Favole di Egidio: il re Tamir e la profezia

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(racconto di tipo nero e bianco)

tempo teorico dedicato per la lettura 30 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

IL RE TAMIR E LA PROFEZIA..

INTRODUZIONE: su un pianeta lontano, le ambizioni di un generale che si voleva re, furono vinte dal senso di giustizia di abili stregoni, che sono del parere che se non si hanno vere virtù, non si può diventare degni di essere un re per sempre.

INIZIO

Favola: Il re Tamir e la profezia..

L’universo è infinito e in esso ci sono molti pianeti più o meno uguali nelle forme di vita che ci abitano.

La storia che vi voglio raccontare non è ambientata sulla Terra, ma su un altro pianeta chiamato il “pianeta Zhumagna” dove molte cose sono uguali al nostro pianeta e molte altre differenti.

Questo pianeta è situato in un sistema solare di sette pianeti ed esso è l’unico mondo di quel sistema solare che possiede tre satelliti..tre lune un po’ bianche ed un po’ grigie ma che abbelliscono entrambe la notte.

In questo pianeta c’era una volta…nel mondo delle favole, tanti secoli fa..in un continente simile all’Arabia, in una regione tra montagne e soleggiate pianure, un villaggio abitato da un popolo di pelle nera, dove in esso viveva un generale obbediente al suo re e che era considerato da tutti molto valoroso, questo generale si chiamava Eleuterio, a questo generale in quel tempo nacque un figlio maschio.

Il padre Eleuterio chiamò suo figlio con il nome di Sidmed Tamir …dovete sapere che il generale Eleuterio, aveva dei dubbi sul destino del figlio, poiché al momento della nascita quella notte nel cielo, una delle tre lune era buia in quanto era oscurata da un eclisse..e questo dicevano in molti che non portava bene.

Il padre si mise quindi in cammino e andò al villaggio vicino, dove viveva uno stregone per chiedere un suo auspicio, lo stregone Bagunzi..questo era il suo nome, era un famoso stregone ed in tutta la regione era conosciuto come un grande mago e saggio uomo, questi lo ricevette con molto riguardo.

Il generale portò doni allo stregone del villaggio per sentire il pronostico sulla vita del figlio.

“Questo bambino un giorno diventerà un re!” disse ad un tratto lo stregone Bagunzi.

“Con quali profezie difenderai la sua buona sorte, oh! stregone..perché io temo per lui…forse se egli diventerà re si farà dei nemici di certo, i quali vorranno estrometterlo o ucciderlo!” affermò il generale riguardo al suo bambino, per tutta risposta lo stregone disse “Ecco! io chiederò una profezia al Signore di nome Zhu che ha creato il nostro pianeta”.

Lo stregone si sedette vicino ad un braciere facendo dei strani rituali col fuoco e con l’acqua…dopo un po’ Bagunzi vedendo nel fumo grigio che saliva dalle fiamme di un falò disse: “Io adesso intuisco una profezia, ed é questa! che solo un uomo che ha camminato attraversando un muro che appartiene ad una montagna e che inoltre durante la vita ha volato nel cielo, potrà vincere tuo figlio a duello e toglierli il comando ed il restare un re per sempre!”

“Ma questo è impossibile oh! stregone, non esiste un uomo così al mondo!” disse il generale e padre di Sidmed Tamir….e lo stregone aggiunse “Infatti anch’io la penso così, secondo le leggi attuali questo è impossibile alla natura, di solito un uomo non può attraversare un muro e mai un uomo può volare, questo significa che mai tuo figlio Sidmed Tamir sarà vinto e quindi se diventerà re lo sarà e resterà per sempre un re… quindi puoi stare tranquillo oh! generale… tuo figlio avrà fortuna….nessuno uomo che esiste impedirà alla vita di tuo figlio di diventare vincente.” rispose lo stregone Bagunzi.

Il generale ringraziò lo stregone e riportò suo figlio al suo villaggio.

Il giovane Sidmed Tamir crebbe e visse influenzato da questì presagi, che suo padre raccontava a lui ad ogni compleanno…il figlio ormai grande sognava di diventare un giorno un vero re.

Sidmed Tamir diventò un soldato e vinse le molte battaglie decise dal suo re, e ottenne per questo un buon incarico, fu nominato dal re suo fidato generale.

In quegli anni però accadde che suo padre Eleuterio si ammalò di malaria e morì, e Sidmed Tamir restò solo.

“Devi diventare re!” diceva una voce spirituale nella testa di Sidmed Tamir ogni notte prima di addormentarsi “regnare è il tuo dovere di vita, lo hanno pronosticato il giorno della tua nascita…ricordi?”..era la voce della sua ambizione causata dalla profezia ricevuta da bambino..era per il generale Sidmed Tamir quella un ossessione ormai..

Nei mesi seguenti accade che il re mentre andava a caccia fu morso da un serpente velenoso…il re a causa del veleno del serpente si ammalò gravemente è mori poco giorni dopo..

Fu così che il generale Sidmed Tamir a causa del suo sogno ambizioso, decise quindi di tradire le intenzioni del re che lo aveva nominato generale, dimostrando così ingratitudine a chi si era fidato di lui.

Nei giorni seguenti il generale Sidmed Tamir, si accordò con altri soldati, a cui promise incarichi nobili, se diventavano suoi complici, e organizzò insieme a loro una congiura contro il legittimo pretendente al trono, che era il giovane principe Teodoro, bisognava ucciderlo prima che il principe fosse nominato re…ormai la grave decisione era presa.

Sidmed Tamir che era un generale e che poteva entrare ed uscire dagli alloggi della fortezza reale senza destare sospetti…durante la notte entrò nella ampia dimora del principe e con l’aiuto di un complice che stava tappando la bocca al principe per non farlo gridare, strangolò il principe con le sue mani usando una corda..il principe Teodoro ereditario al trono morì soffocato.. .

Nessuno si accorse di nulla, al mattino i servi trovarono il corpo di Teodoro morto nella stanza.

Per sfuggire alle investigazioni “dell’assemblea dei giusti”, nobili che avevano l’incarico di difendere la giustizia nel paese, fu deciso dai congiurati di accusare di essere colpevoli dell’omicidio solo alcuni capi dell’esercito che si sapeva che in precedenza avevano litigato con il principe Teodoro, furono accusati solo quei generali avversari di Sidmed Tamir, e tanto fecero i congiurati che gente onesta fu condannata a morte ingiustamente.

Il generale Sidmed Tamir, diventò l’unico pretendente al trono, poiché stranamente nessun’altro si riteneva degno di tale incarico, Sidmed Tamir poiché era l’unico generale che dimostrava ambizione al riguardo, fu dichiarato legittimo re dall’assemblea dei nobili e diventò così il vero governatore del suo popolo.

Dopo anni di governo, re Sidmed Tamir si accorse che le casse ed i forzieri del regno erano poveri di oro e lui sentiva la necessità di soddisfare i suoi sogni di conquista, ma per sentirsi un valoroso occorreva avere molto oro e risorse umane, occorreva fare la guerra a qualcuno.

Così il re Sidmed Tamir comandò una guerra contro un popolo confinante..che era un popolo pacifico e amico, ma erano purtroppo per loro anche ricchi di risorse…l’ambizione di un re causò la guerra, re Sidmed Tamir ordinò ai suoi soldati: “Vogliamo l’oro e quindi miei soldati …andiamo a toglierlo a chi c’è l’ha!”

Sidmed Tamir dichiarò quindi guerra al popolo dei Pumsmall che aveva l’unica colpa di abitare nei confini delle terre di quel re avido.

I due eserciti diventati avversari combatterono con coraggio e valore, ma il re Sidmed Tamir  che era un buon generale, vinse i suoi nemici in una lunga battaglia che durò tre settimane.

In seguito per potersi appropriare delle ricchezze del popolo dei Pumsmall da lui vinto, ed ottenere anche schiavi per le sue opere monumentali, deportò da quei luoghi molti uomini nelle sue terre e li tenne prigionieri per se e sterminò il resto di essi, sia che essi erano donne, sia che essi erano bambini, comandò di ardere subito i loro corpi su pire infuocate, commettendo un tremendo crimine contro la umanità e contro il Signore del pianeta di nome Zhu..

Questo suo comportamento causò il rancore nei suoi riguardi dello stregone Bagunzi..che aveva molti amici e parenti in quel popolo ..che decise per bene..e pensò:” E’ necessario punire questo re crudele….io l’ho reso ambizioso ed io causerò la sua rovina!”.

Ormai re Sidmed Tamir  aveva commesso il genocidio di un popolo pacifico e si era impossessato delle loro miniere, terre e tesori, fu in questo modo che re Sidmed  Tamir  potè arricchire il suo regno e finanziare la costruzione di tempi dorati, dedicati a se stesso ed a enormi statue che lo raffiguravano, che secondo lui difendevano il suo nome e portavano fortuna alla sua casa.

Ma la sua coscienza non era difesa, ogni tanto dei sensi di colpa gli rimproveravano dei suoi comportamenti da assassino, re Sidmed Tamir  infatti non dormiva bene le sue notti, i suoi sogni erano tormentati.

Nel regno intanto i suoi nemici speravano che le profezie nefande contro di lui si avverassero…troppa era la ingiustizia che macchiava l’onore del loro popolo.

Dopo qualche tempo infatti un suo generale gli disobbedì e organizzò rapidamente una congiura contro di lui, dei soldati nemici entrarono nel palazzo comandati da Ibrahim Karim, così si chiamava il ribelle, egli era il capo dei congiurati e sfidò a duello il re, per il re Sidmed Tamir  era segno che la tolleranza per il suo regnare era finita.

Ma il re Sidmed Tamir sapeva che solo un uomo che aveva camminato attraverso un muro e che aveva volato nel cielo poteva vincerlo in duello e disse quindi allo sfidante…”tu ora morirai in quanto può vincermi solo un uomo che non esiste!”.

“Esiste oh! malvagio re, esiste quell’uomo…sono io quell’uomo!” disse il ribelle Karim fiero di se.

“Devi sapere che io ho viaggiato per tutta l’Asia Occidentale ed in Arabia, e sono arrivato in un oasi sconosciuta in mezzo ad una pianura, in quella oasi un lago profondo era rifornito di acqua da un ampia cascata che scorreva da una parete rocciosa unita ad una montagna li vicino,

mi avvicinai a quel muro di acqua della cascata e in quel momento sentii una voce nell’aria che mi diceva di passarci attraverso ed incuriosito da questa magia decisi di attraversarlo, dietro il muro di acqua spesso, che io ho attraversato, ho potuto intravedere una grotta ampia e in quel luogo mi sono sdraiato e riposato e così sono entrato nella montagna attraversando un muro..come dice la profezia..poiché anche il muro fatto di acqua è pur sempre un muro..

In seguito mi arruolai nell’esercito e la organizzazione dell’esercito mi mise al servizio dello stregone Bagunzi, che mi comandò a munirmi di una sua invenzione composta da ali di legno leggero coperte da tele di lino incollate e cucite, munito di questo armeggio posto sulle spalle, obbedendo come un soldato coraggioso, fui poi comandato a lanciarmi nel vuoto da una alta montagna, e quindi io Ibrahim Karim sono anche riuscito a volare nel cielo pur essendo un semplice uomo.

Come vedi risulta che io Ibrahim Karim ho camminato attraverso un muro anche se di acqua, ma sono ugualmente uomo per le mie sembianze..ed ho pure potuto volare nel cielo a causa dell’invenzione di uno stregone..pur essendo un semplice uomo!”.

“No! maledizione no!” disse il re Sidmed Tamir : “le due profezie..le due tremende profezie si sono avverate…una tremenda sciagura mi aspetta…lo stregone mi ha tradito….ma ahimè! ugualmente in quanto sono re, mi batterò poiché tu ribelle mi sfidi!” urlò re Sidmed Tamir  disperato: “alle armi..combattiamo!” esclamò il re.

I due si sfidarono e duellarono, colpendosi di spada e difendendosi con lo scudo, ma dovete sapere che Sidmed Tamir in quel momento era molto spaventato, e superstizioso come era, si confuse, egli impaurito e temendo le nefande profezie perse l’equilibrio e scivolò sul terreno, fu questo incidente che causò la sua sconfitta in duello, re Sidmed Tamir  fu quindi disarmato e vinto dal ribelle Karim.

Fu così che Karim vinse il duello e fece arrestare dai suoi soldati il re.

Re Sidmed Tamir  evidentemente malvisto dagli stregoni, in quanto permisero che le profezie si erano avverate, fu finalmente messo in prigione per i suoi dimostrati crimini…

Sidmed Tamir  fu tenuto prigioniero in una casa di pietra, fu poi condotto davanti alla “assemblea dei giusti”, era questa un unione di gente esperta e saggia..

L’assemblea giudicò re Sidmed Tamir colpevole di assassinio, genocidio e crimini contro l’umanità, il re fu quindi condannato a morte mediante impiccagione, ed insieme a lui i complici dell’assassinio del principe Teodoro… .

Il generale Karim invece dimostratosi prodigio del destino, fu nominato nuovo re al suo posto..e governò quella regione con molta saggezza e abilità a differenza di Sidmed Tamir, in quanto re Ibrahim obbedì volentieri ai consigli dello stregone Bagunzi e dei suoi amici…

Tutti da quel giorno vissero felici e contenti in quelle terre molto simili alla nostra Penisola Arabica, dove scorre un largo fiume che poi sfocerà nel mare quando raggiungerà il nord.

Vissero felici e contenti in quel paese dove la gente è consigliata da potenti stregoni e dalla loro sapiente giustizia.

Morale: dovete sapere che l’ambizione e l’avidità rendono l’uomo malvagio e prepotente.

Evitate quindi di credere in ambizioni esagerate a cui qualcuno vi ha convinto, non sentitevi obbligati a obbedire a queste ambizioni, la troppa ambizione unita a poche capacità a volte causa nei figli solo sensi di colpa e destino infausto .

Fine

Autore: Egidio Zippone

Milano, 20 Settembre 2011

Giudizio: originale, avventuroso

Voto: (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: il senno di poi

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(racconto di tipo bianco)

FAVOLE DI EGIDIO..

IL SENNO DI POI..

INTRODUZIONE: in seguito ad un apparizione, Paolo si converte ad una nuova moralità, ma molti sono scettici che lui sia sincero..ma Paolo confida molto nel Volersi Santo del Signore ed é certo che il suo ravvedimento sarà premiato..

INIZIO

Favola: il senno di poi

In un paese lontano……. ma poi tanto lontano non mi pare, nel mondo delle favole,

ma a volte quel mondo é sulla terra in mezzo a noi…

Viveva una persona anziana di nome Paolo….noto per i suoi modi sgarbati, fatti di antipatia ed egoismo. La gente del paese lo trovava intrattabile….era definito poco saggio….poco diplomatico…nonostante l’età preferiva stare da solo.

Il vecchio Paolo aveva commesso tanti peccati… agli occhi del Signore e della gente ..durante la sua vita si era comportato male…..era stato un ribelle…. Si era vantato di molti fatti peccaminosi…dopo aver bevuto del vino…definendoli fatti di coraggio….e di esperienze in nome del divertimento…ma non li definiva errori evitando di causare limiti agli altri.

Una notte Paolo….fu svegliato dal sonno da una voce e apparve a lui nel buio una immagine luminosa…..era lo Spirito del Buon Signore che gli disse: “Paolo tu allontani dalla chiesa la gente…il tuo esempio è negativo…..cambia in meglio…accetta il bene…chi vorrà difendere i deboli se tutti faranno come te…… lavora per me….per un mondo più buono…….alla fine della vita sarai premiato con il regno dei cieli”.

Scoperta l’esistenza del Signore…..l’apparizione era stata molto reale…. Paolo era certo di non avere sognato…lo spirito divino esisteva davvero…Paolo smise di essere ateo…fu così che Paolo si mise in ginocchio…e si mise a pregare……il Signore si era rilevato a lui…ma per prudenza Paolo decise di non dire a nessuno quel che gli era successo.

Il vecchio Paolo…conosciuta la luce del Signore…si convertì a molte buone intenzioni…..e decise che mai più avrebbe peccato. Da quel giorno tutte le domeniche cominciò ad andare in chiesa ed a messa….e fare la comunione in chiesa…da quel giorno Paolo divenne un buon cristiano…e rimediò con molto denaro ed in modo esemplare ai danni che aveva commesso..

Egli appena poteva aiutava i deboli…..i poveri….gli invalidi…si comportava bene sia in pubblico che nel privato ….e parlava bene del Signore…la gente era stupita del suo cambiamento….e la gente si chiedeva se Paolo era sincero oppure faceva il furbo.

Il cambiamento in meglio era così notevole in lui…. che la comunità cristiana non credeva ai propri occhi……..tanto Paolo era malvagio ieri…tanto Paolo era diventato buono oggi.

I paesani decisero per capirci qualcosa…..di andare a parlare a quell’individuo incoerente..che ora sembrava diventato un buon cristiano.

Così i più curiosi….andarono a trovare Paolo….nella sua casa isolata fuori dal paese.

Il vecchio aprì loro la porta di casa e li salutò e offrì loro del vino e del pane..e chiese il motivo della loro visita.

“Caro Paolo…..ci devi scusare….ma noi ti consideravamo un introverso..sembravi così irascibile prima….come mai una persona così intrattabile come te considerato un mangia preti….ora si comporta da buon cristiano e fa la comunione ed hai rimediato ai danni che hai commesso… cosa ti è successo….molti non credono che con tutti i peccati che hai commesso…. tu sia rinsavito davvero… noi sappiamo che i tuoi peccati sono tanti poiché te ne vantavi e li raccontavi a tutti mentre eri all’osteria in preda al vino ……ora invece ti comporti bene e sei diventato addirittura altruista e pacifista……non riusciamo a spiegarcelo..dai spiegaci tu questo mistero..come hai fatto a vincere la schiavitù del peccato ed a cambiare in meglio?.”

