La salute di una pianta equivale alla nostra salute

Carta da Parati Foresta di faggi in estate • Pixers® - Viviamo per il cambiamento

Ogni attività che altera l’ecosistema; a cominciare dalla deforestazione, coltivazioni e allevamenti intensivi, commercio di animali, ma anche l’introduzione forzata  di specie autoctone, aumentano il rischio dell’emersione e della diffusione di nuovi patogeni pericolosi per l’uomo e non solo per l’uomo.

Da qui parte la prima direttrice su cui impostare il mondo nuovo che ci attende e che non può che essere il Rispetto; questa sola parola; “Rispetto”, che si estende per il pianeta Terra, per l’ecosistema, per la natura e per l’equilibrio millenario che essa ha saputo creare. Per la salute di tutti, per la sua circolarità. Nel 2020 l’OMS ci ha comunicato e informato  del  rapporto intimo e delicato tra gli esseri umani e il pianeta. Qualsiasi sforzo per rendere il nostro mondo più sicuro è destinato a fallire a meno che non si affronti l’interfaccia critica tra persone e agenti patogeni, e la minaccia esistenziale del cambiamento climatico.

In ordine alla cosiddetta Salute Circolare, la prima cosa da fare è volgere lo sguardo a quelle creature che non possono spostarsi nè fare rumore quando vengono attaccate, ma dalle quali dipende la nostra stessa sopravvivenza: LE PIANTE. Queste creature forniscono Ossigeno e cibo, in barba alle guerre e Pandemie. I  bambini lo sanno meglio di noi adulti, eppure, continuiamo a tagliarle, a fare spazio per pompare i numeri alla voce” Esportazioni”.

In Sudamerica si tratta di caffè, soia e carne, in Indonesia, di palme da olio.

Secondo un report dell’organizzazione internazionale per la protezione dell’ambiente negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni, più o meno l’equivalente superficie  del continente Europa.

Peccato che senza alberi non può esistere vita. Gli alberi, e vale la pena ricordarlo, assorbono quell’anidride carbonica- per chi ha il naso fino, CO2- che produciamo in sempre maggiore quantità: si stima, infatti che l’albero più alto del mondo; oltre 100 metri, abbia assorbito nel corso della sua lunghissima vita qualcosa come 1400 tonnellate di CO2. Come dire, una Infinità. Peccato che noi uomini ne produciamo oggi 1400 tonnellate al minuto.

E allora ?

Mi viene gridare:”Coraggio che ce la facciamo”

Covid, in India record di contagi e ospedali al collasso | Sky TG24

Chi grida al complotto, o che porta il distintivo sulla fronte” Negazionista”, o peggio ancora, chi suscita azioni  su “E’ tutta menzogna”, va sbattuta in faccia questa foto, che non è la sola.

Una domanda me la pongo:” Riprenderemo in mano la barra del timone ?”. Io dico di si, perchè non si può prescindere dalla ritrovata coscienza della responsabilità collettiva che condividiamo con ogni essere umano del pianeta, compresi quelli che abitano in luoghi più remoti.

Ripeto ancora; siamo tutti collegati da un filo invisibile eppure molto concerto: è su questo filo che abbiamo scoperto scorrere il contagio, è questo filo ad avere reso inevitabili le quarantene e le rigide restrizioni.

Pensiamo a quei paesi in cui non sono state imposte, gli effetti sono stati tremende: in India, in Brasile le persone sono morte davanti agli ospedali o nelle loro case, altri hanno sofferto a causa della mancanza di Ossigeno, lungo il corso dei fiumi sono state erette innumerevoli pire- strutture in legno per bruciare cadaveri-, che la corsa  del  SARS-COV-2 si è lasciata alle spalle. Ma non dobbiamo illuderci di essere distanti da tutto questo. Siamo tutti collegati. Le pire sono fisicamente lontane dall’Occidente, ma gli stessi ceppi virali che hanno causato morte e devastazione in India hanno dato origine alla variante attuale “Delta”, che ancora oggi sta mettendo alla prova le autorità e le strutture sanitarie di mezzo mondo, pediatrie comprese.

Non dobbiamo guardare a queste situazioni con gli occhi degli ignavi ( molti conoscono il significato dei questa parola ). In assenza di volontà politica e di organizzazione, nel nostro ben ordinato Occidente sarebbe accaduto lo stesso. E sebbene, in misura minima è accaduto: quando la situazione è sfuggita di mano, come a Bergamo nella primavera 2020 sembrava che SARS-COV-2 non smettesse di  falciare vite. Abbiamo anche imparato che il Virus se ne infischia dei nostri stratagemmi da furbetti.

