Sospira mentre chiude gli occhi, sentendo la fame ruggire nelle sue viscere, strangolando la sua volontà, fino a fargli male dentro. E pensa che lo sia forse, perché poi gli parlava di paradisi, di una terra dove non c’era né fame né sete. Da luoghi dove l’acqua scorreva in ogni casa, e non dovevi percorrere miglia per riempire una ciotola, e nei suoi racconti l’orizzonte era azzurro e verde, cullato da brezze tiepide e i bambini andavano a scuola, e sorridevano, senza La fame graffia i loro piccoli stomaci. Forse perché oggi il freddo si attacca come migliaia di spilli nel suo corpo, e le sue ossa fanno male ei suoi ricordi si confondono. E piangerei fino a farmi addormentare
A volte la sua forza viene meno, e la sua volontà viene meno, e difficilmente riesce a reprimere l’impulso di voltarsi. Butta via le promesse di una vita nell’ombra e torna al rifugio della sua casa, povero, affamato, ma casa sua. E poi vede gli occhi di sua madre, pieni di amore e preoccupazione, fino al dolore, e come spiegargli le cicatrici che attraversano il suo corpo, la paura che attraversa i confini, quella nave piena di corpi dolorosi come lui, anime spezzate, senza sogni, le mafie, i clandestini, la fame. Fasci di merce venduti a terra, sempre vigili, sempre in fuga, sempre in fuga.