Favola di Egidio: il bar-panineria da Luciano

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Ready for business trip. Confident young man in formalwear adjusting his necktie while standing against mirror in hotel room.

 

(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

IL BAR-PANINERIA DA LUCIANO

INTRODUZIONE: la solita vita noiosa causa frustrazione a molti, come sarebbe bello però poter avere un aiuto disinteressato per   risolvere i nostri problemi, basterebbe uno specchio magico, ma sarà possibile?

INIZIO

Favola: Il bar-panineria da Luciano..

C’era una volta in un paese della Lombardia, il padrone di un bar-panineria, egli gestiva una paninoteca molto ordinata ed era sempre intento a guadagnare…sia di sabato che di domenica.

Egli dedicava molto del suo tempo al suo lavoro..ma spesso trascurava di conseguenza lo stare in famiglia. Luciano abitava in un palazzo di costruzione recente e signorile, in tre locali ben arredati e con tanto di portineria all’entrata dello stabile.

Ma un giorno la moglie di Luciano si lamentò della vita che conduceva in quella casa: “Caro marito sono stufa di pensarti sempre al bar-panineria a lavorare, ed io sempre in casa con i figli..sembra che i figli siano solo miei…tu non ci sei mai…giorno dopo giorno, sai che noia vivere così, sarebbe ora che ci prendiamo un po’ di ferie, non ti pare marito? Altrimenti mi verrà un esaurimento!”……

“Mia cara…” rispose Luciano.. “il bar è la nostra vita e poi ci sono i figli a cui badare per forza..è importante per la loro educazione…dai moglie, porta pazienza e sii obbediente ai tuoi doveri di madre”.

La moglie che si chiamava Ivana, si lamentava che non trovava abbastanza tempo per gestire con abilità tutti gli impegni della sua vita, ella voleva pensare un po’ anche a lei…al suo privato…una vita interamente dedicata solo ai figli non era per lei…non gli piaceva vietarsi le intenzioni turistiche e rinunciare alla curiosità di visitare il mondo.

Tanto fece, tanto disse, la moglie Ivana, che Luciano, così si chiamava il padrone del bar, decise di dare retta ai reclami di lei, e di promettere per il futuro un periodo di ferie, aveva ragione bisognava pensare anche alla salute della moglie Ivana, voleva che la moglie fosse contenta di lui, ma voleva anche che le sue responsabilità lavorative con il bar fossero appagate, anche gli amici dicevano che lui trascurava la salute della sua famiglia per il lavoro …ma come fare a esaudire le due cose insieme e con abilità?.

E così i due coniugi promisero che non appena avrebbero potuto, sarebbero andati in crociera nel mar dei Caraibi..ma a chi dare in affidamento i figli e la gestione del bar?.

Il bar-panineria “da Luciano” era sempre pieno di clienti, era questa la loro gioia ed stranamente il loro problema, occorreva qualcuno che li sostituisse nel loro lavoro quotidiano…ma Luciano non si fidava di nessuno, poiché nessuno era simile a lui..

“Cosa diranno i clienti se noi chiudiamo il bar-panineria e che ne sarà della merce nella dispensa, essa diventerà scaduta… in quanto sarà resa invenduta per molto tempo!”

Passarono i giorni e Luciano da quel giorno dovette sopportare le lamentele della moglie ogni sera, finchè un giorno arrivò un telegramma che cambiò parecchie cose e che diceva così: “dovete sapere che vostro zio Davide è deceduto in un incidente di macchina presto correte al suo funerale!” Luciano si ricordò che lo zio di Milano..era un noto avventuriero, era un discreto artista e nella vita aveva lavorato anche come prestigiatore, recitando la parte del mago di teatro in teatro…girando per il mondo….il telegramma diceva che era deceduto purtroppo..

Il notaio aveva trovato uno scritto autentico di qualche anno prima dello zio, dove egli diceva che lasciava in eredità al nipote Luciano il suo antico mobilio e gli ultimi denari che gli restavano nel conto corrente..

Luciano dopo il funerale andò a visitare la casa dove viveva lo zio e organizzò il trasloco, tra i mobili antichi, notò uno specchio da camera che lo incuriosì molto….

Sul retro dello specchio c’era infatti una scritta: “ guardati e contati..vedrai che adesso c’è uno in più… ed è simile a te!” e poi la scritta diceva altre cose, cosa volevano dire quelle parole? forse quello era uno specchio magico… forse esso era in grado di duplicare la persona che si rifletteva al suo interno…ciò era possibile, poiché lo zio era stato un mago e prestigiatore durante la sua vita…tutto questo incuriosì ulteriormente Luciano.

Luciano portò l’indomani lo specchio nella sua abitazione di residenza e lo mise in una camera…e mise in vendita poi gli altri mobili ad un antiquario..e con il poco denaro che ne ricavò comperò un regalo per sua moglie.

Tornando allo specchio: Luciano aveva intuito la magia di quello oggetto magico, lo specchio dello zio era infatti lo “specchio della duplicazione”, esso aveva il potere di duplicare usando delle particolari parole magiche chi si rifletteva nello specchio, il mobile che lo conteneva era alto due metri e largo un metro, le parole magiche erano scritte sul retro..lo specchio aveva il potere di creare una copia viva di chi voleva duplicarsi e solo di lui..leggendo le istruzioni sul retro dello specchio ciò era possibile a causa di una magia..

Luciano capì ogni cosa ..e così i due coniugi aspettarono quindi la mezzanotte per sperimentare la magia.

La mezzanotte arrivò, a mezzanotte in punto Luciano in presenza di sua moglie, decise di mettersi davanti a quello specchio, si mise per primo proprio davanti, prima mostrò allo specchio il davanti del corpo, poi il lato destro, poi il lato sinistro, e poi si mostrò di schiena, in quanto marito coraggioso, non ebbe timore a farlo e poi Luciano formulò le parole magiche che aveva letto in precedenza sul retro dello specchio:

“specchio specchio di un’altra dimensione

esegui presto la mia duplicazione

fai di me una copia e che sia obbediente

che sia essa precisa e che sia intelligente

la magia tutto il tempo durerà

finché la copia un giorno, la parete dello specchio bacerà!”

e cosa accadde nella stanza?

L’immagine dello specchio, che era proprio uguale a Luciano diventò all’improvviso viva all’interno dello specchio e con un lampo uscì dallo specchio e disse sorprendendo i presenti “ai vostri ordini padrone!” rivolgendosi a chi aveva proferito le parole magiche.

“Stupendo!” affermò Luciano nel vederla, essa era proprio vestita come lui ed era viva e parlava come lui, era proprio somigliante.

“Presto moglie: fai anche tu… la tua copia virtuale…presto moglie mettiti davanti allo specchio… fai come ho fatto io!”. disse Luciano.

Non appena la moglie si mise davanti allo specchio facendo riflettere la sua immagine, ella ripeté le parole magiche:

“specchio.. specchio di un’altra dimensione

esegui presto la mia duplicazione

fai di me una copia e che sia obbediente

che sia essa precisa e che sia intelligente

la magia tutto il tempo durerà

finché la copia un giorno, la parete dello specchio bacerà!”

ecco un lampo..e dallo specchio uscì una copia uguale alle sembianze della moglie che si era appena riflessa.

“Ai vostri ordini padrona!” disse la copia ..era proprio uguale alla moglie Ivana ..ora Luciano aveva due mogli e sua moglie Ivana aveva due mariti…e le loro copie sembravano capire tutto quello che gli si diceva.

Luciano capì subito la situazione e con opportunismo, ricordando i problemi causati dal suo impegnativo lavoro, decise per bene la soluzione e si rivolse ai duplicati dicendo:

“Nostre copie!..voi siete i nostri duplicati!..a voi ordiniamo di sostituirci nei nostri compiti lavorativi e di eseguire il compito di tutori dei nostri figli, e vi ricordo che dovete essere a noi obbedienti!”.

“Obbediamo! siete voi i nostri padroni e vi obbediamo in tutto!” risposero le copie..erano proprio uguali a quelli veri..e capivano ed intuivano quello che gli ordinavano..nessuno si sarebbe accorto del trucco.

A quelle copie Luciano e sua moglie diedero l’incarico di governare la loro famiglia ed il loro bar-panineria…le copie dovevano fingersi proprio quelli veri durante la loro assenza..

Eh si! Alle loro copie, Luciano e sua moglie, diedero il compito di gestire anche i clienti e i rapporti sociali con gli amici…le copie dovevano imitare e fingersi loro, proprio come se fossero quelli veri.

E così Luciano e sua moglie decentrate le responsabilità domestiche…poterono partire in ferie insieme..in una crociera, non di un mese..ma di ben due mesi… da trascorrere sulle spiagge del Brasile, in albergo serviti e riveriti, felici e contenti..e poi nel mare calmo dei Caraibi e sotto il bel sole dei Tropici…avevano intenzione di girare il mondo, svagandosi nel contemplarlo, pensando solo a godersi la vita spendendo i soldi guadagnati con il loro onesto lavoro.

Fu così che i due coniugi poterono dedicarsi ad un periodo prolungato di ferie di nascosto a tutti quanti ..proprio così..ferie segrete ma in piena libertà….mentre le loro copie virtuali badavano intanto al bar-panineria ed ai loro due figli.

I coniugi veri erano in ferie, mentre le loro copie virtuali restarono invece in Italia, gestendo il lavoro ed i doveri famigliari al posto loro.

Passarono i giorni e tutto sembrava andare per il meglio per le intenzioni furbe di Luciano.

Però tutti sanno che non essendo le copie, corpi originali, qualche errore e qualche guaio di certo lo combinano.

Infatti dopo aver trascorso e provato quasi per due settimane la vita “da copia di un altro” e aver dimostrato un comportamento valido ed esemplare per qualche settimana, all’improvviso cominciarono i problemi, anche la copia di Ivana cominciò a lamentarsi della vita noiosa che conduceva, proprio come aveva fatto l’originale, questo perché era proprio identica in tutto alla vera Ivana..quindi la copia del vero Luciano cominciò ad avere delle incomprensioni verso di lei…e quindi le due copie si stufarono di stare insieme…e per questo spesso litigavano.

Dapprincipio pensarono di usare la magia dello specchio anche loro, ma la copia virtuale non aveva il potere di duplicarsi, lo specchio magico non funzionava con loro, poiché lo specchio dava questo potere solo a chi era originale e vero….di conseguenza senza la speranza di aiuto dello specchio, questa volta non poterono fare a meno di  litigare aspramente…perché ciò che è identico nelle sembianze… non sempre è identico nello spirito.

Quindi annoiati l’uno dell’altro e non potendo anche loro utilizzare lo espediente dello specchio come deciso dagli originali, i due finti coniugi si demotivarono, diventarono negligenti nel compiere l’incarico avuto e reagirono litigando con tutti..soprattutto con i clienti del bar-panineria e litigarono anche con i veri amici…

Infatti la copia di Luciano si comportò in modo sgarbato nel bar mentre serviva dei affezionati clienti, alcuni clienti abituali ed influenti furono offesi dal barista. ..che in quel momento era di cattivo umore..

I clienti promisero che non sarebbero tornati mai più in quel bar..alla copia di Luciano non importò…e così si udì stranamente un barista mandare a quel paese i suoi clienti… e nel paese cominciò a girare la voce che il barman Luciano era impazzito..faceva dispetti ai clienti e trattava male chi si serviva del suo bar-paninoteca.

Intanto in casa, la copia di Ivana si annoiava a fare da madre a degli sconosciuti, infatti non erano veramente figli suoi quei due ragazzi brontoloni e capricciosi …e così ella più volte sgridava i due ragazzi e si rifiutava di cucinare la cena ed il pranzo per loro….i due figli delusi e spaventati..poiché pensavano che i loro genitori non li volessero più bene..decisero e si organizzarono per scappare via di casa.

La copia di Luciano litigò inoltre con i suoi amici per motivi di denaro in prestito…gli amici lo vedevano strano e si erano rifiutati quindi di prestargli dei soldi.

Dovete sapere che la copia di Ivana e Luciano volevano partire anche loro per le ferie..ma ognuno per conto proprio..perché si erano stufati di restare in città, ma avevano bisogno di denaro per farlo..ma non ne avevano abbastanza…praticamente tutta l’organizzazione sia della casa che del bar era nel caos…le copie proprio come i loro originali, si erano stufati di quella vita e anche loro avevano pensato di scappare lontano..ma questa volta non avevano abbastanza denaro… come fare?.

Nonostante queste difficoltà, il tempo in città passò ugualmente ed un giorno tornarono dalle ferie i veri Luciano e Ivana..questi trovarono nel quartiere una vera situazione catastrofica che li riguardava.

Tra situazioni ambigue in famiglia e litigi continui con i concittadini, sul lavoro a causa del modo con cui era stato gestito il bar-panineria, Luciano ormai era pensato matto, per i modi maleducati con cui aveva trattato i clienti.. il guadagno che il vero Luciano trovò nelle casse del bar era considerato scarso a causa dei pochi affari.

Tornati a casa il vero Luciano e la vera Ivana decisero di risolvere il problema causato dalle loro copie indisciplinate.

Le persone vere e le loro copie magiche a causa di questa situazione litigarono e per di più si facevano dispetti rincorrendosi per casa, il portinaio del palazzo sentendoli litigare, volle intervenire per aiutare, ma vedendo due persone identiche bisticciare nell’atrio dello stabile, credendo di vederci doppio, fu preso da una forte crisi, ritenne se stesso esaurito per le allucinazioni avute, e chiese all’ospedale di ricoverarlo in quanto secondo lui era veramente malato ed esaurito forse per colpa del suo bere troppo vino.

“Bisogna al più presto far tornare tutto come era prima, bisogna che facciamo rientrare le copie magiche di noi nello specchio magico da cui ne sono uscite” affermò il vero Luciano.

I due coniugi capirono che l’espediente di farsi sostituire da copie magiche, non aveva dato i risultati desiderati..le copie erano infatti identiche anche nelle lacune e nelle insoddisfazioni, anzi erano peggio di quelli veri..

Ma c’era un problema, le copie protestavano… volevano restare vive in questo mondo ugualmente..semplicemente volevano andare in ferie anche loro..e volevano per farlo anche in prestito del denaro dal vero Luciano..che però non aveva denaro…in quanto tutto era stato già speso per il viaggio recente.

Altra confusione e discussione per tutta la casa tra i quattro protagonisti…divisi in originali e copie..tutti a litigare ed a confrontarsi.

Fu così che Luciano si ricordò che era tutta colpa di una magia e che la magia aveva però delle regole da rispettare, le copie dovevano essere obbedienti ad essa per forza ..fu così che comandarono ad obbedire alle frasi magiche le loro copie ribelli in nome delle regole della magia dello specchio..ed ordinarono le copie a rientrare nello specchio..le copie dovettero obbedire al sortilegio che le comandava, poiché rischiavano di stare male fisicamente se non obbedivano….esse quindi controvoglia furono costrette a baciare lo specchio magico e lo specchio a causa del bacio sul vetro e del rispetto della formula magica dichiarata ..lo specchio dicevo, riassorbì le copie una ad una..riportandole in un altra dimensione creata nello spazio dello specchio dalla magia, proprio da dove erano uscite.

Sparite le copie..ora i due coniugi dovevano rimettere tutto a posto e riconciliare l’ambiente famigliare e lavorativo.

Il bar-paninoteca era chiuso e la casella-postale che li riguardava era piena di reclami ..i figli non si trovavano in casa da qualche giorno erano spariti..e gli amici facevano capire che Ivana e Luciano erano considerati impazziti da loro ed questo era il parere di tutto quanto il quartiere …quindi non li volevano frequentare ed aiutare più.

La vera Ivana andò quindi alla polizia per chieder loro di ricercare i suoi figli fuggiti di casa…era la loro vera madre…quindi era disperata…si sentiva in colpa..

Il vero Luciano per fare pace con i clienti del bar promise in regalo, omaggi di prosciutto e formaggio e rinfresco gratuito per tutti, a scopo pubblicitario, ed invitò gratis nel suo bar-paninoteca tutto gli abitanti della zona dove abitava…soprattutto le famiglie più influenti del paese ….scusandosi con loro con una lettera gentile piena di buoni propositi.