Il vecchio rimase un po’ in silenzio e poi disse: “come si può spiegare con il senno di oggi il proprio passato, l’oggi e lo ieri sembrano diversi!”……ed aggiunse….”e come si può vantare oppure rimproverare il presente con il senno di ieri!”……”quindi vi dico che vi sarà difficile capirmi in ogni caso e quindi non vi spiego nulla…sappiate solo che ora comprendo il Vangelo nel modo giusto…e credo nel Volersi Santo del Signore..”.

“Ma dicci almeno se sei sincero? Forse la tua è una furberia…”Chiese a lui il più giovane dei visitatori.

Per tutta risposta il vecchio disse: “Vedete le mie azioni di oggi…..vedete come mi comporto…….sono rinsavito dal dovere di essere coerente con il mio passato….ho dimostrato che so anche cambiare in meglio aiutato dallo Spirito del Buon Signore..quindi anche voi imparate da me, permettete alla gente di cambiare….se il cambiamento è in meglio…ne siate felici anche voi….le persone vanno recuperate e non traumatizzate da una coerenza-macchina…e se anche fosse, che esse hanno offeso la nostra moralità molte volte….vanno perdonate.”

“Potete dire che in passato avevo un altro senno, che per il pignolo di oggi sembra un senno matto, in realtà è grazie alla esperienza maturata ieri, nelle conseguenze che ho evitato di far capitare, che oggi ho potuto dimostrare a me stesso che sono guarito e migliorato.”

In seguito, nei giorni successivi, per farsi comprendere meglio nel suo pensare, Paolo scrisse una parabola, una favola e la raccontò per farla meditare ai suoi paesani increduli, affinché imparassero dalla sua nuova saggezza.

Una breve storia decisa da Paolo come insegnamento ai suoi paesani:

ed egli cominciò a raccontare:

—–

Breve storia: Il destino di ognuno (inventata da Paolo)

In un teatro, una sera, si stava recitando una commedia dal titolo “la vita che mi hai dato”.

Il pubblico applaudiva vedendo la maggior parte degli attori comportarsi bene e recitare bene le battute del testo.

Alla fine della commedia ci furono molti applausi, ma non per tutti…per l’attore che interpretava la parte del personaggio ravveduto, colpevole di aver commesso peccato, e quindi impuro non ci furono applausi… per lui ci furono fischi…e parole di rimprovero tra il pubblico…

L’attore si avvilì…sentendosi fischiato….rivolto al regista disse: “eppure anch’io ho recitato bene la mia parte…le mie battute erano corrette!”.

Vedendolo avvilito, il narratore che aveva scritto il testo della commedia, salì sul palco e si rivolse al pubblico dicendo:” Non rimproverate l’attore che fa la parte del peccatore ..per il compito che gli ho dato…va accettato anche lui…il destino che ha interpretato e una componente importante della commedia”.

“Egli è stato bravo, ha seguito diligentemente in scena il suo destino…il personaggio che gli ho dato…mi prendo io le colpe se alcune delle sue battute sono state impure e anti-popolari…in quanto sono state decise da me… e poi ho voluto che le dicesse lui anziché altri…ma sono parole indispensabili alla commedia….in quanto ci fanno capire il bene ed il non-bene della vita”.

Così disse il regista della commedia sperando in una saggezza migliore degli spettatori.

A sentire questo il pubblico rimase per un po’ in silenzio, poi cominciò ad applaudire…. e così anche l’attore che aveva recitato la parte del peccatore fu applaudito..e anche lui ricevette i suoi applausi meritati….

La vita non è una commedia è realtà lo sappiamo….ma a volte si sente proprio nelle sue vicissitudini la mano decisa del Signore….ci pare come se gli uomini fossero obbligati ad agire secondo un destino la cui volontà è conosciuta solo dal Cielo…è quindi evidente che nella vita siamo tutti strumenti del Signore.

Così concluse Paolo il suo raccontare e poi aggiunse:

“Avete capito cari paesani, questo è il mio pensiero! Esiste il destino e molte volte sembriamo incoerenti alla logica di chi ci giudica..ma è il Signore che vuole così…per motivi che noi semplici umani non comprendiamo ancora!” affermò Paolo.

——

Il vecchio Paolo si accomiatò da quella gente sapendo che lui li aveva finalmente convinti del suo ravvedimento…fu così che Paolo riuscì da quel giorno a vivere una vita tranquilla nel pensiero cristiano, con umiltà, poiché tutti finalmente capirono con il passar del tempo che il suo ravvedimento era sincero.

Il tempo dimostrerà che il suo cambiamento era stato voluto dallo Spirito Divino in quanto è stato giudicato oggi certamente un cambiamento in meglio.

Sappiate che per ottenere saggezza e conoscenza dalla vita..la persona può imparare anche dagli errori ed evolversi da essi, consigliata dallo spirito del Signore che si Vuole Santo….siamo tutti vittime più o meno contente del destino che ci ha riservato il Signore.

Dovete sapere che il sentimento di conversione di Paolo continuò nel tempo..ed egli insegnò ai suoi amici anche delle belle poesie, descrivendo con abilità il suo amore per le virtù dei Santi, ma lui con umiltà le presentava come semplici poesie.

Paolo aveva capito che il danno più grave per chi è considerato un ravveduto, non è quello di essere considerati capaci anche di commettere pazzie, poichè lo avete confidato al prossimo questo ed egli vi ha sentito darvi del matto per giustificarlo, ma il vero danno é che nessuno ascolta più i vostri consigli volentieri.

Dice Paolo: “Siamo ora ritenuti non affidabili, poiché in passato abbiamo commesso peccati, e come abbiamo commesso errori in passato, probabilmente qualcuno pensa che li stiamo commettendo anche adesso nel modo di dar consiglio, il prossimo oramai pensa questo di noi, pazienza..egli non si fida più al meglio…pazienza!”

Paolo decise che avrebbe chiesto al Sacerdote a cui confessò i suoi peccati ottenendo il suo perdono, di farsi garante di lui nei riguardi dei parrochiani, così da convincere gli estranei della sua sincerità intercedendo per lui a considerarlo un bravo cristiano..

Poiché il sogno di Paolo e desiderio era di diventare un giorno Beato in Paradiso tra le anime Sante..meritando in questo modo la vita eterna..

Morale: Dovete sapere che forse il danno più grave che può capitare ad un peccatore non è quello descritto da Paolo. Il danno più grave, se non ci si ravvede, è quello di dover litigare con il mondo perbenista ed il prossimo per tutta la nostra vita, e questo un danno da evitare, poiché litigare porta allo stress e alla malattia dei nervi e quindi chi non si ravvede rischia di ammalarsi.

Se vi siete ravveduti potete essere anche perdonati, il Volersi Santo del Signore vi permette di ottenere misericordia, in quanto avete ammesso che siete un po’ matti, quindi non è colpa vostra che avete sbagliato, ma è colpa del Caso e della Coincidenza che vi hanno creati così, siete vulnerabili, siete stati portatori di incoerenze poiché avete subito cattive compagnie spirituali che vi hanno influenzato nel comportamento..

fine

(Milano, Novembre 2007)

Autore: Egidio Zippone

Giudizio: Interessante, saggio

voto: (da 5 a 10): 9

 

 

Favole di Egidio: il pescatore e l’eremita

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(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura circa 30 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

IL PESCATORE E L’EREMITA..

INTRODUZIONE: impegnarsi con un santo con una promessa, può portare molta fortuna, ma guai a dimenticarsi di mantenere la promessa fatta a lui….

Favola: Il pescatore e l’eremita

Inizio

Accadde in una regione della penisola italica, l’attuale Puglia nel 280 d.c. che un povero pescatore di nome Michele, che non è esistito per davvero, ma se ne racconta solo nel mondo delle favole, decise che era meglio impegnarsi di più nel suo lavoro, in questo modo avrebbe avuto sempre denaro per comperarsi il cibo da mangiare..e così disse al suo unico figlio: “presto figlio andiamo a lavorare!”

Ma purtroppo il guadagno del lavoro di pescatore era poco..occorreva fare di più..bisognava inventare nuove risorse.

I due pescatori padre e figlio erano molto poveri…e il lavoro del padre non sempre portava in famiglia guadagni sostanziosi…essi vivevano in una capanna sul mare, vicino a dei bacini di acqua di mare utilizzati per fare il sale..e si arrangiavano come potevano…un po’ con la pesca, un po’ con la vendita del sale ricavato dai laghetti di acqua salata asciugati dal sole.

Un giorno mentre il pescatore Michele era a pesca con la sua barca al largo, vide un uomo in difficoltà che stava per annegare.

Subito il pescatore diresse la sua barca verso la zona di mare dove si trovava il malcapitato e si gettò a nuoto tra le onde per salvarlo, prese l’uomo e lo condusse alla barca con le sue forti braccia e lo issò a bordo della sua imbarcazione.

Il pescatore offrì i primi soccorsi e scoprì che il malcapitato era un vecchio eremita che viveva sulla montagna del Gargano che gli chiese “come mi posso sdebitare con te pescatore? Mi hai salvato la vita!”

E così il pescatore Michele gli raccontò della sua povertà e di come andavano male i suoi affari..e di come il suo lavoro era precario.

Fu così che i due diventarono amici ed il vecchio eremita gli disse il suo nome e gli raccontò la sua vita: “mi chiamo Gidiuzzo Zippun (non è esistito per davvero ma se ne parla solo nel mondo delle favole) …e sappi che io sono l’eremita che risolve i problemi e porta la soluzione a tutto..” affermò l’anziano.

“Ma come hai fatto a finire in mare così al largo?” chiese il pescatore Michele.

Il vecchio eremita gli raccontò allora che mentre si stava lavando nuotando nel poco mare e si intratteneva cercando qualche conchiglia, ad un tratto si era formata nel mare un’onda gigantesca comandata da una tromba marina, forse creata dalla Natura selvaggia, l’onda del mare si era ingrossata all’improvviso e lo aveva travolto portandolo al largo..l’eremita continuò: ”ho nuotato a malapena tra le onde, nuotando piano con poca forza ho resistito alle onde per molto tempo, ma per fortuna tu pescatore mi hai salvato dall’acque in superficie!” gli disse ancora l’eremita.

“Devi sapere pescatore, che il “Signore della montagna” protegge me Gidiuzzo Zippun e devi sapere che io sono il santo della montagna..ed il mio Signore commosso dal mio vivere povero e in solitudine, mi ha donato i poteri di aiutare nel portar fortuna nella vita a quelle persone che mi chiedono aiuto”

“Ed io Zippun ho questo potere, in quanto vivo come un eremita da solo e da anni e in povertà sulla montagna protetto dal Signore che vive lassù.”

“Vivendo in quel modo, io Zippun, sono stato illuminato dal Signore..ed ho imparato a risolvere i problemi di salute e di poca fortuna di coloro che incontro nelle mie giornate!” raccontò il vecchio eremita.

Il pescatore Michele senti quelle parole e disse: “dici che hai dei poteri..non sarai mica il diavolo?”

“No! Non sono il diavolo!” rispose l’eremita..”perché io nonostante i poteri che ho, so anche perdonare e consolare!”

fu così che Michele disse: “Chiedo aiuto a te Zippun, poiché io sono povero!”

“Ti aiuterò!” disse l’eremita conducimi con il tuo carro con cui porti il pesce ed il sale al paese, conducimi con esso alle pendici della mia montagna, la montagna del Gargano”

Fu così che il pescatore e l’eremita diventarono amici, salirono sul carro e si diressero alla montagna del Gargano, durante il viaggio l’eremita intuì i problemi del pescatore, l’eremita Zippun gli disse: “pescatore di nome Michele, devi sapere che io ogni giorno dipingo un quadro raffigurante la montagna, il mare e la campagna, li dipingo sulla tela, ne ho tanti, quando arriviamo alla mia capanna, sceglierai quelli che ti piacciono di più e li porterai a casa tua..potrai guadagnare molti soldi rivendendoli al mercato, ti porteranno fortuna!”…intanto il carretto trainato da un asinello arrivò finalmente nei pressi della casetta del vecchio eremita e li si fermò….e l’eremita poté consegnare i quadri a Michele.

Fu allora che l’eremita disse: “c’è poi un’altra cosa da decidere…dimmi cosa ti piace come alimento, cosa ti piace da mangiare di più?”

e Michele rispose: “mi piace da mangiare e sono goloso della focaccia con le olive verdi!” rispose il pescatore.

“Bene ora lo so! Per ottenere fortuna bisogna fare una promessa, devi fare una promessa Michele, devi promettere di mangiare la domenica e solo la domenica in compagnia di chi vuoi, la focaccia con le olive, devi promettermi che tutte le domeniche mangerai questo tipo di cibo e penserai a me, ricordando la mia storia di vita e raccontandola a chi è con te.” .

“Se per avere fortuna devo fare così..così farò! Mangerò tutte le domeniche solo focaccia con le olive e racconterò di te saggio eremita..lo prometto!” rispose Michele con gratitudine unita alla fede per i miracoli ..e così Michele convinto ad una nuova fede, prese con se i quadri dipinti dall’eremita e salutò il vecchio per tornare a casa con il suo carretto.

Il lungo viaggio di ritorno dal Gargano alla capanna vicino alle Saline terminò finalmente, ed il pescatore potè tornare alla sua povera casa..e così poté raccontare al figlio la storia dell’eremita e poté mostrare i cinquanta quadri donati a lui, il pescatore disse al figlio di metterli in una stanza della sua casa, proprio come il vecchio eremita gli aveva consigliato.

Siccome era domenica sera, come promesso Michele e suo figlio mangiarono il povero pasto di olive verdi e focaccia parlando dell’eremita Gidiuzzo Zippun, mantenendo la promessa fatta al santo e poi andarono a dormire.

Il giorno dopo il pescatore si svegliò e andò a pesca come sempre, ma cosa accadde? …una improvvisa fortuna lo coinvolse …egli pescando con la sua barca, riempì le reti di molti pesci..”finalmente ho fatto una buona pesca!” disse a se stesso il pescatore…e tornò verso riva tutto felice, volgendo le vele della barca al vento.

Decise quindi di portare in paese il pescato e giunto in paese di venderlo al mercato, vendette il pesce, e fece buoni affari, e ne ricavò un buon guadagno..”così potrò dare da mangiare a mio figlio cose nutrienti e prelibate!” affermò il pescatore.

Per tutta la settimana il pescatore riempì le reti e ogni volta che andava a pesca prendeva molti pesci con la sua barca..in seguito andava al mercato e subito riusciva a vendere i pesci al mercato ad un buon prezzo ricavando ancora una volta un buon guadagno.

Così che il figlio ora poteva finalmente mangiare carni e selvaggina prelibata per pasto e bere del buon succo di frutta.

Una sera inoltre Michele ebbe ancora fortuna, era domenica, dopo avere mangiato come sempre un pasto di focaccia e di olive, il figlio vedendo al buio i quadri dell’eremita amico del padre…notò che essi emanavano una luce verde-rosa fluorescente..”sono quindi quadri di valore dipinti con una vernice speciale sembrano magici!” esclamò..e convinse il padre a venderli al mercato per aumentare il guadagno della famiglia.

E così si adoperò il padre, andò in paese e guadagnò molto denaro con la vendita dei dipinti colorati con la vernice fluorescente, essi si vedevano anche al buio..essi piacevano per le emozioni che davano a guardarli.

Michele in quei mesi, guadagnò tanto denaro in questo modo e decise con il denaro ricavato di comperare una bella villa nella città più grande della regione, dovete sapere che a quel tempo l’unica costruzione ricca in quel paese era la dimora del patrizio romano governatore del paese, che amministrava nell’interesse dell’imperatore Costantino tutta la regione…ora in quel paese, grazie a Michele, sarebbe stata restaurata un’altra villa, Michele diventato ricco la volle adornata di splenditi mosaici, porte variopinte e pavimenti di marmo pregiato, e la villa che aveva comperato diventò ancor più splendente.

La villa fu restaurata in breve tempo e Michele pagò bene i lavoranti.

Il patrizio romano della regione vedendo quella bella villa costruita nello stesso paese..decise di invitare a cena da lui il certo ricco proprietario……poiché voleva conoscerlo.

Michele diventò amico del patrizio romano e si mise a frequentare le famiglie ricche del paese anche lui.

La figlia del patrizio romano intanto diventò amica del figlio di Michele e tutti i giorni essi giocavano insieme nel parco…e studiavano insieme nella libreria del padre governatore, che pensate era molto devoto dell’imperatore Costantino ..la sua libreria era molto antica…piena di libri e pergamene importanti…erano importanti per la storia di Roma…tutti tomi scritti a mano con pazienza e con abilità degna dei più abili scribi.

I due genitori, il patrizio romano e il pescatore Michele, diventarono buoni amici..e discutevano a cena di come amministrare la regione e di mantenerla onesta..e di come era bella la penisola italica governata da Roma.

Il pescatore era ormai diventato ricco…ma si era dimenticato di una cosa, in quei giorni felici, si dimenticò purtroppo della promessa data all’eremita..e non pensò più a quell’anziano amico…non parlò più di lui tutte le domeniche…e soprattutto non mangiò più la focaccia con le olive, ma si nutrì di cose più ricche e nutrienti accettando i numerosi inviti delle famiglie ricche della regione.

