Favole di Egidio: un ragazzo che si inventò un lavoro

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(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico da dedicare per la lettura 30 minuti..


FAVOLE DI EGIDIO..
UN RAGAZZO CHE SI INVENTO’ UN LAVORO..


INTRODUZIONE: un ragazzo buono, che vuole aiutare suo padre reso invalido da un incidente di lavoro, e quindi a rischio di povertà, aiuterà se stesso con iniziative coraggiose, molti problemi dovrà risolvere, ma ci riuscirà a causa di un miracolo..

Favola: Un ragazzo che si inventò un lavoro

Inizio
C’era una volta nella città di Milano, nel mondo delle favole, nel simil periodo del 1960, un ragazzo di nome Luca.
La madre di Luca morì dopo che suo figlio venne alla luce, ella morì delle conseguenze di un difficoltoso parto.
La città di Milano in cui viveva Luca, era una città dinamica e attiva, ma non tutti avevano un lavoro che faceva guadagnare tanto..
Ad esempio Giorgio, padre di Luca, faceva il muratore in un cantiere edile, un giorno a causa di una sua distrazione, egli cadde da venti metri di altezza e si ruppe le ossa e anche la spina dorsale. A causa di quella caduta Giorgio restò invalido e fu messo su una carrozzina.
Oltre alla sfortuna di essere vedovo, ora era anche stato abbandonato dalla buona salute, ed era diventato invalido, suo figlio Luca aveva 10 anni e andava a scuola, frequentava la vicina scuola elementare ed era considerato un bravo studente, stavano per arrivare tempi tristi per lui, a causa dell’incidente di lavoro capitato a suo padre.
Il dottore fu schietto: “vostro padre caro ragazzo, ha bisogno di molte cure e di una infermiera che lo deve seguire ogni giorno, in quanto ha bisogno di aiuto medico e di molta fisioterapia”.
“Ma io come posso fare da solo, siamo poveri!” rispose il ragazzo…”purtroppo caro ragazzo…” aggiunse il medico “la vita è dura e bisogna avere idee e iniziative, per affrontare i problemi del sopravvivere, per ottenere risorse: bisogna impegnarsi!” detto questo il medico si rimise il cappello in testa, prese la sua borsa e se ne uscì di casa.
Il povero Giorgio, padre di Luca, non riusciva e non poteva più camminare, tristemente capiva che la situazione della sua famiglia era diventata disastrosa…e si mise a piangere..il figlio Luca vedendo il viso del padre pieno di lacrime, vedendo suo padre umiliato dalla malattia, si fece forza e prese una decisione, avrebbe abbandonato la scuola e si sarebbe messo a lavorare.
Il giorno dopo Luca con coraggio si mise in cerca di qualche idea, doveva avere delle iniziative, ma era troppo giovane e nessuno gli dava lavoro, camminando per le strade di Milano, aveva notato che la gente che passeggiava, era molto elegante e aveva un atteggiamento vanitoso in quanto si sentiva ricca e benestante..ed aveva notato anche un piccolo particolare: avevano tutti le scarpe sporche, chi di terra, chi di fango, soprattutto quando aveva appena smesso di piovere e la strada era bagnata, molta gente si lamentava con disappunto di avere le scarpe sporche, e così Luca ebbe una idea, con i pochi suoi risparmi, si sarebbe comperato tutto l’occorrente per pulire le scarpe, spazzole tintura e stracci ed anche uno sgabello e si inventò suscià, si! proprio così, sarebbe diventato il ragazzo che pulisce le scarpe ai gentiluomini, il ragazzo che pulisce le scarpe alla gente ricca che cammina per strada.
Così dopo essersi attrezzato, Luca si cercò una via del centro, e trovatala, si mise a sedere sul marciapiede in attesa e urlò: “pulisci scarpe, vi pulisco le scarpe, sono sciuscià per chi lo vuole”.
La gente che passava lo guardava, qualcuno era incuriosito, ma nessuno si fermava, molti andando di fretta e non avevano tempo per lui, e così non vedendosi notato da tutti e diventato stanco di urlare, decise una iniziativa migliore, con gli ultimi risparmi si comperò un organetto a molla, tornò in seguito nella strada e si mise a suonare della musica alla gente che camminava in quei luoghi, la quale reagì diversamente e cominciò ad interessarsi, i passanti si fermavano in quanto erano richiamati dalla musica dell’organetto, ed il ragazzo allora si rivolgeva a chi ascoltava la musica e diceva loro: “volete che vi pulisca le scarpe signore?”..fu una iniziativa fortunata, in ogni momento si fermava qualcuno che chiedeva di essere pulito le scarpe da Luca, e più si fermavano più arrivano, cinquanta lire per ogni paia di scarpe pulite, il ragazzo guadagnò molto, ogni volta un gentile signore metteva il suo piede sullo sgabello e Luca con umiltà e solertia, puliva le scarpe di quel signore perché erano impolverate.
Luca pulì scarpe tutto il giorno, decine di scarpe di tutti i tipi e forma, e la sera finalmente potè tornare alla sua casa e portare il denaro guadagnato onestamente al proprio padre invalido, che lo ringraziò per la sua iniziativa, anche se disse “non dovevi lasciare la scuola…ma comunque ti capisco..siamo diventati poveri.. sei stato obbligato”.
Il ragazzo intanto comincio a guadagnare molto, recandosi tutti i giorni su quel marciapiede del centro città, e si abituò nel pulire le scarpe con pazienza e umiltà ai tanti gentiluomini.
In fondo quel lavoro era un lavoro onesto, portava guadagno, e lui aveva bisogno di guadagnare.
La Milano del dopo guerra vedeva molti poveri tra i suoi cittadini, e il padre di Luca era un povero muratore era uno dei tanti, ora era pure malato grave…fortuna che aveva come figlio un ragazzo intraprendente.
Il vedere quel piccolo ragazzo lavorare e guadagnare sempre da solo, sempre su quel marciapiede, attirò la curiosità avida, di quattro ragazzi bulli di 15 anni, questi erano si! poveri come Luca, ma però erano disonesti, erano figli di padri rinchiusi in galera, essi dissero a Luca: “ti stai industriando eh? devi sapere che noi siamo i capi di questa via, e garantiamo la pace a tutti, se vuoi la nostra protezione devi pagare un tributo!”, essi chiesero quindi la metà dell’incasso giornaliero al povero Luca, che sgomento e impaurito da una suggestione minacciosa accettò e si accordò con loro.
Tutte le sere essi sarebbero passati e lui il povero sciuscià avrebbe dato loro un premio, e si! la pace a quel tempo aveva un prezzo per tutti…e Luca aveva deciso di pagarlo.
Luca capì che la fortuna nel lavoro andava aiutata, infatti il suo non era un lavoro regolare, così aumento con furbizia i prezzi del suo lavoro, e portò la spesa per farsi pulire le scarpe a cento lire per ogni paia e riuscì così, pur mantenendo tranquilli i quattro bulli, a guadagnare decentemente per lui ed a portare il denaro al suo povero padre ed a pagare la badante infermiera a lui necessaria.
Passarono i giorni e Luca mantenne il suo impegno con serietà pensando al suo padre malato, e la sua famiglia riuscì in questo modo a pagare medicine e infermiera, il ragazzo era contento di se stesso.
Ma un giorno le pretese dei quattro teppisti aumentarono, la loro avidità e furbizia presero il sopravvento, il loro bisogno di soldi aumentò e diventarono avidi vedendo quel piccolo ragazzo indifeso, ebbero intenzioni malvagie ed essi decisero di derubare del tutto quel ragazzo, egli aveva un organetto con il quale attirava i clienti, “quanto sarebbe stato valutato alla borsa nera quel organetto di legno a molla?” pensarono i ragazzacci, i quattro bulli disonesti decisero quindi di rubarglielo.
Si avvicinarono al ragazzo seduto sul marciapiede, due di loro lo tennero fermo e gli altri due strapparono dalle sue mani lo strumento, il loro capo lo minacciò mostrandogli un pugno e gli disse:” non ti devi lamentare capito, dovevi stare attento a non nascere povero, sei povero è quindi normale che subisci anche tu… questa è l’ingiustizia della vita ..la vita è dura anche per te!” .
Il ragazzo dovette subire anche questa umiliazione, fu derubato sotto gli occhi di tutti del suo organetto a molla, ma i passanti presenti non capendo davvero, restarono indifferenti al suo chiedere aiuto.
Fu allora che una voce appartenente ad un Signore anziano dai capelli bianchi, attirò la sua attenzione.
“Caro ragazzo puoi pulirmi le scarpe?” disse il vecchio Signore.
il ragazzo superò la sua crisi emotiva, e obbedì al suo dovere di lavoratore, prese il suo sgabello e l’occorrente e cominciò il suo lavoro di sciuscià.
Mentre lavorava e puliva le scarpe, il ragazzo ebbe modo di sfogare la sua delusione, raccontò tutto al vecchio Signore tra le lacrime, che però sembrava inizialmente indifferente.. ma invece non lo era.
Dovete sapere che quel vecchio era in realtà un Santo e vedendo che il suscià era stato bravo e solerte nel suo lavorare, lo pagò con ben duecento lire e poi gli disse:
“ecco ragazzo per te un regalo che ti sarà molto utile nel tuo lavoro!” e regalò a Luca un oggetto, l’anziano estrasse dal suo cappotto, una spazzola di argento, una spazzola di colore argento con setole vere, utili per pulire le scarpe, era proprio una signora spazzola, e poi quel Signore disse sorridendo: “quando questa spazzola userai… ricco diventerai!”.
Il ragazzo osservò la bella spazzola di color argento compiaciuto e poi alzò la testa per ringraziare quel gentile Signore, ma quel Signore era gia lontano, scomparso tra i numerosi passanti, non si poteva più scorgerlo, così tornò ad osservare la spazzola avuta in dono, si asciugò le lacrime del pianto precedente e lesse la scritta in rilievo posta sul dorso della spazzola: “se un paio di scarpe immaginerai, e presto presto la spazzola strofinerai, subito un regalo avrai”
il ragazzo obbedì a quelle parole, immaginò le più belle scarpe mai viste, e strofinò le setole della spazzola avuta in regalo, come per miracolo poco distante da lui sull’asfalto in quel punto apparì un paio di scarpe identico a quelle immaginate.
Luca capi allora che la spazzola era magica e continuò incuriosito, strofinò la spazzola dopo aver immaginato un altro paio di scarpe differenti, questa volta la strofinò sul marciapiede ed ecco le scarpe immaginate comparvero li vicino..il ragazzo capì e intuì la magia e continuò poco dopo, dopo altri tentativi, vicino a lui c’erano ben 20 paia di scarpe di tutte le forme e colore e soprattutto erano scarpe nuove..mai usate.
Si! cari amici, quell’oggetto magico non era altro che “la spazzola del ciabattino fatato”..che regalava scarpe nuove ogni volta che qualcuno le immaginava e se poi costui strofinava la spazzola magica li vicino, in quel punto subito le scarpe apparivano..erano proprio vere scarpe.
Il ragazzo capì che ora c’era da guadagnare, subito cambiò mestiere e iniziative e si organizzò con un telo di colore bianco e si mise a vendere le scarpe create dalla magia e cosa accadde? Il ragazzo guadagnò molto senza spendere niente, molta gente si rivolgeva a lui convinti non so da chi, per comperare le sue scarpe nuove.
Fu così che Luca anche quella sera, potè obbedire a i suoi doveri di figlio e potè comperare le medicine per il povero padre invalido, e pagare lo stipendio settimanale alla sua badante.
Passarono i giorni e sempre usando quella spazzola magica, giorno dopo giorno, immaginando scarpe e ancora scarpe e altre scarpe, il ragazzo ottenne scarpe da vendere e quindi ancora altro guadagno per lui ..
Per sua fortuna con i soldi guadagnati finalmente un giorno, Luca potè affittare una bottega in una via di Milano poco lontano, dove transitava molta gente e potè sistemare altre scarpe nella sua vetrina, tutte belle e nuove..in una settimana tutte le sue scarpe nuove era già vendute… proprio tutte..come per magia, la gente comperava le sue scarpe, forse pensò Luca: “la gente obbedisce a qualcosa di magico…qualcosa di ipnotico”.
Il ragazzo in pochi mesi diventò ricco senza spendere nulla vendendo scarpe per tutti e ottenne quindi per se molto denaro.
Intanto il povero padre si era abituato alla sua vita di invalido anche perchè aveva stipulato una amicizia sincera con la gentile infermiera che lo accudiva con simpatia nella fisioterapia.
Passarono gli anni, e Luca continuò a guadagnare, ormai era adulto, aveva gia vent’anni e continuò a guadagnare ancora, sempre usando la sua spazzola magica per procurasi le cose da vendere…esse erano vere scarpe nuove. Luca dopo altri cinque anni di guadagno, ebbe denaro a sufficienza e fu quindi in grado di affittare ben dieci negozi in molte vie molto frequentate della città e le sue vendite aumentarono ancora, assunse per i negozi affittati, anche dei commessi e degli aiutanti e li pagò bene , e sempre strofinando la sua spazzola magica di nascosto, riuscì a rifornire regolarmente i suoi numerosi negozi di scarpe..”da Luca scarpe per tutti!” era questa la scritta sull’insegna dei suoi dieci negozi.
Fu così che la profezia di quel vecchio Signore si avverò, Luca diventò veramente ricco, e così il ragazzo che una volta era un povero sciuscià, ebbe un pensiero di ringraziamento per quel Signore dai capelli bianchi che lo aveva aiutato…e donò per ringraziamento parte del suo denaro guadagnato in beneficenza, ad esempio ad uno orfanotrofio per bambini poveri.
Luca diventò un ricco borghese, sistemò suo padre invalido in una clinica specializzata per la sua malattia e si assicurò che egli in quanto anziano, avesse tutte le cure necessarie al suo stare bene anche se era ammalato…ora però Luca doveva cercarsi una moglie…era adulto ormai.
A causa della certa e rinomata ricchezza, nella sua città Luca cominciò a frequentare club e sale da the, molto frequentati da artisti e ricchi gentiluomini, conobbe molta gente e conobbe anche belle donne dai modi gentili ed educati e così un giorno si sposò, Luca sposò Clementina, una giovane donna di ricca famiglia, il cui padre era felice di imparentarsi con quel ricco signore borghese, padrone di molti negozi di scarpe in MIlano, e diede a lui in sposa sua figlia volentieri.
Fu un bel matrimonio con tanti invitati e molta gente ricca e importante, fu un bel giorno per Luca.
I due sposi ebbero due figli..che lui rese benestanti con il guadagno del suo lavoro, a causa di questa agiatezza economica i loro animi già gentili divennero anche felici, e Luca e Clementina poterono vivere felici e contenti….
I negozi di Luca prosperarono con il tempo, proprio per il motivo che a Luca le scarpe in vendita non costavano niente ed erano di qualità e lui le rivendeva al prezzo di mercato..Luca vendeva ad un prezzo competitivo..era per questo che i suoi guadagni erano molti.
Direte voi:” Ma chi era quel vecchio Signore dai capelli bianchi che aveva regalato a quel povero sciuscià quel magico oggetto facendo giustizia della sua povertà?”.
Dovete sapere che quel vecchio Signore dai capelli bianchi era un Santo ed era “il Santo della Provvidenza” che scelse di avere il compito nobile di aiutare i poveri ragazzi che soffrono in quanto abbandonati a se stessi dalla società egoista…ebbe in regalo da Babbo Natale quella spazzola magica ed il Santo decise di regalarla a sua volta al povero Luca..
Quel giorno lontano, le lacrime di Luca e il suo probabile destino infelice, lo avevano commosso, e quel Santo decise quindi di aiutarlo e così la Provvidenza aiutò quel povero sciuscià a migliorare il suo destino ed a essere felice risolvendo i suoi problemi famigliari.
La spazzola magica dopo che Luca andò in pensione, come per magia svanì da sola e tornò da dove era arrivata, tornò da Babbo Natale , ma a Luca non importò, era felice ormai della bella vita che aveva vissuto e non aveva più bisogno dell’aiuto di nessuno perchè era ormai benestante…
Fine

Autore: Egidio Zippone
(Milano. Giugno 2012)
Giudizio: Interessante, istruttivo
Voto: (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: il regalo del Raja indiano

strega vestita

 

(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura 20 minuti..

FAVOLA DI EGIDIO PER MAMME E BAMBINI

IL REGALO DEL RAJA INDIANO

INTRODUZIONE: Una strega ebbe in regalo per se da un Raja indiano una gallina dalle uova di oro…ma qualcuno era invidioso di lei….e pensò di rubargliela….