I due coniugi inoltre invitarono a cena in casa loro, i loro amici..e si scusarono anche con essi per le stranezze causate, dicendo che loro Ivana e Luciano stavano attraversando un periodo di esaurimento e crisi matrimoniale…e li convinsero ad avere pazienza…gli amici vedendoli pentiti, li perdonarono dei disguidi che avevano subito…situazioni molto imbarazzanti..” voi non potete immaginare…la confusione di questi giorni!” affermò Ivana.

“Raccontare la verità?” Luciano ed Ivana pensarono che nessuno avrebbe creduto alla vera versione dei fatti..erano già pensati sufficientemente  strani e così non raccontarono mai niente a nessuno dello specchio magico che avevano…non volevano rischiare di passare per scemi.

Il giorno dopo la polizia riportò a casa i loro figli..essi erano stati rintracciati alla stazione, mentre erano pronti a partire con un treno per Asterdam verso l’Olanda…la polizia li aveva presi in tempo…che fortuna per Ivana e Luciano..ritrovare i figli scomparsi fu una vera gioia.

Nemmeno ai due figli, i veri Luciano ed Ivana raccontarono il segreto..invece con le buone e promettendo regali e tante carezze..riuscirono in famiglia a far tornare la pace…ed a riconquistare l’amore dei due figli.

Tutto tornò in quella casa e nel quartiere  dove abitavano come era prima…

Solo che ora, Ivana e Luciano si amavano più di prima poiché avevano capito quanto fosse importante capirsi e rimanere uniti…si erano resi conto finalmente cosa rischiavano e cosa si sarebbero persi se si fossero lasciati, il loro sicuro amarsi…i loro bei ricordi da fidanzati…tante certezze sincere…che non andavano dimenticate..queste cose li rendevano originali e unici.

Da quel giorno Luciano promise di non dedicare tutto il suo tempo al lavoro ed assunse così un aiutante serio..un aiuto-barman, un ragazzo a cui comandò di preparare i panini… e decise che ogni tanto il bar sarebbe restato chiuso anche di sabato e di domenica, decisero che il lavoro ed il guadagnare non dovevano essere tutto nella vita.

Doveva pensare a rendere allegra sua moglie Ivana..e pensare ogni tanto al loro matrimonio e alla gioia del vivere in famiglia…doveva pensare alla educazione dei suoi figli.

I loro ragazzi capirono…che anche i grandi hanno momenti di malattia e di esaurimento…i due figli infatti non sospettarono mai niente..anche a loro quel periodo di magia fu tenuto nascosto.

Poi un bel giorno in casa suonò il campanello..Luciano andò ad aprire..e chi era? Pensate un po’ chi era?…..volete saperlo?…era lo zio di Luciano, egli era vivo e vegeto, si! lo zio Davide era vivo… e lo zio disse al nipote:

“ Luciano tu mi devi aiutare…sono tornato da un lungo viaggio…io non sono morto come puoi ben vedere ora..quello che è morto in un incidente, era la mia copia magica..ora tutti mi credono morto ed ho quindi dei problemi!”..

“Aah! è così zio..anche tu zio Davide.. hai usato lo specchio magico? Ora è tutto chiaro..capito!” rispose il nipote Luciano.

E così Luciano ospitò da quel giorno lo zio Davide nella sua casa, poiché lo zio non sapeva più dove andare, risultava morto per tutti infatti..invece avrete inteso, era morta in un incidente di auto solo la sua copia magica..la copia dello specchio…che lo zio aveva realizzato tempo prima, per darsi libertà nell’aver più tempo libero con le donne di ogni città…probabilmente lo zio aveva infatti più relazioni sentimentali da gestire..ed aveva usato la magia dello specchio per risolvere le difficoltà di una doppia relazione..

E così in quei giorni lo zio rispondendo alle curiosità di Luciano rivelò il suo segreto e disse dove aveva trovato lo specchio magico.

Dovete sapere che lo zio di Luciano, durante un suo viaggio all’estero, aveva partecipato  ad un giocare di un gruppo di amici indiani, questo capitò molti anni prima, lo zio aveva vinto una scommessa decisa con un anziano e molto ricco uomo  asiatico forse appartenente ad una setta di maghi di Nairobi, dovete sapere che lo zio Davide aveva vinto al gioco quello specchio magico, lo strano milionario indiano aveva il vizio del gioco d’azzardo e sfidò ad una gara lo zio Davide, e lo zio di Luciano vinse la scommessa con lui, e lo zio decise dopo averne capito i poteri, di usare lo specchio magico per scopi di svago e di piacere..inoltre molto spesso lo zio usava quello specchio nel suo lavoro di prestigiatore e di mago..lo portò in Italia ed il suo spettacolo di magia era pieno di trucchi divertenti e tutte quelle comparse che apparivano e sparivano dal palco del teatro, davano spettacolo e stupivano gli spettatori e facevano guadagnare molto denaro..

Dovete sapere che ogni tanto Luciano pensava scherzando con se stesso , ma era solo un sospetto il suo, che sua moglie non fosse quella vera e che quella vera, fosse invece finita nello specchio a causa di un funzionamento anomalo della magia..ma forse si sbagliava …forse era un timore infondato..chissà!

Luciano aveva anche dei dubbi sullo zio Davide, che forse lo individuo che viveva ora  nella sua casa e che gli aveva chiesto aiuto, forse non era il vero zio, ma una copia magica di lui, per dover sopportare tali dubbi, Luciano si diede ugualmente una ragione valida e pensò:

“…in ogni caso la realtà vera, obbliga a dei doveri seri queste due vite..quindi io Luciano decido di fidarmi di loro necessariamente..e decido in ogni caso di considerare come veri originali questi due!.”

Ma per ogni sicurezza, Luciano decise che lo specchio fosse ben imballato e ricoperto da lenzuoli, e messo in una soffitta e fosse impedito a tutti di avvicinarsi e per questo chiusero a chiave per bene la porta della soffitta ai loro ragazzi.

Morale: meglio adempiere di persona ai propri doveri senza incaricare altri..poiché se le cose non riescono come dovrebbero, la colpa sarà ugualmente ancora nostra e non di chi abbiamo chiesto aiuto…anche se egli è simile a noi nei modi, egli sarà ugualmente innocente ai fatti, poichè siamo stati noi che lo abbiamo istruito e scelto per i nostri obiettivi lavorativi……

Dovete sapere che solo la originalità e l’unicità rappresentano e sono padrone delle vere capacità di un individuo.

Siate quindi veri e spontanei e amici sinceri nel comportarsi con il vostro prossimo.

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Giugno 2012)

giudizio: originale, divertente

voto: (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: il drago e le galline

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO PER MAMME E BAMBINI

IL DRAGO E LE GALLINE

INTRODUZIONE: I draghi si sa, hanno sempre molta fame. Ma c’era un drago che soffriva di cattiva digestione, allora potranno gli animali stare tranquilli non li mangerà più? No! Poiché una strega che cura gli animali, ha inventato una magia per guarirlo..

INIZIO

Favola: il drago e le galline

C’era una volta, nel lontano medioevo, nel mondo delle favole,

un bosco dove abitava una strega vestita di nero e dai capelli neri di nome Morosina,

ella viveva nel bosco e si occupava di curare gli animali e di fare medicinali con le erbe…

Dovete sapere che viveva nel bosco anche un drago, che si distingueva dagli altri animali poiché aveva sempre molta fame, sempre molta fame, aveva un nome egli si chiamava Monbeppe..

Questo drago non volava, perché non aveva le ali, camminava e correva solamente, ma dalla sua bocca quando soffiava uscivano fiamme ardenti, quindi era pericoloso averci a che fare poiché era molto simile a qualunque drago, solo che Monbeppe molte volte soffriva di bruciori di stomaco a causa di una forma di allergia di cui era ammalato.

Il drago nero di nome Monbeppe aveva infatti un problema digestivo, era allergico a molti tipi di carni, non poteva mangiare qualunque tipo di carne, infatti se lo faceva, si riempiva di bollicine rosse su tutto il corpo e faceva indigestione, se per errore mangiava senza attenzione qualsiasi tipo di carne di animale oppure umana, gli faceva male la pancia, riusciva solamente a mangiare ed a digerire bene la carne di gallina..si! la carne bianca di gallina.

La strega Morosina voleva curarlo, poiché provava molta pena per la sorte di questo drago, che rischiava di morire di fame, poiché le galline selvatiche nel bosco stavano per finire.

Fu così che la strega del bosco, prima di partire per un lungo viaggio intorno al mondo, regalò al drago affamato un anello magico, un anello a forma di statuetta di gallina, era di vetro ed emetteva una luce verde fluorescente, la strega disse al drago:” con questo anello magico potrai trasformare tutti gli animali che vuoi in corpi di vera gallina e quindi tu sai che la carne di gallina è molto digeribile per te e così con questo espediente potrai mangiare tutto quello che vuoi, se solo prima l’avrai trasformato in una vera gallina”

dette queste parole la strega Morosina prese la sua scopa magica e se ne volò via per un lungo viaggio intorno al mondo…verso oriente verso le Indie..un Raja di quelle terre lontane l’aveva invitata nel suo palazzo…

Il drago nero restò solo con il suo problema, ci mise tempo ma capì la magia, e infilò il suo dito più piccolo della grossa mano di drago, proprio il mignolo, nel foro dell’anello a forma di gallina e disse guardando un cinghiale impaurito, illuminandolo con la luce verde dell’anello: “ trasformati in gallina!” ed il cinghiale per opera di una magia, si trasformò in una gallina…ed il drago gnam gnam…. subito se lo mangiò..

Fu così che il drago nero, che aveva sempre fame, si mise a cercare in giro per il bosco animali per saziarsi, poiché era da molto che non mangiava, e riuscì con il suo anello a trasformare tutti gli animali che incontrava in vere galline e poi se le mangiava, gnam..gnam..così poteva calmare la sua fame, per molti mesi il drago si comportò così, finchè nel bosco purtroppo non restò più nessun animale vivo per lui

E fu allora che il drago nero si interessò, a causa della molta fame che aveva, poiché le galline sono animali piccoli e non saziano, Monbeppe si interessò al villaggio degli uomini che si trovava poco distante, fuori dal bosco vicino al fiume, e lo attaccò con tutta la sua grinta di drago, poiché tanta era la fame da saziare che aveva in lui.

Raggiunse il villaggio, correndo e ruggendo e soffiando fiamme dalla bocca, correndo tra le capanne di legno, incendiò il villaggio e causò molto spavento in quel luogo, in poco tempo rese schiavi tutti gli abitanti del villaggio, sia umani che animali.

Di tutti quelli che si trovavano nel villaggio…pochi abitanti riuscirono a fuggire, tutti gli altri furono presi in ostaggio dal drago..

Fatto questo, gridando “ho vinto!”, il drago prese molti prigionieri e li mise tutti in un  recinto rinforzato, e disse:” ne mangerò uno di loro, a turno, ogni tanto!”.

Da quel giorno il drago Monbeppe, prendeva un abitante prigioniero a casaccio, lo metteva davanti a se, lo illuminava con il raggio di luce verde dell’anello magico che aveva al dito, e gli diceva con l’acqualina in bocca: ” trasformati in una gallina!”…fatto questo, ottenuta la magia, si mangiava il malcapitato trasformato in gallina, in un sol boccone..gnam gnam…

Dovete sapere che le galline sono piccole e per saziare un drago, bisogna mangiarne tante….gli abitanti erano molti, ma sarebbero terminati presto anche loro, la fame del drago era immensa, ma come tutti sanno nelle favole “chi troppo vuole, finirà che nulla otterrà”.

Venne infatti a sapere di questa ingiustizia che imperversava in quel villaggio, il cavaliere Nontemer detto anche Nontremar, i contadini di quella regione lo chiamavano così poichè quel cavaliere usava dire quando si trovava nelle osterie che la sua frase di forza era: “non temere e vedrai che non tremerai e non tremare così dimostrerai che non temi!” tutti lo pensavano quindi un eroe indiscusso e liberatore degli oppressi, combattente della tirannia e nemico di ogni abuso.

Il cavaliere affermò: “bisogna vincere il drago prima che esso si mangi l’intera umanità..ma come?

“Bisogna farlo comunque, questa ingiustizia deve terminare!” disse il cavaliere impietosito dalla sorte degli abitanti di quel villaggio.

“questo drago, a sentire i fuggiaschi, é forte e grintoso, soffia fuoco dalle fauci e poi ha infilato sul dito mignolo un anello magico dal potere tremendo!”.

Fu così che il cavaliere decise di chiedere aiuto ai maghi…dovevano smettere di aiutare quel drago goloso e malvagio, ed aiutare invece noi umani: “io si che lo merito l’aiuto della magia!” affermò il cavaliere.

I maghi si riunirono in un castello e decisero che era giunto il momento di porre termine alla magia della strega Morosina e diedero al cavaliere un oggetto magico per vincerla, un paio di pantaloni magici tenuti da una cintura anch’essa magica.

Il capo dei maghi disse al cavaliere Nontemer:” Oh Cavaliere! Quando il drago cercherà di trasformarti in una gallina con il suo anello magico, proprio in quel momento tu con un gesto rapido e deciso, alzati e riassettati i pantaloni, slacciando e riallacciando la cintura e subito con coraggio dichiara gridando:” sono un uomo!” e vedrai che la magia dell’anello non si realizzerà!”.

Fu così che il cavaliere Nontemer con molto coraggio, raggiunse il villaggio reso schiavo del drago, ed affrontò il drago con la sua lancia e la sua spada..proteggendosi dalle fiamme con un grande scudo.

Dopo aver molto combattuto, il drago ed il cavaliere erano alla pari, il drago nero pensò allora di trasformare quel cavaliere in una pacifica gallina illuminandolo con il suo anello, ma proprio un attimo prima che la luce sgorgata dalla anello illuminasse il cavaliere , questi si alzò all’improvviso i suoi pantaloni e disse urlando:”sono un uomo!”.

E con grande stupore del drago Monbeppe, a differenza degli altri umani, il corpo del cavaliere Nontemer detto Nontremar e vi ho già spiegato perchè lo chiamavano tutti così, non si tramutò in gallina come voleva il drago ma restò un uomo..

Il drago Monbeppe capì che aveva perso la complicità dei maghi, i maghi lo avevano tradito, forse a causa della sua golosità, un potere più grande del suo si era mostrato a lui, impaurito il drago vedendo poi le armi del cavaliere ferirlo decise di arrendersi.

Fu allora che il cavaliere Nontemer visto che il drago nero si era arreso, vedendolo quieto, tolse dalla mano unghiuta del drago il piccolo anello e se lo mise lui al dito e ordinò illuminando il drago:” Drago!… trasformati in una gallina! “ la luce verde dell’anello colpi il drago e questi si trasformò in una piccola gallina…ed il cavaliere prese la gallina con le mani, prima che essa potesse scappare e la mise in un pollaio, rendendola prigioniera.

Fatto questo il cavaliere liberò gli abitanti del villaggio e disse loro:” Siete liberi, non c’é più niente da temere, il drago è sconfitto!”

Tutti gli abitanti del villaggio urlarono: “viva il cavaliere Nontemer….. Viva il nostro liberatore!”.

