Favola di Egidio: Isidoro ragazzo furbo

 

Antique children's book comic illustration: boy riding donkey

 

(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

ISIDORO RAGAZZO FURBO..

-INTRODUZIONE: il ragazzo Isidoro pensava che il mondo fosse in mano ai furbi, così decise di diventare furbo anche lui, e che preferiva anche lui fare quello che voleva nella vita, e così inventò un espediente furbo che glielo permetteva…

INIZIO

Favola: Isidoro ragazzo furbo..

C’era una volta, nel mondo delle favole, un ragazzo di 13 anni di età di nome Isidoro, a cui morirono il padre e la madre, restato solo ed in compagnia di un asino lasciato in eredità dal padre defunto, Isidoro comprese le molte difficoltà che subiscono nella vita gli orfani, ed all’improvviso si rese conto che la società in cui viveva era comandata dalla furbizia, ed Isidoro che la gente giudicava un ragazzo troppo buono ed altruista, decise di evolversi diversamente e pensò che se restava l’unica persona sincera ed ingenua, prima o poi avrebbe fatto la fine di un martire.

Fu così che decise un giorno di farsi furbo e di fare della sua vita quel che voleva, non temendo di disobbedire più alle regole dei perbenisti.

Un giorno Isidoro fu visto a rubare agendo con un bastone che portava sempre con se, e mentre si era fermato a valutare il valore di ciò che aveva rubato, una borsa piena di giocattoli e caramelle gli fu chiesto questo da due ragazzi che lo avevano visto rubare:

“Ma tu come fai a trovare il coraggio di rubare, non temi di essere punito dalla giustizia?

“Non sapendo che scuse trovare, per la vergogna di essere stato colto sul fatto, Isidoro dovette inventare un modo furbo per non sembrare sprovveduto e disse:”No! io non temo di essere punito, in quanto ho per amico un folletto tutto nero, un folletto tutto nero con poteri magici.

Ed esiste questo folletto?” chiesero i ragazzi.

“Si! esiste ed è mio amico, si chiama Pierfilippo, guai a chi mi rimprovera le libertà che mi prendo, poiché è un folletto con poteri magici, ha il potere di trasformarsi in cose grandi e cose piccole e poi fa magie strane ai danni di giovani ragazzi curiosi come voi!” disse Isidoro.

“Per carità, presto scappiamo… non vogliamo sapere altro” Risposero i ragazzi

Dopo che i ragazzi se ne erano andati Isidoro aggiunse: “Che creduloni non sanno che l’amicizia con il folletto nero, l’ho inventata io ed è un mio espediente!” pensò ridendo di loro.

Un giorno Isidoro fu visto in un bar della città, mentre mangiava un Krafen pieno di dolce vaniglia e bere insieme al dolce della birra fresca da una brocca…..

Lo vide un soldato che gli chiese:

“Ma tu ragazzo non sai che il sindaco di questo città ha vietato di bere la birra sui dolci poiché è di cattivo gusto farlo..infatti il dolce e l’amaro non si mangiano insieme?”

“Lo so, ma non ci tengo” rispose Isidoro..”io non temo di essere rimproverato dal sindaco….poiché sono amico di un folletto nero dai poteri magici… egli ha il potere di trasformare le cose grandi in cose piccole.. conosce molte magie.”

“ Ed esiste questo folletto?” chiese il soldato.

“Si! esiste ed è mio amico, sappia lei.. che è anche magico e gli piace molto trasformare i soldati obbedienti in piccoli animaletti” rispose Isidoro.

“Non voglio sapere altro!” e il soldato se ne andò e lasciò Isidoro mangiare in modo incoerente il dolce e bere della birra in pace.

“Che credulone quel soldato non sa che il folletto Pierfilippo non esiste e che è una mia invenzione!” pensò Isidoro.

Un giorno Isidoro si vantò di trovare

piacevole  commettere atti impuri con delle stampe colorate con su delle figure rappresentanti donne poco serie e nude…..

