Le regole

Mi ritrovo, in questo momento, senza timore ad affidare a te i miei pensieri più reconditi, imbastiti di una fiducia che da tanto tempo non dono più a nessuno, perennemente preoccupata a guardarmi le spalle per non essere ferita e umiliata.

Kafka scriveva “Amore è il fatto che sei per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso”.

voglio che tu sia per me il coltello. Ti prometto che non mi nasconderò, perché voglio che tu mi conosca nella mia nudità dell’anima, nei miei piccoli calcoli e nelle mie ansie meschine, nella mia stupidità, nelle mie vergogne e nella mia infamia. Ti stupisci? In me c’è anche infamia. Anche lei riflette luce da questa pagina bianca, tanto quanto il mio orgoglio.

Come mi hai chiesto, fin dal nostro primo incontro, il mio segreto sarà il tuo segreto e, nella reciprocità lo conserverò come il bene più prezioso. Ti prometto che non ci saranno mai intromissioni esterne. Avrò cura di raccontarti i miei dubbi, le mie perplessità e tutte le problematiche che nasceranno, saranno tante, ma tu, già lo so, avrai la serenità di ascoltare.

Lasceremo il passato alla sua lontananza e non parleremo mai di futuro, la nostra sarà una non-progettualità, per non assoggettare il presente ad inutili castrazioni. Nel fluire dei nostri incontri aboliremo gli avverbi di tempo e coglieremo gli attimi, che la nostra storia ci concederà, creandoci un personalissimo carpe-diem.

Mitigheremo i sentimenti del cuore, soprattutto quelli della gelosia e della vendetta, lasceremo libere tutte le sensazioni e di quelle migliori ne prenderemo buona nota per non dimenticarle. Nella magia dei nostri momenti aggiungeremo in proporzioni corrette ragione e sentimento, creando il migliore equilibrio per non eccedere mai nell’una e nell’altro.

Colmeremo le mancanze e i vuoti leggendo insieme le pagine di un libro o ascoltando le parole di una canzone. Organizzeremo in un mix, discorsi banali e forbiti per non scadere nella monotonia. Vivremo di piccole cose che nella vita di tutto i giorni passano inosservate e che invece ci stupiranno per la semplicità.

Ci saranno telefonate e  messaggi solo per la voglia di sentirsi e non saranno mai abitudini che arricchiscono solo di mediocrità e diventano soffocanti, sfociando unicamente in un controllo metodico. Non daremo giustificazioni ossessive ai nostri silenzi, perché è solo nel silenzio che una persona raccoglie le forze per andare avanti. Di fronte alla mia impazienza mi rammenterai che la pazienza è la virtù dei forti.

Manterremo sempre la giusta distanza dalle nostre vite e dai nostri lavori. Rispetteremo le idee, sopporteremo i difetti, addolciremo i cambi d’umore. Non ci saranno prevaricazioni e lasceremo ai dittatori le imposizioni. Ci scambieremo opinioni anche le più brutte e per il dibattito troveremo una zona franca che vada bene ad entrambe.

In quello che ci daremo non entreranno gelosie e invidie. Il tempo che ci dedicheremo per stare insieme sarà solo nostro. Faremo l’amore o faremo sesso e sarà sempre un piacere lento, mi perderò nei tuoi capelli senza vergogne, senza il timore di mostrarmi vulnerabile e avrò l’illusione che tu sia mia ogni volta che ti procurerò piacere.

Se e quando arriverà un termine e io avrò paura tu ci sarai a farmi coraggio e non giudicherai il mio essere pavida davanti alle porte dell’inferno. 

Elisa

Amatemi

“Mi chiedo se forse la tua intenzione non sia quella di “fare il pieno” di me sino a raggiungere le saturazione – e infine la famosa noia – che ti farà dire finalmente basta con le donne”. (lettera di Elisa)