Fu così che tutti vissero felici e contenti in quella regione, anche il drago visse felice, il drago ora viveva in forma di gallina, e dovete sapere che il drago trasformato in gallina ora trovava saporito cibarsi di insalata e di grano di mais e diceva mentre lo mangiava:”mi stupisco che sia così buono il mais, dovete sapere che digerisco molto bene questo tipo di cibo, meglio essere un vegetariano, resterò più in forma!”.

fine

autore: Egidio Zippone

(Milano, Luglio 2015)

Giudizio: interessante, originale, ironico

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Si voleva scrittore e lo diventò

 

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(racconto di tipo bianco e verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

SI VOLEVA SCRITTORE E LO DIVENTO’..
INTRODUZIONE. un giovane artista, molto bravo nello scrivere, si ritrova sfruttato purtroppo dalla furbizia di un ricco signore, fino a diventare suo prigioniero, solo la sua bravura di scrittore gli permetterà di sperare di avere giustizia ..e questa un giorno arriverà..
INIZIO
Favola: Si voleva scrittore e lo diventò
Nel mondo delle favole, tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, molta era la povertà in cui viveva parte della popolazione italiana, e così molte ragazze madri, abbandonavano i loro figli negli orfanotrofi, sperando che la società buona e ricca li aiutasse, in questo modo il loro povero figlio avrebbe ottenuto un istruzione e poteva sperare nell’adozione di una famiglia benestante.
Questa è la storia di Giancarlo un ragazzo di quei tempi, che fu abbandonato da sua madre quando aveva pochi mesi e portato in un collegio.
Giancarlo dopo avere sperato in un adozione che però non arrivava mai, si era ormai rassegnato a restare nell’orfanotrofio e aspettava la maggiore età per poter uscire finalmente dal quel collegio e godersi la libertà.
“Giancarlo è ormai maggiorenne possiamo dimetterlo dal nostro collegio per orfani!” disse un giorno il direttore dell’istituto.
Ma il giovane Giancarlo era disoccupato e si chiedeva come avrebbe fatto a vivere, la direzione del collegio grazie alla beneficenza di qualche filantropo gli aveva donato qualche soldo, ma Giancarlo sapeva che quel denaro non sarebbe durato per sempre.
Trovò una stanza in una vecchia pensione, con appartamenti di ringhiera e servizi esterni ..Giancarlo decise di aspettare in quel luogo che qualche idea gli passasse per la testa.
Passeggiando nel frattempo per le vie della Milano ambientate negli anni del primo novecento, attraversate dalle carrozze trainate da cavalli e dalle poche auto rumorose possedute solo da ricchi signori, il ragazzo di nome Giancarlo decise con i suoi ultimi risparmi di comperarsi un porta fortuna, occorreva qualcosa di originale e infatti vide su una bancarella del mercato vicino chiamato “il mercatino dei bei obei” qualcosa di interessante, ecco una statuina raffigurante una creatura angelica, si! era proprio una figura femminile con due ali di cigno sulla schiena, era di colore verde brillante,  la sollevò dalla bancarella per vederla più da vicino, e notò che sul fondo della statuina era stampata una scritta, che diceva: “chiedi aiuto alla Signora della Narrativa e vedrai che ogni tua fantasia diventerà positiva!” con entusiasmo Giancarlo ritenne simpatica la scritta e comprò la statuina che costava per sua fortuna pochi soldi.
Ispirato e consigliato dall’acquisto e da quella frase scritta, il ragazzo quella sera decise di scrivere una favola un po’ per distrarsi dai problemi, un po’ per dimostrare a se stesso abilità nel raccontare, egli decise di scrivere una favola ambientata nel passato, quella sera si sentiva più ispirato del solito e si impegnò molto nel suo proposito.
Si era fatta ormai mezzanotte, ma dopo qualche tentativo di inventare racconti piacevoli, ma tutti andati a vuoto, il ragazzo provò delusione di se stesso…era proprio difficile scrivere pensava.
Giancarlo però si ricordò ad un tratto della statuina raffigurante una donna vestita con abiti simili a quelli di una fatina alata e lesse di nuovo la frase sul fondo così evidenziata: “chiedi aiuto alla Signora della Narrativa e vedrai che ogni tua fantasia diventerà positiva!“, si rimise a scrivere di nuovo e dopo pochi minuti che Giancarlo aveva cominciato a scrivere, ecco che dalla statuina posta sulla scrivania, obbedendo agli sforzi concettuali e mentali del ragazzo, dalla statuina dicevo, cominciò a uscire un fluido verde che invase tutta la stanza, parte di questo ectoplasma verde si diffuse di fianco alla scrivania dando forma ad immagine femminile, mentre una altra parte dell’ectoplasma raggiunse il volto di Giancarlo facendosi respirare dal naso e sembrò per questo raggiungere il cervello del ragazzo…
La donna alata della apparizione sembrava un po’ commossa dai tentativi goffi di inventare trame letterarie dimostrati da quel ragazzo finora e quindi obbedendo ai suoi doveri di musa decise di aiutarlo, si! la “Signora della Narrativa” aveva deciso di aiutare quel giovane scrittore, e la mente del ragazzo pian piano cominciò ad intuire idee letterarie e artistiche mentre una voce telepatica gli raccontava storie fantastiche…
La musa della narrativa decise di aiutare Giancarlo ispirandolo nella trama e consigliandolo nella grammatica e il ragazzo notò all’improvviso che la sua abilità nello scrivere, inizialmente inesperta, diventava sempre più abile e il ragazzo cominciò a compiacersi di se stesso mentre scriveva.
Il ragazzo contento dell’aiuto magico di una fata che stava ricevendo, scrisse tutta la notte ed al mattino di conseguenza il racconto fu terminato.
Egli lo rilesse più volte e più volte ancora…. Si! il racconto era proprio un bel racconto…non bisognava di correzioni e il ragazzo mise le sue pagine sullo scrittoio in bell’ordine…lo avrebbe venduto a qualche bancarella od a qualche editore non appena lo avrebbe incontrato, oppure lo avrebbe stampato e ricopiato a sue spese in qualche stamperia di Milano.
Ma come farò a pubblicarlo in più copie ed a venderlo, il ragazzo non aveva il denaro necessario per stampare il suo libro e nessuno ancora credeva nella sua abilità…egli era un artista sconosciuto, nessuno editore gli avrebbe dato credito e speso soldi per lui.
Decise quindi di fare una passeggiata per la città per avere qualche idea dal girovagare a zonzo e avendo notato quanta gente distratta girava per le strade, decise facendosi coraggio che avrebbe trovato il denaro necessario rubando, si! avrebbe rubato a qualcuno, decise che avrebbe approfittato di qualche ingenuo passante, decise che avrebbe rubato un portafoglio a qualcuno, oppure una valigia, e che poi la avrebbe rivenduta ricavandone il denaro sufficiente per le sue intenzioni artistiche.
Per strada notò un gentile signore elegante, sembrava il tipo giusto “a giudicare da come è vestito egli deve essere di certo ricco!” pensò il ragazzo, subito dopo, approfittando di una distrazione di quel signore sconosciuto, il nostro ragazzo con furbizia riuscì a rubargli la borsa e mentre lo faceva il ragazzo pensava a quel signore in modo da vincere ogni suo scrupolo “tanto è un estraneo per me, quindi io posso danneggiarlo se voglio, ed è pure ricco quindi non ne soffrirà!” e il ragazzo dopo aver rubato la borsa, fuggi via subito di corsa con la refurtiva.
Ma sfortuna volle che quell’estraneo se ne accorse in tempo del furto e si arrabbiò, quel signore provando molto risentimento, riuscì a seguire il ragazzo per tutto il tragitto, a volte correndo, a volte camminando piano e purtroppo quel signore fu così astuto ma così astuto, che riuscì anche a trovare la casa dove il ragazzo abitava e così capì dove si nascondeva il ladro.
Ma stranamente quel signore non andò alla polizia, cosa aveva deciso?. Quel signore aveva capito che il ladro non era un vero ladro, ma era uno sprovveduto, e quindi senza timore, salì le scale del palazzo dove il ragazzo si nascondeva ed entrò nella stanza spalancando la porta con una spallata, il ragazzo lo vide entrare e si spaventò: “non ti spaventare!” disse il ricco signore “voglio solo conoscerti, sei un tipo strano ed io sappi sono un famoso scrittore..quelli come te mi incuriosiscono..i miei racconti sono pieni di personaggi simili a te..quindi non avere paura..voglio solo conoscerti” aggiunse il gentiluomo tranquillizzando Giancarlo..
Il ricco signore era entrato nella stanza e subito vide come viveva Giancarlo, era una stanza angusta e povera e vide ad un tratto i fogli del racconto scritto dal ragazzo sulla scrivania messo in bell’ordine e si interessò molto … lesse incuriosito qualche pagina, dopo un po’ intuendo che era un manoscritto molto valido, decise vista l’abilità che aveva dimostrato il ragazzo nello scrivere, di fare un accordo con quel giovane scrittore, anche se si era dimostrato un ladro, la abilità artistica merita sempre un premio pensò: “Se tu ragazzo mi donerai questo racconto, in cambio io non ti denuncerò alla polizia e sarò clemente per il danno morale e lo spavento che mi hai procurato” disse il ricco signore ora meno contrariato.
Dovete sapere che quel signore era un famoso scrittore lombardo, che in passato aveva avuto un discreto successo letterario, ma che ora stava vivendo un periodo di crisi in quanto viveva con la mente in un vuoto creativo molto grave….non aveva più la fantasia di una volta per rimanere uno scrittore di successo, ormai riteneva se stesso una stella consumata.
Il ragazzo rassegnato obbedì al ricatto, quel signore non sarebbe andato alla polizia, quindi Giancarlo ritenne vantaggioso quell’accordo, gli consegnò il manoscritto scritto da lui…tanto ne avrebbe scritto un altro…il signore perdonò Giancarlo del furto della borsa, riprese con se la sua borsa ci mise il manoscritto e poi se ne andò..
Lo scrittore portò il libro del ragazzo nella sua villa, dopo averlo letto ancora una volta e decise furbescamente di porvi la sua firma e lo portò alla stamperia, era un libro di favole entusiasmante che fu stampato nei mesi a seguire ed ebbe molto successo, “che fortuna pensò l’esperto scrittore..senza volere ho incontrato un vero genio della narrativa ed é pure sconosciuto!” e intanto pensava al denaro che avrebbe guadagnato con la vendita di quel libro trafugato.
Infatti il libro di favole inedite ebbe molto successo in tutta Italia e procurò rinnovata fama allo scrittore che si firmò “Ambrogio Vettieri” ed egli ritrovò il successo ed il suo splendore di artista della letteratura italiana.
Ma occorreva ancora aiuto per restare uno scrittore di successo, i lettori erano esigenti ed occorreva scrivere un libro ogni sei mesi, ma come fare?
Il gentiluomo Ambrogio Vettieri decise per bene, e tornò quindi in quel palazzo, da quel ragazzo, in quanto sapeva dove abitava e propose sempre in cambio della sua clemenza, per il torto subito mesi prima, un altro accordo:
”Senti caro ragazzo, so che te la passi male, ma se vorrai il mio aiuto, lo potrai avere, però dovrai seguirmi nella mia casa, ho una stanza per te e dovrai scrivere ogni mese una favola per me, ma non una favola comune, dovranno essere scritte ben 12 favole e dovranno essere tutte bellissime, ad ogni favola aggiungerai una morale alla fine, in cambio io non ti denuncerò e ti regalerò queste dieci monete oltre al vitto ed alle spese di alloggio, sono certo che di questo incarico ne sarai capace..su presto accetta l’accordo!” disse con modi decisi il gentiluomo. “Non ci pensare tanto, ricorda che io posso denunciarti se voglio e passerai dei guai di certo se lo faccio…potresti finire in galera per furto di una borsa di monete” aggiunse questa volta con tono più severo…”perché sai..la parola di un gentiluomo vale più di quella di un poveraccio come te”.
Il ragazzo un po’ spaventato un po’ rassegnato decise di accordarsi con quel prepotente, ormai non aveva niente da perdere, quel signore lo considerava un ladro preso, il ragazzo si sentiva ormai rassegnato ad avere doveri verso di lui e così obbedì all’ennesimo ricatto un po’ per ignoranza un po’ perché non aveva nessuno che lo potesse aiutare, così lo segui ed andò ad abitare nella casa di quel gentiluomo.
Gli fu data una camera con bagno nella villa, ma essa era situata sotto il tetto dell’abitazione, e il ragazzo depose nella stanza le sue povere cose e gli oggetti della sua scrivania tra i quali la statuina porta fortuna e sistemò alla meglio il suo bagaglio, ma restò dispiaciuto quando poco dopo sentì il signor Ambrogio chiudere a chiave la porta della stanza dietro le sue spalle, ora il ragazzo era prigioniero di quell’uomo, quel signore infatti voleva sfruttarlo, nessuno al mondo sapeva che lui Giancarlo era rinchiuso in quella stanza, ormai il suo benessere dipendeva da quel signore…” oh! povero me!” pensò Giancarlo..notando con le mani che la porta della stanza era chiusa per davvero.
Il ragazzo per dodici settimane continuate, riuscì a compiere la sua nuova impresa, egli riuscì a scrivere dodici nuovi racconti ed ottenne di riscontro qualche soldo ed i complimenti dell’estraneo, Ambrogio Vettieri era uno scrittore che si intendeva di libri di successo..”Si! questi racconti sono molto belli ed originali!” pensò lo scrittore nel leggerli, egli ci pose la sua firma e li portò al più presto dal suo amico editore .
Era una fortuna per quello scrittore, egli era un tempo abile nello scrivere, ma ora purtroppo soffriva di poca inventiva e molti erano stati i rimproveri da parte del suo editore, per quel signore quel ragazzo di nome Giancarlo era una miniera di oro, ma nessuno doveva sapere della sua esistenza, quel ragazzo non doveva fuggire ne parlare a nessuno, per fortuna che quel ragazzo era solo al mondo “ sfrutterò il suo genio letterario per benino, il ferro va battuto finchè è caldo!” disse Ambrogio Vettieri fumandosi un sigaro vicino al camino nel salotto della sua villa tutto contento di se.
Così passarono gli anni, il ragazzo Giancarlo scriveva durante la notte e anche di giorno, e vedeva e poteva parlare solo con il signor Ambrogio per tre volte al giorno. Ogni volta Ambrogio Vettieri gli portava via il suo recente manoscritto e aggiungeva dopo averlo letto la sua firma in fondo e poi lo consegnava al suo editore per la pubblicazione.
Il ragazzo Giancarlo otteneva da questo accordo però solo le briciole, mentre il signor Ambrogio guadagnava invece molto denaro e rinnovava ogni volta la fama di essere un bravo scrittore, scrittore stimato da tutta la Milano istruita..la Milano dei salotti e dei club-caffè per gentiluomini aveva dei buoni giudizi per il Signor Ambrogio scrittore..
La situazione era malsana, poiché consisteva nel fatto che praticamente il ragazzo Giancarlo viveva prigioniero nella casa di Ambrogio Vettieri, che lo sfruttava come una vera e propria risorsa artistica. Il ragazzo cominciò a provare un po’ di rancore per quel signore che lo ricattava tenendolo praticamente prigioniero…tutto questo gli sembrava esagerato.
Giancarlo non poteva frequentare amici, non aveva nessuno al mondo, era orfano e per questo pian piano dovette accontentarsi di quella vita e così gli bastava metter da parte quei pochi soldi che gli passava il signor Ambrogio, così il ragazzo lo chiamava “Signor Ambrogio”, egli era diventato il suo tutore e doveva fidarsi di lui, ormai Giancarlo scriveva anche di notte al lume di una debole lampada a olio e dormiva di giorno in quanto stanco…l’unico contatto con il mondo era quel signore di nome Ambrogio, anche se capiva che quel signore lo sfruttava senza riguardi, anche se provava un certo rancore per quel signore in quanto era praticamente suo prigioniero, Giancarlo aveva deciso di accettare quella vita non sana e di rassegnarsi al suo destino di perdente.
Giancarlo poteva bere e mangiare, era servito tre volte al giorno, ma dovendo vivere recluso e non potendo muoversi molto, finì con l’ammalarsi di depressione e diventò una persona triste: “ma la mia vita è tutta qui?” pensava il ragazzo ,” ma i miei sogni ormai sono proprio finiti?” pensava Giancarlo con rassegnazione ogni tanto.
I libri pubblicati da Ambrogio Vettieri avevano sempre più successo in Italia, lo scrittore divenne molto ricco ulteriormente, nei suoi libri si notava una genialità una scintilla artistica piacevole, chi gli aveva scritti si dimostrava un vero genio della narrativa, nessuno immaginava che l’autore dei libri era in realtà un altro.
Il tempo passava per tutti ed il ragazzo soffrendo ormai di insonnia, scriveva tutta la notte e inventava trame geniali,…il ragazzo viveva in quella camera sotto il tetto della villa e ormai quella era la sua vita, unica compagna sincera era la musa ispiratrice della Narrativa…ed unico suo diletto erano le sue fantasie letterarie e il divertimento di descriverle scrivendo..
Ogni volta Ambrogio Vettieri imprimeva la sua firma su quei manoscritti e si presentava dall’editore con essi, il quale si complimentava con lui per il ritrovato genio ispiratore e la sua vena letteraria che sembrava spenta, da un po’ di anni a questa parte era diventata eccellente.
Per il ragazzo Giancarlo invece solo poche lire, lui sapeva del successo dei suoi libri, ma non poteva dimostrare ai lettori ed ai critici di quel tempo, che erano in realtà suoi quei racconti ..e così doveva subire la avidità di quel furbo signore, lui non era nessuno e nessuno avrebbe creduto alla sua verità, anche perché gli era vietato e impedito di comunicare con il mondo, la finestra che dava sulla strada era infatti sbarrata e la porta della stanza era sempre chiusa a chiave…e nessuno oltre che il signor Ambrogio gli poteva parlare.
Ambrogio Vettieri decise di sfruttare quel ragazzo per benino per molti anni e anni ancora e ordinò al neo scrittore in cambio del suo perdono di gentiluomo, altre ancora e altre favole e racconti inediti, dicendogli che il mondo fuori è cattivo con chi sbaglia e solo per il motivo per cui era finito nelle mani di un buon uomo come lui, che Giancarlo in quanto ladro e testa matta, non era ancora finito in galera a causa da qualcuno.
Passarono gli anni ed il Caso e la Coincidenza veri padroni del tempo e del destino, ebbero pena del ragazzo di nome Giancarlo e decisero che era tempo di porre termine a quella ingiustizia che durava da troppo tempo.
Per quel ragazzo non era un bel vivere continuare l’esistenza in quella maniera, prigioniero in quella stanza, fu così che stranamente al signor Ambrogio Vettieri accade qualcosa, egli un giorno tossì ed ebbe un giramento di testa, nel tossire sputò rosso sangue sul pavimento. Si! il signor Ambrogio Vettieri si era ammalato e gli fu ordinato dal medico di riposare e di stare per un po’ in un letto.. al caldo.
Ma giorni dopo, ci fu ancora bisogno del medico, il medico e l’infermiera chiamati a soccorrerlo trovarono il signor Ambrogio un mattino con la febbre molto alta, la diagnosi era severa, il signor Ambrogio Vettieri si era ammalato di tumore ai polmoni, il tumore era in stato già avanzato ed era molto ampio e affaticava il corpo nel respirare, questa malattia gli era stata causata dal continuo fumare sigari e la pipa ad ogni ora.
Si! il tabacco faceva molto male alla salute, ma a quel tempo il fumare era molto diffuso tra la gente. Al signor Ambrogio Vettieri piaceva molto fumare tabacco, lo faceva sentire calmo, ma a causa di questo vizio al signor Ambrogio si ammalò e gli restavano pochi mesi di vita.
Mentre era nel letto malato, il signor Ambrogio si ricordò di quel ragazzo che viveva prigioniero nella sua casa , ora che lui era in fin di vita, si sentiva commosso per la sorte di quel povero genio sfruttato, quel ragazzo gli aveva fatto guadagnare molti soldi, era stato un giacimento di oro per lui e così diede l’incarico alla infermiera che lo accudiva, una giovane ragazza che studiava da poco medicina, di aiutarlo in quanto ammalato anche se si era dimostrato avido,
si! Ambrogio Vettieri chiese a lei in segreto di aiutarlo a rimediare e così disse:“ ascolti Teresa, mia infermiera, questa è la chiave di una porta che si trova al piano di sopra, dopo aver fatto le scale, vada su nel sottotetto e faccia scendere chi ci troverà e conduca qui la persona che si trova rinchiusa in quella stanza!” la ragazza obbedì.
La infermiera aveva capito che si trattava di una cosa grave, di un reato nei limiti della legge, così si comportò con solerzia e poco dopo il ragazzo Giancarlo si trovava al cospetto di Ambrogio, in piedi vicino al letto stupito della sua liberazione.
Giancarlo era indeciso, provava ancora rancore per quell’uomo ammalato nel letto, ma poi questo rancore si trasformò piano piano in rassegnazione mista a commozione vedendo che quel signore stava male davvero, così decise di ascoltare quel che il signor Ambrogio aveva da riferirgli.
Il signor Ambrogio certo ormai della sua morte, aveva deciso di rimediare agli errori della sua vita, e raccontò tutto al ragazzo e all’infermiera, raccontò del suo imbroglio e della sua avida furbizia, confidandosi in modo che l’infermiera facesse da testimone.
“Ti chiedo scusa ragazzo, ma l’avidità mi ha reso cieco e non mi sono reso conto di farti un torto grande rubandoti la libertà e il successo” disse il signor Ambrogio tra un colpo di tosse e l’altro.
“Ho deciso di nominarti mio unico erede, ed in cambio del tuo perdono, ti chiedo di accettare il mio cognome unito al tuo, da ora in poi sarai come un figlio per me, ma prima cara infermiera, mi faccia questa cortesia, chiami il mio editore e gli dica di venire qui nella mia casa per una cosa urgente”. disse il signor Ambrogio tossendo..
Intanto il ragazzo aveva smesso di provare indifferenza per quel signore che pareva a lui ora un debole ammalato bisognoso di aiuto, quel signore era inerme nel letto, ora provava solo pietà per lui.
Nel pomeriggio giunse nella casa di Ambrogio Vettieri l’editore suo amico: “Carissimo amico” disse Ambrogio con una debole voce tenendo strette le mani dell’editore, “come vedi io sono molto malato, come vedi io sto per morire, ma tu devi sapere una cosa grave, e mi scuso per aver imbrogliato anche te, ma devi sapere che tutti quei racconti che ci hanno fatto diventare ricchi entrambi, non sono frutto del mio cervello, ma li ha invece scritti per me questo caro e abile ragazzo che vedi qui in questa stanza, e solo suo il merito di questa mia ritrovata bravura letteraria” l’editore si girò a guardare Giancarlo e capì tutto quanto, Ambrogio continuò: “ora che hai capito, caro amico, ti chiedo di informare tu i giornalisti ed i critici letterari, e di essere testimone di questa verità e rendiamo insieme giustizia a chi veramente merita tutta questa fama e questa gloria e cioè a questo ragazzo che io ho deciso di adottare, ” farò come dici tu caro amico Ambrogio” rispose l’editore che si girò e si accinse a stringere la mano a Giancarlo in segno di scuse.
Nella stanza tutti restarono in silenzio per qualche minuto, le ultime volontà di Ambrogio erano di porre rimedio al suo imbrogliare e così avrebbero fatto, restarono a guardare il malato che aveva chiuso gli occhi, dopo pochi minuti Ambrogio con un ultimo colpo di tosse rauco e dicendo con voce esile “Signore! perdonami di aver approfittato di chi è povero e ingenuo!” dicendo questo morì nel suo letto, mentre tutti i presenti si erano visibilmente commossi per il suo confessarsi…ma prima di morire quell’uomo aveva rimediato, quindi meritava rispetto anche lui.
Tre giorni dopo furono svolti i suoi funerali a cui partecipò molta gente commossa.
La ragazza di nome Teresa, abile infermiera si dedicò con molte cure amorose alla guarigione di Giancarlo, infatti anche lui era sfinito e ammalato di astenia per il lungo tempo che il ragazzo aveva trascorso nella statica prigionia di quella piccola stanza nel sottotetto, senza mai prendere una boccata di aria fresca, egli era vissuto per molti anni impedito alla ginnastica e alla luce del sole, ma il suo corpo giovane aveva resistito e il giovane si riprese dalla depressione con l’aiuto di qualche medicina e guarì, l’amicizia di quella giovane infermiera di nome Teresa si era tramutata nel frattempo in un sincero sentimento per lui e tra i due ragazzi nacque così l’amore e si dichiararono innamorati l’uno all’altro.
Teresa poté raccontare a lui tutte le buone notizie e le novità che erano capitate nella società italiana in quegli anni, mentre Giancarlo era stato tenuto sequestrato…in seguito Giancarlo dedicò a Teresa bellissime poesie.
A causa dell’amore di quella ragazza, Giancarlo sentì risvegliarsi in lui sentimenti di orgoglio e dignità, comprese che aveva si! subito un torto anni prima, ma ora aveva ottenuto giustizia, quel signore che lo teneva una volta prigioniero, aveva anche rimediato donandogli in eredità la sua casa e il suo denaro…Giancarlo aveva inoltre accettato di aggiungere il suo cognome Vettieri al suo nome, come se lui quell’Ambrogio fosse stato veramente suo padre, ora il ragazzo si chiamava Giancarlo Vettieri, lo dicevano i documenti, ora era un uomo realizzato e sistemato…aveva si! passato tutta la sua gioventù in collegio, ma ora aveva finalmente una identità rispettata.
Fu così che il povero orfano dei tempi passati, potè realizzare il suo sogno di diventare un ricco e famoso scrittore, grazie alla sua musa ispiratrice, che come una madre premurosa lo aveva aiutato a diventare bravo nello scrivere, e finalmente era riuscito a diventare anche un famoso scrittore…
Giancarlo e Teresa si dedicarono ad una vita felice nel vivere insieme, si sposarono e da loro nacquero tre figli. I due sposi col tempo poterono gioire felicemente di una dolce vita e dello invecchiare insieme, vivendo una spensierata vita da pensionati ricchi.
Ora che era diventato ricco, il signor Giancarlo poteva usufruire di un buon vitalizio per tutto il resto della sua vita, in quanto aveva preso il cognome di Vettieri, aveva preso questa decisione in onore dell’uomo che aveva causato la sua sistemazione attuale e gli aveva donato una eredità per rimediare ai suoi sbagli, permettendogli una vita nel benessere.
Quel giorno a Milano era un freddo giorno di inverno, era ormai prossimo il Natale , qualcuno suonò alla porta della casa di Giancarlo Vettieri.
La porta fu aperta e sull’uscio apparve un povero ragazzo, vestito con abiti normali, si notava che aveva anche lui l’ambizione di diventare un giorno un famoso scrittore in quanto disse: “ scusi il disturbo caro signore, mi chiamo Egidio, sono uno scrittore inesperto non famoso ancora, e giro casa per casa a chieder poche lire, dando in cambio una copia del mio manoscritto..
sappia signore che l’ho scritto proprio io ed è originale davvero questo racconto…vorrebbe anche lei aiutarmi a passare bene questo inverno così freddo e lungo ” disse il ragazzo sulla porta.
Il ragazzo sull’entrata chiedeva una offerta in forma di denaro o di cibo e avrebbe ricambiato donando a chi gli offriva qualcosa, una copia di un suo libro scritto in precedenza.
Commosso Giancarlo si ricordò che anche lui era stato un povero scrittore e disse: “ attenda un momento! Torno subito” .
Giancarlo ormai era un ricco signore e consigliato da questo si recò nel suo studio e prese dalla sua scrivania un oggetto a lui caro, lo incartò nella carta natalizia e poi tornò subito alla porta dove lo attendeva il ragazzo povero, a lui avrebbe donato in regalo, insieme a qualche soldo, anche il pacchetto che aveva preparato, quel povero ragazzo sull’entrata chiedeva un offerta.. faceva pena..bisognava aiutarlo.
“Tenga bravo ragazzo che questo dono le porti fortuna” e aggiunse come deciso prima, dalla tasca della giacca, anche qualche soldo al regalo in quanto si avvicinava il Natale.
Il povero ragazzo di nome Egidio ringraziò e prese il pacchetto, mise il denaro in una borsa e poi si allontanò, in seguito per strada il ragazzo decise di aprire il dono, forse credeva di trovarci del cibo natalizio, ci trovò invece una statuina raffigurante una fatina, ma non si disperò di questo, in realtà stranamente quell’oggetto incartato rappresentava un statuina simpatica, raffigurava una donna vestita con abiti fantasiosi, sul fondo della statuina c’era una scritta che diceva: “chiedi aiuto alla Signora della Narrativa e vedrai che ogni tua fantasia diventerà positiva”
“Ecco cosa è!” disse il ragazzo “un porta fortuna!” ne fu contento e decise che lo avrebbe conservato come suo nella sua povera casa.
Fu così che Giancarlo ormai anziano, aveva pensato che quello spirito benefico avrebbe potuto insegnare anche a quel povero ragazzo a scrivere buone favole brevi o racconti di successo e in questo modo anche quel ragazzo avrebbe potuto avere la fortuna che tutti meritiamo.
Giancarlo non ne aveva più bisogno, aveva una moglie e tre figli ormai grandi e godeva di un vitalizio molto oneroso da parte di una banca, “ormai sono felice così, non mi manca niente, che abbiano anche gli altri …la desiderata fortuna!”, aveva pensato Giancarlo.
“Tre pasti al giorno e tanti amici, il tempo per scrivere qualche racconto, ed anche così si tira a campare aspettando il domani!” diceva il povero ragazzo di nome Egidio, mentre appoggiava la sua statuina avuta in regalo quel giorno sulla sua scrivania nella sua povera casa..e la storia così termina e così può ora ricominciare, anche se il protagonista avete capito sarà un altro.
Morale:
non perdete mai la speranza, poiché dovete sapere che verità e giustizia trionferanno sempre, dovete solo saper aspettare e questo accadrà..
Fine
Autore: Egidio Zippone
scritto (Milano, Settembre 2011)
Giudizio: originale, interessante
voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Il foruncolo sul naso