Glielo senti dire un sacerdote che chiese a lui:” Non sai Isidoro che l’uomo non deve fornicare, ne commettere atti impuri nella vita?”

“Lo so..ma non mi importa..” rispose Isidoro..”Perchè io faccio quello che voglio e non mi importa di essere un peccatore…io posso fare quello che voglio perché ho per amico un folletto nero che ha dei poteri magici e fa stregonerie”.

“Ed esiste questo folletto?” chiese il sacerdote.

“Come non lo sa? esiste si!…ed è un mio amico….si chiama Pierfilippo e sappiate che ha anche il coraggio di fare dispetti ai preti..è capace infatti di diventare invisibile e di fare il solletico ai piedi nel letto tutta la notte mentre i preti dormono disturbando il loro sonno.. ” rispose Isidoro..

“Non voglio sapere altro..vai pure per la tua strada..quelli come te non mi servono!” rispose il sacerdote e se ne andò.

“Che credulone quel prete, non ha capito che il folletto di cui si parla è una mia invenzione!” pensò Isidoro contento di se.

Fu così che il nostro amico Isidoro, riusciva molto spesso a fare nella vita quello che voleva, ed a chi gli faceva delle obiezioni, diceva che lui era amico di un folletto nero molto magico..e tutti lo lasciavano in pace….per la paura di averci a che fare…

Cammina e cammina in giro per i boschi e la campagna insieme al suo asinello camminando nelle zone confinanti con la sua città, cosa capitò a Isidoro?

Capitò che al nostro ragazzo mentre era vicino ad un fiume, gli apparve all’improvviso un vero folletto nero e questi era, tutto nero come una ombra, aveva un viso buffo ed aveva un cappello nero sulla testa, ed era vestito con una giacchetta e dei pantaloni neri ed era circa alto cinquanta centimetri….…

Il folletto nero disse: “Sappi umano che io sono un folletto, mi chiamo Pierfilippo, e faccio magie, e sono capace di trasformarmi e di trasformare chiunque in cose grandi e cose piccole, e tu sei Isidoro quello che va in giro a dire che io sono complice delle tue malefatte e degli scherzi che fai alla gente, se è così ragazzino voglio essere pagato…poichè devi sapere che c’è un prezzo per tutto!”

Isidoro aveva timore del folletto nero, poiché il folletto era magico, ma non lo faceva capire poiché era un furbo e pensò: “Allora esiste il folletto Pierfilippo!”…e furbescamente aggiunse:

“io sono Isidoro, lo so che non è vero che io e te siamo veri amici, ma devi sapere che io utilizzo solo la tua suggestione di esistere…infatti credevo che tu eri solo una leggenda”.

“Certo che io Pierfilippo esisto e voglio essere pagato per l’aiuto che in qualche modo ti ho dato, ad esempio voglio essere pagato con quella borsa piena di giocattoli e caramelle che porti nello zaino che hai sull’asino!”..

Fu così che i due personaggi, Isidoro ed il folletto Pierfilippo, si misero a discutere per molti minuti, se era giusto pagare oppure non pagare..infatti dovete sapere che Isidoro non voleva disfarsene della sua borsa piena di giocattoli e di caramelle e così furbo come era ebbe una idea e disse..:

“Non sono sicuro che tu sei quello bravo, che sei tu il folletto bravo a fare magie, qualcuno dice che di folletti nel bosco ce ne sono tanti, non vorrei che tu sei un altro folletto..e non quello di cui parlavo alla gente del paese..”

“Devi sapere che il folletto di cui mi vantavo di avere l’amicizia, diceva di avere il potere di trasformarsi in cose grandi e cose piccole…dimostrami che sei tu quel folletto e che ne sei capace..trasformati magicamente.. ad esempio in qualcosa di piccolo, ad esempio in una piccola pianticella fiorita a forma di folletto…, si! un fiorellino!, qui subito!..dai vediamo se ci riesci!..” disse Isidoro.

Il folletto Pierfilippo per niente preoccupato, tanta era la sua superbia per i suoi poteri che diceva di avere, formulò delle parole magiche sconosciute e per tutta risposta si trasformò rapidamente in un piccolo fiorellino….proprio come richiesto..

