Ci viene detto, in tutte le salse che bisogna amare il prossimo. Non solo, ma soprattutto il nemico. Beh, un problema mica da scuola materna!??? E tuttavia, se ci ragioniamo un po' sopra pare che odiare il nemico alla lunga diventa più stressante, più logorante, più lacerante, che nell'amarlo. Innanzitutto debbo rendermi conto che amando il mio nemico non deve significare rendermi vittima della sua ostilità. Amare il nemico, se analizziamo bene il concetto; sicuramente di non facile attuazione per una molteplicità di motivi, deve assumere l'aspetto di qualcosa di attivo. Poniamoci una domanda. " Ma chi è il mio nemico ?". E' forse colui che una buona mattina si alza con l'intenzione di arrecarmi danno ? Oppure colui che non è riuscito ad accettarsi, ed è in continuo conflitto con se stesso ? E tuttavia, se reagisco indignato a questo comportamento ripugnante, ostile, il nemico mi impone le regole del gioco, e io ci casco fino al collo. Ovviamente, amare il nemico non significa accettare tutto con passività. Prima di tutto significa smascherare la proiezione; cioè, quanto deve essere ferito l'altro per sentirsi costretto a ferirmi in continuazione ? E come deve sentirsi lacerato interiormente al punto da desiderare di accanirsi a lacerarmi ? Se valuto bene questo aspetto, nel nemico vedo l'uomo ferito e anche l'uomo offeso. Certamente non mi assumo le sue proiezioni, ma immagino di che cosa abbia bisogno per arrivare alla pace con se stesso. Insomma, lo privo di ogni potere. L'altra domanda è allora: " Come debbo reagire concretamente ai suoi attacchi ostili ? L'amore per il nemico non mi proibisce di difendermi; che sia chiaro questo concetto. Ma non mi difendo contro un nemico, bensì contro colui che è lacerato interiormente e di cui condivido i sentimenti. La mia difesa deve essere finalizzata a giungere a contatto con la sua verità. E tutto questo facendogli capire di non rifiutarlo come persona.Insomma, cercate di capire quello che ho formulato disordinatamente. Non sono un filosofo.