La vie d’Adèle

di Adellatif Kechiche

Il film dura, per la precisione, 179 minuti, da me sofferti dal primo all’ultimo, in particolare alcuni tratti della vita di Adele (che ho sentito molto miei) come: i primi turbamenti vicino ad una compagna di scuola, la scena crudele delle amiche a scuola che l’accusano di essere lesbica e il senso di solitudine nel rapporto sentimentale che la spinge al tradimento. La struttura tecnica del film è particolare, ci sono primi piani strettissimi sulla protagonista, quasi il regista ne voglia scandagliare l’anima avvicinando, facendo penetrare lo sguardo attraverso la pelle… alla fine, devo ammettere, è soffocante, quasi viene voglia di alzarsi e allontanarsi, andare in fondo alla sala, guardare lo schermo da lontano per prendere respiro e io ero in terz’ultima fila. Kechiche fin dall’inizio indica la strada che intende percorrere (molto molto tortuosa) con la lettura in classe di ‘La vie de Marianne ‘ di Marivaux. La prima scena è, proprio, una studentessa che legge ad alta voce il romanzo “Me ne andavo con un cuore cui mancava qualcosa, senza sapere cosa fosse”, il professore incalza gli alunni domandando: “E che cosa vuol dire, che manca qualcosa nel cuore?”, si apre il dibattito a cui tutta la scolaresca, maschi e femmine, partecipa.

 La chiave di lettura sta, quindi, nell’evoluzione di un innamoramento, di un amore. Tutto il film è un punto di osservazione privilegiato di questa parabola. A prescindere dal sesso dei protagonisti, come è stato ribadito dal regista. (Riflessione: ma se i protagonisti fossero stati un ragazzo e una ragazza ci sarebbe stata una cassa di risonanza così ampia?).
 Ci si deve attenere a quella chiave di lettura anche perché se uno spettatore volesse sviluppare la storia di Adele ed Emma su un asse temporale si trova in difficoltà.
 Adele è al liceo vive con i genitori, si innamora di Emma.
 Poi per magia insegna (ma non doveva andare all’università?) e convive con Emma (i genitori sono completamente spariti, non ci è dato di sapere se Adele ha fatto coming-out ).
 Ad un tratto Adele si sente sola (per una serie di motivi comuni a tutti i rapporti affettivi omo/etero) e tradisce Emma, questa lo scopre e la butta fuori di casa.
 Passano tre anni (deduzione perché viene indicata l’età della figlia della nuova compagna di Emma) e Adele invita Emma a parlare in un bar, questa è una scena importante perché evidenzia il legame carnale delle due. Non è la prima volta che in un film che tratta di un legame lesbo viene inserita una scena di questo genere, è una scena violenta ed è un’invocazione di pietà al tempo stesso, per un amore finito e non finito, per qualcosa di irripetibile, per il chiedere di ricominciare, per il non sapere spiegare quel lacerante dolore dell’anima, ecco che nel cuore manca qualcosa e si comprende ora che cos’è.

Ci sarebbe tanto da dire, perché nelle tre ore viene toccato tutto, crisi adolescenziali, omosessualità, intolleranza, differenze di ceto sociale, le vocazioni artistiche e non, preconcetti, turbamenti, insofferenze, incoerenze, bulimia.

 Negatività:
 Non mi sono piaciuti i continui pianti, (forse perché io reagivo al dolore in maniera differente)

Sesso:
Le scene di sesso sbandierate su tutti i giornali sono molto tecniche. Nel senso che amore e passionalità sfociano nell’improvvisazione e nel gioco, qui han dato sfoggio di grande metodo, c’è il kamasustra completo, non hanno dimenticato nessuna posizione. Ho avuto la sensazione che oltre alla carnalità sbandierata dal regista c’è anche molta morbosità.

Circolarità:

La scena del colpo di fulmine quando Adele vede Emma per la prima volta. Emma ha i capelli blu. Quando l’amore finisce Emma ha i capelli normali. Adele nelle ultime scene del film indossa un abito blu, è pronta per un nuovo amore (arriverà il capitolo tre, come 1Q84 di Murakami? )

Incoerenza:

Su una rivista di cinema collocano la giovane Adele liceale alla fine degli anni novanta, eppure lei balla durante la festa del suo compleanno sulle note di I follow rivers, del 2011.