Favola: Il regalo del Raja indiano

Inizio

C’era una volta, nel mondo delle favole, una strega di nome Guglielmina Morosina

La strega Morosina in quei giorni, tornava da un lungo viaggio intorno al mondo a cavallo di una scopa magica, tornava tutta contenta nella sua casetta nel bosco….

La strega era stata nella selvaggia e lussureggiante India, alla superba corte di un Raja molto ricco, che aveva chiesto il suo aiuto, il Raja governava una grande parte della regione asiatica…

Dovete sapere che in cambio dei filtri d’amore e di qualche elisir creati dalla strega Morosina, con cui la strega aveva risolto i molti problemi sentimentali che aveva il Raja indiano, la strega Morosina ebbe in regalo dallo stesso Raja, una cosa che la avrebbe fatta diventare molto ricca.

Il Raja disse alla strega con sua molta gratitudine: “io sono già molto ricco, e voglio donare a te amica strega, la causa della mia ricchezza, ti regalerò la mia gallina dalle uova di oro, ogni mattina questa gallina magica fa un uovo d’oro nel suo nido, lo venderai e diventerai ricca anche tu amica mia…”

Tutta felice la strega Morosina tornò volando sulla sua scopa magica, nella sua casetta nel bosco, dove costruì subito un pollaio e mise la gallina magica al suo interno.

Giorno dopo giorno, la gallina dalle uova di oro, faceva le uova nel nido e la strega ogni settimana andava al mercato dove lavorava un amico bancario ed a lui vendeva tutte le uova ottenute, ed aveva in cambio delle monete di oro, che la strega raccoglieva in un forziere…il bancario fondeva in un crogiolo le uova d’oro e aiutandosi con uno stampo a forma di moneta, otteneva altre monete…

Fu così che tutti nel paese seppero di quanto fosse fortunata la strega Morosina, poichè aveva molte monete d’oro, dovete sapere che fra quelli che capirono quanto fosse fortunata la strega, ci fu anche un soldato di nome Antonio, che per il motivo che la guerra era finita, era rimasto senza lavoro e senza soldi, eh si! era proprio povero..costui provava invidia per quella strega…

Il soldato Antonio decise che non era giusto che quella strega tutta sola nel bosco avesse una cosi grande ricchezza, mentre lui era sempre povero, lui un soldato che aveva anche rischiato la vita per il suo paese…era questa un ingiustizia…fu così che il soldato Antonio decise di rubare la gallina dalle uova di oro alla strega.

Durante la notte mentre la strega Morosina dormiva, Antonio si avvicinò alla sua casa nel bosco, entro nel pollaio e si impossessò subito della gallina magica, la mise in un sacco e subito sali in groppa al suo cavallo nero e via se ne scappò al galoppo per il bosco…

La strega sentì dei rumori provenire dall’esterno della casa e capì tutto poiché era telepatica ed intuitiva, e così salì sulla scopa magica e si mise all’inseguimento del soldato Antonio..guidata dal suo istinto di strega..

Il cavallo nero del soldato era veloce, ma la strega sulla sua scopa magica anche…per ore si inseguirono nel bosco..finché il bosco terminò…e cominciò la irta montagna.

Dovete sapere che era notte fonda ed il soldato Antonio per il molto buio, perse la strada e il suo cavallo trovò, per sua sfortuna, la sua corsa interrotta da un grosso baratro…il cavallo smise di correre e si imbizzarì all’improvviso per non cadere nel burrone.

Sopraggiunse in quel momento sulla sua scopa magica la strega Morosina..che disse:

“sei in trappola soldato..volevi la mia gallina..la volevi tanto vero?…sappi che ora io ti trasformerò nel suo compagno naturale..si! ti trasformerò per punirti in un gallo…così impari a rubarmela..e la strega formulò le parole magiche:

“calde stelle e fredda luna, mentre nella notte con la scopa io ballo

trasformate questo soldato in un vero gallo!”

dalla mano della strega si vide uscire un raggio di luce verde, che colpì il soldato Antonio, che divenne più piccolo di quanto era e subito si trasformò in un vero gallo..e si mise a fare chicchirichi…chicchirichi

Il cavallo nero del soldato vedendo il suo padrone trasformato in un gallo urlante, si spaventò tantissimo e fuggì via al galoppo, e nessuno lo vide mai più…c’è chi dice che stia ancora correndo per il bosco in preda allo spavento…

La strega Morosina prese il gallo e prese anche la gallina in braccio, se li mise in un sacco sulle spalle e tornò volando sulla sua veloce scopa magica, tornò nel bosco, tornò al suo pollaio vicino alla sua casetta.

Fu così che qui finisce la storia del soldato Antonio, che per la colpa del vizio di rubare le galline di altri, diventò un vero gallo per opera di una magia…e visse per sempre in un pollaio…tra le galline…

Passarono gli anni e le uova della gallina magica diventarono numerose e con esse anche le monete di oro che ne ricavava la strega con la loro vendita…esse furono tante.

La strega diventata ricca, poté così pagare la costruzione di un palazzo molto elegante degno di una donna nobile ..

La strega Guglielmina Morosina prima lo descrisse ai muratori e poi lo fece costruire, il suo palazzo fu costruito proprio nel centro del paese, e da quel giorno la gente di quel paese non chiamò più “strega Morosina” quella donna sconosciuta…ma la chiamò invece “Principessa Morosina”, a causa del bel palazzo di cui era diventata proprietaria e anche per i bei vestiti che lei indossava quando camminava per le strade del paese…

E la strega Morosina visse felice e contenta..e dovete sapere che anche la gallina dalle uova d’oro visse felice, poichè aveva per compagno un simpatico gallo che faceva chicchirichi…chicchirichi…e noi sappiamo come quel gallo arrivò nel suo pollaio…

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano Settembre 2016)

Giudizio: divertente, rilassante

voto (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: il vigile del fuoco

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(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico dedicato per la lettura 20 minuti..

FAVOLA DI EGIDIO,,

IL VIGILE DEL FUOCO..


INTRODUZIONE: Il dovere di fare una scelta tra due vite da salvare, a volte è necessario, bisogna decidere con praticità anche se è sacrificio…

Favola: il vigile del fuoco
Inizio
Un giorno che potrebbe essere reale, ma se volete potrebbe essere un giorno ambientato nel mondo delle favole, un villino isolato si incendiò a causa dell’incuria del padrone…dopo molte ore arrivarono i pompieri:
“Presto correte nella casa sono rimasti prigionieri delle fiamme sia mio figlio che il cane fate qualcosa!” urlava la moglie del padrone del villino ai pompieri….mentre il marito riceveva cure da alcuni infermieri presso un ambulanza..
Il pompiere con molto coraggio entrò nella casa incendiata, attraversò le alte fiamme che bruciavano l’abitazione e si rese subito conto che il tetto di legno stava per cadere da un momento all’altro sul corpo del figlio e del suo cane, in quanto erano rimasti circondati dalle fiamme…
“BISOGNA FAR PRESTO! da un momento all’altro il tetto in fiamme crollerà sul pavimento!”..urlavano dall’esterno i colleghi del vigile del fuoco….
Il pompiere sapeva che aveva poco tempo e risorse..poteva salvare solo uno dei due corpi, ancora in pericolo, ma per fortuna ancora vivi… ma erano privi di sensi entrambi a causa di aver respirato l’intenso fumo dell’incendio..
Senza esitare il pompiere prese uno dei due corpi e cioè il vero figlio del padrone..lo prese tra le braccia e lo portò in salvo, oltrepassando il cerchio di fiamme che avvolgeva l’uscita…
Non appena i due furono fuori dal villino in fiamme e quindi erano al sicuro..si udì un fragore.. il tetto all’improvviso crollò sul pavimento e tutto diventò una fiamma unica..che bruciò inesorabilmente ogni cosa…
e così il pompiere capì che il cane del villino era rimasto vittima dell’incendio e che quindi il cane di un altro era sicuramente morto a causa delle fiamme….
Rivolto al padre e alla madre del bambino salvato, il pompiere disse:
“Ho sbagliato..non ho potuto salvare tutti e due..ma almeno il vostro vero figlio sono riuscito a salvarlo ed ho impedito che avrebbe sofferto tra le fiamme..!
Morale:
prima si aiutano le persone e poi se c’é tempo gli animali…..è più importante rendere attenti i padri dicendo loro di portare rispetto ai loro figli….
sappiamo, pur non essendo Santi, che un qualsiasi rispetto ottenuto e consigliato è importante ai fini del buon comportamento dell’umanità…..ma chi dice e consiglia di rispettare certamente la morale dei figli, in quanto i genitori li hanno battezzati cristiani… merita un riconoscimento maggiore di altri per la battaglia più coinvolgente per il comportamento sapiente dell’essere umano che lui sostiene…

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, 20 Luglio 2016)
Giudizio: interessante, saggio
voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: il ragazzo e l’albero della felicità

 

RAGAZZO E ALBERO

 

(racconto di tipo verde)

tempo teorico da dedicare per la lettura 30 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

IL RAGAZZO E L’ALBERO DELLA FELICITA’..

INTRODUZIONE: Andrea era convinto che avere errori differenti da quelli dei genitori rendesse infelice la vita, ma gli capitò qualcosa che gli insegnò che si poteva essere felici ugualmente…..

Favola: Il ragazzo e l’albero della felicità

Inizio

C’era una volta, nel mondo delle favole, un ragazzo di nome Andrea che litigava con i genitori, poiché aveva delle infrazioni morali ritenute gravi da loro..sia sua madre che suo padre si erano comportati da bravi ragazzi in gioventù…le infrazioni che aveva commesso Andrea invece lo avevano reso differente da loro…

Andrea in passato aveva rubato e mentito per negare il suo rubare e per di più aveva anche fornicato mentre era da solo guardando i fumetti rubati, suo padre lo aveva molto rimproverato per queste tre cose, il padre affermava che gli errori non sono tutti uguali…ci sono errori più gravi di altri da non commettere..

Andrea voleva cambiare le regole perbeniste della sua famiglia, ma il padre non lo permetteva…era all’antica..

Andrea diceva tutte le sere: “Papà se decidiamo insieme regole morali nuove, io non avrò più errori e nemmeno tu ne avrai!” diceva Andrea a suo padre, ma il padre non gli dava retta, in quanto il figlio aveva infranto i suoi propositi più importanti, che erano la onestà e la serietà…in queste cose il padre pretendeva buona volontà e obbedienza..

Andrea era obbligato dai genitori a vergognarsi, ma ugualmente non voleva soffrire di depressione per i suoi errori, non era abituato ad avere errori considerati più gravi di quelli degli altri, si voleva vincente e sentirsi vincente per lui significava convincersi di non avere errori, “le accuse di chi mi ha fatto la spia sono false e sono solo calunnie, sono padrone di me stesso, quindi posso restare incredulo a certe regole troppo serie!” diceva Andrea mentre era in camera sua..quindi il ragazzo era in conflitto con i suoi genitori..

Fu così che una sera, dopo una ennesima litigata in famiglia, Andrea decise di partire, di fuggire di casa per andare ovunque, era stufo di chi lo faceva sentire un perdente, una persona non degna di fiducia, e vivendo con i genitori si sentiva spesso in questo modo…così pensò di trovare una soluzione ai suoi problemi nel fuggire di casa..

Durante la notte, era il 23 Dicembre, di nascosto ai suoi genitori, Andrea scappò di casa e andò a cercare rifugio nella foresta, che si trovava ai confini del paese, voleva vivere in una tenda laggiù, lontano da tutti, non faceva un freddo terribile in quei giorni, era un inverno mite…la natura era sua complice..

Cammina e cammina in questa foresta, Andrea cercò un posto dove riposare, dopo aver cercato nel suo girovagare per il bosco,  finalmente lo trovò.

Andrea vide nel bosco un albero grande, ma era un albero strano, aveva tanti rami e pensate un pò tra le sue foglie sporgevano dei frutti maturi, simili ai lamponi ma erano più grandi, “che fortuna anche in inverno, c’é ancora della frutta su questo albero del bosco!” detto questo Andrea strappò dai rami cinque o sei frutti e si sedette sotto l’albero per mangiarseli di gusto…era mattino e nonostante la stagione c’era un bel sole nel cielo..

Mentre mangiava i frutti dell’albero, Andrea pensò che lui voleva essere felice, è un desiderio normale questo per un ragazzo, ed era per questo che era scappato dai suoi genitori, il suo proposito di vita era di essere felice nonostante i rimproveri per gli errori che aveva, ci pensò su e disse: “E’ giusto che io la penso a modo mio, ho fatto bene a fuggire di casa!” con questi pensieri Andrea si addormentò, sdraiato su di un telo, e quel posto sull’erba sembrava ideale per una buona dormita, in quella parte di bosco sotto l’albero il ragazzo prese sonno…e poté riposarsi del suo camminare..

Dopo qualche ora però Andrea si risvegliò, era sempre lì sotto l’albero, ma si sentiva strano, le sue mani erano senza dita, la sua bocca più larga e la sua lingua più lunga, inoltre sul di dietro aveva una buffa coda che scodinzolava.

“Ma cosa mi è successo?” cercò di dire Andrea, ma il suono della sua voce era rauco e sforzandosi ulteriormente di parlare si mise ad abbaiare proprio come un cane.

Dall’alto dell’albero si udì un muoversi di foglie, da un ramo un merlo nero lo stava guardando incuriosito, e gli diceva:

“é normale che ti senti strano, amico mio , non vedi, forse sei stato trasformato dall’albero in un cane lupo, ma dimmi hai forse mangiato i frutti di questo albero?

“Si!” rispose Andrea “questi frutti sono molto buoni!” in realtà Andrea non parlava, ma abbaiava come un cane, ma c’era una intesa mentale con il merlo in quanto erano tutti e due animali e quindi si parlavano e si capivano.

“Ma tu chi sei?” disse Andrea sempre facendo.. bau!…bau!.

“Sono il merlo Armando e ti voglio spiegare, a te che mi sei simpatico, so io cosa ti è successo. Cra cra….Devi sapere, che tu povero ragazzo, ti sei nutrito dei frutti dell’albero della felicità, quest’albero ha una magia in lui, ha il potere di rendere felici gli afflitti ed i preoccupati…le Fate del bosco hanno voluto che quest’albero esista per davvero ed è un albero dai frutti magici..

Quest’albero ha deciso di renderti felice, visto che ti lamenti delle regole degli uomini, ed ha voluto farti fuggire da loro, l’albero ha deciso che tu sarai felice se ti riterrai un cane e infatti lo sei diventato, la magia dell’albero ti ha trasformato in un cane, ora non sei più una persona e non soffrirai più per i tuoi errori, la tua vita è quella di un cane, ora i tuoi errori essendo cose sbagliate per le persone, ora diventa per te normale averli, sei adesso normale e quindi coerente come vita non hai più errori..infatti i cani non hanno vere regole..pensaci…ora sei perfetto …non è questo che volevi?…cra cra!” ed il merlo volò via con un sbatter di ali.

“Aspetta dove vai? Merlo aspetta!” ma il merlo se ne era già andato.

Rimasto solo Andrea, diventato cane, pensò:” Sono diventato un cane, e dovrei essere felice…ora i miei errori non è più strano averli, perché è normale che un cane non abbia regole severe,  forse a causa della sua ignoranza di animale…mah sarà…comunque è vero, il Signore del Bene non ha deciso vere regole per i cani!”

Poi ridendo tra se e se pensò: “ quindi ora sono una creatura coerente con la sua vita.. evviva! posso anche essere felice se lo voglio, ora non ho più errori, tutto è diventato esatto per me, evviva!”

Andrea abbaiando e correndo di quà e di là, sempre a quattro zampe, in sembianze di cane lupo, avendo dimenticato le sembianze umane e accettando quelle di un cane, si sentiva felice della maggior libertà ottenuta.

Correndo velocemente e scodinzolando su e giù per i sentieri della foresta Andrea incontrò un topo..si un topo…e si fermò presso di lui..il topo gli disse:

“Ciao mi chiamo Diegolo, Squit! Squit! anch’io ho mangiato i frutti dell’albero della felicità, e l’albero mi ha trasformato in un topo, e anch’io sto meglio se uso quattro zampe anzichè due, ora che sono solo un topo, posso non preoccuparmi delle conseguenze degli errori che commetto.”

A lui Andrea trasformato in un cane chiese:

“Bau! ma questa magia durerà forse in eterno..sarò sempre un cane tutta la vita?” E Diegolo il topo gli rispose:

“Squit squit… la tua trasformazione potrebbe durare tutta la vita..ma in verità mi ha detto la mia amica Ada la cicogna, che se il trasformato dalla magia salverà la vita di un essere umano rischiando la sua, solo allora potrà tornare a essere in sembianze umane, poiché avrà compiuto un sacrificio nobile..devi sapere che solo gli umani fanno sacrifici nobili per il loro prossimo… per loro è un dovere” disse il topo.