Siamo fatti così. Pensiamo alla salute solo quando ci ammaliamo. COVID-19 ci ha dato lo svegliarino.

Il commercio di malattie | Wall Street International Magazine

Già, è proprio così. Quando siamo malati, quando accusiamo acciacchi, quando quella contrattura al collo ci impedisce di stare rilassati davanti al PC o quando ci siamo dati una martellata sull’unghia. Per non parlare di quando fanno male le ginocchia che ci impediscono di salire le scale; di correre neanche a parlarne. In ultima analisi, la salute la appreziamo solo quando stiamo male.

Ebbene, questo pensiero – abituale – sottintende un concetto di salute che trovo estremamente riduttivo. Come se fosse qualcosa che uno ha di predefinito, e che la malattia gli toglie. Non è così, come altri animali e anche piante del creato, siamo organismi complessi, che funzionano grazie a un numero infinito di “micromeccanismi” a loro volta interconnessi e interdipendenti.

La salute non è per nulla scontata proprio perchè è il risultato di un equilibrio delicatissimo.

Pensiamo ai Greci, quando iniziarono a interrogarsi sul corpo e sui modi per curarlo. Hanno istintivamente collegato la medicina alla natura, intesa come la totalità delle cose che esistono, che nascono, che vivono, che muoiono. Un corpo in salute era un corpo in equilibrio  con gli elementi  primi ( acqua, aria, terra, fuoco ), e di conseguenza la malattia veniva concepita come disequilibrio. Ebbene, questo approccio olistico è stato via via abbandonato, perchè a volte le cose per studiarle, per metterle bene a fuoco e comprenderle, bisogna selezionarle, renderle più piccole. E così questo approccio circolare e integrato, che tiene conto degli equilibri è stato via via abbandonato in favore di una  maggiore verticalizzazione della biomedicina, che si è prima concentrata sul corpo umano e poi sui suoi  organi, i quali sono composti di “organismi”, e addirittura sulle singole malattie. L’aspettativa di vita, ad esempio, è in continuo  aumento ( e a questo proposito sarà interessante analizzare l’effetto del COVID-19,  nel medio e lungo termine, ma anche contribuito a convincerci che la salute fosse affare soltanto degli esseri umani, soprattutto dei singoli e non della collettività. Come se le nostre compagne di viaggio, cioè, le specie viventi da cui traiamo cibo e quindi forza vitale, nemmeno ce l’avessero un diritto alla salute. Ognuno di noi è infatti in relazione con il mondo animale, con quello vegetale  e con quello inanimato, se non altro perchè ci nutriamo di cibi e bevande che questi mondi provengono. Insomma, l’ambiente non è qualcosa di esterno a noi, ma qualcosa in cui siamo immersi, di cui facciamo parte e che fa parte di noi.

Bene. La Pandemia da Sars-cov-2 così pervasiva e con la connaturata ambizione di farci sostanzialmente infettare tutti, ha portato a galla i “Disequilibri” e le “Fragilità” che abbiamo contribuito a creare nell’ecosistema e ci sta costringendo a ripensare daccapo anche il nostro rapporto con la natura.

Un po’ di storia credo sarà gradita….dai pochi

Morbillo: 7 casi in corso di accertamento e una persona ricoverata al  Maggiore | Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma

Come tutte le favole che iniziano con “C’era una volta…..”, anche in questo caso, comincio con:

“C’era una volta una specie nomade, Homo sapiens che intorno a circa 10.000 anni fa cominciò a sviluppare la tendenza a una vita a dimora permanente in un determinato luogo. La grande  glaciazione aveva avuto termine, il clima era generalmente più favorevole e le risorse a disposizione si erano moltiplicate. Nascono strutture sociali sempre più avanzate e organizzate, e anche alla domesticazione di certe specie animali. Insomma, l’uomo passa da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore.

Siamo  nel 9000 a.C.; minuto più minuto meno quando in Mesopotamia e in Persia, vengono addomesticati i primi bovini. Finora non c’è stato modo conoscere quando la peste bovina abbia fatto la sua comparsa.

Le prime testimonianze della sua esistenza sono piuttosto recenti: risalgono ai tempi dei  Romani. La prima descrizione chiara della peste bovina la dobbiamo allo scrittore e oratore romano Severo Santo Endelechio gra l’altro testimone dell’epidemia che colpì i bovini a partire del 376  d.C. Conosciamo, invece, e molto bene i suoi gravissimi sintomi per averli potuto osservare fino a pochi anni fa: lesioni erosive in bocca, febbre alta, ulcere, diarrea, secrezioni nasali e dagli occhi. In breve, nel giro di poche settimane questo virus  Rinderpest morbillivirus era in grado di decimare una intera mandria di bovini.
Passata la fase acuta, continuava a serpeggiare- si cronicizzava, per così dire -e falcidiava bovini ancora per molto tempo. Non mi soffermo oltre e passo direttamente all’esito finale, che vide la sua eradicazione totale. La seconda, dopo il vaiolo a scomparire.