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(racconto di tipo verde e bianco)

FAVOLE DI EGIDIO..(per mamme e bambini)

IL FORUNCOLO SUL NASO..
INTRODUZIONE: quando i bambini sono troppo curiosi, finiscono prima o poi con il subire i problemi che li hanno incuriositi..ma..
INIZIO
Fiaba: Il foruncolo sul naso
C’era una volta in un paesino di campagna un ragazzo di nome Vanesio…che riteneva se stesso molto bello.
Tutti gli facevano complimenti e lui era contento di essere un bello… era quella la sua vanità di vita
Un giorno però si guardò allo specchio…e cosa vide..sul suo bel naso si era formato un grosso e rosso foruncolo..e questo foruncolo faceva pure prurito..era molto fastidioso.
E così il ragazzo pensò come guarire da esso..aveva sentito dai suoi genitori..che esisteva una “fonte del miracolo” e decise di andare a quella fonte dove una volta si diceva in paese, era apparsa la fata Gelsomina, fata buona e amica di tutti, per guarire il naso con un suo miracolo…
Cammina e cammina il ragazzo arrivò al di là del bosco e trovò la fonte miracolosa.. se una persona si immergeva ed esprimeva un desiderio prima o poi esso si realizzava..così diceva una leggenda di paese.
Il ragazzo di nome Vanesio, si avvicinò alla fonte miracolosa e si immerse nella sua acqua.
Si immerse..e contemporaneamente desiderò tanto di guarire dal foruncolo che aveva sul naso.
Aspetta e aspetta ancora, passò di li un lupo che lo vide pensieroso e immerso nella fonte e gli chiese:
(dovete sapere che nelle fiabe gli animali possono parlare come le persone)
“Ragazzo che ci fai li!” domandò il lupo
“Aspetto che mi guarisca questo brutto foruncolo che ho sul naso”..rispose il ragazzo.
“Ah ah! come sei buffo con quel foruncolo sul naso…. sembri un pò stupido!” disse il lupo
E in quel momento come per miracolo il foruncolo guarì sul naso di Vanesio, ma diversamente andò a formarsi sul naso del lupo perchè era stato troppo curioso e sgarbato..
E così il ragazzo se ne tornò felice alla sua casa.
Il lupo senti allora un forte prurito sul naso e cominciò a lamentarsi e disse che voleva guarire anche lui da quel foruncolo.
E così il lupo cominciò a rotolarsi sull’erba ed a camminare sulle due zampe posteriori, poiché le anteriori gli servivano per grattarsi il naso…finchè uno scoiattolo da un albero lo guardò e disse:
“lupo che stai facendo?”
“Voglio guarire da questo foruncolo che ho sul naso”
“Come sei buffo con quel foruncolo.. sembri un pò imbranato” disse lo scoiattolo..
e in quel momento come per miracolo..il foruncolo sparì dal naso del lupo e si formò sulla faccia rossa dello scoiattolo che era stato curioso e sgarbato.
Lo scoiattolo avvertì il foruncolo e spaventato si mise a urlare perché il foruncolo faceva proprio prurito e lui non lo voleva sul suo naso..
Attirò con il suo grande squittire e lo agitarsi, l’attenzione di un gatto che passava di lì che gli disse:
“scoiattolo che fai?”
“Sto urlando perché voglio guarire da questo foruncolo”..
” Come fai ridere, con quel foruncolo sul naso, sei proprio ridicolo!” disse il gatto…
e subito in quel momento il foruncolo come per miracolo scomparve allo scoiattolo e apparve invece sul naso del gatto curioso..che spaventato scappò e tornò subito alla sua casa.
Dovete sapere che il gatto di cui stiamo parlando, era il gatto della strega Befana, che sapete di già, che durante la Epifania porta i regali ai bambini buoni, ella abitava in una casetta nel bosco ed era in attesa delle festività natalizie ..tale Befana vedendo tornare il suo gatto in tutta fretta e vedendolo intento a graffiarsi il naso di continuo, si incuriosì e gli disse:
“gatto che stai facendo? non fare il maldestro.. perchè così ti farai male al naso!”
La Befana non doveva fare quella domanda curiosa, in quanto il foruncolo sparì dal naso del gatto ed apparì sul naso della Befana perché non si era fatta i fatti suoi.
Ma cosa capitò diversamente? La Befana si guardò allo specchio e disse:
”però questo foruncolo mi piace, mi dona, mi fa sembrare più simpatica e più strega!” e decise quindi di tenerselo quel foruncolo….
infatti la Befana dell’Epifania, può avere anche i foruncoli sul naso…che c’è di strano é anziana… e poi la Befana non ci tiene a essere alla moda e quindi anche se ha un foruncolo sul viso è contenta lo stesso.
Morale: chi è curioso dei fatti degli altri..diventa partecipe dei problemi che evidenzia, soprattutto se lo fa con domande sgarbate ..e rischia che i rimproveri che ha fatto, poi li fanno anche a lui così impara.
mai essere troppo curiosi, un po’ di curiosità va bene…ma non deve essere mai troppa.
Fine
autore: Egidio Zippone

(Milano, Ottobre 2010)
Giudizio: divertente
voto (da 5 a 10) : 9

 

Favola di Egidio: l’Eremita, gli animali e l’albero

 

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(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura 25 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

L’EREMITA, GLI ANIMALI E L’ALBERO..