Devo dire che prima di incontrarti il mio livello di saturazione aveva raggiunto il punto massimo. Ero disgustata dai miei contatti virtuali. Mi ero convinta che in queste stanze non-reali si annidassero solo pazze furiose, dal livello cerebrale inesistente, mi spiace, ma è proprio quello che penso ancora adesso mentre scrivo.
Poi mi sei capitata tu … Come spesso accade quando meno te lo aspetti ti arriva addosso la sorpresa inaspettata, e ho pensato subito che era necessario approfondire anche solo per scambiare delle opinioni, per fare quattro chiacchiere, volevo vedere i tuoi lavori, le tue sculture, ero curiosa di scoprirti.
Sono ancora adesso curiosa di scoprirti e vorrei che questo continuasse fin dove possibile, fino a quando me ne darai la possibilità. Come ripeto sempre a tutti, nel bene e nel male, non si finisce mai di conoscere una persona. La noia subentra quando i rapporti vanno alla deriva, quando non sono più stimolati, quando ci si adagia sulle abitudini, quando non si ha più la sensibilità di ascoltare.
Nel film che ti ho regalato “Amatemi”, la protagonista scopre solo dopo essere stata lasciata di aver dato per scontato troppo nel suo rapporto, si accorge “dopo” cosa vuol dire porre attenzione verso l´altro. Si rende conto di non aver ascoltato. La sua relazione sicuramente si sarebbe esaurita lo stesso ma in modo diverso, con un dolore e una consapevolezza diversa. Nel ritrovarsi da sola, acquista una nuova coscienza di sé, che forse ai molti può dare la sensazione di buttarsi via, ma è invece un nuovo percorso, l’elaborazione del dolore. Il cambio successivo di sensibilità ha un risalto immediato, ad esempio, nel suo lavoro, quando parla direttamente ai clienti, quando interagisce con loro. In ogni suo rapporto, occasionale o meno, concede la propria attenzione al partner, in quel momento è sua completamente, fino ad arrivare ad un nuovo innamoramento cercato e vissuto giorno per giorno.

Queste le parole finali della protagonista nel film:

Io non credo che alla fine della mia vita voglio contare il numero delle persone che ho incontrato, quante volte ne è valsa la pena, se era meglio lasciar perdere oppure se non era più giusto continuare.
Io voglio sapere se ho amato abbastanza e se sono stata amata abbastanza.
Nient’altro.
Né tradimenti, né verità, né menzogne.
Solo contare il numero di giorni in cui il mio amore per qualcuno coincide con l’amore che qualcuno ha per me.
Tutte le sere in cui potrò andare a dormire con questa certezza, potrò mettere quella giornata tra le cose buone e potrò misurare il giorno successivo dal senso che prenderà la mia vita, come si rifletterà su tutto il resto della mia esistenza e su tutte le cose che faccio.

Ho conosciuto Elisa nel 2008, molto più giovane di me, studi d’arte, scultrice, disordinata, lesbica e, a completamento descrizione, squattrinata. E’ stata una delle frequentazioni più lunghe, otto mesi, sicuramente interessante dal punto di vista culturale, molto meno appagante per quanto riguarda la sfera sessuale. Non so perché ma mi prendeva poco, anche se abbiamo avuto un’attività frenetica. Ma ho sempre trovato più divertenti le nostre visite a mostre e musei, il nostro parlare d’arte, alcuni film visti insieme.
La frequentazione è terminata, scaduta come un vasetto di marmellata costato un po’ caro: io l’ho tradita (nel solito mio momento di noia), lei successivamente ha iniziato una nuova frequentazione dimenticandosi di avvisarmi. Non mi sono assolutamente offesa.

The love letter

LA LETTERA D’AMORE – 1999 (film)
 
Ti confesso cara che ogni volta che sento il bisogno di fare un pò di moto mi sdraio sul letto finché non mi passa
– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –
Tesoro, tu sai come ho fatto ad innamorarmi di te?
Ho inciampato
Ho barcollato
Ho perso l’equilibrio
Mi sono sbucciato il ginocchio
Il cuore
Vado a fuoco
Non un muscolo si è mosso
L’aria è ferma
Le foglie sono immobili, non c’è brezza
Ho cominciato ad amarti senza fare un sol passo
Tu non vai bene per me e lo so
Ma non faccio più caso ai miei pensieri
Se non sono rivolti a te
So che ti amo quando ti vedo
Lo so quando ho voglia di vederti
Quando sono accanto a te sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia, anche se non è vero
Qualche volta guardo altrove
Poi ti guardo di nuovo
Quando mi allaccio le scarpe
Quando sbuccio un’arancia
Quando guido la macchina
Quando vado a letto ogni sera senza di te
Io appartengo a te