Le regole

Mi ritrovo, in questo momento, senza timore ad affidare a te i miei pensieri più reconditi, imbastiti di una fiducia che da tanto tempo non dono più a nessuno, perennemente preoccupata a guardarmi le spalle per non essere ferita e umiliata.

Kafka scriveva “Amore è il fatto che sei per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso”.

voglio che tu sia per me il coltello. Ti prometto che non mi nasconderò, perché voglio che tu mi conosca nella mia nudità dell’anima, nei miei piccoli calcoli e nelle mie ansie meschine, nella mia stupidità, nelle mie vergogne e nella mia infamia. Ti stupisci? In me c’è anche infamia. Anche lei riflette luce da questa pagina bianca, tanto quanto il mio orgoglio.

Come mi hai chiesto, fin dal nostro primo incontro, il mio segreto sarà il tuo segreto e, nella reciprocità lo conserverò come il bene più prezioso. Ti prometto che non ci saranno mai intromissioni esterne. Avrò cura di raccontarti i miei dubbi, le mie perplessità e tutte le problematiche che nasceranno, saranno tante, ma tu, già lo so, avrai la serenità di ascoltare.

Lasceremo il passato alla sua lontananza e non parleremo mai di futuro, la nostra sarà una non-progettualità, per non assoggettare il presente ad inutili castrazioni. Nel fluire dei nostri incontri aboliremo gli avverbi di tempo e coglieremo gli attimi, che la nostra storia ci concederà, creandoci un personalissimo carpe-diem.

Mitigheremo i sentimenti del cuore, soprattutto quelli della gelosia e della vendetta, lasceremo libere tutte le sensazioni e di quelle migliori ne prenderemo buona nota per non dimenticarle. Nella magia dei nostri momenti aggiungeremo in proporzioni corrette ragione e sentimento, creando il migliore equilibrio per non eccedere mai nell’una e nell’altro.

Colmeremo le mancanze e i vuoti leggendo insieme le pagine di un libro o ascoltando le parole di una canzone. Organizzeremo in un mix, discorsi banali e forbiti per non scadere nella monotonia. Vivremo di piccole cose che nella vita di tutto i giorni passano inosservate e che invece ci stupiranno per la semplicità.

Ci saranno telefonate e  messaggi solo per la voglia di sentirsi e non saranno mai abitudini che arricchiscono solo di mediocrità e diventano soffocanti, sfociando unicamente in un controllo metodico. Non daremo giustificazioni ossessive ai nostri silenzi, perché è solo nel silenzio che una persona raccoglie le forze per andare avanti. Di fronte alla mia impazienza mi rammenterai che la pazienza è la virtù dei forti.

Manterremo sempre la giusta distanza dalle nostre vite e dai nostri lavori. Rispetteremo le idee, sopporteremo i difetti, addolciremo i cambi d’umore. Non ci saranno prevaricazioni e lasceremo ai dittatori le imposizioni. Ci scambieremo opinioni anche le più brutte e per il dibattito troveremo una zona franca che vada bene ad entrambe.

In quello che ci daremo non entreranno gelosie e invidie. Il tempo che ci dedicheremo per stare insieme sarà solo nostro. Faremo l’amore o faremo sesso e sarà sempre un piacere lento, mi perderò nei tuoi capelli senza vergogne, senza il timore di mostrarmi vulnerabile e avrò l’illusione che tu sia mia ogni volta che ti procurerò piacere.

Se e quando arriverà un termine e io avrò paura tu ci sarai a farmi coraggio e non giudicherai il mio essere pavida davanti alle porte dell’inferno. 