Dovete sapere che, come sempre, la figlia del patrizio romano e il figlio del pescatore, studiavano insieme nella libreria del governatore, quella libreria antica era custodita con pignoleria dai servi, dovete sapere che i servi tutti i giorni pulivano e ordinavano le numerose pergamene ed i libri, molto spesso il patrizio romano aveva descritto il valore di quei tomi ai due ragazzi, ed essi un po’ giocando un po’ studiando sostavano per molto tempo in quel luogo suggestivo…era proprio una bella libreria.

Dovete sapere che il servo che aveva l’incarico di riordinare i libri e le numerose pergamene… era un po’ distratto, infatti quel giorno nel ripulire gli antichi tomi, si dimenticò di un libro importante mettendolo distrattamente in un baule in mezzo agli unguenti e agli stracci, il baule fu posto poi dietro gli scaffali della libreria, iI rituale periodico di pulire le copertine di pelle di ogni libro fu compiuto regolarmente, ma ci fu un imprevisto, il servo in modo inconsapevole si dimenticò di rimettere al suo posto un libro importante, dono dell’imperatore Costantino al governatore della Puglia…

Quando la settimana seguente il patrizio romano ricevette l’ordine da Roma di restituire proprio quel libro, questi si recò nella libreria per cercare quel libro dono dell’imperatore Costantino in modo da poterlo restituire, ma esso era introvabile e il governatore si arrabbiò molto con tutti, subito nel disagio sospettò prima di tutto dei due ragazzi, essi erano gli unici che sostavano di frequente in quel luogo e soprattutto sospettò del figlio di Michele che era un estraneo, solo lui era l’unico indagato ed il governatore aveva per lui quindi diffidenza, secondo il governatore per motivi di invidia quel ragazzo avrebbe rubato il libro antico.

A questo punto il governatore accusò tutto inviperito il ragazzo denunciandolo alle autorità per furto, chiamò le guardie per far arrestare sia il ragazzo che Michele in quanto padre del ladro e quindi responsabile del comportamento di suo figlio. Per condanna definitiva e risarcimento del danno subito, il governatore romano ordinò di requisire a quei due ladri la bella villa appena costruita da Michele….

Non bastando queste punizioni, per un ulteriore risarcimento, il governatore condannò il figlio del pescatore e lo obbligò ad andare a lavorare in una fattoria lontana per offrirsi come servo senza stipendio.. Il povero pescatore invece fu comandato per risarcimento a lavorare nelle cave di marmo romane, senza stipendio anche lui, ed era in quel luogo puntualmente fustigato ogni giorno per invitarlo a impegnarsi di più nel lavoro di schiavo.

Michele era proprio ridotto in schiavitù ed aveva perso la libertà, egli era deriso e fustigato dai soldati romani, tanto che un giorno Michele affermò afflitto “ho raggiunto il fondo..sono sfortunato..me povero…sono finito..sono ridotto in schiavitù!”.

I due sventurati non poterono ribellarsi all’ingiustizia..la loro vita fu distrutta da questa condanna…dovevano rimediare con il lavoro diventando schiavi del governatore.

Fu così che essi passarono mesi fatti di pianti e di lacrime..padre e figlio vivevano entrambi lontani senza vedersi mai.

Passarono altri mesi e settimane di prigionia.

Quando un giorno, durante una sosta dal duro lavoro, Michele vide dei soldati nutrirsi con una focaccia, era proprio una focaccia con olive verdi sopra.

Intuendo qualcosa, Michele chiese ai soldati romani: “ Che giorno è oggi?” quando seppe che quel giorno era domenica, si ricordò della promessa fatta alla eremita ed impietosendo i soldati, chiese loro di avere un poco di focaccia con le olive per se, vedendolo sofferente e piangente, un soldato tra i tanti, più buono degli altri, per aiutarlo gli offrì impietosito parte della sua focaccia con le olive..e fu così che Michele si ricordò della storia dell’ amico eremita..e chiese aiuto a lui pensandolo:

“Ma siamo sicuri che oggi è domenica?” chiese di nuovo Michele, i soldati romani risposero: “ si schiavo! oggi è domenica, per quel che ti può importare!” Michele quindi pensò “è domenica e stò mangiando focaccia con le olive, qualcosa succederà!”..disse con un tono di speranza Michele ricordandosi della promessa fatta all’eremita.

“Mi permetta caro soldato di raccontarle un storia da me vissuta in passato mentre ci mangiamo queste olive e questa focaccia da lei gentilmente offerta”..e così il pescatore raccontò al soldato durante la sosta di tale eremita Gidiuzzo Zippun che aiutava gli afflitti e che viveva sulla montagna del Gargano come un santo. .

Michele ebbe così il tempo di raccontare dei magnifici quadri fluorescenti dipinti dal santo..e della vita da eremita che egli conduceva da tempo sulla montagne del Gargano e disse tutto quello che sapeva di lui..che Zippun era un saggio e che aveva promesso di aiutare la gente portando loro fortuna, aiutandola a vincere i problemi che avevano.

Gidiuzzo Zippun in quel momento era infatti nella sua capanna sulla montagna e potè udire, il parlare di Michele, tramite una voce che proveniva da uno specchio magico che si trovava nella sua capanna, come per una magia, riconobbe la voce dell’amico pescatore..”si! mi ricordo del pescatore che mi ha salvato la vita nel mare in burrasca, lo aiuterò, lo sento in molta difficoltà…e vedo anche che è ridotto in schiavitù.”

Quella sera stessa, Gidiuzzo Zippun pregò il suo Signore per tutta la notte chiedendo a lui un miracolo.

Il Caso e la Coincidenza, per effetto di quelle preghiere, diventarono amiche di Michele, per volontà del Signore, un miracolo stava per capitare.

E infatti un miracolo capitò, il giorno dopo accadde che mentre il patrizio romano leggeva nella sua libreria come spesso capitava..il servo contemporaneamente spostò alcuni scaffali di legno della libreria, per prendere degli stracci e degli unguenti di scorta e subito vide il baule, lo aprì e vide che all’interno del baule c’era il libro smarrito..subito lo portò al governatore romano, dicendogli che un libro importante era stato ritrovato.

“Presto guardie chiamate mia figlia!” disse il patrizio romano alle guardie dietro la porta.

La figlia arrivò nella stanza del padre e il patrizio raccontò alla figlia che il libro smarrito, era stato ritrovato dai servi e che quindi non era stato rubato come si pensava.

Il governatore romano si mise in viaggio per la città di Roma e potè ritornare il libro importante all’imperatore Costantino come richiesto, con immensa gratitudine dei senatori romani..

Visto che il libro importante era stato ritrovato, fu consigliato al governatore della Puglia, dallo stesso imperatore Costantino, di fare vera giustizia del fatto, cioè bisognava rimediare al torto causato in precedenza, e fu quindi ordinato al governatore di liberare dalla condanna di schiavitù Michele e suo figlio, in quanto condannati ingiustamente.

Il figlio del pescatore poté quindi ritornare dalla brutta e severa esperienza di schiavitù a cui era stato condannato, il pescatore Michele fu anche lui liberato dai doveri di essere schiavo nelle cave di pietra, ora i due erano liberi e finalmente poterono tornare a vivere nel loro paese.

Per ordine dell’imperatore Costantino inoltre il governatore della Puglia fu comandato a risarcire i due malcapitati con molto denaro, il governatore per rimediare restituì la padronanza a Michele della sua bella villa, in questo modo il governatore si scusò con i due pescatori facendo penitenza per l’ingiustizia che aveva causato e aggiunse inoltre un dono di sua intenzione, in cambio del loro perdono, regalò loro anche un forziere di oro e gioielli preziosi.

Il pescatore aveva di nuovo figlio, oro e villa..e il patrizio romano diede pace in questo modo alla sua coscienza, rimediando così alla ingiustizia causata dalla sua fretta di giudicare.

Felici padre e figlio ora, finalmente salvi, si dissero che d’ora in avanti tutte le domeniche avrebbero raccontato la storia di Gidiuzzo Zippun mangiando le olive verdi insieme alla focaccia e dovete sapere che fu così per sempre …..essi mantennero la loro promessa…

Da quel giorno Michele ed il figlio tutte le domeniche..invitavano gente nella loro casa e offrivano loro della focaccia e delle olive verdi e contemporaneamente raccontavano loro del vecchio sulla montagna e dei suoi miracoli, ed ebbero in questo modo tanta fortuna dalla vita..

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Giugno 2012)

giudizio: interessante

voto: (da 5 a 10): 9

 

 

Favole di Egidio: i due fratelli ed il drago

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(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico dedicato per la lettura 25 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

I DUE FRATELLI ED IL DRAGO

INTRODUZIONE: dove il coraggio e l’arroganza non bastano a risolvere i problemi, in quel momento arrivano l’arte della diplomazia e del compromesso a portare la pace

Favola : I due fratelli ed il drago

INIZIO

C’erano una volta, nel mondo delle favole, durante il periodo feudale della penisola italica, tanti ducati governati da conti, duca e principi.

Viveva in quel tempo una duchessa di nome Germana che aveva due figli di nome Giuseppe ed Eugenio.

Del primo figlio di nome Giuseppe era molto fiera, egli era un coraggioso, vincente e  prepotente nei suoi giochi e nei modi con gli amici.

Mentre dell’altro figlio Eugenio ne era un po’ delusa, egli si comportava sempre in modo gentile ed educato e quando un bambino lo derubava dei giocattoli, lui non se la prendeva tanto e chiedeva pregando e implorando di ottenere la restituzione del giocattolo:.”dai ti chiedo per favore, restituiscimi il giocattolo..dai ti chiedo per favore….” così diceva il bambino e non sempre Eugenio otteneva la restituzione, e così sua madre la duchessa lo rimproverava spesso di essere come una femminuccia, di essere un debole nel carattere, e gli diceva sempre se non cambi atteggiamento con il prossimo sarai un perdente quando sarai grande ,

poichè si dice che: “se ti farai pecora il lupo ti mangerà!” diceva la duchessa al figlio, a volte la duchessa era così infastidita dai modi da debole del bambino ed a volte lo picchiava per incattivirlo, per causarne una reazione, poiché si sentiva innervosita dai commenti e dai risolini dei suoi cortigiani a causa della bonarietà del figlio..

Ma Eugenio era fatto così,  era quella la sua natura psicologica, e restò un bambino gentile per tutta la sua infanzia.

I due bambini crebbero felici, finchè un giorno diventarono maggiorenni.

Giuseppe diventato adulto, fu nominato cavaliere e dimostrò bravura e fu vincitore di tornei di armi e soldati, mentre l’altro Eugenio, il secondo figlio, diventato adulto, scelse di essere un artista, diventò pittore e poeta, imparò a suonare uno strumento musicale e nemmeno fu furbo poiché molte sue opere artistiche create da lui, nonostante avesse lui faticato molto nel realizzarle, furono però attribuite nel merito ad altri.

Passarono i mesi e gli anni  e ambedue i figli vivevano a loro modo in pace.

Si sa che la fortuna ogni tanto ci lascia per aiutare altri paesi.

Fu così che in quella parte del mondo un giorno la fortuna se ne andò, ed arrivò dalle montagne in quei luoghi volando con le sue ali di rettile, un gigantesco e mostruoso drago di nome Asdrubale.

Affamato come era, questo drago cominciò a nutrirsi delle  mucche, animali che vivevano nelle molte fattorie che erano allestite in quella terra e che erano libere di pascolare i campi, il drago inoltre si divertiva a spaventare le donne ed i bambini dei contadini con i suoi ruggiti e le sue fauci fiammeggianti, ormai non era più sicuro viaggiare per quei luoghi.

Fu così che il popolo si lamentò con la famiglia che governava il paese e tutto il ducato, di tale sciagura..”qualcuno di voi regnanti trovi un rimedio, oppure siete buoni solamente a pretendere tributi dal popolo!” dissero i capi dei villaggi alla duchessa Germana .

Fu allora che la duchessa disse: “tu Giuseppe primo nato..tu che sei più coraggioso e vincente.. vai tu ad affrontare il drago ed a uccidere quel mostro, così tornerà la pace nelle nostre terre”.

Giuseppe ritenuto coraggioso e forte cavaliere da tutti, obbedì e partì per l’avventura..si vestì con la sua armatura da capo a piedi e partì con il suo cavallo ad affrontare il drago..

Dopo qualche giorno incontrò il drago in una radura oltre il colle e gli corse in contro, il drago vedendo quel cavaliere così infuriato e volente di litigare,  essendo il cavaliere armato di lancia  e di spada si impaurì, il drago pieno di spaventò subito agì con il suo fiato fiammeggiante per causar il bruciare del fuoco al cavallo che sopraggiungeva, disarcionò in questo modo il cavaliere facendo imbizzarrire il suo cavallo e poi con un colpo dei suoi grandi artigli, ferì il corpo del cavaliere nonostante l’armatura e così Giuseppe tornò al castello del ducato vinto, sanguinante, ferito e soprattutto a piedi, poiché il suo cavallo era stato arso dal fiato del drago, Giuseppe tornò afflitto al cospetto di sua madre Germana la duchessa.

“Oh! povera me!….. mio figlio… il più coraggioso dei miei figli ha fallito, chi mai difenderà ora i nostri possedimenti…chi mai risolverà i doveri della nostra famiglia nei riguardi del nostro ducato?” diceva la duchessa…

vedendo la madre duchessa preoccupata, Eugenio l’altro figlio disse:

“Madre ma ci sono ancora io per questo, anche io so usare le armi!” disse Eugenio e la madre rispose:…”tu Eugenio puoi salvarci..no! non lo credo..non è per te questa battaglia è molto pericoloso e poi tu sei un artista, non hai un vero carattere da soldato,  ne la vera forza necessaria per riuscire, io lo so, me lo hai dimostrato in tutti questi anni che tu sei un debole, un così buono come te non è utile in questo momento, ma non importa, ormai il mio amore di mamma ti ha accettato anche così!” affermò la duchessa piangendo..

vedendo la madre lamentarsi Eugenio aggiunse: ”non preoccuparti madre!” disse Eugenio accarezzando i capelli della madre piangente “vedrai madre io ci riuscirò a risolvere il nostro problema, affronterò io il drago!”.

Vedendolo comunque deciso la duchessa fu così che ordinò: “Che sia vestito come un cavaliere..mio figlio Eugenio è la nostra unica speranza!” .

E fu così che anche il cavaliere Eugenio partì per la sua avventura ad affrontare il nemico comune.

Dopo qualche giorno di ricerche, incontrò finalmente il drago nella radura oltre la foresta, lo vide da lontano mentre il drago dormiva nel prato, ma non lo affrontò..giunto alla sua vista, il cavaliere si spogliò delle sue armi e restando vestito in un bianco camice, sembrando certamente inoffensivo al giudizio di un drago, che è pur sempre un animale, gli si avvicinò e gli chiese:

“Drago perché sei così cattivo..noi non ti abbiamo fatto niente di male..ti chiedo per favore, ti imploro… smetti di mangiare le nostre mucche e abbandona le nostre terre!” con atteggiamento mite Eugenio cercava di convincere il drago ad andarsene.

E così che Eugenio scoprì ad un tratto che il drago poteva e sapeva parlare (poichè nelle favole questo è possibile) ed il drago rispose:

“io sono un drago, e mi chiamo Asdrubale, sono forte e temuto, ma sono sempre solo ed ho anche avuto un infanzia triste, molti cavalieri pensandomi malvagio mi hanno perseguitato fin da quando sono nato, ovunque sono stato perseguitato ed io molto spesso non so dove andare a rifugiarmi..ed ora tu vuoi mandarmi via anche da qui, sei tu il cattivo non io!”

Capendo che quel drago era un drago buono di indole, e fu questa la  fortuna di Eugenio, il cavaliere disse:

“facciamo così!” continuò Eugenio “se ti accontenterai di una mucca sola al mese potrai restar qui per sempre, ma dovrai accontentarti di mangiare solo una mucca, sola di una ti dovrai nutrire ..e se inoltre in segno di amicizia tra di noi impedirai che altri draghi giungano nel nostro ducato a disturbarci..noi ti adotteremo e ti nomineremo difensore delle nostre terre”

il drago ci pensò, avrebbe avuto un rifugio e un pasto assicurato, ed accettò l’intesa..in cambio di una  mucca al mese avrebbe difeso quelle terre dagli altri draghi…che sapete esistevano e non erano tutti buoni come Asdrubale.

Ottenuto questo accordo con il drago, fu così che il cavaliere di nome Eugenio si rivesti della sua armatura e tornò da sua madre la duchessa, dove raccontò tutto a lei e dell’accordo fatto con il drago Asdrubale.

La duchessa contenta del figlio, riunì l’assemblea e convinse i contadini di quelle terre a rispettare l’accordo ideato dal figlio Eugenio e tutti trovarono comprensibile e vantaggioso il patto, in quanto il subire il drago  avrebbe causato il consumare risorse come ben dieci cavalieri arruolati, e inoltre un drago reso amico dava più garanzie di essere un buon difensore delle loro terre..e quindi quel drago si poteva  ritenere un valido alleato…il tributo era coerente..la spesa era necessaria…

Fu così che dove falli l’arroganza, la prepotenza e la forza, riuscirono invece la diplomazia e i modi gentili uniti ad un po’ di volontà di volere la pace…ed il problema del ducato fu risolto.

