolo di morti il povero padre suo, uscisse solo di casa sguaraguatando pieno di ansia e di paura. Ad ogni corpo che incontrasse era presto a domandare: Veni me patri? e l’altro a risponder subito: Appressu.
I morti erano tanti che il povero orfanello non ne poteva più, finché, già vicino ad abbandonarsi dell’animo, tra’ pianti e i singhiozzi lo trovò, e ne ebbe baci, carezze e dolci.
Appunto da questa storiella ripete la sua origine una frase proverbiale di Aci: Veni me patri? Appressu!, che si usa dire quasi motteggiando allorché si attende persona che non giunge mai.

In Monte Erice i Morti mangiano: fatto utile alla storia comparata degli usi funebri. Partendosi dalla chiesa dei Cappuccini, a un terzo di miglio dalla montagna, recano con loro tutto quanto è necessario a fare buoni morti ai bambini loro devoti. Giunti alla Rocca Chiana si fermano a prender riposo, sedendosi tutti in giro per rifocillarsi con ciò che di meglio possano immaginare i fanciulli ericini, cioè con pasta ben condita.
Ripreso via pei sentieri più deserti, vanno a lasciare i loro doni dentro le case dei bambini. Non ignorano tutto ciò costoro, e la mattina per tempissimo scendono a brigate ai Cappuccini a vedere i Morti che sono stati così buoni per essi; ma nello scendere vanno saltando per una scorciatoia, onde evitare Rocca Chiana, temendo che qualche morto non sia ancor là a mangiare, o che non si trovino colà avanzi della lauta imbandigione.
Nel Messinese c’è un usanza che non trova riscontri in altri punti di Sicilia, a quanto io mi sappia. Ed è questa. Le mamme consigliano ai bimbi a metter sul tavolino un bicchier d’acqua perché i Morti hanno sete; il domani se il bicchier d’acqua è vuoto, vuol dire che i Morti son venuti, hanno bevuto, han lasciati i regali che il bimbo deve veder dove stanno nascosti; se il bicchier d’acqua è pieno, vuol dire che il bambino è stato inquieto e disobbediente; che i Morti son passati, non hanno voluto bere e quindi non hanno lasciato i dolci e i giocattoli.
A Messina, però, anche oggi, hanno l’abitudine di andare al cimitero, e, seduti vicino alle tombe mangiare e bere allegramente per poter vivere più lungamente e poi lungamente poter onorare i parenti morti. (Giuseppe Pitrè – Usi Costumi Credenze e Pregiudizi del popolo Siciliano)

La tradizione dei defunti in Siciliaultima modifica: 2018-11-04T12:46:58+01:00da ilsentierodisalomone