“Bau! Ti ringrazio di avermelo rivelato..deciderò per bene!” rispose Andrea.

“Squit! Felice di averti incontrato amico Andrea!” Rispose il topo e se ne andò subito a nascondersi dietro un tronco di albero e poi con un salto, il topo se ne scappò via rifugiandosi in una tana nel terreno.

Passeggiando per il sentiero del bosco, Andrea il cane-lupo, incontrò un coniglio grigio.

“Come ti chiami coniglietto?” chiese Andrea

Mi chiamo José, ero un ragazzo una volta, che giocava bene al pallone, ma tutti mi davano del fifone, ora che sono stato trasformato in un coniglio posso essere timido e pauroso e quindi per me è diventato normale essere così.

Saltellando il coniglio se ne andò: “Ciao vado in cerca di rape e di carote!”

“Quanti animali nel bosco, ed una volta forse alcuni erano persone!” pensava Andrea il cane lupo, annusando qua e là gli odori del bosco.

Cammina e cammina, Andrea il cane-lupo vide vicino ad un cespuglio due volatili che conversavano tra loro e si avvicinò incuriosito al cespuglio per sentire cosa dicevano e chiese loro:” Come vi chiamate, cari amici?

I due lo guardarono e risposero con molta educazione: “Io sono Pino e sono un gallo selvatico, vado in giro per il bosco in cerca di gallinelle per accoppiarmi, sai è la stagione degli amori per la mia specie e quindi c’è bisogno di trovarsi una compagna e di fare i pulcini in primavera.”

L’altro sbattendo le ali disse:” Io sono Nunzio e sono un colombo viaggiatore, mi sto riposando su questo ramo prima di prendere il volo e raggiungere la mia destinazione, devo tornare dove sono nato, ho un messaggio legato alla zampa da portare ad un amico del mio allevatore….

“E tu chi sei, mai visto un tipo così curioso?” dissero i due amici volatili al cane.

“Io sono Andrea e sono un cane, ma prima ero un ragazzo che litigava con i suoi genitori, poi l’albero della felicità, mi ha trasformato in un cane lupo, non so perché, vado in giro per il bosco per imparare dalla vita e dai miei errori”.

“Probabilmente l’albero magico vuole che impari ad apprezzare l’umiltà ed ad avere bisogno degli altri” disse Pino il gallo.

“Anche per me è per quello!” disse Nunzio il colombo “accidenti come è tardi!” ed il colombo se ne volò via con un sbatter di ali, ed anche il gallo decise che era meglio andarsene via, non si fidava troppo dei cani, sono spesso affamati, e se ne andò via per il sentiero.

“Quanti animali nel bosco ed forse una volta alcuni erano persone” pensava Andrea il cane lupo.

Dovete sapere che un giorno Andrea, uscendo dal bosco e trovandosi sul ciglio di una strada, dovendola attraversare, dove passavano molte auto, c’era infatti molto traffico in quel momento, in sembianza di cane attraversò all’improvviso, tutte le auto frenarono nel vederlo in mezzo alla strada, ed Andrea causò un incidente tra ben tre auto, le quali per evitare di investirlo, si scontrarono tamponandosi tra di loro.

“Quel figlio di un cane..se lo prendo!”…disse uno degli autisti uscendo dall’auto fracassata….”ma lascialo, non vedi che è solo un animale…dai facciamo la constatazione amichevole per l’assicurazione.” Rispose il successivo autista che era un tipo più tranquillo..

“Aveva ragione l’albero della felicità ..un cane se sbaglia è perdonato di ogni cosa. Pensò Andrea e tutto felice e se ne andò via per la sua strada al più presto, perché temeva che gli umani ci ripensassero sul perdonare e lo bastonassero.

Un giorno Andrea in forma di cane incontrò una cagnolina di nome Giulia e con lei visse momenti di felicità e di semplici momenti sentimentali..era felice di essere ricambiato affettuosamente, i due cani si ritrovarono e giocarono per molti giorni insieme,

Andrea scoprì così che anche gli animali vivono momenti di gioia tra loro, pur essendo esseri inferiori nella catena alimentare, essi riescono ad avere ugualmente gioia dalla vita.

Era proprio felice Andrea, egli aveva imparato a essere felice pur avendo errori, era sufficiente pensarsi un animale e una sensazione di non responsabilità prendeva il suo essere, poiché tutto diventava perdonabile…non era più un essere superiore..

Non tutti però erano buoni con lui, dovete sapere che in quanto era pur sempre un cane randagio, qualche umano vedendolo girovagare presso casa sua, gli aveva tirato dietro delle pietre per allontanarlo, qualche umano invece per cacciarlo via, lo aveva inseguito urlando e agitando un grosso bastone: “ eh si! esisteva anche gente cattiva a questo mondo…” pensava Andrea.

Andrea aveva capito che essere un cane porta gli altri a considerarci un mediocre…un essere inferiore al migliore del mondo….è questa la legge del più forte che comanda tutta la natura e questa regola della natura ci fa molto spesso subire le altre creature, eppure Andrea pur avendo capito questo, imparò che si poteva essere felici lo stesso, era sufficiente avere degli amici.

Fu così che Andrea tristemente, si abituò a sopportare i giorni in cui non aveva niente da mangiare e senza che ci fosse vicino qualcuno che gli volesse bene, tutte queste cose gli insegnarono che era brutto restare soli, ed in quanto essere intelligente, imparò in questo modo i benefici dell’umiltà che lo resero simpatico e che gli permisero di consolarsi chiedendo aiuto a qualcuno quando era necessario, confrontandosi diversamente con il prossimo, egli pensava che se anche non era nessuno, poteva accontentarsi della vita che conduceva, l’importante della vita infatti è il sopravvivere.

Passarono i mesi ed un giorno Andrea, sempre in forma di cane, si avvicinò scodinzolando ad un ragazzo seduto su una panchina, Andrea aveva fame, molta fame, e voleva accordarsi in amicizia con il ragazzo..”io mi faccio accarezzare da te e tu mi dai una parte del tuo panino!” pensava la sua mente canina, guardando con i suoi occhioni il ragazzo, che facevano capire che aveva fame, era piacevole farsi accarezzare da quel ragazzo, era contento di averlo incontrato..”Bau! tu sei il mio padroncino ed io sono il tuo cane.” Pensò Andrea abbaiando e scodinzolando vicino a lui, mentre si nutriva con il resto del panino…

Andrea era contento, quando quel ragazzo gli dava da mangiare parte del suo cibo, era così felice di aver trovato un amico.

Passarono i giorni e finalmente Andrea ebbe di che nutrirsi per molti mesi grazie all’aiuto del suo nuovo amico umano, Andrea avrebbe voluto vivere con quel ragazzo tutta la vita..ma la fortuna non sempre resta con noi…infatti un giorno cosa capitò?

Dovete sapere che quel ragazzo, ora padroncino di un cane, aveva l’abitudine di fare il bagno nel fiume che scorreva poco lontano dalla casa dove abitava.

In quei giorni era giunta la primavera, uno dei tanti giorni sereni ma caldi, Andrea ed il suo amico umano andarono al fiume come al solito per fare un bagno nell’acqua limpida e prendere un pò di sole…in quei giorni si sa, faceva molto caldo…

Andrea in forma di cane sonnecchiava sull’erba verde e profumata vicina alla riva del fiume, il padroncino intanto si era immerso nell’acqua del fiume, stava facendo un bagno, era un buon nuotatore quel ragazzo, ma quel giorno il fiume era in piena e la corrente che muoveva le acque era più forte del solito.

Al padroncino del cane di nome Andrea, il cane-lupo, cosa accadde?

A quell’umano mentre nuotava nell’acqua fredda, ad un tratto si formò un crampo muscolare in una gamba, il corpo era dolorante al polpaccio sinistro, il dolore era forte e gli toglieva energia muscolare, ed il ragazzo non aveva più le forze per vincere la corrente, stava proprio per annegare nelle acque grigie del fiume.

Il cane lupo, Andrea, avvertì il pericolo ed anche se era un semplice cane decise di aiutare, si tuffò subito in acqua e nuotò come nuotano i cani, con forza ed ostinazione, facendosi largo nell’acqua, raggiunse il suo amico umano, poco prima che il ragazzo stesse per affogare e si offrì come sostegno.

Il ragazzo era proprio in difficoltà, vide il cane presso di lui e subito vedendo una speranza di salvezza si aggrappò al corpo del suo cane…gli faceva molto male la gamba…l’acqua era fredda, aveva anche bevuto un pò di acqua e tossiva, il cane lupo che vi ricordo era Andrea, nuotò verso riva sorreggendo il peso del suo padrone, vincendo la forte corrente, il cane lupo sempre sorreggendo il ragazzo aggrappato a lui, si avvicinò alla riva, allontanandosi dalla zona del fiume dove la corrente era più forte, il ragazzo vedendo la riva più vicina, lasciò il suo cane, che era già esausto poveretto, e con un ultimo sforzo delle sue braccia raggiunse la riva, dove si potevano appoggiare i piedi, salì sulla spiaggia e si sdraiò ansimante sulla ghiaia..il cane lupo potè vedere, mentre era ancora nelle acque del fiume, il suo padrone essere in salvo e provò gioìa di questo.

Ma purtroppo cosa stava accadendo ad Andrea, il cane lupo.

Il cane era esausto nelle forze muscolari in quanto pagava lo sforzo compiuto, aveva faticato nel nuotare contro corrente, infatti all’improvviso proprio dove si trovava il cane si formò nell’acqua del fiume un gorgo, una corrente più forte delle altre lo prese, il cane fu avvolto dalle acque, ed in quanto indebolito dallo sforzo precedente, le acque del fiume lo vinsero e lo trascinarono sul fondo per molti minuti, l’aria mancò al cane, ed esso stava per annegare…Andrea in forma di cane allora pensò: “ ecco il mio destino è compiuto!” e chiuse gli occhi mentre l’acqua del fiume impietosamente gli riempiva i polmoni e così morì.

Passò un pò di tempo….poco dopo Andrea riaprì gli occhi.

Si guardò intorno, era nel bosco e pensò: ”ricordo che sono annegato, forse sono morto!” disse a voce alta e scoprì che aveva finalmente una voce umana.

“Che fortuna sono vivo invece, ed ho un aspetto umano!”

Andrea era tornato il ragazzo che era ..ma dove si trovava ora, ma si! era ancora mattina, era sdraiato nei pressi dell’albero della felicità sul suo telo, era tornato a quel momento, dove tutto aveva avuto inizio, come se tutto fosse stato solo un sogno! “ forse ho solamente sognato, è stato tutto un sogno allora!”

Andrea si rialzò, si riordinò gli abiti e disse:

“Sono tornato umano, posso tornare alla mia famiglia, chissà come stanno i miei genitori, mi sembra che sia passato molto tempo… mi sento triste senza di loro!” Andrea aveva imparato ad apprezzare il bisogno di avere una famiglia, anche se essa a volte lo obbligava a obbedire a dei doveri.

Dovete sapere che Andrea pensava che forse aveva sognato tutto, era infatti fuggito di casa da poche ore..così diceva il suo orologio… ma Andrea a causa del sogno aveva capito una cosa molto importante..aveva imparato che si può vivere anche usufruendo della solidarietà del prossimo, di certo il prossimo ci aiuterà se abbiamo dei problemi se siamo simpatici nei modi di chiedere aiuto..

Avendo vissuto come un vero cane, Andrea aveva capito che la cosa peggiore per un essere vivente e rimanere soli al mondo ed essere per questo vittima degli abusi di chiunque.

Andrea a causa di quel sogno nel bosco, era stato obbligato a paragonarsi ad un animale, ed aveva così capito che non c’era bisogno sempre di essere il migliore…

Andrea mentre meditava queste cose, si allontanò dal bosco, raggiunse la sua casa e stando fuori nella strada, urlò rivolto ai genitori: “Mamma….. papà….sono tornato!”

Andrea aprì la porta di casa e disse: “Papà non litigherò più con te a causa delle regole che hai… ho imparato che se anche si hanno errori, si può essere felici…sono solo un essere umano, poco di più di un animale e posso quindi avere errori..poiché le nostre regole sono difficili e complicate”……”Che fa papà, se tuo figlio ha qualche errore in più di te..come sanno essere felici gli animali pur avendo errori..anche l’essere umano può imparare ad esserlo!”.

Il padre e la madre accolsero con un abbraccio il loro figlio, l’ultima litigata in famiglia aveva cambiato anche loro, i genitori prima di dormire la sera prima, ne avevano parlato, e così dissero a lui che anche loro avevano imparato che forse tutti gli errori sono uguali, che l’errore giusto non esiste..che molte persone hanno errori e che quindi è normale per una persona avere errori..

Fu così che dopo essersi baciati ed abbracciati, tutta la famiglia si mise a tavola per il pranzo.

Dovete sapere che era quello un giorno prossimo al Natale…e la famiglia fu felice di aver ritrovato la sua armonia proprio in quei giorni di festa e di bontà.

Andrea nei giorni successivi, non era ancora certo di avere solo sognato, ogni tanto aveva dei dubbi al riguardo, e pensava con nostalgia ai suoi amici animali conosciuti nella foresta, ma sapeva che non gli avrebbe incontrati mai più..ora egli era un essere umano…era una persona…le sue sembianze umane di certo facevano pensare a tutti che lo era, e così decise che: “per me tutto quello che ho vissuto sarà stato…. proprio un sogno..sarà per me così per sempre!” pensò risoluto Andrea e si dimenticò diventando più grande dell’avventura vissuta.

Morale: il paragone con gli animali permette all’essere umano, di giudicarsi umilmente, che se anche nella sua vita gli sono capitati errori morali, gli é permesso ugualmente di essere felice e ritenersi sufficientemente sano ed intelligente.,.”é normale avere errori non siamo nemmeno individui angelici!”..

In fondo siamo solo uomini…siamo semplici persone..per quale motivo litigare con chi risulta essere migliore di noi, ad esempio i nostri genitori….meglio non obbligarli a cambiare le regole..potrebbero avere problemi se lo facessero..non bisogna pensare solo a noi..ma anche a chi vive con noi..

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano (Luglio 2015)

Giudizio: interessante, educativo

voto (da 5 a 10): 9

 

 

Favole di Egidio: L’albero che non dava frutti al padrone

 

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(racconto di tipo verde e bianco)

FAVOLE DI EGIDIO..

L’ALBERO CHE NON DAVA FRUTTI

INTRODUZIONE: A volte le circostanze della vita rendono differenti le capacità individuali, ma la vita stessa porterà consiglio nel trovare ugualmente utilità..

INIZIO

Favola: L’albero che non dava frutti

C’era una volta un contadino padrone di un terreno…questo terreno era fertile e molto ampio…

Nello spazio del terreno questo contadino piantò dieci alberi di mele, li piantò con cura, uno in fila all’altro, li annaffiò aspettando con pazienza che i fusti diventassero grandi per raccogliere i loro frutti e venderli al mercato..

Passarono gli anni e tutti gli alberi crebbero rigogliosi di rami e diventati adulti gli alberi diedero molti fiori per ogni ramo, che diventarono in estate frutti dolci, erano proprio delle belle mele..

Uno solo di questi dieci alberi non diede frutti..esso si ricoprì di fiori come gli altri, ma i suoi fiori non si trasformarono mai in frutti…ed il contadino contrariato pensò: “aspettiamo un altro anno prima di sradicarlo, forse la natura di questo albero è ritardataria”……e decise così di sdraiarsi sulla sua erba li vicino, gioendo dell’ombra del suo decimo albero…il sole a quell’ora era alto e molto cocente…all’ombra si stava meglio..

Passarono le stagioni e quasi tutti gli alberi diedero molti fiori per ogni ramo, che diventarono in estate delle belle mele dolci e mature, erano proprio belle quelle mele, ma stranamente solo uno tra i dieci alberi non diede frutti..

E così il contadino si arrese, pensò di sradicarlo dalle radici quell’albero ingrato, per fare posto ad un altro albero, era già pronto li vicino con il trattore acceso nel motore per sradicare l’albero negligente, quando all’improvviso sentì nella mente una voce di angelo che diceva:

“Contadino!, Padrone del terreno, aspetta! questo albero è diverso dagli altri é vero, ma ci sono voluti molti anni per farlo crescere, ed è un peccato sradicarlo, ti dovrebbe bastare per il tuo guadagno il raccolto delle mele che hai ottenuto dagli altri alberi poiché sono tante le mele raccolte, ti dovresti accontentare di quelle, ma dici tu bisogna essere tutti utili nella vita, renderai quindi utile questo albero in modo differente, ad esempio per quest’anno raccogli i suoi fiori che non hanno dato frutto e sono belli e profumati come tutti gli altri, essi sono ancora presenti sui rami, coglili e fanne delle ghirlande con le quali adornerai la tua casa…”

“E così farò, grazie angelo per il consiglio che mi hai dato!”..