Una sera al lago

Ogni mattina un cayenne mi supera mentre vado al lavoro. È sempre lo stesso ma non so chi è il proprietario, abita, per certo, in paese. Tutte le mattine alle otto meno un quarto lo vedo arrivare nello specchietto retrovisore, mettere la freccia e superarmi, nero, lucido, grosso. Ogni mattina penso che lui ha il cayenne con il turbo multiaccessoriato, il cui costo di un pneumatico equivale al prezzo di tutta la mia autovettura, antenna compresa. Ogni mattina sento lo spostamento d’aria quando mi passa al fianco e si dilegua all’orizzonte. Ogni mattina penso che lui ha un’auto di lusso costosa e che io invece c’ho un blog di scarico del tutto gratuito. Vuoi mettere il mio blog con il suo cayenne nero e cromato … non c’è paragone…

Ci sono situazioni che sarebbe meglio non raccontare mai anche se si ha un posto dove mettere i pensieri, dove ragionarci. Sarebbe meglio evitare perché il silenzio, invece del racconto, è quanto di meglio una persona, in certe occasioni, possa offrire. Ma poi non si ha la capacità di starsene zitti e così si comincia a raccontare di una sera nata strana, di me che giro a vuoto in una stanza all’affannosa ricerca di qualcosa che pensavo di avere e che invece non trovo.
La donna che è con me parla a ruota libera seduta al centro del letto, il suo discorso mi arriva a pezzetti distratta, come sono, dal mio cercare quello che non trovo.
“Perché tu mi sai capire”, dice, … capire, cosa vuol dire perché io so capire? Che cosa so capire? …
“Perché posso chiederti” … chiedere, sempre a chiedere consigli, possibile che non si possano avere idee proprie? Soluzioni proprie? Occorre sempre chiedere ad un altro, ad una terza persona, ad una quarta …
“Perché io credo …”, la interrompo,
“shhhhhhhh hai sentito ?”, le chiedo,
“… no”, mi risponde,
cerca di captare quel qualcosa, ma poi riprende a parlare e io di nuovo a fermarla…
“Ascolta. hai sentito?”
.”Non sento niente…” mi guarda
“Proprio non hai sentito niente?”
“Forse proviene dal piano di sopra…”
Riprendo a cercare quella cosa che ero sicura di avere, mentre lei riannoda i fili del discorso fino a quando, fino a quando accade.
Solo nelle pagine di “Novecento” c’è la spiegazione di quello che può accadere ad un tratto, così all’improvviso. Ci sono cose, dolori, sensazioni, dacci il nome che vuoi, che solo quelle pagine sanno rendere al meglio, come quando racconta dei quadri …
“A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro ad un certo punto, cadono giù come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, vengono giù. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Cos’è che succede ad un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’ anima anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo con il quadro, erano incerti sul da farsi ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, frann, caduto. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio…”
Quando sei in una stanza con una donna seduta nel mezzo del letto e pensi che sia la cosa più terribile di questa terra. Quella stessa persona con cui hai provato prima freddo poi caldo e ti sembra la cosa più spaventosa di questa terra.
Mentre penso questo mi viene in mente di quando andavo a giocare da una mia compagna di scuola, lei apriva di poco la camera da letto di sua madre, e mi preparava a vedere la cosa che, secondo lei, era la più bella del mondo. Indicava, raccomandandosi di stare a debita distanza, l’enorme bambola seduta al centro del letto matrimoniale. Indossava un vestito bianco con una marea di tulle ben sistemate e da cui uscivano piedini infilati in scarpette di vernice bianca, in testa aveva un cappello a larghe tese e le braccia nude un po’ piegate. La mia amica estasiata mi raccontava che sua madre gliela avrebbe affidata solo tra qualche anno, quando sarebbe stata più grande, più responsabile. sospirava e mi chiedeva se mi piaceva e quando quel giorno sarebbe arrivato me l’avrebbe fatta toccare. Non le ho mai detto di quanto mi facesse schifo quell’enorme bambola sistemata al centro del letto. Non l’avrei toccata per tutto l’oro del mondo. quella montagna di stoffa immobile, statica, con occhio fisso, era orribile. Mi limitavo a guardare senza dire una parola aspettando di andarmene. Mia madre mi aveva insegnato che non si devono turbare le persone con inutili commenti e quello era un inutile commento. Avrei disprezzato qualcosa che la mia amica smaniava di possedere, di toccare, il suo oggetto, a me oscuro, del desiderio. La donna al centro del letto ora è silenziosa, mi guarda e non sa che pesci pigliare, non sa che cosa fare con una che piange. Che ricorda e piange.
Io ricordo e piango, non me ne accorgo neppure di quanto grosse sono le mie lacrime, so solo che il dolore è immenso così grande che mi si spezza il cuore. cadono le mie lacrime all’improvviso sul pavimento come un quadro senza che ce ne sia motivo. Perché proprio in quell’istante? Cos’è che succede ad un cuore per farlo decidere che non ne può più? Ne ha parlato tutte le sere con i canali lacrimali a mia insaputa? Si sono messi d’accordo per una notte di maggio in un posto che se fai silenzio, se sai ascoltare, senti il rumore del lago. per anni non hanno detto niente non si sono mai lamentati poi all’improvviso, scendono lacrime come un rubinetto aperto e non c’è modo o maniera di fermarle e non c’è modo o maniera di non sentire dolore. È una di quelle cose che non dipende da me e neppure da lei che non sa cosa fare. Non capisce. È una di quelle cose che è meglio non ripensarle per non uscirne matta.