Faccio un salto indietro, adesso. Lungo questa storia millenaria che parte una ventina di secoli fa, a un certo punto succede una cosa che cambierà i destini dell’umanità. Quando ancora il Rinderpest morbillivirus; ovvero il virus  che causa la peste bovina, circolava indisturbato tra i capi di bestiame, una sua Variante ha trovato il modo di infettare  la specie, Homo sapiens.

Addomesticando il bovino, l’uomo aveva sì migliorato le proprie condizioni( erano fonti di benessere e di ricchezza ),  ma anche moltiplicato le eventualità di  prendersi qualche infezione. Per allevare i bovini, infatti, bisognava stargli vicino fisicamente, molto vicino. E non si può dimenticare che ai tempi ci si cibava di latte e della carne di vacca crudi, spesso ancora caldi. Ed ecco che attraverso i secreti ed escreti e il sangue, fu un gioco da ragazzi il salto di specie che divenne realtà. Vale la pena ricordare brevemente che i virus sono parassiti obbligati, cioè, che sono “costretti” a sfruttare i meccanismi di sintesi delle cellule per replicarsi; come dire, che fuori dalle cellule morirebbero. per i Virus, le cellule degli ospiti sono macchine di vita. Per la stragrande maggioranza delle volte i Virus generano particelle identiche a loro stessi, ma può capitare che durante il processo di replicazione  si modificano, magari a causa di una mutazione. Per loro una mutazione è un inciampo, un balbettare nel meccanismo di replicazione virale che genera una imperfezione. Se questo è sconveniente, il virus stesso che la porta scompare; se è conveniente perchè dà un vantaggio  selettivo, allora prende il soprarvvento, generando nuove varianti, nuovi rami di discendenza. E così, il  Rinderpest morbillivirus, a forza di replicarsi, e replicarsi e replicarsi, si è modificato tanto quanto basta per generare variante capace di infettare l’uomo.

Nel tempo, questa variante ha dato origine al Leasles morbillivirus; Virus del tutto nuovo, che causava una malattia altrettanto nuova: IL MORBILLO.

Il Morbillo è meno grave e ababstanza diverso dalla Peste bovina, ma è comunque una malattia che, in assenza di “Vaccinazione” può dare sintomi molto gravi. Oggi ha un tasso di letalità che si aggira intorno allo 0,1% ma in epoca pre-vaccinale provocava ogni anno la morte di milioni di bambini.

L’Ecosistema, il nostro, in movimento…

269,329 Foto Ecosistema, Immagini e Vettoriali

C’è un detto che recita così:”Finchè c’è vita c’è speranza!”. Credo che questo detto sia nato insieme al mondo. E allora ? Finchè ci sarà la vita ci saranno sempre i Virus, ma è anche vero il contrario.

L’ecosistemi e organismi, piaccia o no, dipendono dai Virus. Persino l’evoluzione dipende anche dai virus, che per un succedersi di milioni di anni hanno plasmato la flora e la fauna di questo nostro amato pianeta. Non solo, ma  si sono pure alternati tra genomi di ospiti ( uomo, animale, funghi ecc. ) di specie diverse. Una sorta di tennis da tavolo virale.

Quindi, anche noi umani dipendiamo dai Virus, se non altro perchè con essi conviviamo portandoli a “spasso”: dove andiamo noi, vengono pure i virus. Calcolate che il nostro intestino è popolato da qualcosa come 140.000 specie di Virus, significando una cosa ben chiara e limpida: senza i virus non non esisteremmo ( mi pare di averlo detto in qualche mio precedente ).

Calcolate che ci sono molti più Virus sul nostro pianeta terra, che  stelle nel firmamento che conosciamo. Calcolate che negli oceani abitino circa tante particelle virali come 10 miliardi di volte  il numero stimato di stelle.

Ebbene, tutti questi virus hanno in comune due caratteristiche: un genoma protetto da un guscio a base di proteine e la necessità di necessitare di un  ospite per riprodursi.

A differenza della maggior parte degli animali, che si mantengono in vita tramite il consumo di alimenti morti oppure uccisi da loro stessi; anche brucando l’erba, i Virus per continuare a esistere necessitano di un organismo che sia vivo. Non importa se animale, se una pianta, se un fungo o di un batterio o persino di altri virus. L’importante che siano vivi.