INTRODUZIONE: un albero dai frutti magici, deve essere tutelato dai ladri di frutti, ma un eremita non può farlo poiché ha bisogno del suo tempo per pregare, ma non tutti gli esseri sono adatti a questa tutela..

Favola: l’Eremita , gli animali e l’albero

Inizio

Ambientazione luogo della favola…..nel mondo delle favole in Asia, in un altipiano asiatico,

Esisteva una volta, nella lontana Asia, di preciso nella terra di chissà dove, un eremita animista di nome Lin-Chan.

Egli era padrone di un albero i cui frutti mangiandoli davano i benefici del saper comprendere la disobbedienza e l’obbedienza, essi erano molto importanti..con tale comprensione si poteva dare consigli per vincere le frustrazioni causate dai problemi della vita.

l’eremita era padrone dell’albero dai magici frutti…ma aveva un timore..temeva che altri si nutrissero di quei frutti rubandoli e facendone un uso errato….in quanto i benefici del far giustizia e del far ingiustizia considerati insieme, erano pericolosi per chi aveva tendenza ad esagerare.

Un giorno infatti l’eremita passeggiando per il suo giardino vide che sull’albero c’era un uomo che si chiamava Kentoci (l’ingratitudine)..che gli stava rubando i frutti del pluralismo…si arrabbiò molto ed in preda al rancore lo cacciò via..

Di conseguenza disse: “bisogna difendere l’albero …ma io non posso star qui a far da guardia all’albero tutto il giorno e la notte..devo pregare le Forze del Bene, molte volte al giorno come fanno tutti gli eremita per portare fortuna alla Natura..quindi non mi posso allontanare.”

Lin-Chan decise di dare questo compito a qualcun altro….ma forse decise con troppa premura…decise di chiedere aiuto al panda nano Trifù (la pazienza) che era suo amico devoto.

In cambio del suo servizio ..(dovete sapere che una volta i panda erano piccoli di statura e molto smemorati) l’eremita Lin-Chan gli promise che gli avrebbe donato il miracolo di dargli una buona memoria e un corpo più grande, “così potrai competere nella forza e nell’intelligenza con gli altri animali della Terra”.

Il panda accettò l’incarico..e per tutta la notte ed il giorno Trifù “il panda nano” camminò in torno all’albero per ore e ore…di giorno e di notte..avanti e indietro intorno all’albero, finchè nel pieno della notte putroppo stanco si addormentò..li vicino all’albero…

Nel proseguimento della notte arrivò Kentoci l’uomo, che vedendo il piccolo panda addormentato..rubò tranquillamente parte dei frutti dall’albero..e se ne andò indisturbato…per vendere i frutti magici al mercato del villaggio.

Al mattino si scoprì il furto… ed il panda fu rattristato….”che stupido sono proprio un incapace..dovevo chiedere aiuto a qualcuno anch’io, non c’è la faccio da solo a fare la guardia all’albero!” disse Trifù.

Il panda decise di chiedere aiuto all’amica capra chiamata Semù (la fertilità) e gli disse:”fai la guardia tu Semù..se vedi qualcuno che ruba svegliami che corro ad acchiappare il ladro”….gli disse così…ma la capra di far la guardia durante il giorno va bene…ma durante la notte..con tutto quel buio..i gufi…i pipistrelli..i ruggiti lontani degli animali feroci e per la paura tanta che aveva nella testa….per non provare piu’ paura terrorizzata come era…si mise un sacchetto di stoffa sulla testa, per i molti pericoli che avvertiva in torno a lei, in quanto era molto paurosa…

Durante la notte arrivò Kentoci l’uomo..che vedendo la capra con il sacchetto di stoffa sulla testa, e quindi pensandola innocua, decise di rubare ancora i frutti dell’albero, si comportò così e se ne andò indisturbato.

Al mattino si scoprì il furto e il panda disse “che stupido che imbecille che sono, ho chiesto aiuto a quello sbagliato..è colpa mia..dovevo chiedere aiuto ad un altro!”

Allora il panda dovendo assolvere il compito..chiese aiuto all’orso ..”fai tu la guardia orso Mangù (la forza)… appena arriva il ladro chiamami!”…l’orso accettò l’incarico..

Di giorno far la guardia va bene..ma la notte : ”però che sonno!” diceva l’orso …gli prese un sonno infatti… poiché si annoiava a stare da solo giocherellone come era..e si addormentò anche lui… li vicino all’albero..

Durante la notte arrivò Kentoci l’uomo, che vedendo l’orso addormentato..decise di rubare anche questa volta i frutti dell’albero, si comportò così e se ne andò indisturbato.

Passarono i giorni e finalmente l’eremita Lin-Chan andò sotto l’albero per controllare se tutto andava bene e vide che i frutti erano molto diminuiti nella quantità rispetto a quanto ricordava… si irritò molto e rimproverò così duramente il panda..”Sei proprio un buono a niente Trifù, non dovevo fidarmi di te!” gli disse….

“Come fare?” pensò l’eremita….così decise di chiedere aiuto ad un altro..”Chiederò aiuto alla grù di nome Manù (la furbizia)..sarà lei a far la guardia all’albero!”..in cambio dell’aiuto l’eremita gli avrebbe fatto dono con il miracolo di diventare simpatica e di diventare allegra (le grù una volta erano tristi e antipatiche)…con tali doni sarebbe diventata diversamente e si sarebbe fatta più amici.

La grù accettò l’incarico e si mise subito al lavoro…comprese subito dalle tracce sul terreno, che il ladro era un uomo ..e sapendo che era difficile vincerlo..decise di andare nella giungla per chiedere aiuto alla tigre Zemira (la cattiveria)…promettendogli…”Ti darò da mangiare carne umana di cui tu.. tigre… sei molto ghiotta, ti potrai nutrire mangiandoti un uomo, sarà così se tu tigre sarai capace di acchiapparlo!”… “e dove lo trovo un uomo indifeso?” rispose la tigre…”io che sono una grù, sò dove l’uomo si reca tutte le notti a rubare..devi solo aspettare e nasconderti!”.

Durante la notte l’uomo Kentoci si avvicinò all’albero per rubare e vedendo la grù, ormai stanca, che dormiva li vicino…decise di salire sull’albero dove però incontrò per sua disdetta la tigre che se lo mangiò subito in un boccone..gnam gnam!

Il mese dopo l’eremita animista tornò a vedere cosa succedeva al suo albero..e scopri che tutti i frutti c’erano ancora..e fu molto contento di questo.

Come promesso dall’eremita, subito premiò con un suo miracolo la grù Manù, che diventò all’improvviso allegra e simpatica.

La grù era felice ma si accorse che qualcuno non lo era e per consolarlo disse..”Ora che sono stata resa allegra e per fare la simpatica ti prego oh! eremita, di una cosa ti prego…premia anche il panda Trifù che si è molto impegnato nel suo lavoro e che sta ora piangendo per la sfortuna vissuta”…

Era vero il panda stava piangendo ed l’eremita vedendo il panda piangente, diventò commosso dalle sue lacrime ..ma intuendo che chi era stato migliore, la grù, lo permetteva e non si sentiva offesa da questo, decise di donare un miracolo anche a lui, nonostante non lo meritasse …e lo rese più forte, più grande e con una buona memoria ..

Le paure dell’eremita erano finite, l’albero magico era al sicuro, poiché il ladro era sparito, e tutti poterono continuare a vivere felici e contenti.

Dovete sapere che solo l’eremita si nutriva dei frutti dell’albero, essi erano frutti magici.. l’albero aveva tanti nomi ed era anche chiamato “l’albero del far giustizia e del permettere l’ingiustizia”…questa incoerenza era possibile averla mangiando solo i suoi frutti….tale potere permise all’eremita di premiare senza problemi anche chi non meritava (il panda)..comprendendo ugualmente chi invece meritava il premio (la grù)..

A causa del potere dei frutti magici….Lin-Chan non si sentiva in contraddizione nell’aver deciso in questo modo….

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Morale: Per chi potrebbe piacere il simbolismo di questa favola, un breve riassunto:

In quel tempo, dove fallì la “pazienza”, a causa “dell’ingratitudine” dell’uomo, la “furbizia” delle Forze del Bene, invece ne uscì vittoriosa…ed il destino dell’umanità fu migliorato…

Nonostante Lin-Chan era un buon eremita, e probabilmente perchè gli era permesso di nutrirsi dei frutti del far giustizia e del permettere l’ingiustizia, egli potè compiacersi ugualmente di aver commesso ingiusta bontà, permettendo un premio anche a chi non lo meritava….gli fu possibile così di agire a fin di bene perdonando…evitando la sofferenza eterna di qualcuno a causa della pietà che provava per lui..

Non ci resta quindi che essere noi stessi, affidandoci alla più esperta saggezza di chi è un buono nel giudicare….

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Per i più piccoli:

Sappiate cari amici, che a causa dei miracoli di Lin-Chan, da quel giorno tutte le grù sono allegre e simpatiche e i panda sono più grandi (panda gigante) e hanno una buona memoria..

e si dice che se perdoni un panda per la sua vita disordinata, esso ti sarà grato per tutta la vita…poiché non può dimenticare il tuo perdono a causa della buona memoria che ha.

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano Novembre 2007)

Giudizio: interessante, divertente

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: La principessa Manuela

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(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico dedicato per la lettura 25 minuti..

FAVOLA DI EGIDIO..

LA PRINCIPESSA MANUELA..

INTRODUZIONE: una principessa credeva nell’amore puro e sincero che non si inventa scuse ne falsità, molti principi la volevano in moglie, ma lei era indecisa…

INIZIO

Favola: La principessa Manuela

Viveva in un regno lontano .…ma è meglio dire nel fantasioso mondo delle favole una principessa..

C’era una volta infatti un facoltoso re, egli cercava un marito per sua figlia che si chiamava Manuela..poiché voleva da lei un erede.

Ma la figlia Manuela era negligente al riguardo e non voleva sposarsi, nonostante fosse molto bella ed gli spasimanti numerosi, ella era diffidente.

“Senti papà secondo me..essi vogliono solo i miei soldi e parte del tuo regno…che avranno sposandomi un giorno!”..disse la figlia a suo padre il re.

“Io non voglio sposare una persona che non mi ama!” aggiunse la principessa

Ma il padre insisteva ..”devi rischiare…figlia mia..è tempo che mi dai un erede”

Così un giorno viste le insistenze del padre..la figlia cedette alla sua volontà..e accettò di prendere marito

“Mi sposerò padre..ma sarò io a decidere con quale criterio sceglierò il mio futuro marito questa è la mia condizione!” affermò risoluta la principessa

Il re vedendo la figlia così decisa..acconsentì al suo capriccio.

“Va bene sceglierai tu il criterio con il quale lo sposo ti piacerà” disse il re.

La settimana dopo furono invitati tutti i pretendenti alla sua mano

I pretendenti furono presentati alla principessa ed a ognuno di loro la principessa consegnò l’occorrente obbligatorio dicendo:

“Ecco un quaderno di pagine bianche, una boccetta di inchiostro e una penna e dovete usare solo queste tre cose per partire tutti alla pari…il vostro amore per me, farà la differenza.

Se mi amate scrivete con queste tre cose e solo con queste tre cose molte “poesie di amore” per me..

Tornate tutti tra una settimana ..colui che ha scritto la poesia che mi piacerà di più….sarà mio marito” disse la principessa.

Dopo una settimana, essi tornarono a corte..portando con se i quaderni utili alla selezione…tra loro c’era un principe, il più giovane, di nome Enrico..che poveretto non aveva scritto nemmeno una poesia…ma che strano.

Il principe aveva tentato più volte di scrivere una poesia con quell’inchiostro…ma secondo lui l’inchiostro che gli avevano dato…causava nello scrivere sul quaderno la scomparsa delle parole scritte..le parole svanivano evaporavano tutto ad un tratto

Così il principe Enrico era li per consegnare un quaderno bianco purtroppo.

Con stupore notò che gli altri principi portavano con loro invece, quaderni con molte pagine scritte..ed erano sorridenti e soddisfatti.

Giunse il suo turno e senza vergogna, il giovane principe Enrico, consegnò alla principessa Manuela ugualmente il suo quaderno di pagine bianche.

Quel giorno la principessa lesse tutte le poesie..dedicate a lei..alcune molto belle e altre no…e poi decise, la principessa Manuela dopo aver letto le numerose poesie di amore..si avvicinò al giovane principe di nome Enrico..e scelse lui come sposo.

“Ecco questo è il mio sposo..scelgo lui il principe Enrico!” disse al padre.

Dovete sapere che la principessa aveva consegnato furbescamente a tutti i pretendenti un finto inchiostro che sbiadiva appena appoggiato sulla pagina.

A questo punto il re, non sapendo della furbizia della figlia, chiese alla principessa di leggere la poesia che le aveva consigliato il principe Enrico, di certo il suo amore descritto nella poesia, era molto grande, lo aveva reso superiore a tutti gli altri pretendenti.

Manuela invece rispose: “io padre sposerò il più sincero tra questi principi..infatti questo giovane principe…non potendo scrivere poesie per mia colpa ..mi ha consegnato ugualmente un quaderno vuoto..la poesia più bella è questa papà… la sua sincerità e la sua spontaneità dimostrata…questo principe sarà mio marito… il suo coraggio sincero é per me vero amore..

Un amore che non si abbellisce con falsità e cose inutili..ma che si presenta nudo e crudo alla sua essenza di sentimento puro… così come è, sincero e pronto ad ogni giudizio”.

Manuela si avvicinò al principe e chiese ad Enrico: “ Tu mi ami?” ed il principe rispose:

“ Si! mia principessa, mi piaci e ti amo!”,

“Sono certa che sei un principe sincero…e che mi hai detto la verità…non mi vuoi sposare per solo interesse…quindi accetto di maritarmi con te!”… disse Manuela tutta contenta.

I due principi Enrico e Manuela si sposarono e vissero felici e contenti…e fu felice anche il re quando diventò nonno in quanto ebbe finalmente dei nipoti dalla figlia…

Morale:

Anche la vita a volte ….non ci dona capacità e fortuna..con la quale avremmo potuto dimostrare bravura al prossimo ed al mondo..ugualmente però molti hanno saputo apprezzare il nostro coraggio di provarci…

Voi vi chiederete come mai certe donne amano uomini che non si sanno ne abbellire ne rendersi migliore di quel che sono?