Eliana

Un sabato sera di parecchi anni fa, nella buia provincia, nella mia sala preferita offrivano due film e la scelta è caduta su ‘Il mondo di Arthur Newman’. Film brutto, di un brutto stratosferico, mal riuscito e slegato. In alcuni momenti mi sono persa. Non credevo si potesse girare qualcosa di così orrendo, c’è un po’ di ‘Il fu Mattia Pascal’ e qualcosa, forse, di ‘Ferro 3’, ma il tutto è molto confuso.
Non me ne rammarico, in fondo, non leggendo mai una trama, una recensione, un commento mi può capitare (spesso) di vedere schifezze. Io non sono una ‘cinefila’, dimentico immancabilmente titoli, registi e non riconosco attori e attrici, ma non me ne sono mai fatta un problema.
Devo, però. salvare, di tutto questo film orribile, la schiena nuda e il posteriore di Emily Blunt… unici fotogrammi guardabili.
Una schiena come piace a me: femminile.
Devo infatti ricordare che le avventure che mi sono concessa con ‘maschiette’ sono state fallimentari.
Una in particolare, tale Eliana, arrivava da xxx (credo direttamente dal porto), capello rasato, tatuaggi sparsi su muscoli scolpiti, canotta da muratore bianca, ma la cosa eccezionale è che diceva di poter avere multi-orgasmi mentali.
Un tipo così non poteva sfuggire alla mia curiosità e dopo varie conversazioni su come fosse il ‘mentale’ e il ‘multi’, mi son ritrovata a letto con una spiritata fuori di testa, purtroppo non potevo scappare dato che Eliana era mia ospite.
Con pazienza ho atteso che ritornasse in sé per poi metterla alla porta con tanti ringraziamenti per l’ampia dimostrazione.
Appunti per il futuro:
non fanno per me le multiplex e le multiorgasm.

Monica (The Reader)

