L'Osservatore Anonimo

Morti per Covid, la colpa è della nostra superficialità


Resterà impressa nella nostra memoria l'immagine della lunga fila di camion dell’esercito che a Bergamo trasportavano le numerose bare di chi aveva perso la battaglia contro il Covid. I media hanno dipinto quella foto come simbolo della pandemia più devastante del dopoguerra. Da allora, abbiamo detto che non saremmo più stati gli stessi, che avremmo capito il senso della vita, il valore dei rapporti umani. E invece abbiamo fatto orecchie da mercante subito dopo la fine del lockdown. Perché, mentre c'era gente che continuava a lottare tra la vita e la morte nelle terapie intensive, le spiagge si affollavano di bagnanti e le vie del centro delle città pullulavano di giovani accalcati uno accanto all'altro senza distanziamento sociale e senza mascherina. Ci sarebbe da fare un bel ragionamento sulla nostra idea di libertà e su quanto i consumi e il divertimento siano diventati più importanti della salvaguardia della salute propria e di quella degli altri. Ma questa sembra essere la natura umana: la stupidità di chi se ne frega delle regole e non si rende conto che il prossimo potrà essere lui o qualcun altro che lui avrà contagiato. E così, anziché riflettere sulla salute e su quanto questa sia la cosa più importante da tutelare, ci consoliamo con la giornata della memoria dei morti di Covid, senza sapere che, molti untori che hanno contagiato quelle persone, sono proprio quelli che adesso la stanno celebrando.