La sconosciuta

La sconosciuta
Frammenti di conversazione arrivano al cervello senza soffermarsi poi una frase mi riporta alla realtà
– quando vado al cinema ho bisogno di rilassarmi, scelgo film che facciano ridere …
Poco lontano Vittorio Emanuele II sul suo cavallo ci osserva dal centro della piazza. Ruoto sul tavolino l’aperitivo che mi è stato offerto. E ascolto la ragazza dai capelli neri che mi siede di fronte. La osservo, credo abbia venticinque anni, ben truccata, ha un giubbotto rosso che lascia uscire il bordo della maglia di un rosso di un’altra tonalità. Fa le serali, vuole prendere il diploma, mi racconta di un locale in cui fanno cabaret … dell’ultimo dell’anno che non si è divertita … di un viaggio programmato e mai fatto … La donna che ci ha presentato si è allontanata un attimo. La stiamo aspettando e la ragazza continua a parlare, mentre io annuisco a tutto quello che dice
– quando vado al cinema ho bisogno di rilassarmi, scelgo film che facciano ridere, che siano divertenti, tipo vacanze di natale … tipo quello …almeno lì non voglio pensare.
poi prende coraggio e mi chiede.
– e a te che film piacciono?
Mi alzo il bavero del cappotto, faccio scorrere lo sguardo sulle altre poche persone sedute come noi ad un tavolino all’aperto in pieno inverno davanti ad un aperitivo ghiacciato …
– Quando vado al cinema ho bisogno di pensare, ho l’estremo bisogno di essere parte integrante delle immagini, e alla fine della proiezione qualcosa del film deve venire via con me deve entrare nella mia vita e non abbandonarla mai più.
La ragazza posiziona tra le labbra una sigaretta, cerca l’accendino, lo fa scoccare e aspira…
– tu non fumi. Non mi sembri il tipo.
mi metto a ridere e le rispondo:
– Fumavo. Fumavo due pacchetti. Anche se sembro un tipo iper-salutista.
– Come hai fatto a smettere?
– Per un anno ho tenuto sigarette e accendino nella borsa, la tentazione sempre a portata di mano, e non ho più fumato.
– Che resistenza…
– Già
Guardo l’ora, si sta facendo tardi. Lei incalza…
– l’ultimo film che hai visto?
Ne scelgo uno in fretta
– La sconosciuta di Tornatore
Lei mi guarda … cerco di aiutarla
– Lo stesso di nuovo cinema paradiso, una pura formalità, la leggenda del pianista sull’oceano, l’uomo delle stelle … di …
continua a guardarmi, le sorrido
– ti piacciono i gialli?
annuisce
– questo è un giallo, con scene a volte brutali, racconta di una ragazza ucraina che arriva in una città del nord, è ossessionata da un solo pensiero recuperare l’unica cosa buona di un passato di prostituzione, sfruttamento, violenza e omicidi di cui si è liberata con la forza. Il suo scopo è complicato dal ritorno prepotente del passato e di tutti i misteri che ne hanno fatto parte e che lentamente si chiariscono… la protagonista è un’attrice russa di una bellezza particolare, non travolge lo schermo, ‘è una presenza che non c’è’, una sensibilità leggera, impalpabile … che corre via in ogni immagine.
rimane dubbiosa e mi chiede
– qual è l’unica cosa buona del suo passato?
mi sto alzando.
– per saperlo devi guardare il film …
si lamenta
– ma così non vale
– non abbiamo fissato regole e per me è tempo di andare
– ci rivedremo?
la bugia è sulle mie labbra
– certamente, mi devi dire se il film ti è piaciuto