Isidoro senza perdere tempo, prese il fiorellino che stava vicino a lui, lo strappo dal terreno, e rapidamente si avvicinò al suo asino, e gli ordinò di mangiare, di masticare e di inghiottire il fiorellino, e l’asino si mangiò in tutta fretta il folletto fatto a forma di pianticella fiorita, ed il folletto PierFilippo sparì per sempre..

Fu così che il ragazzo Isidoro restò solo nel bosco con il suo asino..

Ed Isidoro decise che per fare quello che voleva nella vita da ora in poi avrebbe usato un altro espediente..chessò si sarebbe inventato che esistono gli extra-terrestri ed erano suoi amici….si sarebbe inventato una cosa così..

Isidoro si incamminò nel bosco, e cammina e cammina, si fermò sotto un albero, vide che il prato li vicino era comodo e fresco e decise di farsi una bella dormita all’ombra dell’albero, mentre si stava appisolando pian piano, pacifico come era Isidoro affermò tra se e sè:

“Oggi è stata proprio una ottima giornata!.. e come sono tutti ingenui in questo paese!..pensò ridendo della gente che aveva incontrato e anche dello sprovveduto folletto nero…e poi contento di se si addormentò..

Mentre dormiva, il ragazzo Isidoro ..sognò..un essere magico.. il Signore delle Favole che gli disse: ” Isidoro siccome hai deciso che vuoi farti consigliare dalla sola furbizia, dovrai restare sempre un ragazzino per rendere possibile questa tua  intenzione, e siccome i personaggi delle favole non invecchiano mai ne muoiono, sarai sempre ricordato come un esempio di irregolarità..un eterno ragazzino..

Morale: per ottenere dalla vita quello che si vuole è sufficiente mantenersi furbi e avere molta fantasia.

Ma noi sappiamo che il Signore del Cielo preferisce che gli uomini siano semplici ed ingenui proprio come i bambini..

Ma sappiamo che il Signore del Cielo vuole bene ai bambini e speriamo vorrà perdonare anche i ragazzi disobbedienti come Isidoro,..dimostrando così di saper aver pietà con il destino di peccatore che hanno a volte gli esseri umani..

Fine

Autore: Egidio Zippone

( Milano, Ottobre 2010)

Giudizio: interessante, furbesco

Voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: La regina Amelia e la profezia

beautiful woman with red heart

 

(racconto di tipo nero e bianco)

FAVOLE DI EGIDIO..

LA REGINA AMELIA E LA PROFEZIA..

INTRODUZIONE. Può l’invidia della gente rendere felici, il parere della regina Amelia al riguardo è: che se la gente ci invidia niente la nostra vita diventerà triste….poiché significa che forse ciò che abbiamo non ha nessun valore..potrebbe capitare però che chi ci invidia si renda pericoloso per noi…

INIZIO

Favola: la regina Amelia e la profezia

C’era una volta, nel mondo delle favole, un regno dove governava una regina ancora giovane di nome Amelia, che pensava e convinse se stessa che lo scopo della vita era quello di essere felice.

Fu così che ella chiese consiglio ad una maga, come fare a essere sicuramente felice nella vita e soprattutto cosa rende felice la vita di una regina..

La maga sentita la domanda, aprì il suo libro di magia, ed ottenne un responso.

La maga rispose con queste parole alla regina Amelia:

“Questa è una profezia per voi, che riguarda il vostro destino, voi regina sarete felice quando tutti nel regno vi invidieranno….Si! regina Amelia, voi sarete veramente felice solo quando tutta la gente che conoscerete vi invidierà veramente..poichè la felicità è divisa in cinque parti e per essere felice veramente bisogna provarle e viverle tutte quante..”

Fu così che la regina Amelia continuò a regnare con questa ambizione da soddisfare, essere invidiata da tutti..

Un giorno di conseguenza la regina, prese una iniziativa, e decise di girare per il paese per chiedere alla gente che ci abitava, cosa invidiasse e desiderasse di più negli altri.