Si! era vero quello che diceva l’angelo, il contadino non era certo che tutte quante le mele del raccolto sarebbero state vendute al mercato, poichè erano numerose più del necessario..quindi non gli importò mai davvero, e di certo mai si rattristò del fatto che qualche albero di mele del suo terreno non avesse mai dato frutti come tutti gli altri…e così per merito degli alberi che avevano dato molti frutti ed per merito del consigliare degli angeli di non badare al miglior profitto, fu così che il contadino decise di lasciar vivere anche l’albero che non dava frutti..

Morale:

Anche se siamo differenti nelle capacità ugualmente possiamo essere utili alla società, occorre solo avere una idea che ci permette di essere utili al prossimo…..e potremo dimostrare in questo modo che anche noi siamo altruisti e generosi…poiché l’importante nella vita é partecipare…proprio come fu per l’albero di mele di questa favola…

fine

autore: Egidio Zippone

(Milano Ottobre 2017)

Giudizio: interessante

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Rafael e la donna pensata strega

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(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura circa 20 minuti

FAVOLE DI EGIDIO..

RAPHAEL E LA DONNA PENSATA STREGA

INTRODUZIONE: quando un uomo non sa risolvere i suoi problemi da solo, ecco arrivare una donna che in cambio di una promessa di matrimonio, porterà a lui la soluzione..ma..

INIZIO

Favola: Raphael e la donna pensata strega

C’era una volta tanti secoli fa, nel mondo delle favole, nel sud dell’Europa…dove si trova ora l’Alto Adige…un paesino con pochi abitanti.

Questo paesino era posto in una valle contornata da verdi colline, era situato all’ombra di una montagna vicina ad un altopiano, ed era circondato da tanti alberi e boschi e campi di erba su cui pascolavano mucche e cavalli.

La storia che vi voglio raccontare e quella di un montanaro di nome Raphael che viveva nella sua casa sull’altipiano lavorando come boscaiolo e allevando mucche.

Egli portava le mucche a pascolare sui suoi campi, le mungeva la sera ed otteneva del buon latte, con una parte si nutriva e con il resto del quale faceva dell’ottimo formaggio che poi portava in paese per uno scambio commerciale con gli altri paesani.

Questo Raphael viveva da solo e aveva ormai deciso di non sposarsi, perché aveva capito che era meglio stare da soli piuttosto che essere male accompagnati, infatti aveva anche un brutto carattere e poi era un po’ ignorante e riteneva che le donne fossero un po’ difficili da sopportare e preferiva quindi la sola compagnia degli animali della sua fattoria… Raphael era infatti un misogino e gli piaceva vivere da solo nel silenzio dei monti…egli viveva ispirato dal Grande Antenato spirito della montagna che era la sua forza psichica e gli bastava quella come amicizia.

Il Grande Antenato che viveva sulla montagna più alta che circondava la valle, si era creato da solo, a causa della congiunzione spirituale di tutte le anime degli antenati vissute nel passato nel villaggio che dava il nome alla valle, si! il Grande Antenato era costituito dall’energia degli spiriti degli antenati, una volta abitanti in quel villaggio e riforniva di energia spirituale tutti i residenti della valle.

Raphael sentiva spesso la sua presenza e la sua protezione e aveva per il Grande Antenato molta gratitudine, diceva una leggenda che il Grande Antenato comandava con la sua energia sia il buon umore che il cattivo umore degli abitanti, di conseguenza Raphael non si sentiva solo a vivere tra quelle colline in modo appartato.

Ma un giorno qualcosa disturbò la pace tra le montagne del povero montanaro alto-atesino.

Dovete sapere che un grosso drago..simile ad una grossa lucertola con sui fianchi due grandi ali simili a quelle di un grosso pipistrello, smise il suo volare intorno alla terra e si andò a riposare proprio nel campo del nostro montanaro, in quanto attratto dalle numerose mucche che pascolavano, per lui quelle mucche sembravano saporite bistecche pronte da mangiare.

Il grosso drago che non aveva nemici per tanto che era forte..si mangiò immediatamente una delle mucche, ed il nostro montanaro lo vide mangiarsela e andò a lui in contro per chiedergli di andare via.

Raphael si armò innanzitutto di un grosso bastone e si mise a colpire più volte il drago sulla schiena di rettile..cercava in questo modo di convincere l’animale ad andare via dal suo campo..ma purtroppo per lui non c’era niente da fare, il drago non aveva intenzione di volare via da quelle terre.

Dovete sapere che il drago era stanco di volare ed aveva ormai deciso di riposarsi in quel luogo e siccome aveva capito che si stava bene, l’aria era buona e il mangiare ottimo, il nostro drago ormai aveva deciso che non se ne sarebbe più andato via da li, e così disse poichè sapeva parlare:

” mi chiamo drago Arpogan e ritengo che la terra sia di tutti e così anche gli animali che ci vivono, chi sei tu per mandarmi via da qui?”

Vedendo che le sue bastonate non avevano risultato alcuno..il montanaro si allontanò per riflettere.

Raphael pregò il Grande Antenato, di aiutarlo ad allontanare tale sventura.

Ma il Grande Antenato rispose nella mente del boscaiolo, che il drago era una creatura della natura, e quindi poteva girare per il mondo e fermarsi dove voleva, proprio come una farfalla, un pipistrello, od un corvo, e “quindi non posso fare niente per te!.” cosi Joseph ebbe il presentimento nella sua mente che il Grande Antenato aveva deciso così per lui..

Mentre Raphael rifletteva sulla soluzione da trovare, diventò sgomento, il povero montanaro di nome Raphael presagiva che le sue mucche sarebbero diminuite di numero giorno dopo giorno..allora esasperato decise di andare nel paese vicino che si trovava a valle per chiedere aiuto a qualcuno.

Giunto in paese raccontò a chi incontrava del momento sfortunato che stava vivendo la sua proprietà.

Ma scoprì purtroppo che tutti avevano paura del drago e temendo di essere mangiati, avevano deciso di non importarsene, infondo le mucche che sparivano non erano loro, erano soltanto di un montanaro che abitava poco lontano dal paese..quindi altro non importava al villaggio..

“Ma come farò io a fornirvi il formaggio e il latte, se le mie mucche smetteranno di esistere in quanto il grosso drago se le mangerà tutte… su aiutatemi, datemi il vostro aiuto!” diceva loro inutilmente Raphael.

Dovete sapere che in quel paese di montagna viveva una donna di nome Ingrid della stessa età di Raphael o quasi ..ella era intelligente e molto sveglia, ma non era ne bella ne brutta, aveva due occhi neri e dei capelli neri lunghi ma ricci e dovete sapere che nessuno dei giovanotti del paese se la voleva sposare in quanto seppur carina era ritenuta anche una strega, per colpa di qualcuno che aveva messo in giro questa voce, e di conseguenza Ingrid temeva di restare da sola tutta la vita, proprio senza nessuno e per sempre…

La gente del paese diceva che era una strega in quanto come donna era troppo furba per un uomo, si diceva in paese che ella poteva leggere i pensieri più segreti degli uomini e che era quindi da ritenere una strega…molti uomini erano stati messi in difficoltà dai suoi ragionamenti a causa del suo migliore intuito e intelligenza e si sa che l’uomo non sopporta le donne più sapienti di lui e cosi la povera donna che si chiamava Ingrid non trovava mai marito in quel villaggio tra le montagne.

Quando Ingrid sentì che un uomo dei boschi cercava aiuto, capì che quella era la sua buona occasione per sposarsi e gli andò volentieri in contro e disse a lui: “uomo dell’ altipiano ti aiuto io ad allontanare il drago, ma tu mi devi promettere che mi farai tua sposa e che permetterai a me di vivere con te nella tua casa per tutta la vita”.

“Io sposarmi con te… mai!” rispose risoluto il montanaro…”allora ti arrangi..io non ti aiuterò!” aggiunse la donna di nome Ingrid e poi disse:” ma non vedi uomo che non sai risolvere i tuoi problemi da solo?”….

Intanto per tutta l’alpeggio si sentiva il muggire spaventato delle mucche di Raphael e il ruggire del drago che se le mangiava…gnam gnam

Preoccupato quindi per la sua proprietà e vedendo che nessun uomo voleva aiutarlo.. Raphael decise a malincuore che avrebbe accettato l’aiuto della donna chiamata Ingrid e se ella sarebbe riuscita a risolvere la questione l’avrebbe sposata ..si! avrebbe sposato quella donna anche se dicevano che era una strega…la sua proprietà era più importante del suo egoismo di uomo.

Il montanaro Raphael e la donna di nome Ingrid si misero d’accordo e si incamminarono per i sentieri tortuosi della montagna e raggiunsero il campo dell’altipiano dove si era stabilito il drago, egli teneva le mucche del montanaro prigioniere tra il bosco e la montagna…ed era pronto a mangiarsele..

I due con coraggio si avvicinarono al drago e la donna chiese al drago:

“Drago rispondi cosa dobbiamo fare, perché tu te ne vada via da qui?” disse la donna con un tono di voce deciso.

Il drago che era reso sazio dai facili pasti continuati a base di mucche, rispose un po’ insonnolito:

“io mi chiamo Arpogan e non voglio andarmene da qui… mai!..

la terra capite è di tutti…ma siccome sono anche un buono e capisco anch’io le ragioni dell’onestà, e so anche essere un giocherellone, dovete sapere che io Arpogan sono vanitoso della mia età, così vi dico, io vi darò una possibilità, me ne’andrò da qui solo quando qualcuno di voi indovinerà quanti anni ho…se voi riuscirete a rispondere a questo quesito, allora io drago Arpogan è giusto che me ne andrò da qui…non è un indovinello questo, bensì é una cosa che nessuno sa!”

poi ridendo con un brontolio aggiunse: “ ma io non ho niente da temere poiché è impossibile che voi indoviniate la mia età, è questo un segreto difficile da sapere!” e rimase quindi in silenzio un po’ annoiato a digerire la mucca che si era appena mangiato facendo poi un rutto rumoroso…groag!

“Allora umani quanti anni ho io?”..chiese il drago con un ruggito, “sappiate che se non lo intuite, mangerò sia voi che le mucche che restano finchè non ce ne saranno più!” aggiunse risoluto il drago..

La donna per niente impaurita si avvicinò al drago e disse:

“io la posso indovinare la tua età!”…

”dai sentiamo quanti anni ho? chiese di nuovo il drago un po’ annoiato ……

”se indovinerai io me ne andrò da qui… ma se sbaglierai io mi mangerò tutte le vostre mucche in un sol boccone….e anche voi due contemporaneamente a loro! ”.

“No! per carità le mie povere mucche non le mangiare!” disse il montanaro e rivolto a Ingrid : “dai su donna indovina, dai indovina!… Corriamo il rischio..dai!”

“Aspetta futuro marito non ti preoccupare!” disse la donna che ricordo era anche pensata una strega, quindi era furba e intelligente più di molti uomini.

E la donna così si comportò: innanzitutto Ingrid cercò di leggere la mano del drago, per carpirne i segreti, ma siccome essa non era umana, era una zampa rugosa..non ci riuscì..era infatti una zampa di rettile.

Poi la donna cercò guardando la fronte del drago proprio tra gli occhi, di leggere i suoi pensieri, ma ella provò con dispiacere il calore del fuoco dell’ animo del drago, fuoco che gli ardeva dentro..la donna si spaventò molto e quindi non riuscì a svelare il segreto, ma il drago ignaro non se ne accorse di questi tentativi e si poté continuare.

Ingrid non si arrese, si mise a pensare quale strategia usare ancora…. e decise questa volta di usare la furbizia.

Si avvicinò al drago e gli chiese:

“drago si gentile, pensa la tua età..pensa quanti anni hai..su da bravo!” disse la donna.

il drago Arpogan rispose:”sarò gentile… bene lo sto pensando!”

“ora aggiungi la quantità delle cime della montagne che circondano la valle, che tu sai sono ben dieci, aggiungi questo numero agli anni della tua età!” disse di nuovo la strega Ingrid al drago.

“Si! l’ho fatto! Ho aggiunto il numero” rispose il drago un po’ annoiato..eh allora?”

“ora dividi il numero che hai in testa per due… cioè fai quindi la metà!” aggiunse la donna

“Si! l’ho fatto..eh! allora?” rispose il drago

“dimmi ora la cifra che hai in testa.. che ti costa…su da bravo..puoi dirmela…tanto é solo un numero che non dice la tua età!” chiese la donna al drago

“in testa ho il numero 505..” rispose il drago incuriosito della domanda dimostrando però un po’ di ingenuità.

“Ecco adesso io indovinerò la tua età..gli anni che hai.. caro drago..sei pronto?” chiese la donna.

“tu drago…”. disse la furba Ingrid…. “hai 1000 anni!”

“Per tutte le montagne delle Alpi!”… era vero il drago era vecchio di mille anni..il drago si stupì della abilità della donna.

Nonostante era stato attento a non far capire i suoi anni..eppure quella donna era riuscita a intuire il suo segreto..e fu così che il drago disse:

“Va bene! Hai indovinato! Senti montanaro ringrazia questa donna, ella ha salvato le tue mucche ed anche la tua vita e siccome io mantengo sempre la promessa data, perché so essere anche onesto, ora me ne andrò da qui…

il drago si alzò sulle zampe, allargò le ampie ali da rettile alato, e con lo sbattere di quelle grandi ali, il drago prese il volo nel cielo e mai più tornò, in quanto volò lontano lontano.

E la donna contenta di questo disse: “Adesso Raphael mantieni tu la promessa fatta e fammi tua sposa” disse la donna di nome Ingrid al montanaro.

Anche Raphael, suo malgrado, mantenne la promessa perché il Grande Antenato gli diceva di volersi onesto anche lui …e fu così che i due in seguito a quella promessa, si sposarono e decisero per bene il loro futuro…

Dovete sapere che la donna diventò con il matrimonio più gentile nei modi e si dimostrò un abile cuoca, ed i due erano contenti della vita che conducevano nella tranquillità e nella pace della valle ai confini della montagna.

Morale:

L’uomo ha molte qualità che lo aiutano nel lavoro ed anche ad ottenere rispetto, ma nella sua sobrietà se non ha anche l’amore di una donna che lo consiglia… la sua vita terrena sembra non avere scopo ..

Senza una donna che lo completa, la vita di un uomo sembra triste…. di conseguenza la donna porta con se nella vita di un uomo ciò che l’uomo non ha…e si forma in questo modo, lo spirito di una coppia, completo sia del femminile che del maschile.

Dovete sapere che la donna di nome Ingrid non era una vera strega, ma purtroppo qualcuno del paese aveva messo in giro questa voce perché gli era antipatica, e molti gli avevano creduto, come spesso è capitato per qualche donna di paese, comunque nonostante questo disagio il proseguimento della sua vita fu pacifico ed Ingrid scelse di accontentarsi del suo destino di povera allevatrice di mucche..

In quanto al drago Arpogan, si sa che i draghi parlanti non sono mai esistiti, e quindi esistono solo nelle favole, quindi non esistono nella realtà, il drago di questa favola rappresenta il problema serio, rappresenta la difficoltà da vincere, il pericolo da scongiurare e da risolvere, difficoltà che molte volte gli esseri umani incontrano nella loro vita..e quando questo capita siamo obbligati a trovare una soluzione….

Fine

autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2011)

Giudizio: interessante

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: il cavaliere ravveduto

Medieval knight on guard in ancient castle interior.

 

Medieval knight in the field with an axe.

 

 

(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico da dedicare per la lettura circa 30 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

IL CAVALIERE RAVVEDUTO

INTRODUZIONE: era un gradasso, bugiardo e fornicatore, eppure trovò la volontà di ravvedersi, per ringraziare il paese di averlo nominato re della città…ma…

Favola : il cavaliere ravveduto

Inizio

(Questa favola é il continuo della mia favola dal titolo : ” Ernesto ed il brigante”)

Qualche secolo fa…nel mondo delle favole, la gente era pignola nel giudicare…e molti per questo erano obbligati a mentire ed a imbrogliare il prossimo con false promesse, dire la verità era diventato pericoloso per tutti…

Viveva in Europa..un astuto uomo di nome Ernesto che aveva venticinque anni di età, che da giovanotto ne aveva combinate di tutti i colori, e per non farsi riconoscere per il passato scabroso che aveva, diventato più adulto, in quanto si riteneva un furbo, decise di cambiare vita ed anche il suo nome e prese il nome di “cavalier Gilberto”..…decise di fingersi un cavaliere per poter fare in quanto finalmente temuto, quel che  voleva..