Infedele

Nelle mie letture web spesso mi fermo a visitare un blog, un appuntamento quasi quotidiano, “quasi” perché lei nei fine settimana non scrive. Il suo è un diario puntiglioso di quello che fa, di quello che non fa … proprio la tipologia che piace tanto ai “visitatori”, perché i gentili utenti stazionano soprattutto su blog che mettono on line il “quotidiano”, è un po’ come spiare il vicino dalla finestra senza esser visti, bello soddisfare la morbosa curiosità con la vita degli altri. Scrive bene la signora, che è single e (quasi) mia conterranea, inserisce nei suoi post la giusta ironia, la corretta tempistica nel non svelare i propri reconditi segreti. Atteggiamento comprensibile, dato che si presenta con la sua faccia, anche se sicuramente come tipo è una che non teme niente e nessuno, non te le manda a dire, te le dice. Una di quelle decise, quelle che sanno calibrare anche le debolezze perché nella buona riuscita di un blog ci vuole un po’ di  tutto: il saper raccontare aneddoti, il dare pareri su ogni argomento, fare battute divertenti e, non dimentichiamo, il sesso. E’ scontato, il post sul sesso aumenta l’audience in maniera esponenziale. Quindi la signora un bel dì ha pubblicato il resoconto di una sua avventura. Con grazia ha lasciato intuire che fosse una conoscenza di natura virtuale che si concretizzava nel reale. Parole leggere e tutto il resto lasciato libero di materializzarsi nell’immaginazione di noi lettori.

Ecco, quello che mi ha fatto sorridere non è il racconto dell’avventura (che, buon per lei, è stata, a quanto pare, bella e appagante) ma uno dei commenti, inserito a chiosa, di un gentile utente uomo che, con un pizzico di nostalgia, ha fatto notare che si fan cene romantiche sempre uguali, e per smaltirle l’attività seguente è sempre la stessa di diverso c’è solo il protagonista. Al commento non sono seguite repliche. Questi sono un po’ gli inconvenienti di un blog messo a disposizione di amici, parenti, ex amici, ex fidanzati, ex fidanzate (incarognite)

Il mio precedente blog era impostato in un modo diverso, era un susseguirsi di minuziose descrizioni dei miei incontri, non particolari scabrosi, ma le situazioni che si andavano a creare, le sensazioni che provavo, molto spesso il mio disagio. Sezionavo le mie donne e me stessa alla ricerca di quel qualcosa che mi sfuggiva e che non funzionava. Una di queste mie “frequentate”, quella con cui ho trascorso più tempo, nell’usare il mio portatile ha scoperto l’esistenza dello Sheltering. Nulla di male se nell’intreccio degli incontri non trapelasse l’assoluta irrilevanza che ha per me la fedeltà e la naturale omissione di tale irrilevanza che adotto nel condurre ogni mia “storiella”. La scoperta della mia propensione all’infedeltà ha, inevitabilmente, portato ad una serie di conseguenze che i “gentili utenti” definirebbero “giusta pena” ma che io ho liquidato come “solenne scocciatura”. Non sono fedele, il motivo? Predisposizione o perché ho incontrato donne che non sapevano amare, intrise nell’anima solo del loro egoismo, eppure le prime parole che mi hanno detto sono sempre state ” ti amo “. L’unica condivisione non erano sentimenti reali ma la convinzione di amare, se poi si indaga con accuratezza era, in definitiva, il bisogno di spartirsi un po’ di piacere.

A quelle due paroline in fila non ho mai dato importanza, ascoltavo senza cogliere, e nei loro occhi scorgevo delusione di quel “anch’io” inespresso. Con franchezza posso dire che non ho amato nessuna di loro, forse per incapacità o per rispetto al sentimento che non mi andava di mischiare con la necessità, perché si trattava solo di un bisogno di entrambe da realizzare in quel momento. Non vi è mai stata progettualità per un futuro, le situazioni contingenti non lo permettevano e sarebbe stato troppo gravoso per tutte e due cambiarle. L’amore implica un cambiamento, desiderato e condiviso. In me questa necessità non si è mai manifestata, non ho mai avuto voglia di cambiare la mia vita per una donna e la depositaria del cambiamento egoisticamente non avrebbe modificato nulla di se. Ho preferito frequentazioni, e nel frequentare e conoscere l’interesse si consuma rapido, terminando in fretta ed io mi ritrovo già altrove.

