Crepuscolare

lilian_harris   20 giugno 2019   4 commenti su Crepuscolare
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Ma non sei stanca di potare le rose?”, esordì sfrontato malgrado sapesse che quella era la mia vita e non me ne sarei dissociata per sentirmi meno inadeguata ai suoi occhi.

E come potrei? Guardale nella loro compiutezza e poi dimmi se le tue avventure mirabolanti non fanno di te un B-movie al cospetto dell’epicità di una rosa”.

Gli parlavo così, aulicamente e per dispetto, con malcelata ironia. Non era tipo da accettare il proprio nome in calce a una pagina ma io  sì, e coltivare rose non era un pensarsi insufficienti come credeva. Tuttavia lo amavo di un amore che necessità dell’alterità per sentirsi vivo, e si inventa la felicità.

Stasera potrei apparecchiare con un bel mazzo di rose…”.

L’esteta sei tu ma non usare quelle gialle, mi ricordano il giardino di mia madre“.

Andrea non aveva ancora preso il diploma di funambolo degli affetti  per cui, sgraziato come un adolescente alle prime grandi manovre del cuore, scegliendo me aveva escluso la madre per vecchie ruggini che uno strizzacervelli avrebbe liquidato come acidi mal secreti dal cervello e ora, con animo votato all’assolutezza, misurava il mondo separandolo in categorie che poggiavano sulla logica degli opposti, bianco o nero, sole oppure neve come se l’armonia dell’eterogeneità gli fosse stata preclusa per decreto.

Ora, che i ricordi si colorino di rimpianto o malinconia e perché no, anche di amarezza, a me importa poco; ciò che conta è la pluralità delle emozioni e se parti infinitesimali del mio cuore si sono sedimentate negli interstizi del tempo  deflagrando nell’insensatezza delle scelte, io so che la grammatica del cuore è un atto di fede contro l’illecita ingerenza della memoria.

Crepuscolareultima modifica: 2019-06-20T16:23:44+02:00da lilian_harris

4 thoughts on “Crepuscolare

  1. G.

    Sì, glielo avevo chiesto con sfrontatezza sperando che cogliesse in quello “stanca” il mio “lascia, ti aiuto” e lo avrei fatto, potando il resto delle rose, per scoprirle l’altra metà del seno. Con l’attenzione alle sue dita. Affusolate e lunghe. Quelle che, da sole, erano la sua stessa essenza. Delicate ed eleganti.
    Glissai, perché certe cose hanno la scadenza brevissima del carpe diem. Un attimo dopo, scadono nella banalità, peggio ancora se volgare.
    Non mi ha mai dato certezza, tuttavia la amavo di un amore che era necessità.
    Quella necessità, la mia, che aveva sì motivo dell’accento sulla a.

  2. lilian_harris Post author

    Se solo nella ci sforzassimo di avere una doppia chiave di lettura per le cose che lo meritano, persino il silenzio diverrebbe dialettico…e invece è spesso la presunzione a farla da padrona.

  3. G.

    In questo caso “presunzione” è già un complimento. Avrei detto “stupidità”. Me ne scuso.

  4. lilian_harris Post author

    Temo che ci sia stato un “blackout” discorsivo: intendevo dire che nella vita di tutti i giorni se ci sforzassimo di cercare una seconda chiave di lettura a tutto ciò che di importante ci accade e che sulle prime traduciamo come una calamità (con l’accento sulla a), miglioreremmo la nostra vita e quella altrui. Mi spiego meglio, se la donna del post invece di leggere come un affronto la frase “Ma non sei stanca di potare le rose?”, avesse colto tra quelle sillabe la volontà di un gesto gentile da parte di Andrea, non avrebbe liquidato la questione come una piccola aggressione.

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