The Reader – A voce alta

Ho frequentato una donna che nel presentarsi mi disse di essere un’ affermata architetto, con avviato studio tecnico e innumerevoli collaboratori al seguito.
Una arrivata, insomma.
Ci siamo piaciute e di comune accordo, data la lontananza abbiamo deciso di trovarci in un posto a metà strada, però, lei faceva circa quindici chilometri più di me.
La prima volta mi è sembrato normale mettere mano al portafogli, anche se lei insisteva a pagare il conto. La seconda volta ho pagato io, in contanti, perché lei, da perfetta professionista affermata, voleva pagare con la carta di credito. La terza volta ho pagato perché il posto non era equidistante e i quindici chilometri le pesavano. La volta successiva lo stesso, ma secondo lei avevo pagato troppo quindi ha telefonato al gestore, e si è fatta promettere che saremmo state rimborsate della metà della cifra. Nel nostro incontro successivo al momento di uscire, con un bel sorriso mi chiede metà somma e mi dice che l’altra l’avrebbe messa lei … naturalmente la metà restante era quella che avevo pagato io la volta precedente, frutto della contestazione.
Però, però … questa donna aveva un dono…
non quello della generosità ma di altro tipo, l’ho scoperto al nostro primo incontro, quando ha sfilato dalla mia borsa un libro che avevo appena iniziato e ne ha letto a voce alta alcune pagine, appoggiata a me, ascoltavo le parole fluire, accarezzare la nostra pelle e la storia delinearsi, i personaggi, le situazioni si materializzavano lì davanti a noi. La stanza diventava palcoscenico solo per noi.
Questa donna leggeva da Dio,
intonazione pause e riprese perfette.
Una delizia, ripetuta ad ogni incontri con nuovi testi e nuove poesie.
Poi le ho raccontato che una cosa simile capita in un romanzo ma lei non l’aveva letto, leggeva solo durante i nostri incontri, non sapeva dell’esistenza di un bellissimo romanzo di Bernhard Schlink “A voce alta” da cui è stato tratto un mirabile film, The Reader, con Kate Winslet: ambientato in Germania racconta la storia di un ragazzo che vive una storia d’amore con una donna molto più grande di lui. Questa donna ama che lui le legga dei romanzi dopo il sesso. In seguito il ragazzo scopre che lei è stata una kapò, ed è corresponsabile dell’eccidio di duecento donne ebree. La donna non sa né leggere né scrivere. Ecco il motivo misterioso per cui amava che lui leggesse. Ma non lo dirà mai perché se ne vergogna. Viene condannata a molti anni di detenzione. Qui in prigione il ragazzo, diventato adulto non l’andrà mai a trovare ma le manderà delle cassette registrare con le sue letture. E da queste la donna imparerà a leggere e scrivere. Il giorno della sua liberazione si impicca.
Si conclude anche la storia tra me e Monica, non in maniera drammatica come il film, oggi mi rimane il ricordo delle sue letture.
***
In una chat a “tema”, tempo fa, avevo incontrato un “signore”, gay, di una certa età, che si lamentava della solitudine e ovviava alla sua situazione mettendo annunci di ricerca. Cercava un uomo più giovane, preferibilmente trentenne, l’aspetto non contava troppo, l’importante era una base culturale che gli permettesse un dialogo.
Perché, in fondo, in una “frequentazione” si chiede anche una comunicazione, intesa come scambio di chiacchiere. Questa, che sembra una banalità, è una cosa difficile da trovare, è di inestimabile valore lo scambio verbale (non solo quello di liquidi) che fa scivolare una “scopata” in un “piacevole incontro”.
Con quella donna, e con altre donne, mi avrebbe fatto piacere parlare un po’ di The Reader o di un altro film, o divagare in altri discorsi, di qualsiasi tipo. Ma mi rendo conto di chiedere troppo.
***
Tornando a “The Reader”, è una storia emblematica ma non coglie tutto di ciò che la Arendt ha chiamato la banalità del male. Di chi ha fatto parte dell’industria della morte. Una parte dei nazisti ha praticato il sadismo, molti altri hanno eseguito degli ordini che sarebbe stato, a parer loro, inconcepibile non eseguire. Capitò persino che per gli eccidi più rivoltanti gli stessi nazisti cercassero dei volontari. Che ovviamente si trovavano a piene mani. Oppure erano gli ucraini e i lituani che si prestavano ai lavori più sporchi. Gli ucraini odiavano tradizionalmente gli ebrei e non si fermavano davanti a nulla. Molti nazisti erano colti. Ascoltavano Bach e leggevano Goethe.
Qual è quindi la natura del male? e la bellezza può salvare dal male? è evidente che no, non può. La bellezza non ha niente a che vedere con la dignità della vita umana. Semmai agevola il mio allontanamento dall’altro.
Hitler piangeva ascoltando Tristano e Isotta. Piangeva. Commosso. Immagino fu straziante per lui quando dovette uccidere la sua cagna nel bunker, la fedele Blondie, prima di darsi egli stesso la morte assieme ad Eva Braun. Al contempo la sua vera pena nel morire anzitempo era non aver sterminato completamente gli ebrei. A volte non so cosa pensare. Il Male ci assedia, mai come di questi tempi. Un ebreo, Kafka, che presentì la bestia, scrisse: il tragico nella vita è che ognuno ha le sue motivazioni. È in quelle motivazioni che si annida il barlume di umanità di cui ogni uomo, anche il più criminale dovrebbe essere dotato? Quando getti in aria un bambino appena nato e gli spari, e getti la madre nel gas, per poi bruciarne i cadaveri che risposte puoi dare? Cercare barlumi di umanità nei carnefici è offendere le vittime. Ne Il silenzio degli innocenti Clarice è diventata cacciatrice del male per non sentire più il grido degli agnelli sgozzati. L’umanità dei carnefici che si è nutrita non solo di hitler ma anche di Pinochet, Mladić, Khmer rossi di Pol Pot, non rende muti gli innocenti.