Eugenio alla morte di sua madre fu nominato Duca, incarico nobile  dove sono necessarie per governare, la diplomazia  e l’intelligenza, esse sono capacità più utili della abilità in battaglia ed invece il fratello Giuseppe fu nominato suo capitano dei soldati…

Morale: Dovete sapere che chi governa deve prima saper rendere efficienti soluzioni pacifiche e democratiche e poi forse per risolvere i differenti problemi che offendono le sue terre e il suo popolo, se queste intenzioni pacifiche falliscono, potrà utilizzare i modi severi di un militare e fare la guerra…ma dovete saper che dove è sconsigliato usare la spada, si può utilizzare invece con più prudenza la diplomazia e l’intelligenza..

fine

Milano, Settembre 2011

autore: Egidio Zippone

Giudizio: interessante, originale

voto (da 5 a 10): 9

 

Favole di Egidio: il marinaio e la sirena

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

IL MARINAIO E LA SIRENA..

INTRODUZIONE: Un marinaio poichè era povero, desiderava diventare ricco e così si arruolò nei pirati…sarà una amorevole sirena a salvarlo..
INIZIO
Favola: il marinaio e la sirena

Personaggi

Portun: marinaio francese ambizioso

Sondie: la sirena dai poteri magici

Capitan Trecorni: pirata eroe ex nobile e giudicato un ribelle dal re Luigi XVI

Pier la Fonde: medico dei pirati

I pirati: corsari ladri ma coraggiosi

Il re del mare: magico protettore delle creature del mare e dei pirati

Periodo storico : Anno 1765 d.c.

ambientazione: siamo in Europa sulla costa della Francia meridionale..zona di mare a nord del mediterraneo centrale situato tra la Corsica, la Sardegna e la costa francese

Nascita e vita di Portun

C’era una volta un povero marinaio di nome Portun..

egli viveva della sua pesca e abitava in una baracca ombreggiata da un platano sulla riva del mare e si nutriva di pesce e acqua ed era quindi molto povero.

Portun viveva con il padre anziano…la madre lo aveva messo al mondo ed era poi fuggita con un altro dopo la sua nascita in quanto non sopportava la povertà a cui era costretta e di lei non si seppe più niente.. si diceva che fosse scappata con l’amante in una delle tante colonie francesi del Sud-Africa.

Portun e suo padre vivevano della pesca e dei guadagni della vendita del pesce pescato, esso era venduto al mercato del paese più vicino..e con il poco ricavato essi pensavano a soddisfare le loro necessità.

Morte del padre

Correva l’anno 1765 e Nizza era un piccolo villaggio sulla costa meridionale francese.

In un inverno freddo e gelido il padre di Portun si ammalò di polmonite e morì nel suo letto..

Portun a quel tempo aveva 20 anni e restò quindi da solo…ma ereditò la baracca e la barca del padre per andare a pesca.

Portun va a pesca

Un mattino come tutti i giorni Portun si guadagnava da vivere, in quel mare blù che le leggende dei marinai descrivevano abitato da creature magiche e strani fantasmi, mentre Portun era in mare con la sua povera barca egli sperava che un giorno pescasse così tanto pesce ma così tanto da arricchirsi in un attimo.

Era la ora sesta di mattina, il sole era appena sorto dal mare e si vedeva all’orizzonte il suo disco dorato illuminare da vicino l’acqua del mare azzurro.

Portun marinaio e pescatore..con la sua barca a vela..ricordo del padre defunto…si trovava come detto anche quel giorno al largo per lavorare. Si portò come sempre nella zona del mare dove aveva messo in acqua le sue reti e decise che era ora di ritirarle..bisognava issarle nella barca con fatica e scegliere il pesce che trovava nelle reti.

Aveva bisogno di denaro per comperarsi abiti e cibo e sperava anche con questa giornata di lavoro di guadagnare bene.

Raggiunse spinto dai venti di occidente la zona segnata dalle boe galleggianti…ammainò la vela e cominciò a ripescare le lunghe reti aiutandosi con un vecchio argano cigolante.

Era contento quel giorno vedendo i molti pesci catturati dalla rete..e con fatica continuò il suo ritirare le reti in barca e mentre era intento a dividere il pesce buono da quello non buono si accorse di una cosa: il marinaio Portun avvertì che nella rete c’era un peso.. “nella rete ci deve essere un grosso pesce!” pensò il marinaio.

Il mare era calmo ma ugualmente leggere onde muovevano il suo bel colore blù scuro intorno alla barca.

Non lo vedeva ancora quel grosso pesce..ma agendo sull’argano con fatica continuava a tirare a se le reti in barca sempre di più…e cosa vide..esclamò:”Ma per tutti i pesci-cani..cosa è sta cosa?” vide meglio e disse: “Ma è un bambino!” affermò con sorpresa il marinaio con un po’ di stupore..poi guardando meglio la creatura che si dibatteva nella rete..”Ma é un bambino con la coda di pesce!”..in quell’attimo una voce femminile lo chiamò dalle onde: “Marinaio..buon marinaio..ti prego ascolta..quel bambino che vedi é mio fratello..ti prego lascialo libero dalle reti..”

”Chi è che mi parla?” disse Portun dalla barca e finalmente la vide:” era una sirena..”Per tutti i mari!.. una vera sirena” disse stupito il marinaio.

“Marinaio..buon marinaio ti prego..lascialo libero..lascialo andare..egli è mio fratello..è finito nella tua rete per sbaglio.” Diceva la sirena con voce femminile ed era triste per la sorte del bambino-pesce.
Fu allora che Portun cominciò a vederci chiaro..aveva pescato con le sue reti un piccolo di sirena..un bambino-pesce…se ne rese conto e affermò pieno di avidità:

“Fossi matto! non lo libero..con tuo fratello farò soldi a palate in paese..” disse provando cupidigia “lo venderò al mercato agli scienziati del museo nazionale.. non lo libero di certo “e continuò a issare la rete in barca per catturarlo….intanto il piccolo di sirena piangeva in quanto prigioniero della rete”.

“Ti prego marinaio!” disse ancora la sirena avvicinandosi alla barca nuotando..”se lo libererai..prometto che esaudirò tre tuoi desideri..te lo prometto… sai che io sono una creatura magica…le sirene possono esaudire i desideri degli umani.”

Portun si fermò incuriosito nel suo issare le reti.. ma poi rispose..”no! non credo che tu sia capace di tali magie.”

“Ti prego marinaio è l’unico fratello che ho…liberalo e vedrai che diventerai ricco ugualmente ma con il mio aiuto..” disse ancora la sirena dai capelli biondi.

“Tre desideri!..ma son tanti..e tu li esaudisci” disse Portun…”e poi chissà non è certo che in paese guadagnerò così tanto denaro da questa scoperta scientifica..il guadagno dipenderà dalla bontà degli studiosi..meglio che ci penso eh!” disse a se stesso…poi rivolto alla sirena aggiunse:

“Allora sirena hai detto…tre desideri in cambio della libertà a questo bambino-pesce..eh sia! Ma sappi che se non manterrai la promessa mi arrabbierò molto.” Concluse il marinaio.

Portun un po’ per cupidigia un po’ perché impietosito dal pianto del bambino..prese la rete e la capovolse in modo che il bambino-pesce potesse cadere in mare..infatti il bambino non appena si rese conto di essere libero, si mise a nuotare velocemente lontano dalla barca e scomparve tra i flutti del mare blù.

“Attenta sirena..io l’ho liberato tuo fratello ora tu devi mantenere la tua promessa.” Urlò Portun dalla barca.

“Sì! la manterrò la mia promessa… parola di sirena!”…disse Sondie era questo il suo nome…era una creatura mezza donna e mezzo pesce…dai capelli biondi..ella si avvicinò alla barca e aggiunse:” marinaio dimmi il tuo primo desiderio!.”

“Sirena..io sono povero..voglio quindi un casa bella e grande con tutte le comodità e del denaro per mantenerla..voglio una villa al posto della mia solita e brutta baracca… ecco!.” Disse il marinaio Portun pieno di speranza..

“Va bene marinaio sei esaudito!…torna a riva e vedrai che ciò che hai desiderato è diventato vero!” disse la sirena allontanandosi e nuotando lontano….immergendosi nel mare azzurro.

“Sappi Sirena che io tornerò..hai capito…non credere di fare la furba..tornerò a cercati..i desideri sono tre…me lo ricorderò bene!” gli rispose Portun sciogliendo dai loro legami le vele al vento.

“Ti aspetterò in questo stesso luogo!” rispose una voce femminile ormai lontana..che poi svanì tra le onde.

Portun ancora stupito..pensava di essere stato fortunato e intanto muoveva il timone della barca per tornare a riva…”non mi crederà nessuno ho incontrato una sirena e parla con voce di donna”!

Il marinaio subito si apprestò a raggiungere la riva…era curioso di sapere se tutto era vero…”chissà cosa troverò?”.

Portun raggiunse la riva e infatti si stupì..al posto della vecchia baracca lasciata a lui da suo padre..c’era adesso una bella e grande villa proprio sul mare..

L’ombroso platano era sempre li, ma al suo fianco invece della solita baracca di legno c’era ora una villa bellissima…proprio come desiderava lui.

Si avvicinò al molo e buttò l’ancora…scese dalla barca e subito corse verso la villa…la sua villa…”finalmente ne ho una!” affermò il marinaio.

Portun aprì la porta ed entrò nella villa..all’interno tutto era arredato di un gusto a lui gradevole..tutto gli ricordava quelle case che piacevano ai nobili del paese vicino..ampie pulite, adornate con molti quadri e divani in salotto… tende di velluto rosso alle finestre, proprio come consigliavano gli architetti ai ricchi nobili..si ricordò di aver visto queste cose in un disegno dell’epoca sui muri dell’osteria.

Portun entrò nel salotto e si buttò con gli stivali ai piedi sul divano di velluto..prese dei sigari dal comodino di fianco e ne accese uno..e affermò: ”Grazie! sei proprio una sirena e sei davvero magica!” pensando a quella creatura del mare..e mentre si fumava un sigaro…pensò che nessuno gliela avrebbe tolta questa casa…usci sulla veranda della villa e guardò verso il mare dalla sua sedia a dondolo posizionata sul terrazzino..quel mare gli sembrava più bello…e disse accarezzando le colonne di marmo che sorreggevano la terrazza..”il mare è stato un grande amico mi ha fatto incontrare una creatura magica..che ora mi aiuterà esaudendo ben tre miei desideri.”

Il secondo desiderio di Portun

Passarono i mesi e Portun viveva nella sua nuova casa..era ampia luminosa con tutti i confort.

Ma Portun doveva pur mangiare e quindi occorreva risolvere un altro problema ..occorreva una compagna di vita che lo accudisse.

Aveva trovato un forziere nella villa con molte monete di oro…” serviranno a pagare le spese di mantenimento dell’abitazione” disse il marinaio nel trovarle.

Aveva tutto.. ma si sentiva solo in quella bella villa..occorreva una donna per compagnia…eh si! occorreva una moglie che avrebbe accudito la casa e cucinato.

Si ricordò della sirena e decise di formulare ad essa il secondo desiderio.

Prese la barca e andò in mezzo al mare nello stesso luogo dell’incontro fortunato di mesi prima e urlò alle onde:

“Sirena.. sirena dove sei?..ricorda devi essere di parola” diceva il marinaio alle onde del mare.

Dopo pochi minuti si udì una voce dal mare:
”Qual’è il tuo secondo desiderio” disse una voce femminile dal mare.

Intanto le onde azzurre muovevano la barca da ogni parte.

“Il secondo mio desiderio è di avere tutta per me una bellissima donna..ella sarà innamorata di me..e sarà mia come una moglie..una donna che somiglia a te cara sirena” disse il marinaio.

Ci fu un pò di silenzio poi una voce disse:”Cala la rete in mare e issami sulla tua barca per te diventerò una donna vera e sarò tua moglie” disse la creatura magica.

Il marinaio fece come gli era stato detto e la sirena fu issata a bordo ed ecco la magia pronosticata …ella si trasformò in una donna mantenendo la bellezza delle sue sembianze..la sirena diventò una donna vera e diventò la compagna di vita di Portun.

I due si baciarono in segno di matrimonio e in questo modo la sirena Sondie esaudì il desiderio del marinaio dicendo che era di lui innamorata.

Portun portò la sua donna tenendola tra le sue forti braccia all’interno della villa e insieme vissero come marito e moglie in quella splendida casa in riva al mare.

Il tempo passava e il marinaio Portun diceva di essere un uomo felice..aveva tutto ciò che può desiderare un uomo…una bella casa e l’amore di una bella donna..si sentiva anche ricco.

Il terzo desiderio di Portun
Portun diceva a se stesso..é molti anni che sono felice con questa donna..ma qualcosa mi manca..la felicità raggiunta non mi basta mai…voglio più gioia dalla vita.. non mi basta mai …ed era vero Portun era avido e ambizioso proprio per sua natura.

“Ma cosa mi manca?”…. “si! mi manca il potere…voglio il potere sul mare e sul mondo” disse il marinaio all’improvviso reso ambizioso dalla possibilità di ottenere quello che voleva.

Si ricordò infatti che aveva un terzo desiderio da farsi esaudire e chiamò la moglie che vi ricordo era la sirena Sondie.

La avvicinò e gli disse: “moglie! Per mezzo dei tuoi poteri magici..voglio e chiedo di poter comandare l’intero mare e tutte le sirene ed tutte le creature del mare…io voglio che essi diventino tutti miei servi..io voglio il potere!” disse il marinaio ormai pieno di cupidigia.” È questo il mio terzo desiderio e tu sirena devi essere di parola e mantenere la tua promessa”.

La sirena si rattristò vedendo il marito in preda alla pazzia dell’ambizione e pensò:”mio padre il Re del mare non lo permetterà mai che io realizzi questo tuo desiderio”…ella era combattuta dall’amore per il marinaio e il rispetto per suo padre..nel conflitto la donna provò dolore e si mise a piangere.

Fu così che le lacrime della donna-sirena chiamarono a quella spiaggia il Re dei mari che apparve sulla riva e decise di porre fine al sogno di quel marinaio avido.

Vestito di bianche vesti con una corona di oro sulla testa e un tridente nel braccio sinistro..il Re dei mari decise:” punirò quell’avido marinaio” con un gesto delle mani e del suo tridente..comando la villa a tornare come prima e cioè a tornare una vecchia baracca, poi rivolto alla donna gli disse:” torna in forma di sirena e torna nel tuo mondo perché questo marinaio non ti merita”.

Il Re dei mari era molto irritato con Portun..il mare per dimostrarlo era in tempesta e la spiaggia era devastata dalle onde schiumose e dai forti venti che agitavano il platano vicino alla baracca.

Eh Si! Il terzo desiderio formulato da Portun aveva fatto arrabbiare il Re del mare..la sirena temendo l’ira del padre piangeva disperata.. mentre il mare all’improvviso si calmava e la promessa della sirena fu annullata da chi poteva, il Re del mare comandò l’annullamento dei desideri fatti dal marinaio..il Re quindi comandò agli elementi di acqua di terra e di aria e di fuoco di far tornare tutto come prima e fu così:

Portun ritornò povero come era prima..e il Re dei mari inoltre mutò all’improvviso aspetto e diventò un gigante che sporgeva dal mare e guardando dall’alto della sua figura Portun disse al marinaio stupito di tutto quel potere: “chi troppo vuole nulla stringe e per questo ti ho punito!” e sparì tra le onde..
Fine di un sogno

Era l’alba Portun si svegliò sulla spiaggia e pensò di aver sognato..la sua bella villa non c’era più ed al suo posto era tornata la vecchia baracca di legno ed era di nuovo solo e povero..e altra cattiva notizia la sua barca era stata affondata dal mare in burrasca. Ricordava tutto, ma era stato per lui come un sogno meraviglioso, ed ora tutto era svanito purtroppo…si appoggiò all’albero di platano che era ancora lì vicino e pianse in silenzio aveva capito..la sua povertà era il suo vero destino.

Portun sogna la ricchezza che non ha più

E fu così che Portun ritornò più povero di prima ed ora che aveva provato cosa vuol dire essere ricchi ed ora che la villa era sparita ora si sentiva ancora più deluso di se ..voleva ritornare ricco ma come fare?.

La sua vita gli sembrava ora la vita di un miserabile.. si egli voleva tornare ricco ed in fretta e prese una decisione …decise che l’unico modo era di partire e tentare di far fortuna altrove.

Portun con un piccolo bagaglio a mano, dopo aver sprangato per chiudere la porta della baracca sul mare, partì per la città di Marsiglia..aveva provato la soddisfazione ambiziosa di essere ricco e quindi non accettava più di essere povero.

Tornare ricco di nuovo, “ma si! anche a costo di compiere atti illegali”… voleva ridiventare ricco al più presto…era per lui questa una ossessione.

Pensando queste cose dopo qualche ora di viaggio si ritrovò nella vicina città di Marsiglia e decise di fermarsi in una taverna per bere un pò di vino e meditare con calma sul suo futuro.

Entrò nella fumosa taverna piena di marinai ma anche di gaglioffi e di brutti ceffi e si sedette ad un tavolo e ordinò da bere.

L’oste arrivò al suo tavolo portando del vino ..quando una voce maschile gridò rivolta a lui:

“permetti marinaio che offriamo noi da bere?” era la voce di una persona vestita da ufficiale della marina francese ..Portun notò che la divisa era in disordine..e dal cappello a tre punte pendevano tre corni lucenti..forse quel tipo era un pirata… infatti:

Portun aveva casualmente incontrato in quella taverna il famoso capitan Trecorni che cercava volontari per la sua nave di pirati…quell’uomo alto lasciò al loro tavolo i suoi amici pirati, si avvicinò e si sedette al tavolo di Portun servendosi da bere.