Ora che era diventato adulto, anche se era povero ma era ugualmente scaltro..sembrava un avventuriero in cerca di fortuna..ma nel suo cervello…sarà stata la conseguenza di una formazione particolare del suo cranio..forse è per questo che in lui viveva uno spirito astuto..

Un giorno, viaggiando per tutta Europa, il cavalier Gilberto arrivò  in un paese che subiva un grosso problema…un grosso drago minaccioso volava su quelle terre..e aveva deciso di abitare in quelle valli causando danni….molti erano gli abitanti che a causa del drago malvagio subivano disastri.

Molti furono i danni che il drago provocava ai residenti…distruggeva fattorie e si nutriva degli animali da loro allevati.

Il nostro uomo che ora si faceva chiamare Gilberto,  che si fingeva un cavaliere molto serio e di tutto rispetto in quanto molte volte si vantava nelle osterie di essere il più coraggioso di tutti…per avere dal prossimo lavoro ed onori…anche se sembrava un gradasso..avendo sentito i suoi pregi, fu incaricato dai disperati abitanti del paese, a sconfiggere il drago…

Ma il nostro Gilberto, invece di combattere il drago con delle armi, come farebbero tutti i cavalieri..il nostro cavaliere Gilberto usò la furbizia.

Dovete sapere che i draghi nelle favole sanno parlare e ragionare, e Gilberto chiese una cosa al drago:

“io e te dobbiamo diventare buoni amici!” disse Gilberto e per dimostrare che aveva  intenzioni amichevoli propose di offrire da bere al mostro un otre di un buon vino dolce in cambio della sua amicizia….

il drago che aveva spesso la gola arsa, ingenuamente bevve tutto quel liquore….ma per effetto di una magia contenuta nella bevanda, lo stupido drago fu imbrogliato e si tramutò all’istante in una piccola iguana..così piccola da essere vinta facilmente….

Dovete sapere che quel vino era in realtà…un filtro magico donato a Gilberto da un suo amico stregone conosciuto anni prima nel suo viaggiare per il mondo…..lo stregone gli aveva detto: ”fallo bere ad un drago quando ne incontrerai uno, e vedrai che lo vincerai!”.

Fu così che Gilberto poté uccidere con la freccia di un arco la piccola iguana, che era poco distante da lui, prima che il rettile potesse ritornare nuovamente in forma di drago..e portò l’iguana così morta in paese, per farla vedere dagli abitanti della città vicina…in modo da tranquillizzarli.

Agli abitanti mentì, temendo la loro pignoleria nel giudicare, ed anche per evitare il rischio di non essere pagato per il lavoro eseguito..Gilberto così raccontò:

“ io cavalier Gilberto ho affrontato il drago tutto da solo!” diceva con fare da gradasso:” Dovete sapere che mentre ero intenzionato a stringere il collo del drago con le mie forti braccia muscolose..lo stavo strangolando per bene.. all’improvviso il drago per la paura di morire strangolato da me e per sfuggire al mio abbraccio di cavaliere, si vede che era un drago magico, si è voluto trasformare ingenuamente in questa piccola lucertola, voleva sfuggire al forte mio braccio che lo stava strangolando alla gola, ed ecco qui ora il drago è diventato questa iguana che tutti possono compatire in quanto ora è morta…il drago si è voluto trasformare in una forma più piccola, aveva intenzione di sfuggirmi …invece per questo ha perduto…ah ah..ah!.”…

Fu un trionfo in quel paese..il furbo cavaliere di nome Gilberto..pur nascondendo la verità…diventò l’eroe di tutti gli abitanti della città, che decisero di proclamarlo per il suo coraggio loro nuovo re…e quindi loro difensore.

Gilberto accettò di diventare re..ma chiese agli abitanti di poter sposare la più bella donna della città…

Gli abitanti presentarono al nuovo re Gilberto tutte le più belle e giovani donne non sposate ..e Gilberto si innamorò di una di loro ..era una donna alta, formosetta e bruna di capelli…di nome Adulta, che si diceva essere molto saggia oltre che bella..

Gilberto si invaghì di lei a prima vista e subito se la sposò..e quella donna diventò la sua regina.

Diventato re della città, accadde un cambiamento di mentalità in lui , poiché Gilberto comprese che essere un semplice cavaliere é una cosa facile, mentre fare il re richiede più attenzione alla morale ed al comportamento in pubblico.

Re Gilberto fu preso da alcune paure per le nuove responsabilità del suo difficile incarico e chiese consiglio a sua moglie la regina Adulta, che gli rispose: “chiedi ed implora un aiuto spirituale al Signore della Natura, di cui io tua moglie la regina sono molto devota, chiedi a Lui di portarti fortuna nel governare e di consigliarti nel giusto modo, per poter dimostrare al tuo popolo, l’abilità di essere un bravo e onesto re!”.

Re Gilberto così si comportò, per meritare fortuna nella vita, promise al Signore della Natura,  che avrebbe cambiato in meglio il suo carattere, da furbo sarebbe diventato sincero…da ladro sarebbe diventato onesto..

Fu così che Gilberto imparò, in quanto consigliato mentalmente dal Signore della Natura, ad essere anche un saggio e buon riformista legislativo, re Gilberto governò in quella città per molti anni, a detta di tutti governò con molta abilità.

Dovete sapere che il re Gilberto ogni settimana accoglieva visite nella sua casa incontrando gli abitanti della città, in modo da poter risolvere le loro questioni e discordie ..infatti ormai era considerato un saggio re, ed aveva sempre delle idee valide per risolvere i problemi e molti sudditi gli chiedevano consigli……

Se c’era un re saggio…il suo nome era re Gilberto……ed i suoi sudditi devoti, riconoscevano anche loro che quel re era molto abile di cervello.

Tutti i giorni, come detto prima, una lunga fila di sudditi andava al castello da re Gilberto a chiedere consiglio..in quanto come già detto lui era considerato molto saggio ed esperto nel risolvere le questioni ed i bisticci del suo popolo.

Dovete sapere che tra i visitatori c’era quel giorno anche un padre che accompagnava suo figlio di nome Osvaldo…. lo accompagnava dal re per esporgli una sua questione.

“Maestà!….mio figlio Osvaldo di otto anni, tende a rubare continuamente i giocattoli ad i suoi amici, gioca in modo strano con loro, ed ai commercianti del paese ruba caramelle e dolciumi …dice anche molte bugie per difendersi e giustificarsi…io mi vergogno di lui….ti prego mio re!… dagli un tuo parere!.”

Il re Gilberto, sentite le preoccupazioni dell’uomo, si ricordò vergognandosi ma senza dirlo, che anche lui da ragazzo   quando lo chiamavano tutti “Ernesto poco onesto!”, aveva rubato dolci e caramelle in passato, e anche da giovanotto era stato un ladro, ma aveva però negato di averlo fatto…Gilberto vedeva in quel povero ragazzo che gli chiedevano di punire, vedeva se stesso da ragazzo.

Gilberto arrossendo per il senso di colpa causato dal ricordare, mantenne la calma e poi disse…..”tu e tuo figlio tornate tra trenta giorni che prima devo risolvere una questione personale!.”

E così fu, l’uomo se ne andò e tornò con il figlio dopo trenta giorni.

“Ecco!” disse l’uomo “siamo tornati”.

“Quale era il problema?” chiese il re

“Il problema era che mio figlio Osvaldo tende a fare il ladro di giocattoli e di dolci…e gioca in modo strano con i compagni..e dice molte bugie perché poi vuole tenere nascoste tutte le sue colpe!” rispose il padre.

Allora il re Gilberto, per evitare di perdere la fiducia dei suoi sudditi, decise con coerenza che era meglio che il rimprovero non lo  faceva lui,  e disse rivolto alla moglie di nome Adulta: “forse è meglio oh! regina che dai tu il consiglio giusto a queste due persone!”.

La regina Adulta, avendo capito il re, poichè le donne sono intuitive più degli uomini, fu così che disse: “bambino di nome Osvaldo, non rubare più ne giocattoli ne dolci..non farlo più..e comportati con serietà con i tuoi amici e dimenticati al più presto di aver rubato..e vedrai che non avrai più motivo di dire bugie!”.….detto questo la regina Adulta rimase in silenzio.

Il padre del bambino restò allibito: “Solo questo!” disse il padre del bambino…”mi avete fatto aspettare trenta giorni…solo per dire questo….mi aspettavo chissà quali rimproveri e insegnamenti virtuosi per mio figlio….mi aspettavo di più!.”

Il re Gilberto ci pensò sù..e decise di farsi intendere meglio da quel padre..che era pur sempre un suo suddito, il re disse: ” trenta giorni fa avevo un problema personale da risolvere, ma ora siccome l’ho risolto non ho più nessun problema e quindi io e mia moglie possiamo dare un buon e semplice consiglio a tuo figlio!”.

L’uomo capì che il suo re, nonostante il sospetto e le maldicenze causate da alcuni suoi nemici, con molta saggezza non aveva ugualmente cambiato le regole civili della giusta onestà e della serietà..notò l’arrossire del re, ma non lo comprese, e quindi non gli diede importanza..forse il re quel giorno era raffreddato …..l’uomo salutò con un inchino il suo re e sperò tanto che suo figlio Osvaldo da quel giorno volesse dare molta importanza al consiglio ricevuto dalla regina..

Fu così che il re Gilberto, pur nascondendo parte della verità, decise così per abbellire la sua vita e per non perdere la fiducia dei suoi sudditi, poichè ancora adesso per un re garantire affidabilità nel governare con serietà il suo popolo é molto importante, il re decise in segreto di migliorare ulteriormente le sue intenzioni morali della sua vita futura..e diventare spiritualmente un “cavaliere ravveduto”..lo decise in segreto per evitare che i nemici, se avessero avuto  prova di errori, lo accusassero per capriccio un giorno dicendo così: “come il re ha raccontato di aver sbagliato in passato,  di certo sbaglierà di nuovo, quindi é giusto che non ci fidiamo dei suoi buoni propositi e consigli che ci dà..!”..questo non doveva succedere…il re Gilberto  temeva questa situazione…e quindi scelse di comportarsi meglio e di migliorare la sua vita..pur avendo però sempre la furba intenzione di tenere segreta la sua vita passata..

Morale:

Avete messo giudizio da tempo capendo una saggezza nuova….

i sospetti su di voi sono terminati da tempo …

potete anche voi difendere la giusta regola  perbenista….

potete dare ugualmente un buon consiglio a chi ve lo chiede… è giusto e saggio farlo..

potete anche voi dare un buon consiglio a giovani e parenti dicendo:” comportatevi bene soprattutto se vi trovate in mezzo agli altri”.

Non capisco come mai certi peccatori..quando danno consigli..fanno in modo a volte che il loro consiglio causi anche in altri il loro stesso peccato…è meglio invece sempre aiutare i giovani in modo leale.

Anche l’opinione di un “ravveduto” può servire ad educare al meglio i giovani…

Dovete sapere che i Santi da soli non riescono a consigliare  il “Paradiso” in Terra…occorre che alla loro intenzione perbenista, si aggiunga anche la collaborazione dei ravveduti e di chi sa imparare dagli errori..

Ma un uomo peccatore solamente nel sogno di una favola può diventare un re, oppure un autorità di popolo, poichè molti sanno che un uomo che ha ammesso di aver commesso errori nella vita difficilmente nella realtà convincerà il popolo a nominarlo suo re..

Quindi questa favola vuole solo creare un sogno che consola i rassegnati che sanno di avere ormai un immagine mediocre, dando loro forse una speranza..che nei tempi futuri le cose cambieranno..e potranno diventare anche loro autorità di stato, pur avendo una storia di vita discutibile nel passato….

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Ottobre 2016)

giudizio: interessante, serio

voto: (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: Il cavalier Elghà e Giacomo Spreva (per adulti)

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(racconto di tipo nero e bianco)..

tempo teorico da dedicare per la lettura circa 30 minuti..

FAVOLA DI EGIDIO

IL CAVALIERE ELGHA’ E GIACOMO SPREVA

INTRODUZIONE: Dove il libero arbitrio è causa di abusi sui deboli e sui poveri, laggiù arrivano i cavalieri della buona volontà a redarguire ed a renderlo più onesto, occorre però che qualcuno decida con tranquillità chi ascoltare..poiché la fretta è cattiva consigliera..

Favola: il cavaliere Elghà e Giacomo Spreva

Inizio

Nel mondo delle favole, nel simil periodo storico del 500 d.c., molte zone del Nord Europa erano abitate da barbari e tribù primitive, in molte città gli abitanti erano pervertiti nel sesso e credevano in interpretazioni barbare della vita..

Venne a sapere di questo, un nobile cavaliere che viaggiando per il continente, per tutto il Nord Europa, giunse con i suoi soldati nella penisola Italica, e decise di raggiungere una delle città del Nord Italia, e si interessò agli usi e costumi degli abitanti che ci vivevano..

Stando nella città, giudicò gli abitanti della città bisognosi di aiuto civico, poiché molta della gente commetteva azioni disturbanti della vita sapiente che ogni uomo deve avere….

Il suo nome era “cavalier Lelù” ….ed era un cavaliere che si voleva integerrimo con molta determinazione..e credeva nel dovere di “essere”…cioè di obbedire alla verità ed alla serietà..

CAP. 1° – I consigli del cavalier Lelù

Secondo questo cavaliere per dimostrare abilità nel vivere, bisognava che l’uomo si sentisse obbligato ad essere coerente e serio alle regole perbeniste della cavalleria e della nobiltà…e si prodigò quindi per quella città nel persuadere in questo modo la gente in tutte le piazze e nelle osterie..al suo parere gli abitanti di quella città erano stolti e bisognosi dei suoi giusti consigli…

Di conseguenza il cavalier Lelù, basandosi sulla  sua esperienza di vita, stabili delle regole coerenti con le virtu’ della cavalleria in cui Lui credeva molto, occorreva severità per ottenere obbedienza dalle genti..

  • le virtù che bisognava dimostrare erano le seguenti:
  • Coraggio
  • Giustizia.
  • Generosità.
  • Disciplina
  • Fede
  • Uguaglianza
  • Lealtà
  • Credere nella vita onorata che è causata dalla obbedienza alle regole

il cavalier Lelù disse:” chiunque ha commesso disobbedienze alle mie regole…diventerà prima o poi triste e vittima del malumore del mondo…poiché si potrà dire di lui che non è un valido esempio di integerrimità, é obbligatorio per un uomo diventare un esempio utile per i giovani e sembrare innamorato della moralità, tutta questa dimostrazione di buona volontà, deriva dalla obbedienza alle mie regole”..…

Fu così che il cavalier Lelù, decise delle regole perbeniste e le mise per iscritto.

Ma gli abitanti della città, si accorsero dopo un po’ di tempo, che erano regole troppo difficili da rispettare per loro, forse perché avevano origini etniche di tipo pagano, molti degli abitanti infatti continuarono a disobbedire ..poichè avevano già commesso errori prima…poiché era quella la loro natura..

Il cavaliere Lelù affermò:” io sono un consigliere della buona volontà umana, permetterò solo a chi dimostrerà di meritare il premio ambito, e cioè di essere pensato innocente e meritevole di avere una discendenza sana, di avere la suggestione di se stesso di essere un valido e coerente uomo, se egli obbedirà alla logica delle mie regole, lo presenterò a tutti dicendo che é il miglior uomo tra gli uomini, in quanto comprende l’onestà di giudizio ed in quanto dimostra di essere innocente, sarà quindi tutelato nella vita dal rispetto di tutti..é sarà contento di sé stesso!”..

Chi invece disobbedirà sarà punito come un rinnegato, e patirà le frustate da parte dei miei soldati e sarà da loro imprigionato…e se le sue disobbedienze sono disobbedienze gravi… sarà lapidato !”..

Dovete sapere che i rimproveri voluti dal cavalier Lelù, causarono una crisi di identità in molti uomini, che volevano stimarsi ugualmente ma non potevano, purtroppo essi avevano già commesso errori nel passato, infatti quando cercavano di sembrare obbedienti alla perfezione dicendo certe cose  erano accusati di mentire..di conseguenza questi continuavano a lamentarsi dicendo a tutti che le regole del Cavalier Lelù erano troppo difficili da rispettare..e ne proponevano delle altre in alternativa…ed istigavano i cittadini alla incredulità alle regole..

