Il Covd-19, non è solo una malattia infettiva…..ma non di rado pizzica la psiche.

La sindrome della capanna: cos'è e come affrontarla
La quarantena o il Lockdown ha sicuramente contribuito a mettere il bavaglio al coronavirus, ma subdolamente ha anche messo il “bavaglio ” alla psiche di molte persone, che oggi, dopo mesi  di confinamento fra le proprie mura domestiche, emerge la PAURA di uscire; anche per andare a buttare la spazzatura nel vicino contenitore.
Abbandonare quelle mura che per diversi mesi pieni sono stati la “sicurezza”, adesso che la situazione emergenziale ha assunto aspetti confortanti, tanta parte di persone provano fatica a uscire.
I motivi possono essere molteplici, paura, frustrazione, rigetto che in una parola si chiama “Sindrome della Capanna”
Una sindrome che trova terreno fertile in qualche milione di persone; in massima parte donne, che dopo una lunga permanenza fra le mura di casa manifestano paura a intraprendere la vita di fuori.
Si potrebbe immaginare che il problema interessi chi è stato contagiato, ma non è così, perchè a motivo di uno strano meccanismo incoscio e in assenza di consapevolezza, rifiutano uscire perchè la vita di fuori, per queste persone costituisce motivo di “pericolo”.
Questa sindrome, non è priva di sintomatologie, ma comincia a lanciare i suoi primi segnali come difficoltà a prendere sono, irascibilità e pur anche per lugghe settimane. Questa emergenza, ma messo in risalto gli aspetti di questa sindrome, che è sempre esistita e che oggi il covid-19 ha accentuato con l’aumento di Ansie, di paure e non di rado sfocianti in sindrome depressive,
Ci si chiede quali le cause. Sono tante che si riassumono in una sola parola: “Paura del Mondo Esterno ” che non sia la sicurezza del proprio focolare domestico.
Questa paura non è limitata nella “Paura di ammalarsi, ma anche quella di ammalare i propri cari; in primis i propri affetti anziani, i propri figli e amici.
Perchè è chiaro, che la nuova vita “Normale” sta tra mascherine, distanziamento sociale, accessi ben scaglionati laddove è consentito l’ingresso, ovviamente non sarà come 5 mesi fa.
La scelta quindi di vivere al “sicuro” prevale per l’uscita fuori, anche se la vita in casa è circoscritta fra limitazioni e non di meno poco soddisfacente, e tuttavia, la si preferisce.
Il tempo ci darà risposte circa i rapporti di coppia e convivenze.
Naturalmente non tutti sono soggetti a questa sindrome, ma vi sono selettivamente soggetti predisposti e sono quelle che hanno da sempre avuto difficoltà di adattamento, gli Ipocondriaci, che magari sin dai primi giorni di confinamento( non mi aggrada il termine lockdown )si sono felicemente sentiti a proprio agio, mentre oggi, che possono toccare la vita di fuori, sono afferrati dalla paura.
Le persone che hanno sempre sofferte di fenomeni Fobici, ansiose, o con patologie psichiatriche.
Gli anziani, sia pure non tutti, perchè un buon numero sono come ragazzini che approfittano che la porta sia socchiusa per darsela alle gambe, ma certi anziani hanno paura del contagio non tanto per la paura di morire, perchè l’età onorevole li mette sempre davanti alla contabilità, bensì, la paura di morire in solitudine, privati della mano familiare, della carezza; di questo si è assistito nei mesi scorsi per i tanti privati di un funerale e della vicinanza di un congiunto intimo.
Paradossalmente ci sono coloro ben abbottonati da una forte personalità con benessere economico che non conoscono l’ansia, questi, di colpo si troveranno a fare fronte a situazioni  inedite motivati da quella rottura avvenuta per problemi economici e inverosimili modifiche allo stile di vita; condizioni queste che possono indurre a due reazioni 1- sbracciarsi ben bene le maniche; 2- ma anche rimanere paralizzati.
In conclusione, per molti il passaggio dalla “capanna sicura” alla nuova realtà può risultare difficoltosa.
L’approccio di fiducia con un valente psicologo sarà certamente  di aiuto.