La sconosciuta

La sconosciuta
Frammenti di conversazione arrivano al cervello senza soffermarsi poi una frase mi riporta alla realtà
– quando vado al cinema ho bisogno di rilassarmi, scelgo film che facciano ridere …
Poco lontano Vittorio Emanuele II sul suo cavallo ci osserva dal centro della piazza. Ruoto sul tavolino l’aperitivo che mi è stato offerto. E ascolto la ragazza dai capelli neri che mi siede di fronte. La osservo, credo abbia venticinque anni, ben truccata, ha un giubbotto rosso che lascia uscire il bordo della maglia di un rosso di un’altra tonalità. Fa le serali, vuole prendere il diploma, mi racconta di un locale in cui fanno cabaret … dell’ultimo dell’anno che non si è divertita … di un viaggio programmato e mai fatto … La donna che ci ha presentato si è allontanata un attimo. La stiamo aspettando e la ragazza continua a parlare, mentre io annuisco a tutto quello che dice
– quando vado al cinema ho bisogno di rilassarmi, scelgo film che facciano ridere, che siano divertenti, tipo vacanze di natale … tipo quello …almeno lì non voglio pensare.
poi prende coraggio e mi chiede.
– e a te che film piacciono?
Mi alzo il bavero del cappotto, faccio scorrere lo sguardo sulle altre poche persone sedute come noi ad un tavolino all’aperto in pieno inverno davanti ad un aperitivo ghiacciato …
– Quando vado al cinema ho bisogno di pensare, ho l’estremo bisogno di essere parte integrante delle immagini, e alla fine della proiezione qualcosa del film deve venire via con me deve entrare nella mia vita e non abbandonarla mai più.
La ragazza posiziona tra le labbra una sigaretta, cerca l’accendino, lo fa scoccare e aspira…
– tu non fumi. Non mi sembri il tipo.
mi metto a ridere e le rispondo:
– Fumavo. Fumavo due pacchetti. Anche se sembro un tipo iper-salutista.
– Come hai fatto a smettere?
– Per un anno ho tenuto sigarette e accendino nella borsa, la tentazione sempre a portata di mano, e non ho più fumato.
– Che resistenza…
– Già
Guardo l’ora, si sta facendo tardi. Lei incalza…
– l’ultimo film che hai visto?
Ne scelgo uno in fretta
– La sconosciuta di Tornatore
Lei mi guarda … cerco di aiutarla
– Lo stesso di nuovo cinema paradiso, una pura formalità, la leggenda del pianista sull’oceano, l’uomo delle stelle … di …
continua a guardarmi, le sorrido
– ti piacciono i gialli?
annuisce
– questo è un giallo, con scene a volte brutali, racconta di una ragazza ucraina che arriva in una città del nord, è ossessionata da un solo pensiero recuperare l’unica cosa buona di un passato di prostituzione, sfruttamento, violenza e omicidi di cui si è liberata con la forza. Il suo scopo è complicato dal ritorno prepotente del passato e di tutti i misteri che ne hanno fatto parte e che lentamente si chiariscono… la protagonista è un’attrice russa di una bellezza particolare, non travolge lo schermo, ‘è una presenza che non c’è’, una sensibilità leggera, impalpabile … che corre via in ogni immagine.
rimane dubbiosa e mi chiede
– qual è l’unica cosa buona del suo passato?
mi sto alzando.
– per saperlo devi guardare il film …
si lamenta
– ma così non vale
– non abbiamo fissato regole e per me è tempo di andare
– ci rivedremo?
la bugia è sulle mie labbra
– certamente, mi devi dire se il film ti è piaciuto

Doriana

Trama del film Gloria (Cile 2013 – Regia Sebastian Lelio – Protagonista femminile Pauline Garcia)

Divorziata da anni con due figli adulti, Gloria ha 58 anni e si sente ancora giovane. Cerca di affrontare la sua solitudine colmandola con notti trascorse nelle sale da ballo, per adulti single, in cerca d’amore. Si imbatte in Rodolfo che sembra essere l’occasione tanto sospirata invece si rivelerà un’ulteriore illusione ma ciò non le farà perdere la voglia di ritrovare dentro di sé la forza per andare avanti.