Fu così che il cavalier Lelù, sentendosi non capito nelle sue buone intenzioni.. nominò un capo di paese, un autorità comunale… e poi decise di partire lontano da quel luogo dove non era stato ascoltato con buona volontà..ed un giorno partì con i suoi soldati per altre destinazioni…avendo deciso che c’erano altre città da convertire e convincere alle sue intenzioni..

CAP. 2° – i consigli di Giacomo Spreva

Dovete sapere che in quella regione viveva un eremita, di nome Giacomo Spreva, che avendo sentito descrivere dai viandanti le difficoltà esistenziali vissute dagli abitanti della città, per sua bontà, decise di dare loro consiglio e decise di andare ad abitare tra loro..

Giunto in quella città, Giacomo Spreva, con buone maniere e modi gentili, convinse tutti gli abitanti a essere sostanziali nel giudicarsi l’un l’altro…ad interpretare con praticità la vita umana..

In paese tutti erano d’accordo su questo consigliare alla permissività ed alla tolleranza di avere qualche errore, poichè molti in nome dell’allegria e della faciloneria, avevano commesso disobbedienze alle regole in precedenza..ed avevano adesso sollievo spirituale dai consigli di Giacomo..

Giacomo Spreva….era ritenuto da tutti molto saggio…molti dicevano che Giacomo aveva il potere dei veggenti, forse i suoi consigli spirituali avrebbero vinto la pignoleria che causava tristezza alla gente e causava in loro il timore di punizioni…e tutti davano ascolto al suo consiglio filosofico..di essere e diventare giudici sostanziali dell’essere umano..

Giacomo Spreva, aveva capito che gli abitanti consigliati dalla sostanzialità di giudizio, avrebbero reso comprensibile il loro comportamento non integerrimo, poiché giudicare in modo sostanziale le intenzioni delle regole di Lelù avrebbe permesso alle persone di rinunciare al dovere di essere integerrime per forza…

Il buon Giacomo Spreva consigliava tutto questo per evitare di fare soffrire di malumori la coscienza dei peccatori di quella città..

Fu così che in quel paese nessuno degli abitanti si dichiarò più integerrimo alle regole del cavalier Lelù, e poté da quel momento ammettere tranquillamente di avere errori, se non lo faceva non era sincero, così di conseguenza pur dando importanza alle regole, il dovere di essere integerrimo fu dissuaso..

Purtroppo ad essere permissivi nell’interpretare le regole nobili di Lelù, si era resa imprudente molta gente e soprattutto il comportamento degli adolescenti, di conseguenza in tanti in quella città risultavano disobbedienti alla moralità integerrima..

E così in quella città, nessuno degli abitanti era in quel momento più definibile perfettamente coerente a nessuna regola..avevano tutti infatti disobbedito a qualche principio morale con il permesso del consigliare di Giacomo….

Passarono i mesi e gli abitanti della città trovarono confortanti queste nuove intenzioni..

Ma dovete sapere che il metodo di essere sostanziali nel giudicare dava loro consolazione è vero…. ma faceva sembrare loro di non essere davvero esseri superiori, in quanto non potevano considerarsi puri..e molti di costoro per questo non riuscivano a provare più esaltazione spirituale nel giudicare se stessi…e quindi affermavano: “Giudicare con sostanzialità va bene, però era meglio che non commettevo nessun errore nella vita forse è meglio cambiare le regole!” e diventavano tristi di conseguenza nel comprendere questo..

Fu così che Giacomo Spreva si mise in viaggio per la regione, camminando a piedi per molti giorni e restando molti giorni a digiuno, per trovare una soluzione anche a questo problema:

” come avere una vita spirituale piena di vanità e auto stima pur avendo disobbedito alle regole perbeniste”

CAP 3° – L’incontro con il cavalier Elghà

Mentre Giacomo camminava stanco e deluso dai rimproveri ricevuti da alcuni abitanti, che non erano d’accordo al suo metodo filosofico umile che faceva diventare l’essere umano un mediocre, egli salì su per la collina guidato da una voce spirituale, forse avvertendo la sua tristezza le forze dell’Universo avevano deciso di dare a lui consiglio sulla strada da seguire, infatti nel mezzo del percorso indicato dalla voce spirituale, Giacomo Spreva incontrò un nuovo cavaliere.

Giacomo ed il cavaliere si parlarono e diventarono subito amici ed insieme si recarono in un osteria.

Il nuovo cavaliere che era straniero in quella regione, da vero amico gli parlò:..…

“Il mio nome è cavalier Elghà e sono un cavaliere molto ricco …ma ugualmente  permissivo nell’intenzione della moralità..”

“il nostro comunicare sarà più efficace se mi offrirai da bere e da mangiare perché sono affamato..” rispose Giacomo a quel gentile cavaliere…

“Devi sapere che bisogna soprattutto dialogare, ed anche meditare insieme ad altri i nostri convincimenti, in modo da rafforzare la volontà delle idee, per capire meglio come risolvere i problemi e le necessarie soluzioni..”

“Quindi ti offrirò da mangiare senz’altro..così ci parliamo con più tranquillità”…ed ordinò all’oste di portare del cibo…

il cavaliere senti la storia ed i problemi che vivevano gli abitanti della città da dove proveniva Giacomo..e che Giacomo tristemente gli raccontò e quindi rispose:

” Sono il cavaliere Elghà e voglio darti un buon consiglio caro Giacomo!”..”

“Come sono stupidi gli abitanti della tua città, litigano tra loro per essere, e si offendono l’un l’altro inutilmente per “essere”, ma io so che è meglio per un essere umano il solo “avere” che il solo “essere” ..”

“Caro Giacomo osserva la vita vera, quella che esiste, osserva la realtà, osserva gli animali e la loro natura….essi non hanno bisogno di regole severe ..poiché la Natura li sfama e risolve le loro necessità ugualmente!”

“Gli animali, come già sai, a volte sbagliano commettendo incoerenze, eppure esse non hanno conseguenze nella loro allegria, nonostante i loro errori, per gli animali il sole sorge ancora, l’acqua da bere è ancora fresca e pulita, trovano ancora da mangiare, poichè è sufficiente per loro cercare, ed i figli a loro nascono lo stesso anche se hanno commesso comportamento innaturale!”

“Caro Giacomo non serve “essere” per forza per avere gioia, non serve litigare per ribadire ciò che si “è” per poter “avere”, la natura é abbondante di risorse, ugualmente si può “avere” anche se si é sbagliato, è sufficiente prestare più attenzione per il futuro, e dopo di che bisogna accontentarsi della vita che si ha per evitare di restare vuoti nello spirito..”

“Invece di litigare per “essere”..poiché non tutti “sono”..pensate ad esistere soltanto..e vedrete che otterrete ugualmente..poichè l’uomo avrà sempre quello che si merita..ed riuscendo ad avere quello di cui ha bisogno dimostrerà che merita!”

“Giacomo! vai in paese e di che io, il cavalier Elghà, verrò con i miei soldati in città, e parlerò e farò comizi nelle loro piazze, in favore di questo pensare e convincerò i popoli di Europa in loro favore, in modo di dar felicità ed esaltazione anche a loro, poiché non è ciò che siamo che ci rende felici, ma é ciò che veramente abbiamo…proprio come ci insegna la natura degli animali che credono in loro stessi anche se non hanno regole….ma siccome hanno da mangiare e da bere non si sentono preoccupati di niente!”

Giacomo comprese, ora aveva inteso una nuova mentalità con la quale poteva consigliare gli uomini, e così tornò in paese e radunò gente intorno a lui per raccontare la lieta notizia e affermò quel che il cavalier Elghà gli aveva insegnato…di come il cavalier Elghà la pensava sul problema morale..e in questo consigliare quel cavaliere dimostrava un abilità ed un avvedutezza da lodare e da complimentare: si poteva restare vanitosi della propria vita pur avendo errori”

Giacomo spiegò agli abitanti della città, risolvendo la questione che aveva, che si poteva avere qualche errore alle regole, e che potevano restare le stesse regole senza problemi, ma si poteva anche esaltarsi nella certezza di potersi vantare che ugualmente si aveva avuto e si ha ancora tanto dalla vita..appagando in questo modo il necessario bisogno di vanità che avevano gli uomini..

Tutti si stupirono della molta praticità e della molta consolazione che davano le nuove parole di Giacomo, esse illuminavano il giudicare umano e dicevano di trarre felicità solo da quello che si “ha” nella vita e di non badare per forza a ciò che si “é”..poichè ciò che si “è” rappresenta solo una suggestione, mentre ciò che si “ha” per davvero è una vera realtà tangibile…quello che si ha nella realtà è godibile e offre all’individuo un vero benessere..poiché dopo aver saziato la fame e la sete..è giusto che il corpo degli umani produca sensazioni di benessere alla mente ed alla vita sessuale!”

Quelle nuove parole di Giacomo Spreva, illuminarono ad una nuova comprensione tutti gli abitanti della città..

Nella città giunse nei giorni successivi il cavalier Elghà, che in uno dei suoi molti comizi disse: “ Esiste un modo per capire quale è la verità esistenziale più adatta per gli abitanti della vostra città, come capita per gli animali, tutti gli animali non hanno conseguenze se commettono incoerenze a qualsiasi logica, così è giusto che gli esseri umani non abbiano conseguenze a causa di ciò che hanno commesso nemmeno loro..quello che avevano prima di sbagliare anche dopo che hanno sbagliato ancora lo possono avere!..”

“Questa secondo me è la verità che governa la realtà del mondo e che dovete tutti voi comprendere, infatti dopo ogni incendio e calamità, la natura ritorna a rifiorire rinascendo..la natura ritorna agli animali ed agli uomini ciò che è giusto per loro….occorre solo evitare di non finire in una triste prigione per tutta la vita e bisogna cercare di restare in salute il più a lungo possibile..”

“Ci hai detto la verità Giacomo..il cavalier Elghà esiste e la pensa così come hai detto tu!” risposero gli abitanti..

“Egli convincerà tutti i popoli confinanti in nostro favore con la sua pratica volontà..e non litigheremo più tra noi per chi è il più felice tra noi…..poiché ci accontenteremo solo di avere!”

“Che ci importa di sembrare per forza il migliore, l’importante è che ugualmente abbiamo da bere, da mangiare, da dormire e donne per fare all’amore..e con queste sole cose ci esalteremo nella gioia!” e tutti applaudirono a queste parole..

Il cavalier Elghà inoltre affermò per consigliare alla pace di tutti quanti:

“Avete capito che non potete essere integerrimi poiché l’errore é già capitato, ma non disperate poiché comunque qualcosa avete per voi..e quindi risponderete:

Noi ugualmente “abbiamo” quindi è giusto che siamo felici!”…

“Siccome avete tutti risorse a parere vostro, vi penseranno felici..e diventerete felici di conseguenza… poichè vi siete convinti solo di questo..avete semplificato il vostro vivere..apprezzando ancora il benessere”..

“Se qualcuno vi nega di essere il migliore in ciò che si é..vi nega forse di avere ugualmente?…” aggiunse Giacomo.

“Non avete l’obbligo di credergli, se dirà così, non dategli ascolto, restate sostenuti nella gioia di “avere” anche se è “poco” e siate contenti..siete di conseguenza a modo vostro..il vostro spirito può stimarsi ugualmente … poichè vi pensate ricchi in qualche modo da voi stessi…e se avete una ricchezza che pochi capiscono, non dovete preoccuparvi di questo..poiché io vi permetto di stimarvi in quanto qualcosa comunque avete..ed è questa una realtà certa…avete rispettato lo importante…potete auto-stimarvi!”

“Non siete obbligati a credere negli ideali inventati da un altro, credete piuttosto in voi stessi, oppure create nuove ragionamenti per consigliare la vostra vita e quella dei vostri amici, diventerete così più utili, poiché è nel pluralismo delle idee e nel libero arbitrio che si basa la felicità dell’intera umanità!”

“E siccome abbiamo anche averi e ricchezze e siamo stati abili nel procurarli molte volte..e giusto che meritiamo anche di stimarci e di esaltarci…il parere dei nostri nemici per noi non deve contare mai più..essi vogliono solo affliggerci obbligandoci ad un’autocritica esistenziale da ritenere poco furba per un uomo che si paragona agli animali!”

Fu così che tutti gli abitanti cominciarono a pensarla in questo modo in quella città del Nord Italia..poichè ne intuivano un vantaggio per soddisfare il loro egoismo ed il loro opportunismo..

Purtroppo qualcuno decise ingiustamente che il libero arbitrio e l’esempio degli animali, permetteva agli uomini anche di approfittare di chiunque e di perseguitare per futili motivi la vita di chiunque..

Essi dissero con tremenda furbizia: “Anche questa decisione di voler approfittare dei deboli, è secondo noi una conseguenza del diritto di tutti di credere nel libero arbitrio..

imporre la legge del più forte su questo o su quello é permesso infatti dalla natura degli animali..e di conseguenza anche dall’uomo che si crede simile oppure poco di più di un animale!”

I seguaci del cavaliere Elghà decisero da loro, evolvendo a modo loro i ragionamenti del cavaliere, che in nome della libertà non erano più obbligati a preoccuparsi della sorte dei più deboli, anzi era per loro possibile approfittare in tutti i modi degli ingenui e dei mediocri..era quella un modo di causare una selezione naturale tra gli uomini..i forti vivevano e si riproducevano mentre i deboli invece si estinguevano…

CAP. 4° – Il ritorno del cavalier Lelù

Queste parole giunsero al sentire del cavaliere Lelù..che si trovava in un luogo lontano…che si adirò molto nell’udire questi ragionamenti disobbedienti alle regole nobili della cavalleria..che tutti sanno essere basate su: l’onestà…la carità…la giustizia..ed il disprezzo della iniquità..

Con i suoi soldati il cavaliere Lelù decise di tornare in quella regione del Nord Italia, ed avanzò minaccioso contro la città..

Avanzò forte dei suoi soldati contro la legione del cavaliere Elghà che si era stabilita in quel luogo….

Il cavalier Lelù era pronto a lottare per vincere colui che convinceva le genti al libero arbitrio….poiché lo riteneva colpevole di consolare le azioni più malvagie commesse dagli uomini..tra le quali i modi prepotenti ed i modi persecutori nei riguardi dei più deboli

Nelle campagne che confinavano con le mura della città..ci fu una vera battaglia di soldati..dopo molte ore..dopo molti feriti…e molto sangue sparso…finalmente ci fu un vincente..

Il destino dimostrò che chi affermava “NOI SIAMO!” risultava essere di volontà più decisa e più forte di chi diceva “NOI ABBIAMO!”

Fu così che i soldati del cavalier Lelù vinsero in battaglia i soldati del cavalier Elghà..ed Elghà fu preso prigioniero..e condotto in ginocchio davanti al cavalier Lelù..per essere giudicato..

Obbligato a pentirsi per avere salva la vita..il cavaliere Elghà sentendosi perduto, si pentì davanti a tutti di quel che aveva detto nei comizi precedenti..ed ammise che bisogna “essere” per meritare di “avere.”.

Elghà fu obbligato ad ammettere che: essere obbediente alle regole ci fa sentire onesti con i nostri simili..e si hanno più diritti e risorse a causa della nostra innocenza…poiché se non si merita è meglio non “avere.”……poiché avere senza meritare non è onesto nei riguardi della vera giustizia!….”Il cavaliere Lelù in quanto vittorioso in questa battaglia..decise di confiscare tutte le ricchezze possedute dal cavaliere Elghà..il quale diventò di conseguenza povero..e fu chiamato dal popolo:  “Colui che non é……e nemmeno ha!”

il cavalier Lelù ebbe pietà di Elghà e gli permise di avere salva la vita..anche perchè Elghà gli aveva dato ragione davanti a tutti gli abitanti della città e si era pentito di come la pensava prima..ed anche perchè non aveva mai offeso nei suoi comizi precedenti …il volersi buono e l’origine nobile del cavalier Lelù..

il cavalier Elghà rinnegò e abiurò per sempre ciò che aveva detto agli abitanti della città….dicendo in sua difesa di essere stato frainteso da qualcuno..dicendo che lui voleva solo la pace tra i peccatori..e qualcuno dei suoi seguaci invece lo aveva tradito nelle sue vere intenzioni..

Elghà ammise di aver sbagliato a permettere la libertà di azione a sconosciuti, e riteneva di non avere vera colpa se qualcuno dei suoi seguaci aveva esagerato nel darsi libertà, usandola per offendere la libertà degli altri..

Il cavalier Lelù per giustificare in seguito il perdono concesso al perdente Elghà..dichiarò in pubblico: “io Lelù dimostro di saper perdonare in quanto voglio essere un re amato dal suo popolo..e dimostro la mia Bontà decidendo a volte di perdonare chi mi è stato nemico…poichè ritengo che solo un re Buono merita amore e devozione dal suo popolo..”