Probabilmente perchè se l’abbellimento o il vantarsi sono eccessivi, risulta falso il consiglio che le donne ricevono, sicuramente il soggetto che si vanta ingiustamente, sarà tentato di mentire in futuro su cose molto importanti per il loro amor proprio e questo per alcune donne è insopportabile.

Comunque alcuni uomini semplici, preferiscono avere per moglie una donna più pratica e meno idealista di Manuela…

Manuela é comunque una principessa di sangue nobile quindi è da capire il suo desiderio di vita ideale..

fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Novembre 2008)

Giudizio: interessante, saggio

voto (da 5 a 10): 9

 

Favola di Egidio: L’orsetto Timmy

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO PER MAMME E BAMBINI

L’ORSETTO TIMMY

INTRODUZIONE: un figlio adottato va aiutato nel suo inserimento in famiglia, soprattutto se è un figlio speciale e differente dagli altri figli che si hanno di già..ma..

INIZIO

Fiaba: L’orsetto Timmy

Nelle favole, l’unica regola é che non ci sono regole, e quindi gli animali delle favole parlano proprio come le vere persone.

In una foresta del centro Europa, viveva un orsa di taglia grossa, tutta di pelo di colore bruno

Un giorno questa orsa incontrò un orso vagabondo i due si innamorarono e l’orsa in primavera ebbe un figlio.. un orsetto di nome Timmy.

Questa è la sua storia..e ve la voglio raccontare.

Mamma orsa e l’orsetto Timmy vivevano felici nella foresta..giocavano e si nutrivano del miele della api, di fragole e di mirtilli…e rincorrevano per divertimento le farfalle del bosco che volteggiavano tra i fiori.

Dovete sapere che la felicità esiste ma non dura all’infinito….un giorno arrivò in quella parte della foresta un gruppo di cacciatori..motivati da cattive intenzioni …uomini..brutti e cattivi

I due orsi li guardarono da lontano..si chiedevano cosa volessero gli uomini così lontani dalla città

“Non se ne potevano stare a casa loro?” disse mamma orsa.

Mamma orsa tentò inutilmente di nascondersi….gli uomini volevano catturali…tesero agli orsi una trappola…con del cibo molto nutriente e profumato messo in una scatola…gli uomini riuscirono a rapire Timmy con una rete..la vita spensierata per Timmy terminò quando lo catturarono,.

Mamma orsa cercò Timmy per tutta la foresta..in lungo ed in largo.. e mai più lo trovò…un giorno si rassegnò e disse: “farò nascere un altro orsetto in primavera…addio Timmy!…”

Cominciò l’incubo per Timmy….egli era rinchiuso in un borsone ed era tutto sballottato da ogni parte..non capiva niente… cosa stava succedendo?…L’orsetto Timmy era ormai prigioniero in un sacco e posto in un bauletto di un camioncino, diretto chissà dove forse in città.

Il furgone raggiunse una casa dove abitava un veterinario che apri il sacco e visitò l’orsetto,..Timmy tento di morderlo ma fu inutile l’uomo era più forte di lui e lo teneva fermo..

Timmy era sano..disse il medico: ” é un orsetto sano e robusto!..sarà dato in adozione alla famiglia che ne ha comandato la cattura”.

Essa era una famiglia ricca che aveva pagato molto bene i cacciatori..tale famiglia voleva che nel loro parco privato..vivesse un orsetto per far giocare e divertire i tre bambini che avevano…i bambini avevano visto in un film gli orsi ed ora ne volevano uno tutto per loro..e inoltre la famiglia voleva che l’orsetto abbellisse la loro villa rendendola curiosa ai visitatori con i suoi modi da giocherellone…

L’orsetto Timmy fu consegnato ai possessori di quella villa, come si farebbe con un pacco postale, chiuso in uno scatolone con i buchi per respirare.

La mamma umana che abitava in quella casa accettò l’orsetto e gli disse:” Timmy fai compagnia ai tre bambini…. falli divertire con i tuoi modi buffi e goffi da orsetto..ti terrò con me come un figlio mio”..e gli diede un biscotto.

All’inizio i bambini della villa erano incuriositi da Timmy, e giocavano con lui, ma un giorno gli stessi bambini umani non ne volevano sapere più dell’orsetto..essi lo avevano osservato con curiosità per un po’, divertiti dal suo aspetto, era proprio un orsetto bruno come quello del film..ma dopo avere capito tutto di lui..dopo qualche giorno si stufarono e lasciarono l’orsetto veramente solo…

Infatti quando ci fu ora di pranzo dissero a Timmy con tono capriccioso …”tu non sei un bambino come noi…non devi fare colazione con noi e devi mangiare da solo in disparte..fai il bravo orso!” e lo spinsero via con uno spintone e tolsero per dispetto il suo sgabello dal loro tavolo affinché l’orsetto non avesse da sedersi.

Timmy si arrabbiò molto e voleva che tutti quei bambini diventassero orsi come lui..ma come fare…”questo é impossibile!” disse la mamma umana….”è vero sono un po’ vanitosi…ma devi abituarti a loro..”

Timmy si mise a piangere come farebbe un orso….emettendo mugolii tristi…”ma come faccio ad abituarmi a loro sono cattivi!”..faceva capire l’orso..e saltò in braccio alla mamma in cerca di protezione.

Così la mamma umana capi il problema del “figlio adottivo” e quale torto aveva fatto alla sua natura selvatica….gli animali devono vivere liberi..non in casa degli umani…ma ormai era tardi per Timmy la sua vera mamma lo aveva dimenticato.. ormai l’orsetto sapeva di profumo umano…

La nuova mamma decise di rimediare e consigliò a Timmy di seguirla in una pasticceria..dove i due comprarono molti dolci e gelati….Timmy scelse da lui i dolci..aveva capito la strategia della mamma umana..era una buona idea…”sono tanti i gelati.. ne servono tanti” disse la nuova mamma.

Finiti gli acquisti i due tornarono a casa e la mamma disse a Timmy di regalare ciò che avevano comprato, disse: “ offri i gelati ed i pasticcini a tutti i bambini..dai..fai il bravo orsetto!”

Così l’orsetto Timmy andò vicino al loro tavolo dove i bambini giocavano e offrì loro i dolci comperati.

Ci fu un attimo di silenzio e di imbarazzo..i bambini videro i dolci….ma erano diffidenti…ma poi il più grande dopo averci pensato su affermò:

“io dico che questi dolci sono buoni!” e ne afferrò uno subito..e subito gli altri… anche gli altri bambini fecero altrettanto…”si! sono buoni e ne presero una manciata anche loro…“…gnam gnam” “facevano così i bambini con la bocca piena di dolci e si misero a mangiarne a non finire..ed anche Timmy ne mangiava con loro poiché era lui che gli offriva i dolci quindi poteva partecipare all’abbuffata”.

Tutti felici i bambini gustarono i dolcetti e tutti fecero complimenti a Timmy che aveva saputo scegliere per loro quei buoni sapori…facendo lui molte carezze..

Timmy finalmente fu accolto da tutti i nuovi amici..e insieme ai bambini visse momenti di felicità e di gioia…ma sappiate che Timmy riuscì a convincere anche gli altri bambini a portare i pasticcini ogni tanto e si!..e così altri bambini portarono pasticcini…e altri bambini ancora, anch’essi ne portarono…per molti giorni tutti i pomeriggio i bambini mangiarono pasticcini in quella villa….sappiamo che era la mamma che finanziava l’acquisto..ma il gusto ed il tipo di ogni dolce lo sceglievano i bambini..

E Timmy fu finalmente accettato dal gruppo..con piena soddisfazione della nuova mamma.

Morale del racconto:

ci sentiamo tutti un po’ come l’orsetto Timmy ogni tanto o forse lo siamo stati, strappati alla nostra vera natura individuale, educati…moralizzati…convertiti e obbligati all’integralismo della interpretazione della vita pensata da altri per noi….e poi forse inseriti in un mondo che non ci vuole lo stesso.

Consiglio a chi si sente speciale “un orsetto Timmy” in mezzo agli altri ancora adesso, di non isolarsi e di fare invece favori e regali al suo prossimo, fate regali a chi volete che così scelga di diventare vostro amico…per far tollerare da loro, la vostra diversa interpretazione della vita.

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Novembre 2007)

Giudizio: divertente, educativo

voto: (da 5 a 10): 9

 

Favola di Egidio: La pecora giudiziosa

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(racconto di tipo bianco e verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

LA PECORA GIUDIZIOSA..

INTRODUZIONE:

Nelle favole fantasiose si sa, le persone e gli animali hanno le stesse opportunità, forse sono persone e forse no, ugualmente di scrivere questa poesia io potrò….

non sempre è possibile tenere nascosti i nostri peccati ai nostri avversari…ma esiste un modo per ottenere pace ugualmente..

INIZIO

Fiaba: la pecora giudiziosa (che giudica in modo onesto)

Un giorno un lupo era affamato e così si mise in cerca per il bosco di una pecorella lontana dal suo ovile.

Finalmente il lupo incontrò una pecorella che stava da sola e si avvicinò a lei e gli disse:

“Cara pecorella così buona e gentile, proprio perché sei buona.. dai fatti mangiare da me!”

e la pecora rispose:

“No! perché mi vuoi mangiare? non sai che io sono di indole mite e pacifica, non mi sembra giusto che tra i tanti devi mangiare proprio me!”

Fu così che il lupo capì che per convincere la pecora ad accettare di morire doveva fare il furbo e così disse:

“Cara pecora devi sapere che io so tutti gli errori che hai commesso e quindi se non vuoi soffrire a sentirteli dire.. fatti mangiare e non proverai più dispiacere nel ricordarli, mi nutrirai, diventerai come me,  e quindi come pecora sarai morta!”

e la pecora rispose tranquilla e calma:

“No! Brutto lupo, devi sapere, che si! è vero che ho commesso degli errori, ma è anche vero che il Buon Pastore mi ha perdonato, e quindi io voglio e posso scegliere di vivere a modo mio”

ed il lupo disse continuando a fare il furbo:

“come fai a essere sicura che pur avendo peccato il tuo Pastore ti ha perdonato davvero…hai tu rimediato ai danni causati dai tuoi peccati?”

“Si! ho rimediato a tutti i miei peccati, ed ho molta Fede in questo, infatti ho rimediato in un modo che commuove il Buon Pastore e ho capito questo dal fatto che quando ero in pericolo ed ho chiesto aiuto a Lui, il Buon Pastore, pur avendo io commesso errori, mi ha salvato ed ha comandato di curarmi, ed ora sono quindi certa che il Buon Pastore mi ha perdonato dei miei errori e che il mio rimediare è stato utile alla mia salvezza!”

la pecora giudiziosa aggiunse risoluta:

“ed ora brutto lupo, vattene via! Altrimenti chiamo il Buon Pastore che di certo vorrà  proteggermi dai predatori come te e ti bastonerà!”

Fu così che anche quella volta il cattivo lupo, temendo che i pastori arrivassero in aiuto della pecora, si arrese nelle sue intenzioni e se ne andò in tutta fretta restando senza mangiare.

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Autore Egidio Zippone

(Settembre 2018)

Giudizio: saggio

Voto: (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Voler diventare un eroe

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(racconto di tipo nero e bianco)

tempo teorico da dedicare per la lettura 30 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

VOLER DIVENTARE UN EROE

INTRODUZIONE: si vergognava di essere stato un vile in passato, ed invece il destino di diventare un eroe in lui si realizzò ugualmente, poiché non temeva più di morire a causa di una profezia….

Favola: voler diventare un eroe

Inizio

C’era una volta, nella città di Milano un ragazzo volonteroso .

Era un ragazzo di vent’anni di nome Walter, che da bambino fu abbandonato in un collegio per orfani, in quanto i suoi genitori erano morti in un incidente di auto, egli ne uscì salvo da quello incidente, ma da quel momento fu solo al mondo e per questo la città di Milano lo aiutò dandogli un rifugio e da mangiare sistemandolo in un orfanotrofio situato in città…

Walter fu sempre grato alla città di Milano per averlo aiutato, in quei giorni era disoccupato e povero, ed ora la città di Milano in quanto generosa lo aiutava anche con un sussidio.

Vivendo con il sussidio del comune e la vendita di qualche libro di poesie…. il protagonista di questa favola tirava a campare…ma il suo sogno non era di diventare artista… ma di essere un eroe per la sua città…così avrebbe ripagato il debito con la sua gente.

Durante questi giorni, nella sua solitudine, Walter suonava uno strumento, una piccola fisarmonica, agli angoli delle vie del centro..e qualche passante rallegrato e commosso dalla sua musica gli regalava a volte dei soldi…era anche questo un modo di arrangiarsi.

Dovete sapere che Walter era tormentato da un brutto ricordo che risaliva a qualche anno prima,,…da ragazzo aveva visto maltrattare da un gruppo di malavitosi una donna, la donna chiedeva aiuto urlando, e lui non aveva risposto alle richieste di soccorso di lei..ed era fuggito spaventato..e si chiedeva sempre come mai si era comportato così?

Il mondo lo aveva aiutato da bambino con la sua solidarietà, ed ora che aveva avuto occasione e poteva ricambiare l’aiuto ricevuto, lui non lo aveva fatto… aveva avuto paura…come mai?…

La donna in questione era solo una donna estranea per lui e non era la sua ragazza, infatti si chiedeva: “come mai sono in crisi per una donna estranea.. allora?”.

Come mai sentiva il bisogno di dover rischiare la vita per lei?..

Walter ripeteva a se stesso da sempre, che non aveva capito quello che stava per capitare a quella donna quel giorno..ma un sospetto lo preoccupava “sono forse un vigliacco?” pensava di se stesso il ragazzo diventando triste…il dovere di sentirsi un uomo coraggioso in lui brontolava…e Walter provava molta vergogna per l’indifferenza dimostrata da lui in quel momento.

In quei giorni, leggendo i giornali, ebbe conferma della notizia e si rattristò davvero, quando lesse dai giornali che quella donna, in quella strada, era stata addirittura violentata, seviziata ed uccisa barbaramente da un gruppo di delinquenti…si sentì veramente in colpa come uomo..lui era li in quel momento e l’avrebbe potuta aiutare…promise quindi che un giorno se ricapitava un occasione identica, si sarebbe comportato diversamente, si sarebbe comportato da vero eroe…ed avrebbe finalmente ricambiato quell’aiuto che la solidarietà del mondo aveva dato a lui.

Questi pensieri gli tormentavano la notte, Walter prendeva la sua fisarmonica e con la malinconia che li percuoteva l’anima a causa del suo senso di colpa, inventava ed suonava musiche tristi e commoventi per calmare la sua coscienza…il ragazzo componeva musiche durante la notte.

Walter viveva da solo in una casa di ringhiera nella zona periferica di Milano…ma era contento, anche se povero, di essere ancora vivo..egli credeva nella verità..vissuta con saggezza e secondo lui le buone intenzioni di vita servivano solo a sbagliare poco, le buone intenzioni non servono a provocare la persecuzione di chi ha commesso errori..ma servono a incoraggiare un minimo di attenzione nella vita, in questo modo Walter dava pace alla sua coscienza di ragazzo…il ricordo di non avere aiutato quella donna e di essere fuggito lo tormentava ancora..ma in fin dei conti egli si diceva consolandosi: “quel momento di vigliaccheria é solo un episodio raro nella mia vita….non va considerato!”..

Walter diventato adulto, crebbe da uomo libero e descriveva nelle sue poesie le bellezze della vita libera e anche se essa era disordinata e povera, egli riteneva la sua vita in armonia con lo spirito che guidava la evoluzione umana…lo spirito che permette di imparare dagli errori.

Tutto questo gli ispirava dei brani musicali piacevoli e con la musica della sua fisarmonica, egli riusciva rallegrare i cuori degli innamorati..ma in realtà la sua musa ispiratrice nasceva dal dolore di sospettarsi un fallito come cavaliere ed eroe, questo lo faceva soffrire ma rendeva allo stesso tempo geniale la sua arte musicale..e così Walter riusciva guadagnare un po’ di denaro dal vendere le sue composizioni ai musicisti esperti e più famosi.