… e poi tradire

Tradire. La parola nasce nell’andare più che nell’inganno. Deriva dal latino “tradere” e porta con sè il significato di “consegnare”. Tradire, in sostanza, significa tradire una consegna, cioè un ordine, un sistema precedente, in nome di una nuova consegna, di un nuovo ordine, di un nuovo sistema. Esso sancisce dunque il dramma del passaggio dal vecchio al nuovo.Quindi, per assurdo, esco dall’insopportabile staticità, ma per finire dove? E questo percepire l’immobilità non sarà una spinta ad un ripetuto continuo tradire? E per contro, la volontà di andare non lascia il tradito, invece, nel deserto dell’esclusione, che è mortale, negativa, opposta alla necessità universale del cambiamento? Come se io mi salvassi mentre c’è chi si perde. Anzi, proprio perché c’è qualcuno che si perde.
I francesi usano tradire anche per svelare, rivelare, scoprire. Lo diciamo anche noi italiani: tradire l’emozione, tradire il proprio sentimento. Oggi ha sempre triste contenuto e pone il suo significato principalmente nel “usar frode contro colui che si fida”.
Quando si consuma il primo tradimento? Alla nascita, senza dubbio. Ma grazie a quel tradimento ho imparato chi sono… ciò che è vive di ciò che non è. C’è il sentimento della ‘necessità’ che guida il continuo tradire: Galilei tradì il dettato teologico per la scienza; Ulisse la sua Itaca per l’andare oltre; il più eclatante, Giuda tradì Gesù consentendo la salvezza degli uomini; così il tradimento permette un nuovo ordine, un nuovo sistema. Dalla consumazione del primo tradimento, quello della nascita, ogni altro tradimento appare una necessità che ubbidisce a leggi che misteriosamente ci governano.

Chi tradisce assume su di sé una carica negativa, e la distruzione del vecchio ordine esistente non prevede una rinascita se non a senso unico; chi tradisce ha una sua strategia relazionale in cui la vittima è sempre la persona cui è, o è stato, legato dall’amore o dall’amicizia, o dalla consuetudine. Dunque in questo dramma il dolore non è mai simmetrico nè contemporaneo nelle due parti in causa. Vi sono aspetti interessanti: io tradisco per andarmene, io tradisco per essere perdonata; io tradisco perché la relazione che ho con la persona tradita assuma un grado di superiore consapevolezza.
Questo vuol dire che mentre l’abbracciavo e la baciavo sentivo di amarla come nessun’altra… ma fino a quando? Finchè non avrei pensato le stesse cose di un’altra? Ma allora dovrà essere sempre così? Ogni volto di donna (o uomo) non è che una parte di un grande volto che nel corso della vita vado componendo? Le variabili in realtà sono moltissime.
Se poi si analizza la situazione dalla parte del tradito, ci si rende conto che il traditore ci costringe a fare i conti con noi stessi, a buttar giù i nostri pregiudizi, ci lascia nudi e morti, e possiamo rinascere di nuovo ricercando, reinterrogandoci su cosa è l’amore, sul punto a cui siamo giunti. Ci restituisce alla nostra povertà, ci spoglia di tutto anche del nostro amore di noi stessi. Ci costringe a riesaminare tutta la nostra esistenza.