CAP. 5° – La miglioria alle regole di Lelù

Fu così che il cavalier Lelù, consigliato da un Angelo Sapiente che gli parlò in sogno, si  convinse a considerare  umili e povere le origini della umanità, decise di migliorare le intenzioni delle sue regole, poiché molta gente era stata, nei tempi passati accusata di essere antipatica se obbediva alle sue regole, inoltre in passato molta gente innocente era stata calunniata e quindi punita ingiustamente dalla severità delle sue regole, …e così re Lelù ordinò per dare una speranza a tutti i pentiti una miglioria alle sue intenzioni e disse, reso Sapiente dalla esperienza soprannaturale, di considerare maggiormente le attenuanti generiche dei peccatori pentiti:

“L’uomo obbedisca pure alle mie regole nobili, ma se dovesse disobbedire a causa della sua natura irrequieta ed impulsiva, avrà ancora una speranza di conciliazione con me, se l’uomo dimostrerà pentimento e ravvedimento, potrà essere perdonato da tutti ed anche da me, poiché obbedire al bene e da ritenere una nobile iniziativa, ma anche perdonare è da ritenere una decisione che dimostra che si vuole far del bene e che si hanno nobili intenzioni…di conseguenza il comprendere le attenuanti che l’uomo é vulnerabile e che l’individuo umano molte volte non ha la ambizione di diventare il migliore, è a mio parere un segno di virtù..la virtù della Carità!”

il cavalier Llelù aggiunse: ” chi mi darà ragione pur avendo sbagliato, ed ammetterà umilmente di aver sbagliato, sarà da me perdonato!”

Gli abitanti della città vedendo che la volontà di “chi è” si era dimostrata più forte della volontà di “chi ha”…decisero di ascoltare i consigli del cavalier Lelù e lo nominarono loro re…

CAP. 6° – Il cavalier Lelù diventa re della città

Il cavaliere Lelù  fu nominato re dalle autorità della città, diventò unico re della città e quindi di tutta la regione..

Siccome il re Lelù era un uomo onesto nel giudicare i peccatori, poiché sapeva valutare le attenuanti di ogni vita….re Lelù fu giudicato un re giusto e buono ed infatti mai fu iniquo..

La intera città che governava e quindi i suoi abitanti vissero in modo serio dimostrando amore per la moralità ed il far carità, per il resto dei loro giorni..

Fu così che in quella città erano tutti contenti… ma forse non felici veramente, poiché le regole che avevano deciso per loro erano regole difficili a cui obbedire.. però gli abitanti vissero nella soddisfazione di aver capito che i diritti sia dei giusti che dei deboli  erano finalmente rispettati..

Il re Lelù era vero che disapprovava il libero arbitrio tanto caro ai filosofi..ma nello stesso tempo aveva dimostrato che sapeva impedire che i prepotenti facessero abuso della vita dei più deboli….

Fu così che avendo saputo la decisione onesta del re, di consigliare a perdonare molti dei colpevoli che si erano pentiti, molti peccatori si pentirono davanti a Lui dei peccati commessi ed ebbero in questo modo salva la vita, poiché dimostrarono di aver migliorato la loro visione dell’esistenza umana…

CAP. 7° – Ultimo episodio

Dovete sapere che cavaliere Elghà restò alle dipendenze di re Lelù come consigliere… ma fu sempre considerato da molti degli abitanti della regione un semplice subalterno..

Giacomo Spreva invece decise che non c’era più bisogno di lui in città, e se ne tornò quindi a vivere nel suo eremo, situato sulle colline tra i boschi..

Giacomo Spreva visse in povertà e di poco mangiare…..il suo tempo lo trascorreva nel molto implorare il perdono del Signore del Cielo stando in ginocchio nell’intenzione di voler far penitenza..Giacomo Spreva aveva sempre ritenuto che il Signore del Cielo Si Volesse Santo con gli uomini..di conseguenza Giacomo Spreva aveva diritto all’indulgenza dei Santi per i suoi peccati..che erano di aver consigliato le genti a rinunciare al dovere di essere integerrimi alle buone regole perbeniste..

Fu deciso per questo dalla gente che Giacomo Spreva, pur avendo consigliato agli uomini di permettersi qualche errore nel comportamento, in modo di dare pace a molti….meritava ugualmente comprensione dal re.. poichè il buon fine giustificava il nuovo metodo che consigliava..

Tutti capirono che Giacomo decise un  consigliare alla permissività, in quanto pensava che era meglio per molti affermare che avere errori nella vita è normale, aveva deciso questo  solamente nell’intenzione di volere creare una parità tra i molti peccatori, e fu per questo motivo che nessuno sentiva più il diritto di punire un altro …

Fu deciso che non fu per colpa di Giacomo Spreva, se qualcuno aveva approfittato delle sue buone intenzioni, .e fu così che il re Lelù sentito il parere degli abitanti della città, comprese la crisi di coscienza avuta da Giacomo Spreva e decise di perdonare Giacomo anche Lui, per dare pace anche a quel povero eremita….

infatti dovete sapere che il re Lelù aveva capito, anche per merito di Giacomo Spreva, che era vantaggioso per i molti peccatori che il Signore del Cielo Si Vuole Santo, sia con i re che con i sudditi…poichè è il Volersi Santo del Signore del Cielo che rende coerente e sapiente il re che perdona gli uomini pentiti di aver disobbedito alle sue regole..

Fine

Autore: Egidio Zippone

Milano, 20 Febbraio 2017

Giudizio: interessante, saggio

voto (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: La scimmia furba e l’uomo

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO

LA SCIMMIA FURBA E L’UOMO

INTRODUZIONE: chi si pensa umilmente, giustifica se stesso, e le sue incoerenze non avranno più conseguenze gravi..

INIZIO

Favola: La scimmia furba e l’uomo

Per rilassarvi, ma anche per darvi consiglio, vi voglio raccontare una fiaba ambientata in un luogo lontano.

Dovete sapere che nel mondo delle favole, proprio nei pressi di una jungla, nella lussureggiante Asia Orientale l’attuale India, all’inizio di un secolo lontano, viveva un uomo sempre rimproverato dalla moglie e dagli amici poiché commetteva molto spesso azioni errate o ingenue….questi rimproveri erano per lui causa di frustazione..

Un giorno quest’uomo di nome Zitin-glo, che faceva il cacciatore a tempo perso, decise di dimostrare che aveva anche lui un abilità, e andò nella jungla per tendere una trappola in modo da catturare un animale selvatico vivo e venderlo al mercato e poter così guadagnare con un buono scambio qualche soldo.

Il cacciatore si recò quindi nella jungla, cominciò a cercare un luogo adatto e tese in quel punto una trappola..che consisteva nel mettere un laccio di corda attaccato ad un alberino flessibile e piegato proprio intorno a della frutta posta in terra, egli restò in attesa e dopo qualche ora..nella sua trappola diventò preda questa volta una scimmia…una scimmia di pelo nero e dalla lunga coda.

L’uomo felice raggiunse la trappola..vide la scimmia urlante e la mise con maestria in un sacco di tela che aveva con se, mise il sacco sulle spalle e decise di andare al mercato del villaggio per vendere la scimmia catturata.

L’uomo caricò il sacco con le altre cose che aveva sul suo carro trainato da un bue e partì in direzione del villaggio.

“In questo modo viaggiando sul carro ci metterò poco tempo e faticherò meno!”, diceva l’uomo felice fischiettando allegro e pensando al suo futuro guadagno.

Il sentiero tra gli alberi della jungla verso il suo villaggio era molto lungo, l’uomo continuò il suo viaggiare alternando tratti alberati a radure assolate viaggiando sul sentiero irto e pietroso…

Ad un tratto la scimmia nel sacco decise di parlare al cacciatore-uomo per convincerlo a essere liberata.

Ma la scimmia non potendo parlare con voce vera, poiché non aveva questo dono, infatti la sua gola emetteva solo suoni disarticolati,..decise di parlare all’uomo in telepatia..essa parlò nella mente di Zitin-glo.

L’uomo infatti all’improvviso sentì nella sua mente una voce che gli parlava in azione telepatica e che diceva:

“Ahimè! povero me….povero me scimmia….di certo sono sfortunato..la mia libertà è finita, diventerò un giocattolo nelle mani di un bambino umano, che mi farà tanti dispetti e forse mi farà patire la fame …non hai compassione di me oh! cacciatore?”

“No! rispose l’uomo ad alta voce, tu sei solo un animale ed io posso approfittare di te.

Ti venderò al mercato e sarai schiavo di un bambino e diventerai un suo giocattolo e vivrai legato con una zampa ad una fune”

“Ma io ti posso aiutare in qualcosa!” disse la scimmia mentalmente all’uomo dimostrando di avere un idea.

Disse la scimmia: “Se tu mi ridarai la libertà..io ti farò un regalo..ti permetterò che tu non soffrirai più per i tuoi errori..permetterò che tu non avrai mai più crisi di auto-stima …e avrai per questo meno scrupoli che ti rodono il cuore a causa dei rimproveri che ti fanno!”

“Effettivamente è così!” disse l’uomo: “soffro a volte di cattiva opinione di me..e disturbo dell’umore..ma tu puoi fare veramente questo?”..chiese l’uomo incuriosito dalla voce mentale della scimmia che stava dentro al sacco

“Si!” disse la furba scimmia..parlando mentalmente..”devi sapere che io nella jungla sono “il re delle scimmie” per volontà del Signore della Natura ed il Signore della Natura “Colui che Sa tutto”, e che è un mio caro amico, mi aiuterà…..pregherò quindi Lui, “sapienza del mondo”..di accettare la mia richiesta..e Lui farà questo miracolo nei tuoi confronti…ma prima mi devi liberare dal sacco!”

E così l’uomo capì che effettivamente poteva diventare l’uomo più felice del mondo..privandosi delle crisi di immagine causate dalla mancata integerrimità…decise quindi di liberare dal sacco la scimmia..aprì quindi il sacco e liberò la scimmia, appena fu libera la scimmia si mise in ginocchio sul carretto e pregò il Signore della Natura di aiutare l’uomo a non provare più sofferenza per i suoi errori e le sue infrazioni morali..come promesso da lei poco prima.

Finita la sua preghiera ella disse nella mente all’uomo: “bene! sei esaudito!”..e la furba scimmia continuò ”ma prima comincia ad imparare di non soffrire di questo!” e la scimmia ladra e furba come era, mentre stava per fuggire via, con un gesto rapido, lestamente si portò dietro di sé il casco pieno di banane situato sul carretto insieme a dell’altra frutta..e scappò via tenendolo in braccio e presto e rapidamente si arrampicò su un ramo di un albero alto pieno di foglie.

L’uomo pensò:” adesso avrò una crisi di nervi a causa della frustrazione di aver capito di quanto sono stato ingenuo..e starò male per il danno subito…” ma invece come predetto dalla scimmia…da quel momento l’uomo sentì che non soffriva e non si sentì nemmeno triste per l’errore di aver subito il furto del casco di banane e aver dato ingenuamente la libertà alla sua preda.

Aveva però perso la sua occasione di guadagno e capì che pur essendo stato uno stupido per la sua economia, la scimmia infatti lo aveva danneggiato in quel che possedeva, l’uomo capì che anche lui poteva imparare dai suoi errori proprio come fanno le scimmie e non soffrire di qualunque sbaglio.

Contento di questo decise però che questa consapevolezza non gli impediva di stare anche più attento per il futuro e di non farsi imbrogliare sempre dagli altri.

L’uomo alzò la mano per salutare e ridendo tra se e se.. salutò con un gesto del braccio la furba scimmia mentre vedeva essa mangiare sull’albero vicino e con voracità le sue banane ed avviò il carretto in direzione del villaggio… contemporaneamente però promise a se stesso di stare più attento la prossima volta..

Da quel giorno molti uomini ogni tanto paragonandosi alle scimmie pur avendo sembianze umane, smettono di soffrire delle loro ingenuità e dei loro problemi di immagine seria…trovando consolazione in questa similitudine…hanno liberato dai doveri la scimmia che vive in loro..

Morale:

Al giorno di oggi, ogni uomo ha un opinione differente dagli altri e la sua libertà dipende dal sapersi difendere dalla incomprensione degli altri per lui…con un atteggiamento sostenuto nelle sue opinioni… egli riesce però a essere felice nel suo libero arbitrio permesso dalla sua intelligenza, nella sua vita l’uomo deve imparare come sempre anche dagli errori commessi, superandoli e dimostrando ravvedimento…questo è possibile se l’uomo si considererà con umiltà…

Infatti questa umiltà che l’uomo a volte dimostra nel giudicare se stesso, è coerente con quello che insegnano oggi nelle scuole medie gli insegnanti di scienze, quando spiegano agli scolari che l’essere umano si é evoluto geneticamente, e non si sa perché, dai primati scimmieschi che esistevano prima di lui molti secoli fa..ed ora l’uomo governa la natura terrena del pianeta..

Qualcuno crede invece che l’uomo sia stato creato in modo indipendente dagli altri animali pur essendo obbligato a far parte della stessa natura..e che quindi questo convincersi con il paragonarsi agli animali non è permesso a tutta l’umanità..ma si tratta di un convincimento che pochi hanno compreso..

fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2009)

Giudizio: Originale. interessante

voto: (da 5 a 10): 9

Favole di Egidio: la regina Valdsor ed il giovane pastore

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(racconto di tipo verde e bianco)

tempo teorico dedicato per la lettura circa 35 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

LA REGINA VALDSOR ED IL GIOVANE PASTORE

INTRODUZIONE: una regina che non credeva più nell’amore, stava causando grandi problemi al suo popolo,…un grosso gigante decise di rimproverarla per questo ..ma saranno i buoni propositi di un giovane che consiglieranno la regina Valdsor ad un cambiamento..

Favola: La regina Valdsor ed il giovane pastore

Inizio

Nel mondo delle favole, in una regione dell’Kazakistan a sud dell’altipiano Caucasico..sulle alte montagne che sovrastavano colline verdeggianti, vivevano giganteschi uomini alti 5 metri, creati dal Signore della Natura per ammansire con le loro gigantesche figure i capricci degli uomini sulla Terra che si erano rilevati molte volte opportunisti e iniqui.

Tanto tempo fa in quel regno lontano governava una regina prepotente e capricciosa di nome Valdsor.

Ella era stata sposata in passato, ma suo marito il re l’aveva tradita, lo si scoprì poiché il re fu assassinato dal coniuge della sua amante, in quanto fu sorpreso dal marito tradito in adulterio, fu un delitto passionale, ne parlò tutto il regno, l’assassino del re fu poi condannato a morte…la regina sgomenta per la brutta figura restò da sola a regnare…

La regina soffrì molto per il tradimento del re, ma un giorno si diede della stupida per questo, fu così che per non soffrire più, che il suo cuore si chiuse ad ogni amore, fu così che quella regina, diventò così capricciosa e diffidente che non volle più prendere marito, mai più!…perché diceva che: “si sta meglio da soli che male accompagnati! e poi l’amore non difende il voler restare vivi, quindi non serve a niente condividerlo!”…questo era il parere della regina Valdsor…

Ma non bastava, siccome la regina Valdsor, era una donna che la pensava in modo marziale, ella diceva agli uomini del paese che governava, di fare come lei, di non sposarsi e di stare lontani dalle donne, in quanto le donne sono frivole e soffrono se poi le lasciate sole, e poi fanno diventare come bambini i loro mariti con le loro affettuosità….

Se una persona voleva prendere moglie..doveva chiedere il permesso a lei..la regina..e molto spesso quella persona si sentiva rifiutare questa possibilità…per fare figli secondo la regina Valdsor non c’era bisogno di essere innamorati o sposati…”il sesso é un comportamento naturale che non ha bisogno del sentimento di amore!”..diceva la regina..

La regina viaggiava ogni giorno per il paese..e senza avere validi motivi, diceva ai sudditi che incontrava: “Tu puoi prendere moglie perché mi sei simpatico..tu puoi!…Tu invece non puoi prendere moglie perché prendi il matrimonio troppo sul serio!”. E poi la regina rideva di nascosto della espressione di delusione che vedeva sui loro volti..essi non potevano farci niente..non potevano sposarsi…era lei che decideva il bello e il cattivo governo…era una regina diventata cattiva per suo capriccio..

Le ostinazioni della regina servivano a dimostrare quanto era grande il suo potere nel paese..scegliendo e basandosi sulla simpatie e utilizzando motivi banali da lei inventati..la regina permetteva o vietava il matrimonio ai suoi sudditi anche se erano innamorati..vietando gioie e felicità a molti fidanzati, per essere certa di non favorire matrimoni basati su uno sdolcinato e inutile sentimento di amore…poiché lei la regina a causa del suo amore per il re suo marito aveva sofferto troppo…e smettendo di amare non si soffre più così tanto..Si! al parere della regina Valdsor l’amore era stato troppe volte causa di dispiacere per molta gente..