Una notte, la notte del suo compleanno, Walter come al solito non aveva sonno e decise per questo di passare il tempo a dipingere un quadro che raffigurava uno spettro nell’oscurità e poi esaltato dalla suggestione del quadro, decise di scrivere anche una poesia dedicata a esso, accese la lampada sul tavolo.. prese una penna e cominciò.

Egli scrisse una poesia sull’aldilà e sulla morte..ne era così compiaciuto, che volle inventare anche una musica commovente ispirata da quel dipinto e la cantò insieme alla sua poesia.

L’artista rilesse più volte le parole..e le cantò più volte e non si rese conto che si era già fatto tardi..per effetto delle parole scritte della poesia e di quella sua musica dolce, l’adilà si mosse nella sua energia ed apparve davanti al lui..un fantasma…una nube grigia si era formata davanti a lui nel buio e una voce telepatica cominciò a parlargli…ella disse di chiamarsi “il Mago degli Spiriti”.

Lo spirito grigio continuò a parlare e gli disse: ”mortale! devi sapere che mi sono commosso nell’ascoltare le parole e la musica di questa tua dolce poesia in rima…e anche nel vedere il dipinto realistico che raffigura un essere simile a me.

Devi sapere che difficilmente io riesco a provare commozione per cose create dalla vita terrena..e così sono contento di aver provato queste dolci emozioni a causa tua e della tua arte..per ringraziarti, ragazzo, decido di prometterti un regalo!”.

Lo spirito grigio rimase per un po’ in silenzio e poi continuò:

“ebbene ragazzo ho deciso che esaudirò ben tre tuoi desideri per ringraziarti di tre cose: della poesia inventata da te, della buona musica creata da te e della suggestione del quadro che hai dipinto, tutte queste cose parlano della mia aldilà, dove io medito ed esisto, un argomento che mi riguarda..e tutto queste opere, mi hanno molto commosso…bravo ragazzo!”.

Walter non era spaventato, perché quello spirito mentre gli parlava lo comandava a restare calmo e così il ragazzo un po’ contento, un po’ stupito dell’apparizione, decise per se il desiderio da chiedere, era stata la sua creatività a dargli questa possibilità..e pensò tra se e se:” qual’è la mia preoccupazione?… quale è la mia paura?”..si! era quella la sua paura…Walter aveva paura di morire troppo giovane e di ammalarsi..Walter voleva una vita lunga e sana quindi rispose a quel fantasma:

“questo è il mio desiderio.. oh! spirito mago: voglio vivere a lungo e quindi voglio sapere tante cose, ad esempio prima di tutto voglio sapere la data del giorno di quando io morirò..poi voglio sapere se mai mi ammalerò gravemente e poi voglio sapere se incontrerò nella vita una donna che amerà solo me…”

Tu “Mago degli spiriti” che sembri sapere ogni cosa di tutto, di certo saprai queste tre cose ..e quindi sono queste le mie richieste che ti faccio e ti chiedo!” rispose Walter con decisione guardando lo spirito apparso nel buio.

Lo spirito era diventato più evanescente, e sembrava riflettere sulle cose dette dal giovane artista.

Lo spirito rimase in silenzio qualche minuto..poi si rivolse al giovane e gli disse: “tu ragazzo un giorno morirai ..pochi giorni dopo che avrai compiuto l’età di 101 anni…ti ammalerai comunque…. ma di certo guarirai sempre… e solo una donna si innamorerà di te e avrai figli da lei”

Il ragazzo fu contento di queste rivelazioni e decise che quella saputa era l’età giusta per morire..fu contento di sapere che sarebbe sempre guarito da ogni malattia o incidente ..e fu felice nel sapere che avrebbe incontrato il vero amore…non rimase stupito per il fatto che avrebbe fatto figli…pieno di contentezza prese tutto a memoria e siccome si era fatto tardi si addormentò così come era..rimanendo vestito..compiacendosi che il suo futuro era fortunato e la sua vita longeva, non avrebbe più avuto paura di morire, poteva rischiare la sua vita per gli altri, la sua ora in cui sarebbe morto, era di certo lontana …e sapeva che un giorno avrebbe anche incontrato il vero amore, il ragazzo reso ottimista si addormentò e sognò di essere un eroe, si addormentò con un sorriso…mentre lo spirito mago che gli aveva parlato svaniva nel buio .

Passarono i giorni e Walter, aveva trovato un lavoro come impiegato, dopo qualche mese decise di concedersi una vacanza, aveva anche guadagnato un po’ di denaro vendendo la sua musica e le sue poesie.. aveva deciso quindi di visitare la città di Roma..essa distava bene sei ore di treno da Milano e quindi decise di partire da casa sua per dirigersi alla stazione e salire su un treno.

Mentre viaggiava su quel treno… a causa della troppa velocità, proprio in una parte ricurva dei binari, quel treno deragliò dalle rotaie e continuando la sua corsa finì cadendo da un alto viadotto nel fiume sottostante, Walter fu l’unico a salvarsi, fu l’unico superstite, tutti gli altri passeggeri morirono nell’incidente, in quanto l’incidente fu molto grave, il treno si sfasciò del tutto e i suoi scompartimenti si riempirono di acqua facendo annegare i passeggeri all’interno, ma solamente Walter si salvò, si svegliò al pronto soccorso mentre lo stavano visitando ..e il dottore vedendolo svegliarsi gli disse:

“ ragazzo! probabilmente non è oggi la tua ora di morire, sappi che sei l’unico passeggero del treno che si è salvato… sei proprio fortunato!”

Il ragazzo si ricordò in quel momento di quel che aveva detto la apparizione notturna mesi prima e cominciò a credere che tutto era vero, che quelle rivelazioni erano sincere e che era proprio il “mago degli spiriti” quel fantasma che gli aveva parlato quella notte ed aveva riferito a lui del domani.

Tornò a casa e tutti gli amici del bar si complimentarono per la sua fortuna, era stato un vero miracolo, il ragazzo quella notte ci pensò a lungo e decise che sarebbe diventato un eroe, ormai si era convinto che tutto era vero, il ragazzo aveva deciso per questo di diventare un eroe e di aiutare in quel modo il prossimo approfittando della sua certezza che il giorno della sua morte era lontano e difficile da capitare ..egli non poteva morire adesso… quindi ora poteva rischiare la vita per aiutare gli altri, di certo nel farlo non sarebbe morto…

Walter decise di combattere il crimine che disturbava la sicurezza della sua città, molte donne, molta gente pacifica era in pericolo, e lui voleva aiutarla…aveva un debito con la società altruista, la società solidale con i poveri.

Si iscrisse così con l’aiuto dei suoi risparmi, ad una palestra di karatè e juji-tzu, arti marziali orientali, e diventò molto bravo..uno dei più bravi della palestra..dopo qualche anno era pronto, ora aveva le basi per diventare un eroe…il suo sogno era diventare l’eroe della città.

Passarono i giorni e durante la notte vestito in abiti normali ed indossando una felpa con un cappuccio che gli copriva il capo, il ragazzo di nome Walter, si recava cercando il pericolo nelle zone malfamate della città, egli camminava, sostenuto dal suo sogno di essere un eroe, nelle zone più deserte e buie della città, dove agivano i malintenzionati più crudeli, dove la gente per bene aveva paura di circolare, in cerca di atti di eroismo Walter camminava per quelle strade, ormai era convinto che avrebbe vinto la triste realtà di essere un nessuno per la gente.

Ed un giorno capitò la sua vera occasione, in una zona della città, dei malviventi avevano fermato nella strada un auto con a bordo una intera famiglia, essi spaventavano quelle care persone con armi e coltelli urlando e minacciando di uccidere.

Walter non si perse di animo e mentre la famiglia gridava aiuto nell’auto, ma nessuno però accorreva, e mentre i vicini spaventati incuranti delle urla avevano tutti chiuse le loro porte e finestre e fatto scendere le tapparelle in segno di paura, in quanto non volevano essere testimoni di qualche reato senza volere, era infatti quella una banda vendicativa che riteneva quella zona cosa loro, lui Walter incurante del pericolo, diversamente decise di correre in loro aiuto, il ragazzo sapeva che non sarebbe morto e non si preoccupò, Walter si lanciò contro uno dei banditi che era armato di un grosso coltello e gli sferrò un pugnò in faccia: “ tho! ecco un eroe, mi stupisco!” disse il capo dei delinquenti…” adesso lo uccido io questo rompiballe!” aggiunse il teppista minaccioso e così premette il grilletto della sua pistola puntando l’arma contro Walter, il colpo partì, non si sa se il proiettile o più proiettili colpirono il ragazzo, ma si sa che il ragazzo ebbe ugualmente la forza di avvicinarsi al bandito e di colpire il bandito con un colpo di karaté alla gola e il criminale per il colpo marziale alla gola svenne nella strada picchiando la testa sull’asfalto.

Intanto nell’auto la famiglia era terrorizzata ed urlavano tutti quanti, i delinquenti erano ammutoliti stupiti da questo inatteso nemico: ”adesso ci penso io! a questo eroe!” disse un altro teppista in preda all’ira.

Gli altri banditi intanto riuscirono ad estrarre dall’auto, aprendo con forza la portiera e strattonando, una ragazza, la figlia più grande: “No! Lasciate mia figlia!“ urlò la madre spaventata mentre era seduta nel sedile anteriore dell’auto… i banditi intanto avevano preso in ostaggio la ragazza minacciando di ucciderla, Walter era indeciso, era a rischio la vita della ragazza, ma non c’era tempo da perdere e di istinto si lanciò contro il delinquente che la teneva prigioniera e gli sferrò un pugno contro il volto, intanto un altro bandito da dietro colpì la schiena di Walter con un coltello ..ma il ragazzo niente.. non sentì alcun male…quel teppista fu spaventato da quel ragazzo coraggioso e così si mise a scappare… ma Walter lo inseguì e lo immobilizzò con una mossa di judo…intanto si sentivano le sirene della polizia risuonare nella notte, qualcuno dei vicini, più coraggioso degli altri, aveva infatti chiamato la polizia.

Ecco arrivare la polizia e arrestare tutta la banda, Walter sanguinante dalla schiena e dal petto ..era ancora in piedi …e non sentiva alcun male…. fu ugualmente messo in una ambulanza e portato al pronto soccorso…aveva infatti tutta la camicia insanguinata. Walter nell’ambulanza per le ferite riportate ebbe uno svenimento, mentre lo curavano e nel suo delirio la sua mente ripeteva ossessionata…”devo salvare una persona..salvare la gente..devo diventare un eroe..non devo essere più una nullità!”.

Il ragazzo era stato ferito gravemente, ma i medici erano tutti stupiti per la sua rapida guarigione..era come un miracolo..avevano estratto dal corpo del ragazzo due colpi di pistola, inoltre la sua schiena era stata ferita da tagli di coltello… ma nonostante avesse perduto molto sangue, il ragazzo non era ancora morto e stava guarendo. Walter si svegliò in una stanza di ospedale, vicino a lui il volto di una bella ragazza, la riconobbe era la ragazza che aveva salvato dai banditi, più in là i suoi genitori e il suo fratellino più piccolo.

Lei era bella, pensò Walter mentre la osservava, veramente una bella ragazza, e la ragazza disse a lui:” sei un eroe, sei il mio eroe, non siamo niente per te.. eppure tu hai rischiato la tua vita per tutti noi”.

“Complimenti ragazzo! bel lavoro” disse il capo della polizia a Walter mentre era li vicino nella stanza dell’ospedale.

Dovete sapere che la ragazza tutti i giorni andò a trovare il suo eroe in ospedale, per fargli sentire la sua gratitudine e i due ragazzi dicendosi delle belle parole finirono per innamorarsi.

I giorni passarono e Walter finalmente guarì dalle ferite…e fu dimesso dall’ospedale..

Aveva deciso di sposare Sonia, la ragazza che aveva salvato dai banditi, ed ora Walter aveva bisogno di un lavoro vero con il quale avrebbe guadagnato di più, completamente guarito il nostro Walter si arruolò quindi nella polizia e diventò un vero poliziotto, visto le referenze che aveva non sembrò strano, lo aveva raccomandato direttamente il capo della polizia della città di Milano, quindi nessuno dopo qualche anno si oppose alla sua nomina di commissario.

Era lei la donna della sua vita, Sonia, essi si sposarono ed ebbero dei bambini..e vissero felici nonostante la vita rischiosa che conduceva Walter a causa del suo lavoro.

Passarono gli anni ed ora Walter non era più solo…aveva una casa… una moglie… dei figli ed anche un lavoro dignitoso…il suo sogno si era realizzato.

Ritenuto un eroe da tutto il corpo di polizia, in quanto le sue azioni eroiche contro la malavita che infestava la città non si contavano, tanto erano numerose, ma soprattutto la opinione della gente era piena di gratitudine per lui, Walter aveva fatto finire in prigione molti criminali e risolto molti casi di omicidio, l’amore per lui da parte della famiglia di sua moglie era sincero, e lui ricambiava questo affetto restando fedele a Sonia.

Walter visse con coraggio rischiando molte volte la sua vita per gli altri, era quello il suo lavoro, infatti il nostro eroe vinse molte battaglie dichiarandosi nemico della malavita, e diventò giorno dopo giorno l’eroe della intera città come aveva sempre sognato…

La città di Milano lo aveva aiutato quando morirono i suoi genitori nell’incidente..ed ora lui Walter aveva ricambiato il debito compiendo azioni di eroismo per difendere la pace di quei cittadini che lo avevano aiutato, lottando per essi contro la malavita che li affliggeva.

il futuro ed il domani

Sono passati molti anni, siamo nel futuro, nelle favole il tempo non è sovrano, siamo nel 2060 sempre nella città di Milano.

Walter é ormai vecchio e stanco della sua vita di anziano, per la minor salute che ha il suo corpo , ora è solo in quanto sua moglie é morta qualche anno prima, sta pensando che ormai può smettere di vivere anche lui.

E’ felice e contento in quanto i suoi figli sono ormai sposati e diventati genitori, Walter decide che ormai può abbandonare la vita terrena, ed andare a cercare pace nell’aldilà, ormai Walter aspetta la morte come una destinazione obbligata.

Walter si ricorda che la sua vita é ormai alla fine, ricorda all’improvviso, quello che gli aveva detto lo spirito dell’apparizione, vedendo il calendario, Walter capisce che la data della sua morte é ormai vicina, ma non si oppone a questo, é stanco di vivere, é troppo anziano, tra poco Walter compirà 101 anni e la morte sembra a Walter la giusta soluzione al suo corpo invecchiato, comprende che per lui é giunta l’ora di morire..

Nell’aria il ricordo delle parole della sua poesia triste, e con il suo strumento la fisarmonica, Walter ripete un’ultima volta le note della sua musica piena di malinconia, egli é stanco ma felice delle soddisfazioni che la vita gli ha dato, e finalmente le porte dell’Adilà si aprono oltre le pareti della casa….egli vede finalmente la luce…e Walter in quel momento smette quindi di suonare la sua fisarmonica e anche di vivere…

Tre giorno dopo Walter é seppellito nel cimitero Monumentale di Milano, ed i figli ed i suoi nipoti già grandi piangono presso la sua tomba, per la sua scomparsa.

Dopo qualche anno dalla sua morte, ed obbedendo ad un destino comune…complice il giudizio del Signore…in quanto Walter é ritenuto un eroe da tutte le genti, gli angeli tutti decidono e permettono al nostro eroe di reincarnare il proprio spirito in un bambino appena nato sulla Terra, in quanto la reincarnazione è meritata solamente dalle anime di quelli che sono stati ritenuti veri eroi dall’umanità.

Morale: chi non teme di morire, può diventare un eroe, in quanto rischiare la sua vita è normale per lui..egli compirà la buona azione di fare giustizia dei malvagi…rischiando la sua vita ed obbedendo al suo destino che si ripeterà nel tempo..in quanto il mondo ha bisogno di eroi ancora adesso……

Fine

autore: Egidio Zippone.