Nel 2015 sono stata impegnata in uno scambio di messaggi con una gentile ragazza (conosciuta tramite un sito di porci scatenati), di 36 anni, 1.70×60 kg, mora, capello corto, carina. Per non perdere tempo ci siamo subito chiarite sulle aspettative di una eventuale conoscenza e lei, con mia grande sorpresa, mi ha proposto un incontro sessuale, (manco il caffè, tanto per capirci sulla velocità della proposta…) Le ho lasciato ampio gioco e le sono andata dietro, su questo scambio che diventava sempre più hot, sempre più hard, sempre più…tosto e lei sempre più decisa.

L’appuntamento è stato concordato nel mercoledì pomeriggio della scorsa settimana, mi sono presa mezza giornata di ferie e ho ingranato la marcia per raggiungere il più velocemente possibile il capoluogo di provincia, ho superato camion, gente che con il mercedes andava pianissimo, ho tirato il collo alla mia auto e ho battuto la media perché in quaranta minuti scarsi son giunta a destinazione. Ci siamo trovate nella piazza del paesino vicino alla svincolo autostradale, lei è scesa dall’auto e mi sono trovata davanti una ragazza carina, magrina con i fianchi pronunciati, nell’insieme esattamente quello che si presentava in foto. Peccato che già dalle prime battute la baldanza era del tutto sparita. Le ho proposto un caffè, per rompere il ghiaccio, nel bar dall’altro lato della piazza, un posto veramente brutto, alla fine siamo ritornate alla macchine e lei mi racconta che già dalla mattina è cambiata…
(credo che prima o poi mi metterò a scrivere un capitolo sui ‘cambiamenti’ dell’universo femminile. Universo di cui anch’io faccio parte e che della instabilità, latitanza, lunaticità, indecisione ne ho piene le scatole).
… comunque già dal mattino è cambiata, nel senso che ha cambiato idea, solo che era scortese tirarsi indietro all’ultimo quindi si è presentata lo stesso all’appuntamento, ma non si sente di far altro che rimanere lì muta ed immobile, al centro di un parcheggio, di una piazza, di un paesino in culo alla bassa.
Le dico ” ok va bene “, in fondo ho un’età che mi consente di decidere per entrambe, si va a mangiare.
Ho trascorso alcune ore con lei, mi ha raccontato che è lesbica, single senza figli, esce da una storia di 4 anni con una donna di una decina di anni più vecchia separata con una figlia. La storia è finita perché questa donna teme che la gente possa scoprire la lesbo relazione e non potrebbe sopportarlo.
Doriana, così si chiama la gentile fanciulla del mio appuntamento, ha incassato il momento di terrore della ex-compagna e da qualche mese cerca, attraverso siti, un incontro per solo divertimento, peccato che arrivata al dunque (con me) si accorge di non essere ancora pronta, sente di tradire la ex (di cui è ancora innamorata), sente che è troppo presto, sente che avrebbe voglia di sesso ma tra parlare e fare ci passa il mare, sente che si sente sola e non vorrebbe esserlo.
Così le ho raccontato la trama del film che ho visto, “Gloria”, le ho detto che è un film sulla solitudine, che Gloria è sola, tutti in definitiva siamo soli e che ci dobbiamo attrezzare per convivere con la solitudine e magari superarla e proiettarci in avanti verso un futuro che potrebbe ancora stupire.
Appunti per il futuro:
Evitare le ragazze dai fianchi pronunciati e dalla grande verve.