Quanto a loro stessi, le varianti sono infinite. Alcuni hanno solo due – tre geni, e altri che ne hanno centinaia. I Virus patogeni, ovvero quelli che causano sofferenza all’ospite; che fra l’altro sono in numero molto più piccolo rispetto  all’infinità di Virus che campano benissimo senza fare danni come quelli a noi ormai molto noti.

In altri termini, un mondo ancora da esplorare.

Da due anni viviamo questa “PANDEMIA”….

Cosa significa Endemia? Definizione ed Etimologia

Pan (Capricorno) - Mitologia Greca

L’immagine sotto raffigura il dio “pan”

Ma in definitiva, cosa vuol significare questa parola ?

Origina dal greco “pandèmìa”; significando con “pàn”=tutto, e dèmos, “popolo”, quindi tutto il popolo.

Secondo il  filosofo e teologo Vito Mancuso, l’etimologia di questo termine indica però molto di più di quello che sembra. Vediamo di scavare un po’ nella semantica.

Il termine “Pàn” non significa soltanto “tutto”, ma identifica anche il dio Pan, mezzo uomo e mezzo animale, dio della natura. Ha un viso paffuto e occhi espressivi, è una creatura peccaminosa in quanto Ibrida, la sua immagine viene usata spesso per raffigurare il diavolo. Il suo significare “tutto” coinvolge la mente e il corpo come forza inarrestabile e spaventosa che noi chiamiamo “panico”. Quando si è presi dal  panico, infatti, si è completamente assorbiti e guidati da una forza esterna. La paura travolge e rapisce, e si perde la padronanza di sè.

Le pandemie, in effetti, è così che fanno implodere i sistemi: provocando panico e paura. E lo fanno sia in maniera diretta, rendendo inadatte alla vita normale molte persone che si ammalano, sia attraverso un potere insidioso e subdolo: quello di creare una coltre invisibile di nuovi problemi che si aggiungono al resto. Paura di ammalarsi e di morire. Di perdere il lavoro. Ma anche l’amore. Gli amici e le relazioni. La paura del “Vaccino”. La paura dell’ignoto. Una specie di stato di complicazione che ci appesantisce e ci affatica perchè si autosostiene e si alimenta. Fino a quando il sistema non  reagisce, la paura e lo smarrimento si infiltrano nel quotidiano, con esso si scontrano, costringendoci a inventare modi nuovi  per sopravvivere e a confrontarci con temi ed eventi che collettivamente avevamo rimosso: la morte, per esempio, ma anche il rapporto conflittuale e violento che abbiamo con la natura da cui però siamo interamente dipendenti. Una natura che non ci è nè madre nè matrigna: alla natura di noi non importa nulla, ci considera animali come gli altri. E dunque, se non esiste alcun disegno ma solo equilibrio da rispettare, dovrebbe essere più semplice comprendere che i Virus non sono flagelli, ma semplicemente Virus. Creature come le altre che puntano alla sopravvivenza. Che si “Fotocopiano e si replicano soltanto per propagare il proprio genoma. Tutto ciò che i Virus si lasciano dietro è per loro del tutto irrilevante, perchè loro guardano avanti.

La salute pubblica dipende dalla collettività e non dalla individualità

Diritto alla salute e interesse collettivo | Comilva

La salute pubblica, dunque, la possiamo paragonare a una sciarpa molto lunga che mantiene caldi i nostri colli. Ognuno di noi ha questa sciarpa che non è visibile attorno al collo: se qualcuno la perde, si scopre il collo di tutti e non di quel singolo individuo.

Quando parliamo di salute, davvero “uno vale uno”, davvero siamo tutti a “contare”. Ogni azione del singolo condiziona indirettamente la vita di tutti, come è evidente quando parliamo di “immunità di gregge”.

Il quanto il coinvolgimento della collettività sia importante- anzi imprescindibile – nella tutela della salute pubblica è però una consapevolezza che stiamo maturando in questi ultimi tempi, nonostante i demenziali atteggiamenti di una sparuta accozzaglia che ignora questo principio di etica e morale.

Siamo ormai consapevoli che questa pandemia ci ha sbattuto in faccia la nostra vulnerabilità: mi piacerebbe che questo ci spingesse a comprendere la ragione per cui ci siamo potuti permettere di dimenticarlo.