Il Covd-19, non è solo una malattia infettiva…..ma non di rado pizzica la psiche.ultima modifica: 2021-06-04T12:48:11+02:00da un_uomonormale0

18 pensieri riguardo “Il Covd-19, non è solo una malattia infettiva…..ma non di rado pizzica la psiche.”

  1. peppe, ciao, è vero quello che hai scritto anche se non sapevo che si chiamasse così. Il periodo di stare in casa isolati, mi ha fatto molto male. Mi sentivo sola, depressa, avevo il terrore di non avere speranza. Quando la situazione si è normalizzata avevo molta paura di uscire. Per fortuna mi ha aiutata molto il parroco. Un sorriso a te. Rosina

  2. Buongiorno, Peppe! Hai fatto un’ampia panoramica sui possibili effetti che questo tremendo virus può lasciare alle personw, anche psicologicamene.
    Mi viene spontanero un confronto tra una persona, che malgrado il covid, ha continuato la sua vita in seno alla famiglia o, comunque, con qualcuno accanto. La sua reazione sarà certamente diversa da quella di qualcuno che è vissuto per più di un anno “ai domiciliari”. La vita in famiglia ha comportato ugualmente dei rischi….moglie o figli che lavorano, che malgrado ogni precauzione sono stati possibili veicoli d’infezione, cosidetti portatori sani…ma appunto per questo meno fissati all’ida di ammalasi, altrimenti la vita sarebbe divenuta un inferno. Il “solo”, memorizza, fa di un’eba un fascio, quando esce si premunisce di ancor più del necessario, si distanzaia al massimo, vede melle persone un ericolo. Non è spicologia malata, soltanto un premunirsi, se possibile, per non affrontare una malattia da solo. Nell’immaginario, anche una “badante” comporterebbe lo stesso pericolo. Non è vero, caro Peppe, che l’anziano non teme la morte ” perchè l’età onorevole li mette sempre davanti alla contabilità”,,, non esiste momento per morire, a meno che non si sia in preda a dolori insopportabili. La vita, anche da “prigionieri” tra le proprie quatro mura e, forse appunto pe questo, sono da vivere, malgrado qualche stretta al cuore, per varie ma imporanti mancanze. ….che si comprendono data la precaria situazione, per carità, ma fanno male lo stesso. La quasi normalità? Ognuno la vivrà secondo il suo modo di essere, secondo la forza con cui il buon Dio lo sorreggerà. Buona continuazione di giornata, Peppe un grande sorriso, dal cuore.

    1. M’accorgo, adesso rileggendo, di tanti piccoli errori commessi. Scrivo veloce e….controllo dopo inviato. Mi scuso, Peppe, ciaooooo!

    2. Mia cara Licia, ripeterei ciò che ho detto a Maria Teresa, quindi, in te mi soffermo sull’aspetto che è senz’altro parte integrante della stessa la vita: la morte. Il tuo pensiero è condivisibile in pieno e tuttavia, stiamo parlando di una certa “esperienza” di cui fino ad oggi, e anche domani, sarà in grado di fornirci informazioni certe e questo per un solo e razionale motivo:” La morte sfugge dal razionale, e non solo, ma anche dei sensi. Sarà, forse questo che motiva quel morire da vecchi può erroneamente o giustamente essere considerato un evento scontato, biologico, strutturale.Nessuno è mai pronto a questo evento, neanche colui afflitto da sofferenze perchè in lui c’è sempre il “SPES CONTRA SPEM”; cioè lo sperare oltre l’insperabile, che in ultima analisi è proprio la speranza che manda avanti il mondo e la stessa vita. So benissimo cara Licia, che la vecchiaia è una invenzione umana, anagrafica, perchè si può essere vecchi e morire senza avere mai vissuto. Grazie del tuo intervento davanti al quale mi inchino. Ciao

  3. Si nota in giro un certo disinteresse a riprendere la vita fuori dalle pareti domestiche, oltre quelle uscite che sono necessarie alla vita lavorativa o all’approvvigionamento giornaliero di beni di consumo. Un po’ si è fatta l’abitudine ad uscire poco di casa e si è instaurata, nelle persone, una sorta di pigrizia indotta. Spesso ,si trascura anche un abbigliamento più raffinato , viste le poche occasioni di incontri o riunioni con amici, parenti, conoscenti; si ha pure qualche remora nel frequentare i cinema , i ristoranti, le pizzerie, le chiese, pensando che sempre ci si possa ancora infettare… La sindrome della capanna, dunque, penso sia più diffusa di quando si creda ed occorrerà tempo per debellarla anche in coloro che non abbiano particolari problemi psichici. Le abitudini, per consolidarsi, richiedono tempo, ma ne richiedono altrettanto per liberarsene. Buon pomeriggio tranquillo, Dott.Ciao.