Annalisa

Ho conosciuto Annalisa un giorno di marzo di alcuni anni fa, gli alberi mettevano le foglie e l’erba lentamente cresceva, lei è di un piccolo paese sperduto nella pianura, credo abbia quarantadue anni, convive e non ha figli. La prima volta che ci siamo incontrate mi è sembrata una persona già vista, ma non riuscivo a ricordare dove … poi un giorno, facendo zapping per tele sono incappata in una vecchia puntata di E.R. ed ecco che mi è apparsa Samantha Taggart e ho potuto constatare dove l’avevo vista, la somiglianza è notevole.
Annalisa è etero, non cerca uomini perché sarebbe tradire il suo compagno, ma si è concessa l’avventura con me, perché tra donne è solo un gioco. Ci siamo frequentate per pochi mesi poi ha scoperto che il compagno aveva una tresca con una donna conosciuta in una chat, ci sono state scene di gelosia, piatti che volavano (a suo dire) come dischi volanti. Lei non riusciva a comprendere come il degenerato avesse potuto tradirla con una tizia conosciuta in internet. Le feci notare che si stava comportando allo stesso modo frequentando me (conosciuta in un forum), se ne risentì tanto da specificare che non era la stessa cosa, in effetti le logiche del tradimento sono diverse, ne esiste una per ognuno di noi.
Un bel giorno mi disse che si doveva sospendere perché (giustamente) doveva montar la guardia alla sua relazione, ristabilire l’ordine e far rientrare il gioiello nei pantaloni del compagno.
Dopo un anno di silenzio tombale, Annalisa mi scrive una mail chiedendomi un incontro, riparte la frequentazione, questa volta è inverno, gli alberi sono spogli e l’erba ai bordi delle strade è gialla. Credo al secondo incontro c’è nuovamente l’intoppo del compagno che ha conosciuto un’altra gentile fanciulla, questa volta tramite un’app telefonica di cui non saprei spiegare il funzionamento. Interrompiamo di comune accordo, non riesco a sopportare i continui resoconti sul tradimento.
Mi cerca nuovamente nel marzo 2014. Qui sembra estate. Mi presento all’appuntamento per pura cortesia, si è deciso per un caffè in un paese giù nella bassa dove fa ancora più caldo, sono in camicia, maniche arrotolate, stanca per il fine giornata, mi siedo al bar e guardo il tramonto sulle risaie, quando gli ultimi raggi del sole muoiono specchiandosi nell’acqua. Lei arriva con un leggero ritardo. Mi bacia. Parliamo per due ore della Sua situazione, del Suo compagno, del Suo lavoro, della Sua vita, della Sua casa, dei Suoi problemi, del Suo gatto … gatto … gatto … Io non ne posso più, ho caldo.
Annalisa – ora che sono tranquilla potremmo riprendere da dove abbiamo lasciato.
Shelt – Riprendere?
Annalisa – Si, i problemi con il mio compagno si sono risolti.
Le sorrido incredula
Annalisa (con aria molto scocciata) – Stai frequentando un’altra?
Shelt – Non sto frequentando nessuna e non ho intenzione di frequentare nessuna!
Annalisa (stupita) – Perché?
Shelt – Perché sono nauseata, non ho trovato in tutti questi anni quello che cercavo, ho perso pezzi della mia umanità, immolati sull’altare del nulla, non ne posso più, è il momento di dire basta.
Annalisa mi guarda come si guarda un meteorite impattarsi sulla crosta terrestre.
Torno a casa guidando lentamente nelle prime ombre lunghe della sera, ascoltando la Mia musica jazz che a nessuno piace, pensando alla Mia vita e a tutte le Mie decisioni che non ho preso mai.

La mia casa

Fare sogni che muoiono all’alba

La mia casa non ha più il giardino ma un cortile sterrato, pieno di rottami accumulati in mucchi sparsi disordinatamente. I rottami sono neri e pieni di grasso, riconosco dalle forme copertoni, molle, lamiere. L’odore è intenso, penetrante.
Mi accorgo che tra i mucchi si muovono belve feroci, ci sono leonesse magre e affamate, tigri bianche con zanne sporgenti, sono usciti dalle gabbie. Non riesco a capire come mai ci sono delle gabbie a casa mia, ho paura e mi aggiro con molta cautela tra i rottami, non voglio farmi notare dagli animali, potrebbero avere una reazione violenta, nel mentre penso a come catturarle, so che non usciranno il muro è troppo alto ed il cancello è chiuso. Ad un certo punto mi ricordo che ho un numero di telefono per questi casi estremi, chiamo e aspetto queste persone sul cancello di casa.
Arrivano a bordo di un vecchio trattore, sono sporchi e mal vestiti, uno ha in testa una bandana bianca, un altro ha una cuffia e occhialini da aviatore e indossa un lungo soprabito di pelle marrone.
Fa caldo e c’è un sole accecante. Chiedo a questi uomini di far presto a catturare le belve che girano nel mio cortile. Mi rassicurano, mi dicono che saranno rapidi.
Salgono sul trattore e fanno ampi giri sollevando molta polvere, hanno tra le mani delle corde, tentano di prendere le leonesse ma queste saltano in cima ai rottami e si difendono.
Dopo una strenua lotta, fatta di rincorse e fughe riescono con delle reti a catturare tutte le belve e a liberare il cortile. Fanno entrare leonesse e tigri nelle gabbie e vanno via.
Rimangono solo i rottami, io e i rottami.