I due parlarono bevendo del vino del più e del meno e Trecorni gli rivelò che lui era pirata e che combatteva da anni contro il regime iniquo del re Luigi di Francia.

Quel pirata tanto fece tanto disse che convinse il giovane marinaio Portun a seguirlo in quanto gli promise una parte del tesoro che si sarebbe accumulato col tempo nel suo rubare alle imbarcazioni commerciali piene di oro appartenenti all’egoista re francese.

Portun non aveva niente da perdere non sapeva dove andare e pensò che forse era quella l’occasione che aspettava.. “diventerò un pirata e ladro!” pensò e decise quindi di arruolarsi su quella nave gestita dai corsari e comandata dal quel capitan Trecorni, sperando nella fortunata e futura divisione del tesoro dei pirati che lui avrebbe aiutato nelle loro imprese…Il capitan Trecorni promise a Portun che lo avrebbe fatto diventare un uomo ricco proprio come voleva.

Portun seguì i pirati per le vie delle città di Marsiglia fino a giungere al vicino porto e vide la loro nave ormeggiata ad uno dei moli ..essa imbarcava rifornimenti, era un vascello oppure un brigantino..fa poca differenza pensò Portun… sulla sua prora una scritta ella si chiamava :”il serpente dei mari” .

Portun diventa un vero pirata

Una sera dopo aver bevuto vino e mangiato pesce.

Capitan Trecorni radunò tutto l’equipaggio della nave pirata sul ponte per compiere tutti insieme il giuramento di fedeltà alla pirateria…e disse loro:

“Miei pirati!…pirati della nave “il serpente dei mari” siamo riuniti qui per compiere il nostro giuramento annuale in quanto ci sono nuove reclute tra noi.” Disse capitan Trecorni.

“Tutti insieme armatevi di coltello e fatevi un taglio sulla pelle del palmo della vostra mano..ora mentre qualche goccia del vostro rosso sangue è versato in mare dalle vostre mani insanguinate ..giurate insieme a me e ripetete:

“noi pirati del serpente dei mari giuriamo di dividere il nostro tesoro in parti uguali quando verrà il giorno….e questo quando vorrà il nostro capitano..chi si approprierà del tesoro ingiustamente subirà l’ira del re dei mari e la nostra.. a lui giuriamo…inoltre giuriamo di non fare mai la spia ad un amico pirata e di aiutarci l’un l’altro con coraggio nella battaglia..a morte re Luigi l’iniquo!”

Portun pensò che al Re dei mari non gli avrebbe importato nulla di fare giustizia a quel branco di assassini..quindi incredulo mentì e giurò anche lui. Tutti i pirati giurarono urlando quelle parole e il vento portò via l’eco delle loro grida sulle onde del mare…e il Re del mare smentendo Portun.. udì invece le loro parole…e decise per bene.

Portun diventò con quel giuramento un vero pirata e si comportò da quel giorno da pirata in mezzo ai pirati dedicandosi al saccheggio di mercantili e navi da trasporto appartenenti all’odiato re Luigi di Francia..che causava con il suo egoismo povertà a tutto il popolo francese ed era quindi giusto derubarlo ogni tanto.

La vita tra i pirati

Capitan Trecorni addestrò quel marinaio alla vita di pirata..e gli insegnò l’uso delle pistole e della sciabola e anche del pugnale..i giorni su quella nave trascorrevano lenti e Portun diventò col tempo ogni giorno più bravo con le armi..

Capitan Trecorni nei momenti di riposo raccontava a Portun parte della sua vita.. quando lui, ora pirata, era invece in passato un nobile di Francia lontano cugino del Re..ma il parente egoista e furbo con opportunismo interpretando con astuzia leggi fiscali inique …lo aveva fatto arrestare e lo aveva derubato delle sue ricchezze.. l’ingrato Re Luigi si era appropriato ingiustamente della sua casa e delle sue terre..Trecorni riuscì a scappare e fu incolpato ingiustamente di essere un sovversivo del governo del re..in realtà il re voleva solo impossessarsi dei suoi denari ed evitare che lui congiurasse con altri nobili. Trecorni che era un conte..il conte Trecorni..riuscì a scappare e prese la rischiosa decisione di fare il pirata…e diventò quel che era ora il famoso Capitan Trecorni comandante della nave pirata “il serpente dei mari”.

Primo arrembaggio di Portun

Era l’alba ed il sole era basso all’orizzonte..appena sorto dal mare.

L’avevano avvistata…la nave francese piena di mercanzie e ricchezze proveniente dalle colonie del sud africa era visibile a occidente.

Capitan Trecorni diede l’ordine di colpire con un salva di cannoni l’albero maestro di quella pacifica nave ..prima che potesse sfuggire alla sua cattura.

I marinai del mercantile videro la nave pirata troppo tardi.. essa si avvicinò velocissima spinta dai venti a favore..la nave pirata sparò due colpi di cannone rapidi e tremendi che frantumarono i due alberi della pacifica nave e la nave mercantile francese restò senza vele. Subito capitan Trecorni comandò di avvicinarsi di sponda con il suo vascello e comandò “all’arrembaggio miei pirati!”. I pirati salirono a bordo del mercantile vincendo la poca resistenza delle poche guardie del re..ci furono combattimenti di spada e colpi di fucile ma infine tutti i marinai francesi furono presi prigionieri dai pirati…e con poche perdite capitan Trecorni vinse la battaglia..il mercantile e il suo carico erano ormai diventati preda dei pirati…e la pacifica nave fu data al saccheggio e affondata.

Furono fatti prigionieri il capitano del mercantile e il suo secondo ,mentre parte dell’equipaggio fu convinto un po’ con le buone un po’ con le cattive maniere ad arruolarsi tra i pirati corsari.

Il carico del mercantile era composto da oro e gioielli e seta pregiata oltre che frumento e frutta proveniente dal sud Africa.

L’oro saccheggiato fu portato nella camera di capitan Trecorni

Per essere deposto insieme all’altro precedentemente conservato.

Fu allora che Portun potè vedere nella stanza di capitan Trecorni i tre forzieri pieni di oro e gioielli ..che il pirata custodiva gelosamente nella sua cassapanca…i suoi occhi di povero marinaio si riempirono di avidità e Portun ebbe strani pensieri.

Porto Torres (mare tra Sardegna e Corsica)

La nave “il serpente dei mari” attraccò al porto di appoggio di porto Torres situato a sud dell’isola di Corsica, sulla costa della Sardegna. I pirati volevano fare rifornimento di acqua, di aglio (un buon antibiotico naturale), galline in gabbia e conigli in gabbia (un buon nutrimento vivo e sempre fresco), i prigionieri negligenti a diventare pirati furono venduti ai briganti dell’isola, mentre i viveri e la seta erano venduti dai pirati al mercato di quella città per guadagnare altro denaro da aggiungere al loro tesoro.

Altro arrembaggio

Dopo tanti e tanti giorni tra i pirati..durante un arrembaggio Portun rischiò davvero di morire.
Quella nave al largo sembrava il solito mercantile pacifico..in realtà era un trappola.
Capita Trecorni comandò di sparare coi cannoni e poi di avvicinarsi al lato destro della nave per assaltarla..come sempre ordinava…ma questa volta trovò una sorpresa.

I pirati e anche Portun gridarono: ”all’arrembaggio pirati!” salirono su quella nave aiutandosi con delle funi attaccate alle corde delle vele…ma trovarono la nave francese inizialmente vuota..ma all’improvviso da un sottoscala nascosto apparvero i soldati del re armati di fucile e di spade…la stiva era piena di soldati.

Subito ci fu una battaglia…Portun combatté con valore armato di sciabola lanciando coltelli ai gendarmi..molti amici pirati morirono sotto il fuoco dei loro fucili.

Tutto fu risolto dall’eroico capitan Trecorni che prima sparando contemporaneamente con due pistole e poi mediante colpi di sciabola si fece largo tra i soldati del re e catturò il capitano dei gendarmi..che temendo di essere ucciso si arrese e comandò a tutti i soldati restanti di deporre le armi in cambio di avere salva la vita.

Il carico di quella nave era molto prezioso ..monete di oro zecchino proveniente dalle terre del re in Asia.

Anche questa volta capitan Trecorni si salvò e cosi quasi tutti i suoi pirati.

Portun fu ferito di striscio da un colpo di fucile..e nel vedere il sangue che fuoriusciva dal braccio destro si sentì svenire e fu portato a spalla sulla nave pirata insieme agli altri feriti.

I soldati del re disarmati furono lasciati vivi su quella nave maledetta e abbandonati al loro destino con solo una botte di acqua da bere e senza viveri…capitan Trecorni aveva promesso loro che li avrebbe lasciati in vita e così fu.

I pirati si allontanarono al più presto da quella nave e pensarono a curare i loro amici feriti.

Pier la Fonde medico dei pirati feriti

“I soldati feriti da armi da taglio e dai proiettili di fucile hanno bisogno di mangiare molto aglio”..ordinò il medico dei pirati a chi lo aiutava..esso è un buon antibiotico e impedirà alle ferite di infettarsi.

Si chiamava Pier la Fonde ed era il medico dei pirati, egli aveva deciso di seguire capitan Trecorni in questa avventura tre anni prima..a lui piaceva molto bere Rhum…aveva commesso errori nella vita e si era imbarcato tra i pirati per farsi dimenticare dal mondo era un bravo dottore ma purtroppo era un alcolizzato..”ma egli è sempre il medico di questo vascello chiamato il serpente dei mari e merita rispetto” dicevano i pirati di lui.

Molti pirati dopo ogni battaglia..erano feriti ed avevano delle bruciature da fiamma sulla pelle..e il medico Pier la Fonde aveva imparato a cosparge dell’albume di uovo sulla loro pelle scottata dal fuoco per farla guarire ed evitare il suo fastidioso bruciore.
Sulla ferita di Portun ad esempio il medico Pier la Fonde sparse dei granuli di spicchio di aglio e diceva che questo medicamento la avrebbe fatta guarire bene…Portun si fidò di lui.

Molte volte il medico doveva nei casi gravi praticare l’amputazione a qualche pirata ferito e di solito utilizzava dei granuli a base di oppio, erano grani speciali e contenuti in un sacchetto… erano ottenuti da una pianta africana che lui solo conosceva… erano essi un buon sonnifero..” credimi Portun, questo sonnifero è capace di addormentare un cavallo!”

Portun ebbe degli strani pensieri su quel sonnifero appena seppe dei poteri di quella sostanza in granuli che si poteva sciogliere facilmente ad esempio nel vino…

Pier la Fonde durante gli arrembaggi era comandato alla “bombarda” un piccolo cannone messo sul ponte della nave pirata e per prudenza non partecipava direttamente all’azione bellica ..egli era molto importante per curare i feriti dopo la battaglia..sarebbe stata una perdita molto grave per la organizzazione della nave di capitan Trecorni perdere quel bravo medico.

Capitan Trecorni racconta la sua vita

La sera dopo ogni cena capitan Tricorni parlava di quanto odiava il re Luigi… quel re si era approfittato delle sue terre.. e delle sue numerose navi…infatti il conte Trecorni era anche un noto armatore di navigli prima che diventasse un pirata …”si è salvata dal sequestro del re solo questo vascello in cui siamo..”il serpente dei mari” la mia nave, ed io Capitan Trecorni l’ho trasformata in una nave pirata armandola di cannoni e bombarde ..ne ho fatto una forte nave pirata” diceva il capitano bevendo il vino servito da Portun come ogni sera al tramonto.

Capitan Trecorni si fida di Portun

Portun diventa molto amico del capitano dei pirati di capitan Trecorni..e impara molto dalle sue confidenze.

Il capitano dei pirati fidandosi di lui gli mostrava ogni tanto verso sera il suo tesoro custodito nella sua stanza..tesoro accumulato compiendo i molti saccheggi alle navi mercantili del re Luigi suo nemico.

Portun vedeva quel tesoro e si ricordava quale era il suo compito e impegno..diventare ricco subito a costo della illegalità .. il suo sogno era diventare ricco…doveva realizzare il suo sogno di ricchezza…era questa la sua ossessione.

Capitan Trecorni gli ricordò che:” tutti i marinai ed anche tu Portun avete giurato di dividere questo tesoro in parti uguali e il Re dei mari nostro spirito protettore è garante di questo giuramento”.

La luna nella notte illuminava il mare e tutti i pirati tranne le sentinelle dormivano…in quanto avevano tutti bevuto come sempre molto vino.

Per tutta la notte Portun ebbe strani pensieri.

Portun decide di scappare

Portun vedendo che i pirati non si decidevano mai a dividersi il tesoro accumulato.. non erano mai d’accordo per quanto spartirsi il tesoro..pensava spazientito: ”qui mi devo arrangiare da solo..questi bifolchi ..ladri assassini e criminali..meritano un atto di mia furbizia.”

“Sono ormai tre anni che saccheggio e rubo con questi pirati e ora voglio che la parte del tesoro che mi spetta mi sia consegnata..voglio contare il mio oro..voglio sentirmi ricco. “ pensò Portun

Fu così che Portun una notte che toccava a lui il turno di essere la sentinella al timone ..dopo aver cenato e offerto da bere del vino drogato a tutto l’equipaggio…droga ottenuta derubando dalla borsa del medico alcuni medicinali… durante la notte Portun entrò nella stanza del dormiente capitano che era privo dei sensi in quanto anche lui drogato…egli russava steso nel letto.. …Portun già sapeva dove era nascosto il tesoro ed egli così si appropriò di tutto l’oro dei pirati..aveva tempo tutta la notte, tutti i pirati dormivano profondamente e così Portun potè rubare indisturbato oro e gioielli…e mettere il tutto nella scialuppa di salvataggio che stava sul ponte della nave.

Portun tutto da solo, mise poi in mare la scialuppa.. era notte mentre i pirati ignari dormivano perché drogati…lui si allontanò con la barca dalla nave verso la destinazione lontana della terra ferma..ormai l’avidità consigliava le sue intenzioni.

Portun pensò:” questo tesoro è del re non è dei pirati..io non devo sentirmi in colpa poichè sto rubando a dei ladri e assassini…sto facendo giustizia.”

Portun agì con i due remi e poté remare allontanandosi dalla nave dei pirati, fuggiva da loro temendo di essere ucciso… era notte ed al mattino avrebbe messo tra se e la nave pirata molta distanza ..

Portun era felice ora era ricco proprio come sognava..aveva il suo forziere ai suoi piedi situato nel fondo della barca …e si stava allontanando dalla nave per sparire all’orizzonte….nessuno lo avrebbe trovato soprattutto i pirati come avrebbero fatto a sapere dove era diretto.

Portun nella sua ambizione di diventare ricco per comperarsi una villa ..si era dimenticato che aveva infranto un giuramento sacro..aveva infranto la promessa di dividere l’oro in parti uguali con gli altri pirati.. per il Re dei mari era ormai un traditore.

Portun è castigato

Era l’alba..il sole sorgeva ad oriente..ma Portun vide che insieme al sole nel cielo dal mare si ergeva un’altra figura e si trovava proprio sulla suo percorso marittimo.

Guardando innanzi a lui appariva dal mare un gigantesco spirito era il magico Re del mare..il quale con il comando delle sue mani armate di tridente… comandava il mare circostante a rovesciare la barca con le sue onde e voleva che il ladro che remava in essa finisse ucciso.

Lamento di Portun al Re dei mari

Portun vide il gigantesco Re… si ricordò in quel momento e capì che quel giuramento in quanto collettivo non era uno scherzo ed ebbe timore.. doveva sfuggire a quella figura e raggiungere al più presto la riva..altrimenti sarebbero stati guai ….

Mentre Portun remava velocemente per allontanarsi da quella visione…per la paura pensava:

Oh! come sono me sciagurato

ora in preda alla furia del mare io sarò

a nulla mi salverà tutto il mio tesoro

che mi sono guadagnato rubando ai pirati

una tempesta di mare mi farà annegare…

All’improvviso onde alte dieci metri si formarono tutto in torno

alla sua imbarcazione…
sempre più spaventato..

perduto nel profondo mare io sarò

per volere del Re dei mari che mi vuol punire

poiché ho infranto il mio giuramento a lui

si rubai!…ma rubai a chi é ladro ed a chi è un criminale

non puoi oh! Re del mare avere pietà di questo povero marinaio

si! sono stato ambizioso… ma è la mia natura

le onde del mare si calmarono all’improvviso e si formò attorno alla barca di Portun un gorgo nel mare che girava vorticosamente e lo attirava velocemente verso il centro per risucchiare la barca nel profondo mare……sempre più spaventato Portun urlò:

“meglio che muoio.. sono ormai fallito

come persona onorata ho deluso

Re dei mari mi pento per la mia ambizione

ho sbagliato ma tu…oh Re dei mari… vedi comandi tu!

Fu così che le onde della tempesta vinsero la leggera imbarcazione e la barca si rovesciò tra le onde.. il corpo di Portun catturato dalla corrente si inabissò e fu risucchiato dal gorgo.

Ma mentre Portun stava ormai per assaporare l’acqua salata nella bocca e nei polmoni aprendo la sua bocca desiderosa di aria ..non temendo ormai rassegnato la sua morte in quanto era certo che sarebbe morto..vide il suo tesoro rovesciarsi ed aprirsi alle acque e perdersi nel fondali del mare ingrato.

Fu allora che Portun avvertì due mani gentili sorreggerlo per le spalle e Portun anche se esausto, riconobbe il volto della sua amata sirena Sondie.. una volta ella era stata sua moglie..una volta ella era stata sua innamorata..ora lei voleva salvarlo.