2046 – Un futuro passato

Ricevo il seguente sms: “ ritarderò “. Rispondo chiedendo: “ di quanti minuti ?”. Leggo un numero spaventoso: “120 minuti”. Il nostro è un gioco a incastro, un minuzioso puzzle fatto di famiglia, lavoro, amici, casa, impegni … e nelle ultime tessere, solo nelle ultime tessere, ecco, ci siamo noi due … Compongo il numero e attendo la sua voce e le chiedo:” cosa faccio in queste due ore?” risposta: “hai svariate possibilità: pulire casa, lavare, stirare… “ “non hai altri suggerimenti??” “leggi un libro … anzi no guarda un film, hai la casa piena di film, dici di non aver mai tempo approfitta del mio ritardo… …”
La conversazione si chiude per poi riaprirsi due ore e mezza dopo (ore 15.30) in un pomeriggio spazzato dal vento davanti ad un piatto di spaghetti allo scoglio (per me) e un marocchino con panna e cacao (per lei).
– che film hai visto?
– 2046 di wong kar wai
– Bello?
– Bellino
– Di cosa parla?
– Di noi
– Di noi?
– Di noi e del rimpianto che avremo quando la nostra storia sarà finita.
– È appena iniziata e vuoi già farla finire …
– penso al futuro …
– concentriamoci sul presente
– Nel film o si ricorda il passato o si scrive di futuro ma in funzione dei ricordi del passato. “I ricordi sono sempre bagnati di lacrime”. Poi ci sono lettere segrete passate attraverso il muro. Soprattutto ci sono segreti che non vengono rivelati. Un tempo, quando volevi che nessuno sapesse il tuo segreto, andavi in un bosco, facevi un buco in un albero e ci sussurravi dentro il tuo segreto, richiudendo poi tutto con del fango… sigillato, in questo modo, per l’eternità
– funzionava ?
– Per le orecchie di re Mida non ha funzionato …
(ride) –  non era un tronco …
– però era un segreto …
– “i ricordi sono sempre bagnati di lacrime” una bella frase
– sì, è molto bello l’inizio quando il protagonista racconta “ho amato una donna … ma lei mi ha lasciato … da allora non riesco a smettere di chiedermi se mi abbia mai amato… la risposta è un segreto che neppure un viaggio nel 2046 è riuscito a svelare” Anch’io ho amato una donna ma sapevo benissimo che lei non mi amava e non mi avrebbe amato mai. Così, invece di pensare di andare a ritrovare i ricordi perduti “nel 2046” in una continua recriminazione di un passato che non tornerà più, ho voltato pagina, ho dimenticato.
(ride, lei ride sempre) – pensi di vivere fino al 2046?
– Ci arriviamo comodamente. Tu non sai ma nel 2046 non cambia nulla, nulla si modifica, perché l’amore continua ad esistere, a far soffrire, per ragioni che possono sembrare differenti ma sono sempre uguali. Le pene dell’amore sono immutabili in ogni epoca. E si percorre il futuro su un treno per raggiungere il punto esatto dove si incontrano i propri ricordi, dove androidi, future hostess, hanno emozioni sfalsate, ritardate. In pratica non ci si incontra mai nel momento giusto … siamo o in anticipo o in ritardo …
– e noi due come siamo?
– per il momento tu hai un ritardo di due ore … ma penso che ci possiamo riallineare dopo …
(ride) – il film ti ha preso …
– è curato in maniera maniacale ad esempio il posacenere che viene inquadrato è uno spaccato degli anni sessanta e a me piacciono i dettagli insignificanti. Ma ci sono troppe metafore, troppi doppi fondi, troppi rimpianti, troppe sigarette …non è il mio modo di pensare, non mi guardo mai indietro ciò che è andato è andato non tornerà più.

Le donne non sanno baciare

– Ti ha concesso un bacio? Tutta la giornata passata insieme e ti ha dato un bacio? ma tu che cosa le hai detto?
– (alzata di spalle)
– a te va bene?
– Meglio di niente… tu come stai?
– … non lo so … a volte bene … a volte male … che sarà poi un bacio?
– … un apostrofo rosa tra le parole t’amo…
– Scontato
– … un segreto detto sulla bocca …
– Banale … hai di meglio?
– … una confessione che si vuole sigillare …
– Non rendi come Cyrano … Sa baciare?
– A me piace come bacia
– sarà, ma è poco un bacio in tutta la giornata…
– e tu come baci?
– non so baciare
– (ride) hai fame?
– ….ho voglia di cous cous…
– cous cous?
– non l’ho mai mangiato ma ne ho voglia. A me non piacciono i piatti etnici. Ma da quando se ne è andata ho voglia di mangiare quella roba  …

Me lo devi perdonare è tardi e sono un po’ stanca, amareggiata quel pizzico e un po’ nostalgica, il tutto miscelato da una brutta sensazione, te lo posso assicurare, che lascia un retrogusto amaro al palato.
Mi aveva detto “soffrirai” … quella persona aveva ragione. In maniera scontata credo che il rapporto tra due donne sia speciale, ti travolge la testa, ti spacca il cuore e ti toglie il respiro… e non concede scampo.
Ricordo quel periodo, non troppo lontano, della mia vita: lei  il primo pensiero, un chiodo che penetra nel cervello tutto il giorno, fino a quando la sera diventa l’ultimo prima di chiudere gli occhi e dormire., ma non è che se ne va pur di rimanere si accontenta di popolare gli interstizi della mente e di interpretare parti persino oscene di incubi senza senso per rimanere lì, lì con me.
Ricordo gli attimi di lucidità giornaliera, il ragionamento effettuato sempre in funzione del tempo che ci divide dall’ultimo incontro e dal prossimo, la vita, gli impegni, vengono scanditi dagli appuntamenti, dall’assaporare il momento di quando la vedrò