(Milano Giugno 2012)

giudizio: interessante, avvincente

voto: (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Ernesto ed il brigante (per adulti)

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO

ERNESTO ED IL BRIGANTE (per adulti)

INTRODUZIONE: Come si può fare quello che si vuole nella vita? Sembra impossibile perchè molti impongono le loro regole opportunistiche. .…

Lo scellerato Ernesto lo sapeva bene poiché da ragazzo aveva subito molte delusioni ed anche qualche imbroglio durante la sua vita, e riteneva ormai che il mondo fosse in mano ai furbi, fu così che anche lui inventò un modo furbo per poter creare intorno a se stesso una suggestione favorevole a poter fare quello che voleva, ed a suo modo sembrava che tutto diventava facile alle sue intenzioni..ma..

INIZIO

Favola: Ernesto ed il brigante (per adulti)

C’era una volta, nel 1710 d.c., nel mondo delle favole, un uomo di venticinque anni di età di nome Ernesto, che da un pò di tempo aveva deciso di fare nella vita quel che voleva e non temeva più di disobbedire alle regole dei perbenisti.

Un giorno Ernesto fu visto a rubare, e mentre si era fermato a valutare il valore di ciò che aveva rubato, una borsa piena di monete, gli fu chiesto questo da due ragazzi che lo avevano visto rubare: “ma tu Ernesto come fai a trovare il coraggio di rubare, non temi di essere punito dalla giustizia degli uomini?

“No! io non temo di essere punito, in quanto ho per amico un brigante, che se viene a sapere che qualcuno mi impedisce di fare quello che voglio, questo qualcuno se la vedrà con lui, e badate il brigante si chiama Fra Scorpione ed è molto cattivo, lo chiamano con questo soprannome, perché è velenoso e spietato come uno scorpione!.”

“Se è così ti lasciamo fare quello che vuoi, poiché lo sappiamo… i briganti esistono, conosciamo la loro fama di feroci banditi!” e poi dissero…

“Per carità, presto facciamoci i fatti nostri… non vogliamo sapere altro!.” aggiunsero i ragazzi

Dopo che i ragazzi se ne furono andati Ernesto pensò :“Che creduloni non sanno che questo espediente di essere amico di un brigante l’ho inventato io ed è solo una suggestione” pensò lo scellerato ridendo di loro.

Un giorno Ernesto fu visto in una locanda, vestito di abiti variopinti, dai molti colori, era vestito di rosso, di verde, di azzurro, e di giallo…contemporaneamente vestito così…era vestito proprio a casaccio….

Lo vide un soldato che gli chiese:

“Ma tu Ernesto non sai che il re di questo regno, ha consigliato ai suoi sudditi di vestirsi con abiti dal colore serio, a parere del re bisogna vestirsi tutti di abiti di colore nero oppure di colore blù… poiché è di cattivo gusto fare diversamente se siamo uomini … essere vestiti in un modo dai colori troppo vivaci dimostra di non avere uno stile maschile, se si é veri uomini occorre seguire uno stile serio nel vestirsi..non ti pare?”

“Lo so, ma io non ci tengo ad obbedire al re!” rispose Ernesto ”io non temo di essere rimproverato dal re..poiché sono amico di un brigante che ha il corpo molto muscoloso, ha due pugnali nella fodera… un mantello nero sulle spalle…ed una spada….egli ha pure sulla sua testa un grosso cappellaccio nero….sappiate che il suo nome è Fra Scorpione..ed è un bandito cattivo lo si capisce questo dal soprannome con cui lo chiamano.”

“ Si! esistono i briganti, lo sò!” affermò il soldato

“Si! certo che esiste un brigante con questo nome ed è mio amico, sappia lei… che è anche malvagio e gli piace molto torturare il corpo di chi si ritiene un soldato obbediente del re!” rispose Ernesto…

“Non voglio sapere altro!” disse il soldato e se ne andò e lo lasciò conversare nella locanda anche se Ernesto era vestito in modo stravagante..il soldato decise stranamente di restare indifferente..

“Che credulone quel soldato, non sà che la mia amicizia con quel bandito non esiste e che è soltanto una mia invenzione!” pensò Ernesto.

Un altro giorno Ernesto si vantò nella osteria, di essersi portato a letto la moglie di un altro.

Glielo senti dire un sacerdote che chiese a lui:” non sai Ernesto che l’uomo non deve desiderare la donna di altri?”

“Lo so..ma non mi importa..” rispose Ernesto..”perchè io faccio quello che voglio nella vita…io posso fare quello che voglio… perché ho per amico un bandito…che mi difende dai mariti gelosi..infatti la donna sposata che mi sono portato a letto… non era contenta del proprio marito..ed io l’ho resa ugualmente felice…il brigante che mi protegge dovete sapere si chiama Fra Scorpione!”

“Si! Lo sappiamo anche noi preti che i briganti esistono… e che non hanno timore della legge decisa per gli uomini!” disse il sacerdote

“Certo che esistono!…ed uno di loro è mio amico….e sappiate che si compiace di questo, di saper far paura a tutti anche ai preti perbenisti ..poichè non ha paura di finire all’inferno!” aggiunse Ernesto..

“Non voglio sapere altro..vai pure per la tua strada..quelli come te non mi servono!” rispose subito il sacerdote e se ne andò.

“Che credulone quel prete, non ha capito che l’amicizia con il brigante di cui si è parlato è una mia invenzione!” disse nuovamente lo scellerato Ernesto…

Un giorno Ernesto incontrò per strada un delinquente… si! un pregiudicato, che gli chiese:

“Ehi! tu Ernesto, in quanto tu hai un attività, e siccome questa zona del paese é zona mia, hai il dovere di pagare una tassa sull’essere ladro al protettore della via, che sono io, tassa che io so che è da molto che non paghi…Attento Ernesto che chiamerò i miei complici, che sono tutti malfattori come me, e ti farò bastonare da loro se non paghi subito il pizzo che ti spetta da pagare in seguito alle tue ruberie!” disse il pregiudicato….

ed Ernesto rispose per nulla impaurito certo del suo espediente:

“Attento tu!…cattivo compare!..non sai che io sono amico di un brigante più forte e più cattivo di te..lo sanno tutti questo e tu non lo sai ancora!…devi sapere che io sono amico del famoso brigante Fra Scorpione, che comanda i briganti della foresta, e che potrebbe punire con la sua maggiore cattiveria chi mi minaccia?

“Tu Ernesto sei amico di Fra Scorpione, che è un brigante?…non vorrei che é vero…io ho figli e una moglie e non vorrei che mancando di rispetto a te, in quanto dici che quel brigante é tuo amico…che lui si metta contro di me e metta contro di me tutti briganti che comanda…forse tu Ernesto non sei una vera risorsa per me… in fondo il denaro che mi devi è poca cosa…..ecco vedi…sto per andarmene..non ti chiedo più niente!” ed il pregiudicato si girò per allontanarsi poichè aveva paura di Fra Scorpione.

“Ma Ernesto gli gridò ancora, mentre il pregiudicato era pronto ad andarsene…” Si! certo che esistono i briganti della foresta… ed uno di loro é mio amico, devi sapere… che è anche più forte e cattivo di te, brutto pregiudicato che non sei altro… e usa molte volte la sua forza contro i miei nemici!” aggiunse Ernesto con tono spavaldo..

“Per la feccia di tutte le prigioni! ..non voglio sapere altro!” disse il pregiudicato e decise di allontanarsi in fretta in fretta e si mise anche a correre per allontanarsi prima..

Un giorno Ernesto fu visto in una locanda, bere della birra sul pesce fritto e salato, beveva un buon boccale di birra fresca e assaggiava il pesce fritto,…aveva deciso proprio a casaccio la bevanda….ma proprio sul pesce beveva la birra..oibhò! ciò era strano per molti presenti..

Lo vide un aristocratico che gli chiese:

“Ma tu Ernesto non sai che il re di questo paese, ha consigliato di bere solo vino sulle portate di pesce, a parere del re bisogna dimostrare del buon gusto a tavola… poiché si da un cattivo consiglio.. se siamo noi gentiluomini educati…a non stare attenti a ciò che si beve e si mangia..”

“Lo so, ma io non ci tengo a quel che pensa il re, questo già doveste saperlo!” rispose Ernesto  mentre mangiava il pesce e beveva la birra subito dopo ed aggiunse…

”io non temo di essere rimproverato dal re..poiché sono amico di un brigante che ha il corpo muscoloso, nella fodera ha due pugnali, un mantello nero sulle spalle, un cappellaccio nero sulla testa, e nella cintura ha una spada.”

“ Si! i briganti esistono lo sò e sono molto decisi…sono crudeli!” affermò l’aristocratico..

“Si! certo che esistono i briganti ed uno é mio amico, sappia lei… che è anche cattivo e gli piace molto assassinare i vanitosi aristocratici obbedienti al re, ed il nome di questo brigante è Fra Scorpione!” rispose Ernesto…

“Non voglio sapere altro!” e l’aristocratico se ne andò e lo lasciò cenare in pace nella locanda, anche se Ernesto beveva birra sul pesce..il nobile decise che era meglio restare indifferente..

“Che credulone quell’aristocratico, non sà che la mia amicizia con il brigante non è vera ed è soltanto una mia invenzione!” pensò Ernesto tutto compiaciuto dello stratagemma…….

Fu così che il nostro amico Ernesto, riusciva molto spesso a fare nella vita quello che voleva, ed a chi gli faceva delle obiezioni, diceva che lui era amico di un brigante molto cattivo che non temeva le regole degli uomini ..e tutti lo lasciavano quindi in pace….per la paura di averci a che fare….solo a sentire il soprannome con cui chiamavano quel brigante, scappavano via intimoriti..

Cammina e cammina… un giorno mentre Ernesto era in giro per i sentieri della foresta cosa capitò?

Capitò che il nostro personaggio incontrò proprio il brigante Fra Scorpione in persona e questi era, tutto muscoloso, aveva sulla testa un cappellaccio nero, sulle spalle un mantello nero, nelle fodere due pugnali, ed aveva nella cintura una grossa spada…

Il brigante Fra Scorpione vide Ernesto gli si avvicinò e gli disse: “Sappi uomo, che io sono un vero brigante, e mi chiamo Fra Scorpione, ho molto potere nella foresta poichè comando molti banditi, e so tutto di tutti poiché ho degli informatori, e so che tu sei Ernesto, sei quel tale che va in giro per il paese a dire che sei mio amico e che io… Fra Scorpione… dovrei essere tuo complice nelle tue malefatte, sappi che per tutto c’è un prezzo, se è vero che io ti aiuto a fare quello che vuoi, il mio aiuto va pagato!” affermò il brigante…

Ernesto aveva paura del brigante, poiché Fra Scorpione era molto muscoloso, ma Ernesto non lo faceva capire, poiché era furbo e pensò: “Allora esiste davvero il bandito Fra Scorpione, credevo che era solo una leggenda inventata nelle osterie!”…e furbescamente aggiunse:

“io sono Ernesto e non ho paura di nessuno..è vero che vado in giro per il paese a dire che io ed il brigante Fra Scorpione siamo amici, lo so che questo non è vero, ma devi sapere che c’è dell’altro e questo non l’ho mai detto a nessuno, perchè sono un furbo, in quanto l’aiuto che ricevo da te caro Fra Scorpione, non è un vero aiuto, ma io utilizzo solo la tua suggestione di esistere, con la quale tengo lontano da me chi non si fa i fatti suoi..capito brigante?… è solo una suggestione il tuo aiuto!.” rispose Ernesto al capo dei briganti..

Fu così che il nostro personaggio di nome Ernesto ed il brigante Fra Scorpione restarono soli nel bosco a parlarsi tutto il pomeriggio..

Dopo avere smesso di discutere, il capo dei briganti disse a Ernesto:

” Suggestione o non suggestione….. l’aiuto a te, io comunque in qualche modo te l’ho dato, quindi mi devi pagare quel che mi devi, poichè tutti sanno che non si ruba al bandito Fra Scorpione, puoi rubare a chiunque, ma non a Fra Scorpione!…”

La situazione era diventata pericolosa, Ernesto rischiava di finire sotto tortura o forse assassinato, ma Ernesto sappiamo che era un furbo ed ebbe quindi un idea…

Fu così che Ernesto con molta furbizia disse al bandito Fra Scorpione:

“Adesso vedo che hai capito oh! brigante!…che il tuo aiuto è stato per me solo una suggestione.. ma tu vuoi essere pagato?..va bene! però io ti pagherò secondo questa coerenza!”

Fu così che Ernesto prese dalla sua borsa il sacchetto pieno di monete e cominciò a versare il suo contenuto su una grossa pietra che stava li vicino..

Tin Tin ….Tin Tin…facevano le monete cadendo dal sacchetto e tintinnando sulla dura pietra…Tin Tin..

“Eccoti pagato oh! brigante!…con una sola suggestione di amicizia tu mi hai aiutato, ed io per essere di parola con te… con il solo suono di queste monete ti ripago..la tua suggestione di esistere ho usato e con una suggestione ti ho ricompensato..” disse il furbo Ernesto e poi aggiunse:

“Hai tu… capo brigante… ascoltato con piacere il suono del Tin Tin delle mie monete che tintinnavano sulla pietra?…ritieniti allora pagato con questa suggestione….era piacevole quel suono vero?, per te brigante che sei certamente un avido!.

Il brigante Fra Scorpione intuendo l’intenzione furba dell’uomo Ernesto disse ridendo: ” Ho sentito si, il tintinnare delle monete sulla pietra e mi è piaciuto ..perchè è vero che sono avido..pensò ridendo della strategia di Ernesto..è stata una bella suggestione davvero…ahhaha! ahaha!…. sei furbo tu Ernesto!…per questo mi sei simpatico compare!”…e diede una forte manata con la sua mano sulle spalle di Ernesto, e poi il brigante aggiunse: “ma come tutti i furbi si sà…prima o poi finirai all’ìnferno anche tu!…proprio come tutti noi briganti!” rispose il brigante Fra Scorpione divertito dall’invenzione furba di Ernesto, poiché il bandito aveva capito che il furbacchione Ernesto  non voleva perdere le sue monete….

Detto questo il brigante…senza mostrare permalosità..in quanto sapeva apprezzare l’aver astuzia e l’imbrogliare anche negli altri..detto questo il brigante pensando:…”Tanto sono già molto ricco, che me ne faccio di altri soldi!”…si allontanò ridendo tra se e se e questo per un po’ di tempo, mentre si incamminava per un sentiero della foresta…

Era tardi si stava facendo sera… ed Ernesto restò solo nel bosco…

Fu così che Ernesto raccolse le sue monete da in terra e le rimise nel sacchetto…contento di non averle perdute…

Cammina e cammina, si inoltrò nel bosco, finchè giunse nei pressi di una locanda, entrò all’interno di essa e si sedette ad un tavolo, ordinò subito da bere un boccale di birra fresca e pensò mentre se lo beveva:

”La vita è bella davvero!.. ed ho ancora molti anni da vivere… fatta la regola… gabbato lo brigante!…”

Pensava così di se allegramente lo scellerato ma furbo Ernesto  mentre beveva nell’osteria….e poi pensò:

“Oramai il brigante Frà Scorpione, non mi aiuterà più, dovrò escogitare un altro espediente, per fare quello che voglio nella vita, mi fingerò un soldato, si! un cavaliere, avrò una armatura ed una spada, mi presenterò  come un valoroso e bravo combattente e tutti mi temeranno e mi rispetteranno..si farò così!”

“Quanto a quello che succederà il giorno del giudizio a chi ha preferito nella vita essere più furbo che onesto…sarà quel che sarà!…ora non me ne voglio preoccupare!” ed Ernesto ordinò all’oste anche da mangiare del buon cibo, poiché pensava: “Ho capito e sono convinto che nonostante molti umani sono rimproverati per la loro furbizia dagli onesti perbenisti, i furbi troveranno forse sempre il modo di godere delle gioie della vita..poiché il mondo al parere di quelli come me, è nelle mani di chi sa essere furbo!…alla salute di tutti voi!” disse brindando Ernesto alzando il suo boccale di birra…e continuò a bere ed a mangiare tutto contento..

(il continuo di questa favola si intitola: IL CAVALIERE RAVVEDUTO)

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Morale: per ottenere dalla vita quel che si vuole, è sufficiente mantenersi furbi e avere molta fantasia nel trovare soluzioni, ma si sa che nella vita occorre anche avere un pò di fortuna..

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2016)

Giudizio: interessante, avventuroso

voto (da 5 a 10): 9