Si! Sondie impietosita dal lamento di Portun ..pregò il magico re dei mari, suo padre, di salvare il marinaio poiché ella era innamorata ancora di lui…

Il Re dei mari con un gesto delle mani decise per bene..e causò una magia, trasformò Portun in quanto sfortunato come uomo…infatti aveva fallito nell’onore..trasformò quel marinaio in un tritone..un uomo dalla coda di pesce.

Disse il Re del mare: “Egli ha degli errori..egli è fallito come pirata..ora Portun prova a vivere come creatura del mare!”.

Portun si accorse come per magia che ora poteva respirare sotto acqua come la sua amica sirena ..e poteva nuotare anche nel mare molto velocemente per via della sue gambe trasformate in coda di grosso pesce.

La sirena sua amica lo aveva salvato dalla morte e gli aveva dato una speranza..”Rinnega la tua natura di uomo Portun e diventa un uomo-pesce” disse telepaticamente Sondie.

La sirena prese per mano Portun trasformato in tritone e lo condusse verso il basso… nuotando insieme a lui nel mare nel profondo dei suoi abissi.

Poco dopo avere nuotato per qualche ora nelle profondità del mare, al marinaio Portun, ex pirata, apparve una città sommersa..”la città delle sirene” .

“Sarà questa la nostra casa!” disse in telepatia la sirena Sondie al suo amato.

Portun potè vivere in quanto trasformato in un tritone, in quel luogo di pace insieme alla sua amica sirena che gli restò sempre affezionata …

Portun imparò ad amare quella creatura magica vivendo in quelle case scavate nella roccia… con tutti i mobili scolpiti nella roccia delle caverne del mare profondo..Portun in quel luogo visse felice.

Portun dopo qualche giorno aveva finalmente capito che il proverbio che dice: ”chi troppo vuole nulla stringe” è veritiero ed è pericoloso disobbedire…

Ma ritornò vivo si! ma solamente come tritone ovvero come un uomo-pesce e in questa forma i difetti umani lo abbandonarono finalmente, abitare in quel luogo marino lo rese più sano e felice, quel luogo magico creato dal re dei mari nel profondo abisso per le sirene era la sua nuova casa, esso era illuminato dalla magia di quelle creature…quel mondo viveva una vera pacifica esistenza.

Cosa ne fu dei pirati francesi..
Quando i pirati e capitan Trecorni si svegliarono al mattino con l’amaro in bocca per aver bevuto del vino drogato.

Si adirarono molto nello scoprire che il loro tesoro era stato trafugato.

“Il nostro tesoro è sparito!” disse capitan Trecorni a tutto l’equipaggio.

Subito comandò l’adunata sul ponte della nave pirata

“Capitano manca una scialuppa..ed è sparito un marinaio.

È stato quel lestofante di Portun a derubarci..abbiamo fatto male a fidarci di lui!” dissero i pirati.

“Presto cerchiamolo per tutto il mare lo troveremo!” disse Trecorni.

Dopo settimane e settimane..finalmente la nave pirata scorse e riconobbe tra le onde del mare il relitto della sua scialuppa.

“e’ la nostra scialuppa quella?..vuol dire che il pirata Portun è morto annegato e il nostro tesoro finito in mare..e così il mare ha punito quel traditore” affermò Trecorni.

Detto questo capitan Trecorni si rassegnò alla perdita del tesoro, e promise a se stesso di guadagnarne ancora dell’altro..
infatti si rifece subito del disavanzo, poiché quello stesso mese saccheggio ben otto navi mercantili del re francese, cariche di beni preziosi diretti a Marsiglia, quindi i pirati diventarono ancora ricchi anzi più ricchi di prima.

Nella estate di quell’anno tutto il popolo francese insorse contro il Re Luigi ed i suoi nobili…scoppiò infatti la rivoluzione francese…il re Luigi fu destituito e capitan Trecorni, riconosciuto eroe pur essendo nobile, fu nominato capo della rivolta della Francia meridionale.

Dopo la vittoria dei rivoluzionari capitan Trecorni fu riconosciuto generale della marina della nuova repubblica francese nonostante fosse nobile di sangue in riconoscimento alle sue battaglie da pirata..e ritornò finalmente in possesso delle sue terre e delle sue ricchezze, beni che il malvagio re Luigi suo nemico aveva sequestrato anni prima ingiustamente.

I suoi pirati furono considerati eroi dal popolo tutto e ricevettero denaro e ricchezze in regalo dal governo della nuova repubblica francese in quanto furono considerati dei valorosi dalla pubblica opinione…i loro reati furono tutti perdonati dalla nuova repubblica..

Morale: se non siete perfetti nella morale e nelle capacità è meglio che non pretendiate troppo da voi…poiché chi troppo vorrà nulla stringerà..e questa la punizione di chi ha troppa ambizione e poche capacità.

fine

Autore: Egidio Zippone

racconto scritto nel Ottobre 2010

Giudizio: divertente, avventuroso

Voto: (da 5 a 10): 9

 

Favole di Egidio: il paguro delle maldive

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hermit crab exotic pet in aquarium

 

(racconto di tipo verde)

tempo teorico da dedicare per la lettura circa 20 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

IL PAGURO DELLE MALDIVE

INTRODUZIONE: Esistono nel mondo piccole creature, che la natura ha reso adatte all’ambiente in cui vivono, ugualmente esse sono vittime di una selezione naturale..

Favola: Il paguro delle Maldive

Inizio

C’era una volta nell’arcipelago delle Maldive, una delle tante isole incontaminate circondata dal mare, abitata da aironi, granchi e paguri.

Come ogni estate, natura volle, che sotto una pianta di mangrovia nascessero tanti piccoli paguri indifesi..

Essi siccome erano piccoli, erano paurosi e se ne stavano nascosti sotto le radici delle piante per difendersi dagli aironi, che erano ghiotti di loro e se li mangiavano, quindi dovevano stare attenti a non farsi vedere, se ne stavano vicini vicini e zitti zitti…

Un paguro ancor giovane, ma più grande degli altri, decise che era il momento per lui di diventare adulto e parti per l’avventura obbedendo al suo istinto naturale, e si incamminò sulle sue quattro zampe trascinando il grosso addome verso la riva del mare…obbediva al suo istinto..doveva procurarsi il cibo, ad esempio piccoli granchi, ed occorreva un rifugio, una protezione che difendesse il suo corpo…

Era notte ed il paguro prima camminò sulle zampette sulla sabbia bianca illuminata dalla luna poi si immerse nel calmo mare e camminando sul fondo cammina e cammina, molto lentamente, incontrò una bella conchiglia ferma vicino alla riva, bussò al guscio della conchiglia e quando il mollusco si affacciò per vedere chi era, obbedendo alla sua natura, il paguro con la sua grossa chela lo morse e lo uccise all’istante…subito il paguro si mangiò il tenero mollusco e pulì per bene l’interno della conchiglia e decise che quella doveva essere la sua dimora mobile ed il suo rifugio, si mise all’interno della conchiglia piano piano e se ne tornò verso riva camminando sotto acqua trascinando la sua pesante casa-conchiglia sulle spalle, finchè raggiunse la spiaggia e si andò a nascondere sotto una radice di una pianta che sporgeva dalla sabbia all’ombra di una mangrovia.

Il giorno dopo mentre il paguro si trovava sulla riva del mare in cerca di cibo, piccoli gamberetti e conchigliette, e frammenti di alghe, mentre sorreggeva con le spalle la grossa conchiglia, il nostro paguro vide avvicinarsi a lui un airone, e si spaventò, subito il paguro si nascose nella sua conchiglia, bella robusta, l’airone inutilmente agì con il becco per far uscire il paguro dal suo rifugio e diceva: “esci bel paguro dalla conchiglia a fare un giretto con me, dai che ci facciamo compagnia!” ma il paguro rispondeva: ” no..non sono così stupido da uscire fuori dal mio rifugio, lo so che mi mangerai se lo faccio!” …. e così dopo qualche minuto e qualche tentativo invano..l’airone se ne andò indispettito rinunciando a cibarsi… quella conchiglia era proprio dura da beccare…

Passarono i giorni ed il paguro si sentiva un grande, si sentiva un bello, si vantava con gli altri paguri della bella casa che aveva conquistato, era in effetti una bella conchiglia spaziosa e tutta adornata da penducoli ricurvi esternamente, era anche in parte liscia e levigata a forma di cono, era molto bella la sua casa-mobile e il paguro era molto vanitoso che essa era sua…

Quando all’improvviso il paguro si sentì sollevare da terra, era la mano di un pescatore che era giunto su quell’isola per pescare, costui era stato attratto dalla bella conchiglia, la colse e si mise ad agire con un rametto al suo interno, obbligando il povero paguro ormai prigioniero ad uscire dalla conchiglia..e così fu, il paguro dovette fuggire, fu obbligato a lasciare la conchiglia, e la conchiglia abbandonata fu presa quindi dal pescatore..che con le sue lunghe gambe si avviò per raggiungere la barca posta sulla riva..ma il paguro non si diede per vinto e si mise a seguire quel pescatore, con ostinazione, voleva la sua casetta-conchiglia indietro…

Il pescatore camminava con in mano la conchiglia e dietro di lui lo seguiva il paguro nudo ed indifeso, lo seguiva il paguro tutto arrabbiato trascinandosi con le sue zampe sulla sabbia bianca…ma il paguro a causa dell’ingiustizia vissuta diventò disattento…natura volle che dall’alto un airone vedesse tutta la scena..

L’airone subito discese verso la spiaggia e si posò vicino al paguro che camminava senza conchiglia seguendo le orme del pescatore, l’airone con un colpo rapido del suo becco ghermì il paguro e se lo mangiò.. e così morì il paguro….

Tutti i piccoli paguri da sotto le piante…videro la scena e ne furono inorriditi…e promisero tutti che mai si sarebbero allontanati dalle radici della mangrovia..essa era il loro vero rifugio…

Morale:

le leggi della natura favoriscono il più forte, ma di solito le creature più deboli si difendono dall’estinzione facendo molti figli… fatevi forza e restate di carattere, per evitare che vi derubino della libertà e dei beni materiali, poichè la natura insegna che come il paguro forte deruba paguro debole….così l’essere umano opportunista approfitta purtroppo degli errori del prossimo.

Fine

autore: Egidio Zippone

Milano, Giugno 2016

Giudizio: interessante

voto (da 5 a 10): 9

 

Favole di Egidio: il fantasma amico

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

IL FANTASMA AMICO

INTRODUZIONE: tutti abbiamo degli antenati che pregano per noi dall’aldilà, questa è la storia di Cosimo che parti per le americhe lontane in cerca di fortuna, e qualcuno ebbe l’incarico di preoccuparsi di lui durante il suo viaggio…

INIZIO

Favola: Il fantasma amico

C’era una volta nell’Italia del sud, nel mondo delle favole, nel simil periodo del 1820 d.c., una famiglia con un unico figlio maschio. I genitori si auguravano che il figlio avesse tanta fortuna nella vita e pregavano ogni domenica i loro antenati di aiutare il figlio nei problemi che gli causava lo stare al mondo…

Ma purtroppo per motivi di politica, la sua famiglia litigò con il re Borbone che governava quella parte della penisola italica…il re prese in antipatia il loro unico figlio e faceva di tutto per negargli fortuna e iniziative.

In quei anni in tutta Europa c’era la crisi economica e difficilmente si trovava lavoro nel paese.

E così Cosimo, questo è il nome del protagonista del racconto, decise di emigrare con una nave verso terre lontane, pensate verso il Venezuela in cerca di fortuna.

Cosimo descrisse ai suoi genitori le sue intenzioni, e loro tristemente, comprendendo le difficoltà del figlio, diedero a lui il permesso di emigrare in un paese lontano.

I genitori però erano preoccupati in quanto Cosimo era il loro unico figlio, era così giovane ed ora voleva andare lontano da casa, e così quella sera padre e madre insieme, raccolsero tutti i dipinti ed i quadri che raffiguravano i famigliari vissuti negli anni passati e pregarono i loro antenati evocandoli..tutta la sera essi pregarono..i loro antenati dovevano aiutare il loro discendente necessariamente.

Dovete sapere che quella notte, mentre nella casa tutti dormivano..apparve in sogno al padre di Cosimo… il capo degli antenati della famiglia… un generale vissuto ai tempi delle battaglie napoleoniche..nel sogno era come ci si trovasse in un salotto.. e questo antenato con autorità, nel sogno aveva chiamato a raccolta tutti le anime degli altri antenati vissuti, per organizzare un assemblea degli spiriti di famiglia.

Il nonno defunto di Cosimo nel sogno ricordò a tutti che era importante aiutare i discendenti di sangue: “i suoi genitori molto ci hanno pregato per aiutare il nostro pronipote nel suo lungo viaggio verso le americhe”.

Ed il capo degli antenati chiese:” Chi di voi si prenderà l’incarico di seguirlo nella sua avventura e di proteggere dai pericoli il nostro discendente?”

Gli antenati passarono tutta la notte a discutere su chi dovesse prendersi questo incarico…. qualcuno doveva farlo.

Fu così che il padre di Cosimo, al risveglio da quel sogno, disse a sua moglie: ”moglie!..gli antenati hanno risposto alle nostre preghiere..nostro figlio sarà aiutato spiritualmente nel suo viaggio”.

Dovete sapere che in ogni famiglia esistono spiriti protettori, veri fantasmi, assunti proprio dagli antenati della famiglia con il compito di proteggere la parte vivente della famiglia e cioè i discendenti di sangue.

Così fu scelto come protettore di Cosimo… un fantasma dal carattere molto burbero chiamato ”capo di teschio” oppure “capo di morto”..ma a lui questo nome non gli piaceva e siccome aveva un brutto carattere, tutti lo chiamavano “fantasma dalla testa di teschio” guai a chiamarlo “capo di morto” egli si arrabbiava molto.

Questo fantasma da vivo era stato un soldato ed aveva combattuto nelle battaglie per conquistare la penisola italica , e dovete sapere che questo fantasma quando era un soldato vivo, fu aiutato durante una di queste battaglie passate da un parente di Cosimo, ora defunto, quel parente rischiò la vita per lui e da quel giorno questo soldato si riteneva in debito con la famiglia di Cosimo..e così quando lo spirito del bisnonno lo comandò ad aiutare il nipote, egli obbedì all’istante.

“Lo proteggerò io, vostro nipote, nel suo cercare fortuna nel suo viaggio per il mondo, in questo modo il mio debito sarà assolto!” disse il fantasma protettore..

Il fantasma dal capo di teschio prese l’occasione per sdebitarsi, il bisnonno di Cosimo aveva difeso la sua libertà durante la guerra con i francesi, egli era molto grato con chi lo aiutò e per questo motivo si sentiva in debito con la famiglia…

Adesso questo fantasma, partecipando a questa missione che gli avevano affidato, aveva l’occasione di risolvere il suo debito, era una questione di onore.

L’uomo fantasma, che appariva come un uomo vestito da soldato, con un mantello verde scuro sulle spalle, ma con il volto costituito da un teschio, e dagli occhi color del fuoco ardente, accettò e si mise agli ordini della famiglia, con l’intenzione di aiutare Cosimo, come gli avevano ordinato gli antenati suoi amici.

Fu così che un mattino Cosimo, con uno zaino sulle spalle si mise in cammino in direzione per il porto di Napoli, seguito a sua insaputa dall’invisibile uomo fantasma…da quel porto partivano numerose navi per le americhe.

La strada per Napoli era lunga e così Cosimo dopo aver camminato per molte ore, dovendosi riposare, accese un fuoco e si mise a dormire vicino ad un albero.

Fu così che Cosimo lo vide, mentre era sdraiato su un telo vicino al fuoco in piena solitudine..di fronte a lui, vicino ad un albero, stava in piedi un fantasma vestito da soldato e con un mantello..faceva un pò paura poiché la sua testa aveva la forma di un teschio..e da quel teschio due occhi fiammeggianti guardavano Cosimo.

“Chi sei tu?..disse Cosimo alzandosi all’improvviso dal giaciglio tutto spaventato nel vederlo.

“Non temere ragazzo..sono il tuo fantasma protettore e ti porterò fortuna..ti aiuterò io a cercare ricchezza nelle lontane terre dove hai intenzione di andare..non temere sono molto amico del tuo bisnonno defunto e lui che mi ha comandato di proteggerti” disse il fantasma..

Rassicurato dai modi amichevoli del fantasma, il ragazzo allora disse: “ Ah! Si! L’amicizia degli antenati con i pronipoti, credevo che fosse una leggenda..invece è tutto vero… la magia degli antenati esiste..sto parlando con un loro fantasma infatti..oppure sono impazzito per la stanchezza… ma non mi pare”.

All’alba Cosimo si svegliò e si mise in cammino per raggiungere il porto e in questo modo si poté imbarcare sulla prima nave diretta in Venezuela..egli era sempre seguito dal suo amico fantasma che era invisibile.

La nave su cui era Cosimo salpò l’ancora, e dopo un tranquillo viaggio calmo per l’oceano atlantico, che durò quasi tre settimane, la nave raggiunse finalmente il porto di Maracaibo in Venezuela.

In quel paese ancora selvaggio esistevano solo tre grandi città e tutto l’interno era costituito da ampie foreste amazzoniche abitate da Indios selvaggi, essi erano ostili alla civiltà dei bianchi.

Il governatore del Venezuela era un generale, questi per incoraggiare la coltivazione nelle sue terre di caffè e di canna da zucchero, organizzava in quella città, la donazione di terre lontane e donava i terreni a chi volesse fare da volontario e diventare un proprietario terriero..

