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Se voglio veramente amare, devo rinunciare a me stesso...


Prima di iniziare questo argomento, ci tengo a precisare che sia pure sono io, ad apparire come   "l'attore principale", di fatto non è così, perchè  cerco di sostituirmi alla moltitudine nel tentativo di  interpretare ciò che sta dentro il loro intimo.
Dicevo, dunque, che se voglio veramente amare occorre  che io rinunci a me stesso. Voglio dire, che se vado  in quel campo di fiori, e  ne colgo alcuni, ovviamente è  perchè di essi ne faccia un mazzo e questo mazzo, naturalmente non è per tenermelo io, ma per donarlo alla persona che amo. E questo a motivo che il destino dei fiori non è quello di essiccarsi fra le mie mani, ma perchè diventino oggetto di gioia per la persona  amata. Ecco, quindi, che perchè io sappia amare devo essere capace di rinunziare a me stesso. E' verissimo che amare è un'avventura che deborda di passione ma terribilmente difficile perchè mi reclama il desiderio di dare anzichè di prendere. Ecco, mi resi conto con mia stessa incredulità, che proprio quando ero convinto di amare ahimè, in realtà amavo me stesso. Indubbiamente  mi sfuggiva la realtà; stavo andando fuori strada, e se veramente in me c'era il desidero di amare autenticamente occorreva che  cambiassi il mio atteggiamento e che dovevo andare in direzione di marcia  diversa. Dicevo che io mi amavo. Non era sicuramente una cosa male. Il guaio era che mi amavo così tanto, da non potere amare gli altri. Perchè ? Ma perchè era proprio di costoro che mi servivo per concedermi le mie agognate ed egoiste felicità che sempre, avidamente cercavo. Per le ragazze avevo un debole speciale: le amavo similmente a come il fumatore ama la sigaretta, che accendevo, per poi buttarle appena ridotte in cenere. Insomma, io desideravo tanto essere amato. Alla ragazza di turno che frequentavo, dicevo:"Ti amo" ma per sentire dalle sue labbra:"Anch'io ti amo!". Insomma, mi piaceva essere amato. Il mio corpo  reclamava tenerezza, reclamava piacere e progettava strategie  per catturare il corpo dell'altra, le cui carezze e i cui baci potessero  spegnere l'arsura che avevo dentro pur'anche per un solo momento. E se quel corpo, si offriva proprio a motivo che anch'esso aveva fame ne ero felicissimo di poterlo usare senza dovere combattere, quindi mi alimentavo di quel pasto servito gratuitamente. In conclusione, ero davvero fuori carreggiata, e dell'amore non avevo capito nulla.