    1. Maria Teresa, io mi inchino sia a questo tuo commento sia a quello di Licia perchè sono così appropriati e intensi da mettere in difficoltà anche il migliore degli esperti in questo settore che è la “psicologia”; disciplina sicuramente non di mia competenza. Tuttavia, qualcosa dovrò pur dire. Ebbene, alla luce dei periodi più o meno lunghi che ci hanno distaccato dalla nostra normale vita quotidiana,e nonostante oggi assistiamo con gioia a numeri pandemici in evidente calo come pure di contagi, e nonostante l’exploit delle vaccinazioni, una certa fascia di persone provano paura di uscire e preferiscono stare alla larga dai luoghi affollati. Conosco, professionalmente donne( per lo più sono le donne con predisposizione alla depressione ) che hanno rinunciato persino a programmare la loro vacanza perchè afflitte dall’ansia che possa insorgere una nuova ondata. Ebbene, purtroppo sono queste che vivono la “Sindrome della capanna”. In loro vince la paura, una paura che per certi aspetti li paralizza emotivamente, quasi le invalida. Il loro stato d’animo orienta verso l’ansia, l’incertezza, si sentono tristi e depresse e manifestano pur’anche forme di irascibilità. Hanno paura di ciò che sta fuori dalla propria casa. Si guarisce da questo stato ? Beh, una/un bravo professionista li aiuterà di certo. Buon pomeriggio a te Maria Teresa.

      1. Anch’io, purtroppo, ho commesso un errore battendo la parola e che non posso tacere: un “quando” per “quanto” e non sopporto che passi ,per me, inosservato. Scusami. Un sorriso e…a rileggerci.

  4. Ad essere del tutto sincera il lockdown che mi ha disturbata è stato il primo, quello vero, dove eravamo tutti confinati in casa tranne chi ha dovuto, suo malgrado, continuare a stare la fuori a causa del lavoro svolto. Quelli successivi non li definirei lockdown, ma restrizioni più o meno accentuate. Non mi sono mancati davvero certi aspetti della vita sociale, forse perchè non è ho mai avuta una che si possa definire tale. Certo una pizza fuori, una gita fuori porta e, in primis, le visite fuori regione a mio figlio. Per il resto il distanziamento sociale lo cercavo già di mio, per certi versi. Non ho provato mai reale paura, pur avendo contratto i virus. L’ho avuta per le persone care, più che per me. Adesso percepisco questa ‘normalità’ quasi con fastidio. Le strade e i luoghi di svago che tornano ad essere affollati, le code in auto ecc…. ecco queste cose non mi mancavano affatto. Buona domenica

    1. Ciao, infatti questa sindrome non fa riferimento alle leggere restrizioni, ma al rigoroso Confinamento- mi piace scrivere in italiano -. Tu fai riferimento a questo infatti e dici che t’ha dato fastidio. Per quel po’ che ti conosco non hai certo sofferto la S. della capanna, avrai soltanto provato insofferenza a rimanere in casa.Oggi provi il contrario, e cioè, ti infastidisce la folla e ciò che le gira intorno. Ti capisco. Lieta domenica

        1. Mia cara…ma quale strafalcione grammaticale ? Se io dovessi rincorrermi per aggiustare i miei “strafalcioni grammaticali” mi servirebbe un correttore accanto e stipendiarlo^__^. Ciao cara. P.S. Vuoi che lo cerchi per correggerlo?

  5. In realtà ne ricordavo un altro, ma ho trovato questo “forse perchè non (ne) [è] ho mai avuta una “.
    Vabbè, si sa che sul web ci si fa meno caso 🙂

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