Calcolate che fino a qualche decennio addietro – non secoli -la stessa Difterite uccideva, la rosolia provocava gravi invalidità o paralizzava, e ancora, il rachitismo che deformava le ossa, la tubercolosi altamente mortale. Tutti quelli che sono nati nella seconda metà del ‘900 che si sono scansati queste minacce possono considerarsi fortunati.

La scienza, con i suoi studi e progressi ci ha dotato di tecniche di diagnostica avanzate, farmaci altamente efficaci, Vaccini: ci hanno reso meno vulnerabili.

La scienza non vince per alcuni ma vince per tutti

Quando la scienza fa innamorare | Il Bo Live UniPD

Lo constatiamo, e mai come oggi ce ne rendiamo conto. Se la scienza vince è una vittoria che è per tutti: anche per chi  rema contro, come i No-Vax o  complottisti e anche per coloro che boicottano le antenne 5G. Se in questa situazione abbiamo avuto un punto di forza, io la vedo nella capacità di coordinare il lavoro scientifico come se fosse un frutto di una intelligenza collettiva, più che una somma di individualità.

Le intelligenze devono muoversi, entrare in contatto con realtà diverse, perchè solo  attraverso l’incontro con l’altro la conoscenza si espande e il progresso compie passi in avanti.

dovremmo conoscere la potenza della biodiversità.

Biodiversità - Definizione e funzionamento

Intorno agli inizi  degli anni venti  del 20° secolo vi furono alcune aziende del  Piemonte fabbricanti di pellicce che importarono dal sudAmerica un tipo di roditore chiamato “Nutria”. Roditori vegetariani nonchè  amanti dell’acqua. Questi roditori avevano una straordinaria capacità di adattamento e notevole  potenzialità riproduttive. Quando il mercato delle pellicce di nutria entrò in crisi, invece di sostenere i costi di abbattimento degli animali ancora presenti negli allevamenti, gli imprenditori decisero di metterli in libertà. Una cosa bella sicuramente. “Animali restituiti alla loro libertà”. Questo pensarono i più. Sarebbe stato meglio, però, liberare le  Nutrie nel loro ambiente, e cioè nel sudAmerica. Non fu così. In Italia, ad esempio, non era prevista dalla natura la Nutria. E così, senza predatori, ha colonizzato numerosi ambienti naturali diffondendosi in tutto il Centro e il Nord Italia. Questi roditori sono molto voraci, e tuttora sono una minaccia per i pesci e le coltivazioni, oltre che un potenziale diffusore di Leptospirosi, in quanto questi roditori sono serbatoio della leptospira che causa iuna malattia infettiva chiamata, appunto “Leptospirosi”; veicolata da questi animali all’uomo attraverso le urine o tessuti infettati o per via indiretta per contatto con acqua contaminata.

Intanto premetto che ormai abbiamo ben capito, per averlo sperimentato sulla nostra pelle cosa è possibile accadere se si mescolano specie che provengono da continenti diversi; Pangolino = Africa; Pipistrello= Foreste Asia.

Ebbene, oggi, il trovarci faccia a faccia con questo virus  nuovo, di provenienza delle foreste asiatiche e che è transitato per due animali, e questi che non dovevano trovarsi nello stesso posto , per poi diffondersi in tutto il globo terrestre, ad una velocità quasi insostenibile per l’uomo, ci costringe; volente o no, a fare i conti con quello che è il nostro ruolo sul pianeta Terra. In buona sostanza, si voglia o no, noi uomini siamo i soli come specie a possedere la capacità di comprendere i meccanismi che regolano la natura e, di conseguenza ne ha la responsabilità.

E allora ? Conoscere la biodiversità  e tutelarla deve essere un imperativo dei nostri compiti primari e per due ragioni fondamentali. Innanzitutto per proteggerci dai “pericoli” che questa biodiversità nasconde; ovverosia, per i patogeni a noi sconosciuti che albergano in tutte le specie animali, e la seconda ragione perchè la biodiversità è una ricchezza straordinaria anche in termini di soluzioni agli stessi pericoli che genera.

Calcolate  che la flora produce sostanze estremamente potenti, nocive e psicotrope( che agisce sulle funzioni psichiche ). Basti pensare all’acido Lisergico che è alla base dell’LSD, o alle foglie  di coca oppure alla Banisteriopsis caapi le cui foglie, mescolate a quelle della ” Banisteriopsis viridis”, si viene a creare un preparato psichedelico come l’Ayahuasca, infuso in uso presso i popoli amazzonici con scopi rituali.

Ma le piante, abbondano anche di sostanze benefiche e curative per noi essere umani. Da millenni assistiamo a come la farmacologia attinge da quel vivaio praticamente infinito che è la  “Natura”.