Incontrò la sua sarta Sabrina e chiese gentilmente a lei: “ Cosa desideri di più dalla vita cara amica?”.

La donna abile nel cucire i vestiti di nome Sabrina rispose che desiderava di essere ricca, ed avere un bel palazzo e una bella carrozza su cui viaggiare per il paese quando c’era bel tempo….

La regina allora disse:” Io queste cose, le ho già e tu che ne pensi di questo? “ chiese Amelia….

“Penso che sei da invidiare… oh! mia regina!” rispose la sarta

E la regina Amelia provò la prima parte della gioia della vita..quella che deriva dall’essere invidiati perché si è ricchi e benestanti… anche perché esisteva qualcuno che desiderava queste cose…

Ma alla nobile Amelia la felicità provata non bastava poiché la felicità è composta da ben cinque parti e molte ne mancavano e così si incamminò per il paese finchè incontrò una donna che vendeva la frutta dei campi a chi passava e chiese a lei:

“Mi dica gentile contadina cosa desidera di più dalla vita?” chiese la regina Amelia.

La fruttivendola che si chiamava Giuliana rispose: “Desidero essere bella, sana di salute ed avere sempre un vestito elegante indosso!”

La regina allora affermò: “ io sono bella e sana ed indosso ho sempre un vestito elegante tutti i giorni!”

“Come é fortunata.. oh! mia regina …infatti la invidio!” rispose la fruttivendola

E la regina Amelia provò la seconda parte della felicità, quella che ci giunge dalla gioia di essere vivi, belli e sani… anche perchè esisteva qualcuno che invidiava queste cose, proprio come comandava la profezia della maga…

Il giorno dopo la nobile Amelia nel suo palazzo incontrò una dama di compagnia e chiese a lei:

“ Mia cara amica…cosa desideri di più dalla vita?”

E la dama di corte che si chiamava Laura rispose:

“Fare innamorare di me… l’uomo più bello e desiderato da tutte…. ad esempio il principe Fernando che è un bell’uomo..così dicono tutte le donne del regno!”

Fu così che la regina Amelia invitò a cena nel suo palazzo, il principe Fernando, lo intrattenne piacevolmente e mostrandosi a lui bella e desiderabile ne causò in pochi giorni il suo innamoramento.

Nei giorni successivi il principe Fernando disse a tutti che era innamorato perdutamente della regina Amelia..che era una grande donna per il fascino che dimostrava……fu così che molte donne seppero di questo, ed invidiarono ulteriormente la regina poiché era riuscita a fare innamorare di lei un bell’uomo…ma noi sappiamo che Amelia non ricambiava l’amore del principe, ed il principe Fernando aveva capito che era stato usato per i soli motivi di vanità di una regina..

E la regina Amelia provò la terza parte di felicità che offre la vita, quella di sapere che siamo riusciti a farci amare intensamente da una bella persona, ed anche poiché esisteva qualcuno che invidiava chi era capace di questo.

Fu così che la regina un giorno mentre viaggiava per la regione che governava, incontrò un frate, un eremita, che viveva della carità e dell’aiutare i poveri…

E la regina Amelia volle chiedere anche a lui…e chiese al frate:

“ Dimmi buono e saggio frate ..cosa desideri di più dalla vita?”

Il buon frate che si chiamava Fra Lorenzo rispose: “Io desidero poco per me, ma vorrei tanto avere il dono di convertire al bene i peccatori..per il bene di tutti e della comunità cristiana…ma non sempre ci riesco…ad esempio vorrei convertire quel tal brigante Guglielmo, che terrorizza tutta la gente del paese..vorrei tanto convertirlo e renderlo una persona migliore.”