Parte di queste terre libere, erano situate in ampie vallate e circondate da ampi e pescosi fiumi…esse erano molto prossime a grandi foreste e il governo del Venezuela regalava ogni tipo di semenze per piantare laggiù ogni tipo di coltivazioni..

Cosimo lesse lo annuncio che era in lingua spagnola ..era l’occasione che cercava ..era quello il suo sogno, coltivare una terra tutta per lui, egli sarebbe diventato un ricco proprietario terriero..avrebbe venduto il raccolto ed avrebbe accumulato ricchezze…un giorno sarebbe tornato in Italia da vincente..portando con se molto denaro.

Andò nel municipio di Caracas ed ebbe dall’impiegato in donazione una grande partita di terra ad est , essa era segnata su una mappa ..ebbe in regalo anche sacchi di semenze di caffè e canna da zucchero oltre che di frumento.

Osservando la mappa, Cosimo capì che la terra che gli avevano donato era vicino ad un fiume..sarebbe stato facile coltivarla…ma pensò leggendo le avvertenze della mappa, che l’unico problema era la vicinanza a quella zona di una tribù ostile ai bianchi..ma essi erano dei selvaggi ignoranti che vivevano nella foresta e non andavano considerati.

Cosimo uscì dal municipio e mise tutti i sacchi di semenze ed i molti attrezzi su un carro trainato da un cavallo che aveva precedentemente acquistato con i suoi risparmi .

Cosimo tutto preso nelle sue iniziative agricole, non si accorse di essere seguito..c’erano infatti due ladri dalle brutte intenzioni…che lo avevano notato… e che volevano derubarlo.

Cosimo partì al più presto seguendo la mappa data dall’impiegato del comune….verso il terreno ricevuto in donazione…

La strada era fangosa per le piogge stagionali…ma in quel momento nel cielo splendeva un bel sole…avrebbe fatto una sosta appena possibile con l’arrivare della sera.

Durante la notte mentre Cosimo dormiva vicino al fuoco in solitudine..i due ladri si fecero coraggiosi e arrivarono furtivi presso di lui e lo immobilizzarono con le loro forti braccia ..urlando a Cosimo spaventato.. “Hombre! dove hai il tuo denaro presto daccelo!”

Mentre minacciavano Cosimo con le armi, i due ladri non si accorsero dell’ectoplasma che stava prendendo forma alle loro spalle..fu così che all’improvviso un aria gelida prese i corpi dei due ladri facendoli rabbrividire e apparve in quel punto il fantasma “testa di teschio” che si mise a picchiare i due ladri con le sue braccia forti..egli aveva un senso della giustizia molto spiccato e quindi si arrabbiava molto quando incontrava i delinquenti.

“Ma cosa é questo… è un fantasma e ce l’ha con noi.. presto scappiamo è los demonio…” urlarono spaventati i ladri mentre si prendevano sberle e calci in faccia e sul sedere.

I due ladri spaventati scapparono anche perché le loro pistole nulla potevano contro i pugni e le sberle del fantasma.

Fu così che con l’aiuto del suo amico fantasma, Cosimo scampò al pericolo, e tutto fini solo con un grande spavento.

“Ringrazio i miei antenati..è vero che mi proteggono!” disse Cosimo mentre ritrovava piano piano il suo coraggio.

All’alba Cosimo arrivò a destinazione …la mappa diceva che quello era il punto esatto…il suo terreno era lì..finalmente era giunto, e Cosimo piantò la sua bandiera tra le zolle erbose poco distante dal fiume.

Cosimo si tolse il cappello e disse una preghiera: “Questa è la mia terra e dichiaro che la proteggerò e la coltiverò con abilità e dedizione..il Signore me la data ed ora è mia…ahmen!.”

Tagliando dei tronchi dai giovani alberi dalla foresta vicina…Cosimo costruì un lungo steccato tutto intorno al perimetro del terreno avuto dal governatore e chiamò quella fattoria con un nome insolito “fattoria del teschio” in onore del fantasma che lo proteggeva.

Dopo qualche giorno, Cosimo cominciò a costruire una casa nel centro del terreno su una collinetta poco distante dalle acque del fiume che scorreva poco lontano. Ma purtroppo quella terra che gli avevano donato era molto vicina alla foresta e in quel luogo si trovavano molti pericoli per lui.

Dovete sapere che all’interno della foresta abitava un tribù di Indios, essi vivevano mezzi nudi…e si chiamavano tra loro: ” i pelle rossa”..così si chiamavano poiché si dipingevano i loro corpi nudi di una argilla rossa ricavata dalla sabbia del fiume.

Gli Indios erano tutti incuriositi dall’arrivo di quell’uomo bianco..egli era giovane e si dava molto da fare…ma era sempre un nemico per loro…era infatti un estraneo.

Fu così che un giorno il capo degli indios di nome Dazhi decise di dare una lezione a quel bianco che spiantava gli alberi sacri della madre foresta e si nutriva del pescato del padre fiume ..questi due cose erano considerati divinità dai pellerossa, erano la forza della vita della loro tribù.

Gli Indios arrivarono alla casa di Cosimo..quando egli si trovava nei campi a zappare ed a togliere le pietre dal terreno.

Gli indigeni saccheggiarono l’interno della casa…danneggiando e portandosi via molte cose quando scapparono.

Cosimo li vide da lontano ma era troppo tardi..Cosimo sparò in aria con il suo fucile..ma fu troppo tardi il danno era compiuto.

Quando Cosimo entrò nella casa era tutto in disordine…ma con pazienza decise di rimettere tutto a posto, era vero quella terra era degli indios.. era lui l’intruso..

Ora Cosimo era un po’ deluso..il suo sogno aveva problemi a realizzarsi….presagiva qualche difficoltà nel vivere laggiù…doveva avere pazienza.

Fu cosi che “testa di teschio”, vedendo preoccupato Cosimo, ebbe una idea, ci avrebbe pensato lui..

Il fantasma testa di teschio restando invisibile, si addentrò nella foresta alla ricerca del villaggio degli indios.
Lo trovò facilmente sentendo le vibrazioni spirituali dei loro corpi vivi..

Senza che gli indios messi di guardia lo vedessero in quanto era invisibile..il fantasma entrò nella capanna più grande del villaggio, quella che probabilmente doveva essere la capanna del grande capo.

Il capo stava fumando una lunga pipa accanto al fuoco ed il fantasma decise di apparire a lui proprio nel fuoco.

“Ahhi!” Urlo il capo indios spaventato quando vide uno spirito che dal fuoco lo guardava minaccioso.
Lo spirito è mente viva e telepatica e quindi testa di teschio intese subito quale era l’idioma di quel indios..e poté parlare nella loro lingua al capo tribù: “Tu capo indio hai infranto la casa di un mio grande amico..egli non è solo un uomo bianco..ma è anche l’eletto tra gli uomini..io Signore del fuoco… l’ho scelto come mio figlio..ora tu devi rimediare al torto che hai fatto a lui”..e dicendo questo testa di teschio con il suo ectoplasma ingrossò le fiamme del fuoco fino a bruciacchiare i piedi del capo indios.

“Ahiai!” Urlò l’indios per lo spavento ma anche per le scottature.

“Io sono il Signore del fuoco” aggiunse testa di teschio “io posso distruggere tutta la foresta e dove voi vivete con le mie fiamme magiche..ed io vi ordinò di rimediare ..andate dall’uomo bianco che vive vicino al fiume e fatevi suoi servi finchè egli vorrà, ed io vi perdonerò….. altrimenti…” e le fiamme si ingrossarono ulteriormente..”saranno guai!”.

“No! Spirito del Signore del fuoco..io capo Dazhi ti obbedirò e farò pace con l’uomo bianco che vive vicino al fiume..come tu vuoi..”.

Sentito questo scusarsi, testa di teschio pensò di scomparire, anche perchè stavano arrivando altri uomini indios nella capanna attirati dalle urla del capo.

Il capo ancora spaventato per l’apparizione, raccontò tutto allo stregone della tribù.

Lo stregone consigliò di fare amicizia con l’uomo bianco che viveva oltre la foresta, perché lui era stato scelto come figlio del Signore del fuoco..e meritava rispetto..”riportiamo tutto quello che gli abbiamo rubato o saranno guai per noi!”..disse lo stregone.

Il giorno dopo un gruppo di indios guidati dal capo tribù Dazhi e dallo stregone, si avviò nella pianura per incontrare Cosimo, avevano intenzioni di pace.

Cosimo dapprima fu diffidente, poi si rassicurò, pur capendo con difficoltà il loro idioma, Cosimo capì che qualcuno era apparso a loro e aveva detto loro che lui Cosimo era un eletto …un figlio del Signore….probabilmente non era vero..ma Cosimo intuì un vantaggio e finse di crederci..

In segno di amicizia Cosimo e gli indios si scambiarono dei doni..e gli indios ridiedero a Cosimo tutto quello che gli avevano rubato..e chiesero inoltre all’uomo bianco di cosa aveva bisogno in modo da potersi scusare.

Cosimo rispose loro: “ i Signori della natura mi comandano a custodire questa terra e a farla produrre frutti, voi dovete aiutarmi a coltivarla e quindi tu capo Dazhi mi dovrai fornire dieci uomini robusti al giorno per aiutarmi a coltivarla” così disse Cosimo.

“Sarà fatto rispose il capo…il volere del figlio del Signore del fuoco è un mio dovere!” e comandò la sua tribù a obbedire all’uomo bianco perché era degno di questo.
Fu così che Cosimo ottenne l’aiuto sperato… e da quel giorno i suoi progressi di agricoltore divennero tanti, poiché era aiutato dagli indios.. adesso erano suoi amici.

Mesi successivi giunse la stagione del raccolto…il terreno si dimostrò fertile, le piante per il caffè..e le piante per lo zucchero crescevano rigogliose..

La settimana dopo Cosimo mise tutto su un carro e in compagnia di alcuni indios partì per la città più vicina per vendere il raccolto e comperare qualche altro attrezzo.

Giunto in città Cosimo fece buoni affari, la gente si rallegrò nel notare, che era possibile fare amicizia con gli indios della foresta.. questo era un buon segno per lo sviluppo di quella parte del Venezuela.

Passarono gli anni e Cosimo divenne un proprietario terriero sempre più ricco e stimato..

Tutti lo conoscevano come un buon lavoratore e padrone di fazenda..ora aveva alle sue dipendenze ben dieci indios obbedienti e gran lavoratori.

Un amico di origine italiana gli presentò sua figlia, e lui se ne innamorò e volle portarla con se nella sua fattoria.

Con il denaro guadagnato dal raccolto si organizzò a Caracas un bel matrimonio ed in quella città Cosimo si sposò la figlia di un emigrante italiano il suo nome era Rosaura, dopo anni nacquero due bei figli dalla loro unione

La fattoria intanto con il passare del tempo prosperò e divenne ricca di coltivazioni e anche di bestiame.

Il fiume forniva l’acqua sufficiente per tutte le iniziative agricole di Cosimo.

Passarono altri anni e Cosimo ebbe nostalgia della sua Italia e dei suoi genitori… non sapeva più niente di loro, non aveva notizie, “chissà come stanno i miei genitori?” pensava.

Così un giorno Cosimo si decise:
..decise di vendere tutti suoi possedimenti…e disse agli indios..”E’ tempo che il figlio del Signore del fuoco torni alla sua vera casa…ma due di voi mi seguiranno..Cosimo scelse i più fidati che avevano imparato a parlare italiano e li portò con se a Maracaibo..

In quella città Cosimo vendette a buon prezzo il suo terreno, la fattoria ed il bestiame ad un generale benestante e mise tutte le sue ricchezze in un forziere…e disse a sua moglie ed ai suoi figli..

“il re Borbone che aveva antipatia per me nel mio paese è morto ed i suoi amici sono in esilio..ora comanda un altro re in Italia…cara moglie dobbiamo partire per l’Italia”.

Cosimo e la sua famiglia, attesero stando in albergo che una nave partisse per l’Europa.

Dopo una settimana una nave era pronta a partire, la nave partì dal porto venezuelano di Maracaibo e dopo quasi un mese di navigazione agevolata da un mare calmo, la nave con su Cosimo giunse in prossimità del porto italiano di Napoli.

Che fortuna! Cosimo ora aveva una famiglia ed anche dei servi ..era tornato in Italia da persona ricca.

Sbarcato a Napoli, Cosimo comperò un carro con due cavalli e si mise in viaggio con la moglie e figli per il suo paese di origine poco distante.

Giunto in paese, tanta fu la felicità dei suoi genitori di riabbracciare il figlio.. “Cosimo é tornato!” tanta fu la gioia che per tutto il piccolo paese che furono decisi tre giorni di festa..

Giorni dopo, Cosimo con il suo denaro, comperò una casa…e anche dei terreni fertili..e comandò ai suoi servi di coltivarli e in questo modo diede un futuro ai suoi figli.

Finalmente a giudizio dei suoi parenti Cosimo era ormai ritenuto una persona sistemata e benestante.

Dovete sapere che il re di Italia era un re piemontese, a differenza dell’ex re Borbone, il nuovo re non aveva rancori per Cosimo.

Cosimo in segno di amicizia mandò regali al re, cose preziose, vari ricordi provenienti dalle Americhe, dove disse che era stato per motivi di lavoro.

Fu così, che quella stessa notte, nell’aldilà, l’uomo fantasma ricevette i complimenti di tutti gli spiriti antenati della famiglia di Cosimo e il fantasma “capo di teschio” poté così tornare libero di viaggiare sul pianeta e di incarnarsi in chi voleva per poter tornare vivo.. poiché il suo compito di protettore di quella famiglia era stato assolto con onore..adesso era uno spirito eroe libero da doveri.

Morale: non perdete la speranza se state vivendo una cattiva sorte attualmente..probabilmente tutti hanno uno spirito amico…che ci proteggerà e ci aiuterà ad vivere un felice destino.. bisogna solo aspettare e la fortuna ritornerà….
gli spiritualisti affermano che esiste un legame spirituale con i nostri antenati..secondo gli spiritualisti i nostri antenati sentono il dovere di preoccuparsi di noi portandoci fortuna..

Fine

Autore: Egidio Zippone (Milano, Marzo 2013)

Giudizio: interessante

voto (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: l’eroe misterioso..

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(racconto di tipo verde e nero)

FAVOLE DI EGIDIO..

L’EROE MISTERIOSO

INTRODUZIONE: un vero eroe, è quel valoroso, che rischia la sua vita per gli altri, restando anonimo e sconosciuto..

INIZIO

Favola: L’eroe misterioso

Nel mondo delle favole, dove la vita si conduce libera ed un sogno di ottimismo pervade l’anima, laggiù a volte arriva il malintenzionato a portare afflizione.

Quella che vi voglio raccontare è la storia di un paese situato nella penisola italica, la storia è ambiantata intorno al periodo simil-storico del 1600 d.c.

C’era una volta un paese dove la gente era consigliata da molta positività…erano molto altruisti e si aiutavano tra loro e se pure spesso erano differenti nelle loro opinioni, essi erano molto rispettosi di ognuno.

L’economia prosperava e si diffuse nel paese molta ricchezza per ogni abitante..ma tutti gli invidiosi dei paesi vicini ne vennero a conoscenza  e questo attirò l’avidità di un orda di briganti..gelosi del benessere di quella gente..che non faceva altro che lavorare e guadagnare…ed accumulare ricchezze..

I briganti durante la notte, entrarono in paese e vinta la resistenza delle poche guardie messe di sentinella, si appropriarono del castello..e della stazione dei gendarmi.

All’alba gli abitanti videro il loro paese occupato..i briganti erano numerosi li comandava un brigante tale Peppino U’ Scugnizzu …un capo brigante molto malvagio..egli ordinò il saccheggio e il vilipendio di ogni casa…i briganti chiesero un tributo ad ogni abitante..chiesero monete e gioielli con modi violenti e cattivi.

I briganti radunarono la popolazione impaurita nella piazza del paese e fu facile farlo poiché era gente mite e tranquilla ed ordinarono loro di consegnare i loro tesori privati e le loro ricchezze..chi si rifiutava era percosso e malmenato..e le donne schiaffeggiate e denudate per umiliarle davanti a tutti.

Si creò in quei giorni di occupazione un clima di persecuzione e si diffuse molto terrore tra la gente ..e tutti speravano in un eroe che però non arrivava ancora..chi mai ci salverà da questi villani ed aridi gaglioffi?

E così gli abitanti impauriti furono costretti a sottomettersi  ed a donare in cambio della vita, i loro averi..gioielli ed oro e giovani donne a quel gruppo di briganti malvagi e avidi…che tutte le sere si ubriacavano…e facevano orge..

Essi si erano impossessati del castello, una volta abitato dallo sceriffo e dal podestà ..e vi fecero li la loro dimora, da quel luogo comandavano le loro azioni malvagie nel paese… ed da quel luogo organizzavano razzie in tutta la regione…il paese era diventato un covo di briganti..

Dovete sapere che viveva in quel paese…un giovane tranquillo e idealista si chiamava Secondario Amilcare… era questi un giovane mago e anche scienziato…aveva un solo difetto, ma era un difetto fisico, era zoppo..zoppicava dalla gamba sinistra.

Egli era un uomo giusto e di origini nobili e siccome aveva viaggiato per tutto il mondo..egli conosceva l’arte della magia e dell’alchimia…viveva solo in quel paese… ma era ugualmente buono e gentile con tutti.