Se i sudditi chiedevano il motivo di questo divieto allo sposarsi..la regina rispondeva loro: “tu sei troppo alto e tu sei troppo basso! tu sei troppo brutto e tu sei troppo bello!…tu sei troppo ricco e tu sei troppo povero!…tu invece te lo già detto prendi l’amore troppo sul serio!”..”sono io la persona che domina questa parte del mondo..è la mia opinione che comanda…ho io il potere!.”

Passarono gli anni, e la regina faceva di tutto per scongiurare il matrimonio tra i fidanzati, soprattutto se si accorgeva che erano innamorati davvero..temeva che la vita matrimoniale, basata sull’amore. indebolisse gli abitanti del suo paese, ella non voleva i sudditi bisognosi dei sentimenti fragili dell’amore ..fatti di moine e modi zuccherosi e frivoli…la regina voleva governare infatti un popolo grintoso, forte di carattere, anche peccatore se volete…ma sicuramente pratico e poco idealista, secondo lei il matrimonio infiacchiva tutti i tipi di uomini, “per fare nascere vite nuove…”, diceva la regina “non c’è bisogno di amarsi!”…la regina voleva un popolo fatto di soldati desiderosi di competere e di confrontarsi..poiché ogni tanto bisognava fare una guerra per accumulare ricchezze..

La regina Valdsor rispondeva a chi si obiettava a questa suo parere proponendo i ragionamenti più falsi e più ipocriti che sapeva, tanto era lei la regina..se poi questi argomenti ragionati da lei, sembravano basati su un minimo di logica, essi diventavano veritieri e nessuno poteva farci più niente. “tanto comando io in questa parte di mondo, ed ogni mia volontà deve essere valida anche per voi!” diceva la regina Valdsor dall’alto del suo palazzo alla gente presente sul portico sottostante.

Gli uomini innamorati che non potevano sposarsi chi amavano, soffrivano poichè le donne che piacevano a loro, finivano per sposarsi con altre persone considerate più adatte per loro dalla regina..e quindi i veri innamorati erano tristi…poiché al parere della regina a causa del loro amore intenso e giudicato esagerato riteneva  pericoloso sposarsi per loro.

Passò del tempo in quel paese, molti patirono ancora le iniziative arroganti della regina, finchè un giorno i sudditi resi stufi e tutti delusi, insieme per trenta notti molti di loro chiesero al Signore della Natura di fare giustizia di questo abuso di potere che li danneggiava, essi chiesero aiuto al Signore della Natura contro quella regina.

Dopo qualche settimana..come in risposta alle loro richieste un uomo gigante, un essere gigantesco che viveva sulle alte montagne, decise di scendere camminando con le sue lunghe gambe, nella pianura coltivata e di devastare quelle terre, per spaventare con la sua presenza quella capricciosa regina…

Il gigante arrivò in quel regno.. era un gigantesco uomo alto cinque metri…camminò in lungo e in largo e distrusse molte case nei villaggi, distrusse argini di fiumi, ponti, tutti di proprietà della regina..provocò il caos in quel paese per castigare quella donna egoista e chi obbediva a lei..

Egli il gigante Raimondo diceva con voce decisa  alla gente che gli vedeva fare tutto questo disordine:

“Faccio tutto questo poiché la vostra regina è iniqua..non è stata giusta con molti di voi..siete puniti poiché il Signore della Natura ha visto il dolore che la regina causa a chi si vuole amare, il suo governare è iniquo e dovete imparare anche voi da questa lezione, non avete impedito ai modi ingiusti della regina di gestire la vita nel vostro paese, dovevate impedirlo!” e la gente dopo averlo sentito dire queste parole fuggiva via impaurita…il gigante era alterato e faceva molta paura..

La notizia giunse alla corte della regina Valdsor.

La regina, vera donna militare, saputo tutto quanto, mandò subito contro il gigante ribelle tutti i suoi numerosi soldati armati di lance, di scudi e di spade…un vero esercito

Ma nulla poterono contro la forza di quel gigante ..i soldati scapparono dopo avere preso botte tutti quanti..il gigante armato di una grossa clava e della sua forza, li colpiva e li feriva con severità…ed essi finirono col disertare gli ordini voluti dalla loro regina e fuggivano via.

“Ti prego!” chiedeva urlando durante la battaglia la regina Valdsor al gigante vedendo i suoi soldati arrendersi al gigante, “sono spaventata da te, lascia le mie terre maledetto gigante!”

Un giorno durante una delle tante battaglie, il gigante con voce decisa disse alla regina:

“Me ne andrò da qui…quando tu, oh! Regina egoista, dimostrerai di essere rinsavita indovinando i miei cinque indovinelli psicologici..ma per te stolta regina è impossibile farlo, capricciosa e chiusa di mente come sei!”.

La regina non poteva farci niente, ormai il gigante viveva ai confini del suo palazzo e ogni giorno Valdsor vedeva distruggere parte del suo regno..era ormai una regina che non dava più sicurezza al suo popolo…

Il gigante diceva con voce grossa e profonda..davanti alle mura del palazzo della regina mentre lei era sul torrione impaurita..

“io me ne andrò da qui, quando tu cambierai modo di fare e se indovinerai le giuste risposte ai miei indovinelli decisi dal Signore della Natura  per te…fino a quel giorno io sarò il tuo castigo di vita!.”

La regina ascoltò gli indovinelli, essi erano troppo difficili e capì che non sarebbe riuscita a indovinarne nemmeno uno e così chiese aiuto a chi nel suo regno fosse più arguto e potesse aiutarla..promettendo a chiunque la sapesse aiutare contro quel gigante ricchi doni.

Viveva in quelle terre un povero ragazzo di vent’anni di nome Zunganur che faceva il pastore come lavoro, ma guadagnava poco ed era quindi povero.

A questo ragazzo era stato vietato dalla regina Valdsor di sposare la sua innamorata, mentre era nel villaggio, egli sentì dire dagli araldi la promessa di doni al popolo voluta della regina e avendo capito il problema nel giusto modo…decise di aiutare la regina Valdsor…era l’occasione buona che aspettava per diventare ricco e avere il permesso di sposare chi voleva.

Il giovane pastore..seppur non era molto forte..era però ritenuto da tutto il paese molto astuto e molto sveglio di cervello..però era povero, ma come tutta la gente povera aveva il cervello fino.

“Aiutami ragazzo..se è vero come dicono che sei furbo ed intuitivo..esaudirò ogni tuo desiderio!”..disse la regina. “Il gigantesco uomo mi ripete degli indovinelli strani ogni giorno..ma io non ne sò la soluzione,…e ogni volta che sbaglio a indovinare, il gigante mi saccheggia e distrugge le mie proprietà.”

“Ti aiuterò io, mia regina, se accetterete la mia proposta e la mia richiesta! “ disse l’audace ragazzo “e permetterete nel nostro paese a chiunque uomo che lo voglia, di sposarsi la donna che egli ama, se anche ella lo ama, glielo permetterete..dovrete quindi cambiare la regola iniqua e capricciosa che avete inventato in questi anni e che tanto dolore ha dato al nostro popolo…tutti si potranno sposare solo se si amano.”

“E cosa vuoi per te, oh! ragazzo?” chiese la regina.

“Voglio una bellissima villa in centro al paese tutta per me e la servitù necessaria a gestirla e inoltre la possibilità di sposare la donna che amo, anche se tu non vuoi!.” rispose il ragazzo.

La regina Valdsor suo malgrado dovette accettare e promise che avrebbe obbedito alle richieste del pastore ed accettato i suoi consigli. “Diventerai ricco solo se risolverai il problema però!” aggiunse la regina.

Intanto all’esterno del palazzo reale, si udiva il gigante urlare e sfasciare le stalle di proprietà della regina e far fuggire gli animali in esse contenuti facendo grandi urla per spaventarli…

La regina Valdsor ed il pastore di nome Zunganur..si fecero coraggio, e il giorno dopo andarono insieme a trovare il gigante ..che intanto dormiva russando su un ampio prato prendendo il sole poco distante dal palazzo della regina .

I due si avvicinarono e gli dissero:

“Gigante! ti ricordi la tua promessa fatta il primo giorno…. siamo qui per questo!” e poi aggiunsero “gigantesco mostro, dichiara pure i tuoi indovinelli, non abbiamo paura di sbagliare!” disse Zunganur il pastore.

Il gigante si sgranchì le grandi gambe insonnolito e guardò i due umani.

Poi stese le gigantesche braccia e si avvicinò per farsi sentire bene da loro e disse alla regina: “ah! sei diventata coraggiosa, sei pronta regina, ascolta i miei indovinelli!”

La regina ascoltava ed ogni volta memorizzava, e poi scriveva l’indovinello su una pagina e la consegnava al giovane pastore che stava dietro di lei affinché lo risolvesse.

Ecco per voi gli indovinelli dichiarati dal gigantesco uomo alla regina.

Indovinello numero 1

inizio

Rende ciechi anche chi ci vede ancora

Apre porte che molti terrebbero chiuse

è elemento base di ogni felicità

Chi sa perdonare ne è posseduto

Ma anche chi non perdona lo conosce bene

Dimmi tu cosa è?

Il giovane pastore ci pensò a lungo….lesse e rilesse la pagina

Poi suggerì alla regina di rispondere così:

“Rispondi regina è: “L’amore”

la regina diede la risposta al gigante

Esatto ! brava!.

La regina Valdsor e Zunganur furono presi da molto ottimismo per l’esito della gara..avevano indovinato il primo quesito, la gara sembrava non essere difficile.

“Ecco ora è pronto un altro indovinello” disse il gigante.

Indovinello numero 2

Inizio

Quando è con te..ti sembra che non ci sia nessuno

Molti la preferiscono, ma molte volte è impossibile trovarla

Molti ne hanno paura..e fanno bene

Molte cose si fanno meglio quando c’è lei

Ma se sei obbligato a lei, molte cose non le puoi fare

Chi è obbligato da altri a essa..diventa triste e di certo soffre

Cosa è?

Il giovane pastore ci pensò a lungo…Lesse e rilesse lo indovinello sulla pagina

Poi suggerì alla regina Valdsor di rispondere.

“Rispondi regina che é “la solitudine”

La regina diede la risposta al gigante..

“Esatto ! brava.. ma so che ti consigliano… ma non importa” disse il gigante Raimondo.

Il tempo intanto passava sotto il sole dell’estate del Caucaso e i tre continuavano il loro gioco..ogni risposta era un insegnamento.

Il gigante si alzò sulle sue gambe e mise le mani sui fianchi e disse:

Ecco ora è pronto un altro indovinello per te

Indovinello numero 3

Inizio

Siamo tutti uguali ,ma secondo lei, è lei che è più uguale degli altri

Ella non piace al Signore e non piace a molta gente

Molti han timore di incontrarla e molti cercano la sua amicizia per avvantaggiarsi

Qualcuno è avvantaggiato da lei e altri invece ne sono danneggiati

E’ causa di sistemazione per qualcuno e per altri invece è impedimento

La teme il Santo e la teme il peccatore

È imitatrice di persone, ma non ne imita saggezza

Vuole essere capita dal Signore, ma non vuole che tutti lo siano

Dimmi tu chi è?

Il giovane pastore ci pensò a lungo…Lesse e rilesse lo indovinello sulla pagina

Poi suggerì alla regina la risposta ..e gli disse:

“Rispondi regina é la “Regina Valdsor”

la regina diede la risposta al gigante

Sono io, la risposta è: “Regina Valdsor” disse tristemente la regina

“Brava Esatto!” disse il gigante

la regina Valdsor guardò con gratitudine il giovane pastore al suo fianco

Ecco ora è pronto un altro indovinello

Il gigante agitò le sue braccia per rinfrescarsi il corpo a causa del caldo e

incominciò di nuovo.

Indovinello numero 4

Inizio

È lo scopo della vita ma non per tutti

Qualcuno smette improvvisamente di provarla per la paura di perderla

Quando qualcuno la possiede non si rende conto di averla

Non la daresti in cambio per nessuna cosa al mondo

La sua ricerca non sempre ha avuto successo

Dimmi tu cosa è?

Il giovane pastore ci pensò a lungo…Lesse e rilesse lo indovinello sulla pagina ….Poi suggerì alla regina Valdsor:

“Rispondi mia regina é’: la felicità”

la regina diede quella risposta al gigante…

“Brava Esatto! Vedi che sai essere brava quando vuoi!”disse il gigante Raimondo..

Ecco ora è pronto un altro indovinello

Il gigante si sgranchì le gambe con un piegamento sulle ginocchia

“Bada che devi risolverli tutti e 5 ” ricordò il gigante alla regina.

Indovinello numero 5

inizio

Sono essi impuntamenti della volontà giudicati infantili

Danno dispiacere sia ai grandi che ai più piccoli

Sono capaci di causare grandi progetti ma anche di distruggere e dare dolore

Causano rimproveri e ingiustizie ai grandi e pianto nei più piccoli

Molte cose sono causate da essi..ma non sempre si ha ragione di averli

Dimmi tu cosa sono?

Il giovane pastore ci pensò a lungo…Lesse e rilesse lo indovinello sulla pagina …Poi suggerì alla regina Valdsor:

Rispondi regina: “i capricci”

La regina diede a malincuore la risposta al gigante: “i capricci!”

“Brava Esatto !” disse il gigante..

“Evviva!” disse la regina al giovane pastore ..”abbiamo indovinato tutti gli indovinelli!.”

Era proprio così, la regina Valdsor ed il gigante si erano parlati..ed il gigante Raimondo aveva esposto a lei i suoi 5 indovinelli, ma la regina aveva risposto in modo esatto a tutti gli indovinelli..strano ma vero.

Ma si sa! Ciò è stato possibile in quanto il giovane pastore Zunganur aveva suggerito ogni volta le risposte giuste ed la regina per questo motivo aveva indovinato tutti i quesiti…

“Ma la morale di questi indovinelli psicologici quale sarà?” Chiese il gigante ai due umani..

“Semplice!” disse dimostrando molto intuito il pastore Zunganur, sentite qua tutti e due:

“Tornando a esistere l’amore non ci sarà solitudine e quindi la Regina Valdsor permetterà la felicità a tutti e finalmente finiranno i suoi capricci”.

“Impara a governare oh! regina e permetti agli uomini di sposare chi amano, e si riconoscente con questo giovane pastore che ti ha aiutato, rendilo ricco al più presto!” disse il gigantesco uomo alla regina.

“Il mio incarico è terminato” affermò il gigante..

Il gigante doveva ora mantenere la promessa, doveva lasciare le terre della regina Valdsor.

Dovete sapere che il gigante era anche stufo di devastare e distruggere ogni cosa e aveva anche molta nostalgia di tornare sulle montagne dai suoi amici uomini giganti…..

Il gigante felice di aver risolto il suo compito, se ne tornò infatti correndo con le sue grandi gambe di gigante sulle montagne più alte e non si seppe più nulla di lui.

La regina contenta di questo, mantenne la promessa fatta al giovane pastore Zunganur e lo rese ricco, gli regalò una villa nel centro del paese, e permise a lui di sposare la sua innamorata, inoltre permise a chiunque, anche se gli stava antipatico, di poter prender moglie, malgrado che il suo parere di regina fosse contrario, questo fu messo per iscritto dagli araldi…e dichiarato in tutti i villaggi…

Dovete sapere che la regina Valdsor non prese mai marito, ma diede libertà e permise a chiunque dimostrasse amore, di sposare la donna che amava, anzi la regina Valdsor decise di più, permise a chiunque ed quindi anche a Zunganur di fare figli, nonostante il pastore fosse molto innamorato di sua moglie, come sapete lei, come donna e regina, riteneva questo un pericolo..ma aveva capito che era meglio non opporsi più ai desideri del suo popolo..

Vissero tutti felici e contenti, anche la regina Valdsor fu soddisfatta di avere imparato finalmente la lezione…in fondo non era veramente malvagia come donna, erano solamente capricci i suoi…la regina aveva capito che anche se qualcuno la pensasse diversamente da lei ugualmente andava rispettato..

Morale:

Si può anche cambiare idea su molte cose della vita e avere ugualmente gioia da noi stessi, ci si può stimare anche se in passato eravamo peggiori di oggi, vuol dire che siamo migliorati nel modo di risolvere i problemi….. e questo è un bene…

Fine

Autore: Egidio Zippone

Milano, Novembre 2008

Giudizio: interessante, sentimentale

voto (da 5 a 10): 9