toccherò
amerò
Ricordo la necessità di averla, diventare una dipendenza assoluta, di starle addosso sempre per sempre e di costruirci intorno il castello che tanto piace.
Vederla curiosa delle scatolette che porto, leggerle il contrasto sul suo volto per il desiderio di aprirle e l’ansia di aspettare. Inventare un rituale solo nostro un alfabeto in codice storie raccontate che si susseguono con i personaggi più strani. Diventare uno scantanburlo che inventa per la voglia pazza ed infinita di sentirla ridere.
Gira il mondo perché lei gira con me e lo penso mentre l’aspetto con un fiore dietro la schiena ed avrà i soliti petali da staccare e l’ultimo sarà solo per lei perché li ho contati prima e so chi deve iniziare.
Gira il mondo perché lei gira con me in un passo di danza appena accennato per quel bacio rubato sul lago che tanto amo e che ama pure lei.
Focalizzo solo attimi e sensazioni, scremo il resto perché non riesco a immagazzinarlo. E’ quello che voglio e diventa unico e indimenticabile in fondo l’amore è questo amare la persona che incarna quel sospirato desiderio d’amore.

Il mondo rallenta all’improvviso, fino a fermarsi di colpo.
Nessun rumore solo silenzio. Un silenzio soffocante, intollerabile, odioso.
Colleziono corpi come un serial killer fino alla nausea per lenire il dolore.
Riesamino all’infinito le motivazioni dell’abbandono.
Mi colpevolizzo e mi assolvo.
Riesco ad essere giudice carnefice e prete per me stessa.

Ora assisto alla fine di storie. Raccontate in un batter di ciglia e nello scorrere di lacrime asciutte. Le amiche mi consegnano un cuore rotto ed io consolo il dolore … racconto loro che passerà e sarà solo un lontano ricordo … racconto che ameranno ancora con un’intensità maggiore … che nulla è perduto e che tutto è modificato …
mi chiedono come io faccia ad avere sempre la parola giusta
nessuno lo sa
vorrei che qualcuno consolasse il mio di dolore.
E sono qui a distanza di tempo con la voglia di cous cous senza averlo mai mangiato
solo perché lei ora lo mangia con il nuovo  amore
recriminazioni, le mie sono solo recriminazioni
Tutto brucia come un tatuaggio rovente sulla pelle
Non era una storia ma uno spot pubblicitario.
Non era una relazione ma la sceneggiatura del mio racconto.
Non era amore ma la proiezione del mio smisurato ego su un muro bianco

Gira il mondo, il mondo gira lo stesso, ed io ogni mattina mi alzo, lavoro e aspetto la sera per tornarmene a dormire
Gira il mondo, il mondo gira lo stesso, ed i miei sogni sono sempre più complicati e difficili da ricordare.
litigo con il muratore, con l’idraulico e penso che un miracolo di dio sia meno invasivo del mio piastrellista.
Incamero rabbia che diventerà corazza verso tutto il creato che mi circonda rendendomi insofferente indolente indifferente insensibile più di quanto non lo sia già.
cammino per strada facendo ben attenzione a non perdermi come sarebbe mio estremo desiderio.
Perdermi in una realtà parallela, perdermi in una bolla d’aria, perdermi in qualcosa che non esiste per non tornare mai più. Mai più.

Apro la scatola del cous cous precotto seguo le istruzioni nel dettaglio, eccolo preparato assaggiato e appoggiato sul davanzale sono sicura che qualche uccello si fermerà a mangiarlo … anche un topo potrà andar bene io tanto sarò lontana, molto lontana.