La cruna dell’ago (Ken Follett, Mondadori)

La cruna dell’ago (Ken Follett ed. Mondadori)

Capisco che non è un ragionamento rigorosamente logico. E’ una questione sentimentale, non  logica. (26)

Era la prima volta che uccideva, e tutto ciò che riuscì a pensare fu: “Solo perché dovevo pisciare “. (30)

Non era una sgualdrina affamata di sesso, ma una moglie affamata d’amore. (63)

Lei aprì gli occhi ancora una volta prima di morire, e mormorò: “Dovrai vincere la guerra senza di me, amore”. (107)

C’era stato qualcosa… un lampo di coraggio, il fantasma di un sorriso… prima che il giovane morisse. Aveva qualche significato. Certe cose lo avevano sempre. (163)

“Di solito non diventi acido e scorbutico fin dopo colazione. …Cerchiamo di non litigare oggi… abbiamo qualcosa di più interessante da fare, una volta tanto.” (210)

Era buffo come ci si abituava alle cose quando si era costretti. (213)

Stette attento a non guardar dentro, per non vedere il peccato. …E poi andò a letto a sognare gli amanti. (225)

Non aveva nessuna idea di come fosse l’amore nella mezza età. …Affetto, forse ammirazione, tenerezza, con in più un’incerta vena di desiderio? Se l’amore era tutto questo, allora era innamorato di lei. (227)

La paura non era mai assente dalla superficie delle sue emozioni: forse era per questo che era sopravvissuto tanto a lungo. Era cronicamente incapace do sentirsi al sicuro. …La paura di essere debole faceva parte della stessa sindrome generale che comprendeva la sua ossessiva indipendenza, la sua insicurezza, e il suo disprezzo verso i superiori militari. (232)

C’era nella sua natura un fondo di freddezza,  che lui coltivava perché lo proteggeva. (252)

Poteva sopportarsi come assassino, ma non come iconoclasta. (304)

Era il timore, non la stupidità che rendeva maldestre le donne. (348)

Non aveva paura del dolore. …Aveva provato il dolore del parto, e quello non avrebbe potuto essere peggiore. (364)

La luna e i falò (Cesare Pavese – ed. Einaudi)

Libro : La luna e i falò (Cesare Pavese – ed. Einaudi)

La ciclicità governa il tutto, mutano soltanto le tracce degli uomini, del loro passaggio sulla terra, ma la terra, le forme delle colline, e le stagioni, restano. (X, introd. Gian Luigi Beccaria)

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. (12)

Neanche qui non mi credevano. Potevo spiegare a qualcuno che quel che cercavo era soltanto di vedere qualcosa che avevo già visto? (55)

Che la guerra non fosse servita a niente, che tutto fosse come prima, tranne i morti. (55)

Chi ha rischiato la pelle davvero, non ha voglia di parlarne. (65)

Coi morti i preti hanno sempre ragione. Io lo sapevo, e lo sapeva anche lui. (68)

Perfino i tedeschi, perfino i fascisti eran serviti a qualcosa, avevano aperto gli occhi ai più tonti, costretto tutti a mostrarsi per quello che erano. (71)

Gli diceva che sono soltanto i cani che abbaiano e saltano addosso ai cani forestieri e che il padrone aizza un cane per interesse, per restare padrone, ma se i cani non fossero bestie si metterebbero d’accordo e abbaierebbero addosso al padrone. Dove pigliasse queste idee non so, credo da suo padre e dai vagabondi; lui diceva che era come la guerra che s’era fatta nel ’18 – tanti cani scatenati dal padrone perché si ammazzassero e i padroni restare a comandare. Diceva che basta leggere il giornale – I giornali di allora – per capire che il mondo è pieno di padroni che aizzano i cani. Mi ricordo sovente di questa parola di Nuto in questi tempi, certi giorni che non hai neanche più voglia di sapere quel che succede e… vedi I fogli in mano alla gente neri di titoli come un temporale. (97-98)

– Sono libri, – disse lui, – leggici dentro fin che puoi. Sarai sempre un tapino se non leggi nei libri. (105-106)

– Sta’ attenta, Silvia. Sei sicura che ti dica la verità?
– Nessuno la dice, la verità. Se ci pensi alla verità, vieni matta. (128)

Un giorno si guarderanno in giro e anche per loro sarà tutto passato. …Ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O no? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d’erba secche e che la gente ricominci. (136)

– Ma non è facile imbarcarsi, – disse Nuto. – Hai avuto del coraggio.
Non era stato coraggio, gli dissi, ero scappato. (138)