Durante la occupazione del paese da parte dei briganti, la chiesa e i sacerdoti consigliavano le genti alla pazienza ed a porgere l’altra guancia ed a volte ad accettare con spirito di martirio qualche umiliazione…mantenersi in vita era la cosa più importante…bisognava dare ragione ai briganti… loro erano più forti…

Lui invece Secondario Amilcare, pensava ad una soluzione che liberasse il paese dalla occupazione malvagia..ma temeva una ritorsione da parte dei briganti nei confronti dei suoi amici, e poi era zoppo come avrebbe potuto competere in battaglia con gente più sana e più forte di lui…quindi temeva che se lo avessero riconosciuto e notato sarebbero stati guai per tutti, temeva per la sua famiglia se lui si fosse reso protagonista di una ribellione…così decise di agire con furbizia.

Si ricordò che nei sotterranei della sua abitazione c’era un vecchio libro, che un suo antenato nobile aveva comprato nella lontana Asia probabilmente in India…o da quelle parti, e decise di leggerlo con attenzione..

Andò nei sotterranei e lesse questo libro con molto interesse e imparò da esso il potere paranormale della “ubiquità dello spirito” e la “trasmigrazione dell’anima”, oltre che “l’evocazione dello spirito degli antenati”.

Secondario Amilcare, di nascosto a quei malvagi briganti, col passare del tempo durante quelle notti, costruì una macchina che funzionava con un sorgente di energia generata da un composto chimico, che fermentando produceva energia elettrica e un vapore di tipo ecto-plasmico..

Amilcare mediante una cuffia di cuoio che si metteva sulla testa e che lo collegava alla macchina mediante fili di ferro e di rame, utilizzando energia magnetica il nostro  apprendista mago poté in questo modo incominciare lo esperimento.

Amilcare Secondario collegò il proprio cervello alla macchina e formulò le parole magiche del libro, pensando intensamente alla sua intenzione rivoluzionaria..ma una sonnolenza lo prese all’improvviso e si addormentò vicino al congegno..

Dovete sapere che  Amilcare aveva precedentemente inserito in una parte nella macchina una grossa lucertola verde e un pipistrello nero tutti e due ben vivi e arzilli..

Amilcare Secondario.. dopo che si era addormentato e  restando collegato alla macchina.. cosa accadde? come per magia dal suo corpo cominciò ad uscire una nube ecto-plasmica di colore nero..che prese pian piano la forma di un cavaliere con tanto di armatura e di spada…dal congegno elettro-chimico inserito nella macchina scaturì più in là…altrettanto ectoplasma nero, che prese invece forma di un drago nero molto grintoso e con le ali…il drago ecto-plasmico creato sapeva infatti volare e fluttuare nel cielo…

Dovete sapere che sia il drago che il cavaliere erano mossi e tenuti vivi nella realtà… dalle parti cerebrali del cervello di Amilcare Secondario rese forti dal congegno, ma egli era fisicamente in catalessi ed era semi addormentato….la volontà dell’eroe era pronta a fronteggiare i terribili briganti che infestavano il paese…un fantasma tutto nero adesso gli obbediva…il fantasma poteva anche diventare più denso o fluttuante, molti erano i suoi poteri che erano comuni a tutti i fantasmi…egli era “il cavaliere del drago” ed era questi un cavaliere suo antenato, il ricordo del quale viveva prigioniero nelle sue zon cerebrali..e fu da Secondario evocato e liberato mentre dormiva.

Era notte alta…alcuni briganti erano di sentinella….altri dormivano ubriachi nella stazione di polizia e altri ancora contavano nella taverna il tesoro in gioielli rubato al popolo.

Gli abitanti del paese in preda al clima di terrore dormivano prigionieri nelle loro case..era vietato uscire di casa a quell’ora…c’era il coprifuoco ..era il momento buono per agire pensò il “Cavaliere del Drago”

Il cavaliere armato di spada e di scudo eterei..salì sulla schiena del suo drago..e volando nell’aria e diventando meno denso nell’ecto-plasma, attraversò i muri della sua casa, vi ricordo che era come un fantasma quindi poteva passare attraverso le pareti, il fantasma raggiunse la piazza del paese in un istante.

La piazza era deserta..c’erano solo pochi briganti di sentinella vicino al palazzo comunale…armati di spade e di fucili.

Il fantasma si avvicinò ai briganti era invisibile e mentalmente rese visibile e reale e molto densa solo la spada e con un gesto punitivo li trafisse ad uno ad uno con essa..uno per uno tutte le sentinelle morirono senza capirne il perché…ne chi fosse stato il loro nemico.

Il giorno dopo il capo dei briganti..Peppino U’ Scugnizzu dovette rassegnarsi..qualcuno aveva ucciso parte dei suoi amici briganti…doveva scoprire chi era stato..ma ciò era strano… la popolazione era stata rinchiusa nelle loro case e c’era il coprifuoco nel paese…e poi si trattava di gente mite…quindi chi poteva essere stato?.

Intanto nei giorni successivi , il giovane Secondario Amilcare stava sempre nella sua casa e meditava sui poteri del fantasma evocato da lui, di cui lui era parte reale della mente cosciente che lo consigliava…i briganti perquisivano le case e nonostante i sospetti lo lasciavano in pace, poiché Secondario Amilcare aveva sempre pagato il tributo preteso da quei brutti ceffi e prepotenti..ed era pensato dai briganti una persona innocua alle loro intenzioni..poichè era anche invalido in quanto visibilmente malato ad una gamba….

Bisognava aspettare la notte per agire di nuovo …i poteri del “cavaliere del drago” erano tanti..egli poteva diventare invisibile…egli poteva attraversare i muri…egli poteva sollevare grossi pesi poiché era molto forte…egli poteva diventare un ectoplasma gigantesco…egli poteva volare nel cielo buio della notte molto velocemente.

La notte calò sul paese.. il nostro eroe Amilcare Secondario si collegò nuovamente alla macchina..ed il fantasma del cavaliere del drago..diventò di nuovo reale e ricomparve.

Il fantasma volò nel cielo del paese…questa volta la volontà del giovane dormiente decise di dirigerlo al castello occupato dai briganti…laggiù era custodito tutto il loro tesoro ottenuto con le ruberie e malvagità.

Vi entrò e sguainando la spada ma sempre restando invisibile…combattè ed uccise i briganti che si trovavano in quel luogo..essi non capivano cosa succedeva loro….. prendevano botte e sciabolate micidiali…ma non vedevano nessuno..il cavaliere scese dal drago e prese il sacco del bottino con dentro il tesoro sottratto agli abitanti..e si diresse verso la casa del sindaco e li davanti lasciò in terra il sacco e disse al sindaco con voce tenebrosa:

“sindaco! ritorna questo tesoro subito ad ogni abitante del paese!”..quindi tornando in groppa al drago volante, comandò il suo drago alle sue intenzioni e ne causò il ritorno nel suo rifugio.. che erano i sotterranei della casa del suo evocatore, il giovane Amilcare, suo discendente.

Non vi dico quale fu l’ira di Peppino O’ Scugnizzu, quando si vide derubato e capì che i suoi briganti non sapevano con chi prendersela…“Per tutti i demoni!” disse il capo dei briganti…”tutti i paesani sono tornati in possesso delle loro monete d’oro!” decise che ne avrebbe parlato al sindaco ed al prete del paese..tutto ciò era strano, i briganti sopravvissuti parlavano di una forza invisibile, di un fantasma che li aveva travolti e ucciso parte di loro.

Infatti essi subivano una suggestione, i briganti cominciarono a raccontare tra loro terrorizzati, forse nel paese c’era un fantasma sanguinario e crudele, ed era molto arrabbiato con i briganti. Questo fantasma agiva durante la notte proprio a mezzanotte ed era spietato con i nemici del suo paese…molti briganti volevano disertare abbandonare quel luogo..ma intimoriti e minacciati dal loro capo restarono al loro posto ugualmente.

Bisognava capire come mai molti briganti erano morti a causa di qualcosa di invisibile… forse la colpa era di un fantasma..essi avevano ora molto timore di lui…girava voce tra i briganti superstiziosi che il fantasma era in realtà il diavolo in persona..”brr!… che brividi di paura…forse chi è ucciso dalla sua spada finisce dritto all’inferno..è terribile!..dicevano tra loro i briganti”.

Il giorno dopo….il capo dei briganti Peppino U’ Scugnizzu decise di chiedere ancora spiegazioni al sindaco e al prete del paese…stavano succedendo cose strane di notte nelle strade del paese..i suoi briganti erano diventati superstiziosi ed avevano paura a sorvegliare ed a stare da soli di notte..

Il capo brigante avvertiva la paura dei suoi amici e voleva porvi rimedio…sapeva che i suoi uomini erano ignoranti, ma erano sempre gente crudele e cattiva, di conseguenza avrebbero vinto il loro nemico anche se era invisibile.

Il parere del prete della chiesa era che nel paese era arrivato lo spirito del diavolo…questo è capitato poiché gli abitanti del paese non pregavano i Santi più da molto, la gente viveva comprendendo l’ingiustizia voluta dai briganti e quindi i Santi avevano abbandonato il paese…questo avrebbe attirato il demonio in quel luogo.

Il parere del sindaco, che aveva visto di persona il fantasma del cavaliere del drago, era che il problema forse era dovuto ad un fantasma di un antenato di un nobile del paese, il quale aveva in passato fondato e costruito per primo le case del paese e che ora infastidito dalla occupazione illegittima, faceva giustizia dei briganti usurpatori…colpevoli di aver tolto la pace ai suoi cittadini ed ai suoi discendenti.

“Allora è un problema mistico..lo risolverò!” affermò il capo dei briganti.

Peppino U’ Scugnizzu come prima cosa decise e intimò alla popolazione terrorizzata dai suoi modi violenti di andare in chiesa e pregare che il diavolo se ne andasse via dal loro paese.

“E pregate con serietà ed impegno mi raccomando!” diceva loro il brigante.

Il capo dei briganti inoltre decise di tendere un agguato al fantasma o diavolo che sia..”egli se ne doveva andare!”..bisognava esorcizzare il paese, poiché in quel paese si stava bene, infatti la gente che ci abitava dava ragione sempre ai briganti..in quel paese tutti avevano paura di litigare con il capo brigante…quindi era vantaggioso per tutti loro restare li…nel vivere e godere di tutte le ricchezze della regione che da quella città si poteva controllare….

La gente del paese impaurita obbedì al capo dei briganti e mentre la popolazione era in chiesa a pregare i Santi, i briganti presero come ostaggio alcune donne e bambini, e per organizzare una trappola, li legarono nel centro della piazza, poi il capo brigante si nascose con molti dei suoi briganti dietro le colonne del porticato e aspettò..tra poco sarebbe scesa la notte sulla  città…il fantasma sarebbe comparso.

Dovete sapere che tutte le sere il giovane Secondario Amilcare scendeva nei sotterranei della sua casa e si collegava alla sua macchina magnetica la quale creava l’ectoplasma nero, egli cadeva in catalessi ed appariva non appena lui si era addormentato, il fantasma del “cavaliere del drago” prima appariva e poi il fantasma obbediva alla sua volontà di dormiente che lo comandava a essere eroe del paese.

Il fantasma uscì come le alte volte attraverso i muri dalla sua casa..il cavaliere del drago..si diresse verso la piazza, vide i prigionieri e diventò più denso e scese dal suo drago per liberare e sciogliere le funi che tenevano legati le donne ed i bambini…ma diventò per questo motivo visibile e potè così liberare i prigionieri….

I briganti e il loro capo finalmente lo videro..era uno spirito di luce nera e si lanciarono contro di lui armati di spade e fucili.

Il cavaliere del drago fece in tempo a liberare i prigionieri che scapparono tutti nelle loro case e poi con agire deciso… si girò e affrontò i briganti..

I briganti si stavano avvicinando sparando con i fucili, il cavaliere dall’elmo nero, dallo scudo e dal mantello nero, li aspettava indifferente alle pallottole, brandendo una lunga spada…egli variava la sua densità corporea ed evitava di essere ferito in questo modo dalle pallottole..

I briganti si avvicinarono minacciosi..e il cavaliere pur restando visibile..si fece forte dei suoi poteri ed ingigantì la sua figura di ben cinque volte ..diventò un gigante e con i suoi piedi giganteschi prese a calci i briganti..che spaventati scapparono via.

Visto che i briganti se ne erano andati..il cavaliere tornò a statura normale e sali in groppa al suo drago e tornò volando al suo rifugio segreto.

I briganti e il loro capo avevano perso come sempre…era proprio così la città sembrava protetta da una forza invisibile e magica…decisero quindi di fuggire ..ma prima bisognava riprendersi il tesoro dissero al loro capo..”tanto lavoro per niente..non va bene! Riprendiamoci almeno il tesoro!”

Il pomeriggio dopo, Peppino O’ Scugnizzu comandò di radunare tutta la popolazione nella piazza per fucilarla, se essi non ridavano il tesoro ai briganti, il capo di quei malfattori aveva bisogno di quel ricatto, egli voleva ricattare il sindaco e decise che avrebbe minacciato di morte l’intera popolazione se essi non lo accontentavano…”ridatemi il tesoro!”

Il brigante radunò tutta la popolazione del paese e la mise sotto il tiro dei fucili dei suoi uomini che gli restavano, essi erano ancora numerosi.

Peppino U’Scugnizzu intimò: “Se non mi ridate al più presto il tesoro che voglio… vi sparo a tutti quanti!”

Ci fu un gridare di stupore nella piazza..poiché nell’alto dei cieli del paese..tutti poterono vedere..un fantasma nero in groppa ad un drago nero..che brandeggiava la sua spada e diceva a tutti con voce tenebrosa:

“Gente del paese ascoltatemi!..ribellatevi alle maniere prepotenti e arroganti e opportuniste del capo dei briganti… ribellatevi a lui! E aggiunse: “Presto! su coraggio riscattate il vostro onore chiedendo libertà..diventate un popolo libero e fiero…combattete per i vostri figli ed il vostro futuro!”

Detto questo in tutti gli uomini presenti a sentire le parole del fantasma, si formò una intenzione coraggiosa..la popolazione del paese insorse e si gettò piena di ira e di rancore, per gli abusi subiti in quei giorni, contro quei malvagi briganti urlando:

“A morte gli usurpatori malvagi..a morte i briganti!”

Il malvagio Peppino U’ Scugnizzu, vedendo quella folla inferocita gettarsi contro di lui ordinò ai suoi briganti di sparare ..ma la folla non si fermò nonostante qualcuno di loro fosse colpito, allora il capo brigante tentò di fuggire, ma il cavaliere del drago.. lo vide dal cielo e lo riconobbe e capì che quel che era accaduto nel paese era dovuto alla avidità e crudeltà di quel capo brigante.

E così comandò il drago di cui era in groppa, a precipitarsi su quella persona crudele, volando come un rapace ed ordinò al suo drago di ghermirlo con le sue zampe artigliate.

In seguito il cavaliere comandò di nuovo il drago che teneva prigioniero il capo brigante con i suoi artigli, a volare nel cielo in alto..molto in alto.. e li sotto gli occhi di tutti, comandò il drago a lasciare cadere nel vuoto la preda terrorizzata e fu così che Peppino U’Scugnizzu precipitò urlante dal cielo e si sfracellò sul pavimento della piazza..e morì in un bagno di sangue.

I briganti furono affrontati e vinti dalla folla finalmente unita, che era insorta contro di loro, qualcuno tra loro se la diede a gambe e abbandonò il paese, chi correndo a piedi chi a cavallo ma quasi tutti furono presi prigionieri e giustiziati dalla folla..nessuno restò vivo avevano commesso troppe cattiverie…molti innocenti erano stati maltrattati ed umiliati..

Tutti rivolsero il loro sguardo nel cielo e videro il cavaliere in groppa al drago che li salutava con il braccio che alzava la sua spada era quello il saluto del cavaliere del drago agli abitanti tornati liberi e tutti ringraziarono il loro eroe per aver liberato il paese.

Nella casa di Secondario Amilcare la macchina resa magnetica in modo chimico si fermò, il ragazzo finalmente si svegliò dalla catalessi e raggiunse zoppicando anche lui la piazza e poté con il popolo festeggiare la liberazione del paese.

Tutti si chiesero nei giorni che seguirono..chi mai fosse e da dove fosse arrivato quel fantasma..ma nessuno degli abitanti ebbe  risposta certa…per questo motivo il cavaliere del drago diventò con il tempo una leggenda..

Dovete sapere che da quel giorno in quel paese della penisola italica si festeggia ogni anno il giorno del cavaliere nero e si brucia in piazza un fantoccio di paglia che raffigura il suo nemico malvagio Peppino U’Scugnizzu, mentre un paesano vestito da cavaliere, con dipinto un drago sul suo scudo, è comandato a dare fuoco quel fantoccio e tutta la gente presente applaude in ricordo del loro eroe, che nessuno scopri mai che nome avesse..

Ma noi sappiamo che lui era un eroe non ambizioso e sfuggiva ad ogni notorietà e suggestione di successo…non cercava gloria per se, voleva solo fare del bene al suo popolo…era solamente un altruista che difendeva la libertà di tutti.

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Morale: i migliori eroi della storia della umanità sono quelle persone che pur avendo fatto del bene..decidono di restare anonimi e segreti nella loro identità..gioendo solamente della felicità che gli eroi danno alla gente con le loro gesta e con il loro eroismo..ed questo il loro premio….

Essere un eroe migliore, vuol dire anche avere poche ambizioni di successo e scegliere anche di rimanere sconosciuto e di rimanere nell’ombra, un vero eroe non sente il bisogno di essere glorificato dalla storia del suo paese, egli rischia la vita solo a causa della sua indole altruistica….

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Ottobre 2010)

Giudizio: interessante, originale

voto (da 5 a 10): 9