Anche la regina Amelia di conseguenza desiderò questo..convertire al bene qualcuno..ma in questo argomento la regina aveva dei dubbi..poichè la persona prescelta era un vero bandito, nemico della giustizia e dei nobili perbenisti …egli terrorizzava l’intera regione..era tarchiato e brutto di aspetto..proprio un brutto ceffo ed aveva un pessimo carattere…dovete sapere che era sempre di cattivo umore…

La regina Amelia si fece coraggio e decise di andarlo a trovare per convertirlo al Bene, si diceva che aveva un rifugio nella foresta, era laggiù che si nascondeva..

e così facendosi accompagnare da due suoi cavalieri forti e fidati, dicendo loro di mantenere il segreto..la regina Amelia andò incontro al brigante…

“Ehi tu! Brigante Guglielmo!” disse la regina quando lo incontrò e aggiunse: “Diventa un serio uomo e torna a comportarti bene come sta facendo tutta la gente del mio regno!”

Il bandito Guglieimo si mise a ridere per questa richiesta.. ma quando riconobbe la bella regina..diventò più rispettoso e rispose:

“Io ti potrei accontentare, cara regina, perché sono stanco di fare questa vitaccia, ma ti chiedo qualcosa in cambio, in cambio della mia conversione a diventare una brava persona, voglio che tu oh! regina, diventi mia sposa e che io così possa diventare il re del paese, un ricco e rispettato re.. tra i nobili…”

La regina voleva e doveva raggiungere il suo scopo di vita, era in gioco la sua felicità..e così accettò il sacrificio, ottenne facilmente, in quanto in suo potere, la prescrizione dei reati commessi dal brigante Guglielmo , e mesi dopo la regina Amelia sposò l’ex brigante Guglielmo che divenne re di tutto il paese…

E la regina dopo che si sposò e causò il convertire a diventare una brava persona un bandito e ladro, provò la quarta parte della felicità che offre la vita terrena, la gioia che anche noi siamo capaci di migliorare moralmente le persone, anche poiché esisteva qualcuno che dava importanza a tutto questo…..

Un giorno successivo la regina comprese che il suo scopo non era ancora raggiunto, per questo motivo incontrò una donna che scriveva poesie ed era un artista, che viveva da sola nella sua casa..

A lei la regina Amelia chiese:

“Dimmi gentile poetessa..cosa desideri di più dalla vita?”.

La poetessa di nome Elisa rispose: “Io credo molto, maestà e mia regina, nell’amore….e desidero tanto che un giorno io mi innamori di qualcuno e per tutta la vita, poiché secondo me una donna per essere felice deve provare amore per qualcuno…

Fu così che la regina Amelia senti anche lei il bisogno di innamorarsi di qualcuno …ma siccome era sposata la sua scelta era limitata..doveva quindi per forza innamorarsi del marito che aveva di già..

Purtroppo la regina sapeva che suo marito Guglielmo aveva un brutto carattere e quindi era difficile innamorarsi di lui…così ci pensò su..nonostante i problemi di immagine avuti poiché si era sposata ad un bandito.. ella doveva innamorarsi anche di lui… e decise che una soluzione esisteva ..

La regina decise di avere dei figli dall’ex-bandito… ora suo legittimo marito..di certo lei di conseguenza, prima o poi, si sarebbe innamorata del padre dei suoi figli..così pensava la regina Amelia di se stessa..

La regina Amelia si adoperò piacevolmente per molte notti con il marito Guglielmo..finchè restò gravida del re… e dopo nove mesi la regina partorì due bei gemelli…uno maschio ed una femmina…

Dovete sapere che il marito Guglielmo, in quei mesi, aveva imparato a diventare un bravo e superbo re…. aveva avuto tutto il tempo di imitare le buone maniere che hanno i nobili educati…ed inoltre con il passare del tempo era diventato anche un padre premuroso nei riguardi dei suoi due figli..

La regina Amelia vedendo migliorato nel carattere e nei modi il re a causa della riuscita paternità ed anche poiché era sua moglie legittima quindi era necessario farlo..finì con l’innamorarsi davvero di re Guglielmo..perchè tutti sanno che una buona madre deve essere innamorata del padre dei suoi figli…

E la regina Amelia dopo che diventò una donna veramente innamorata del suo uomo, provò la quinta parte della felicità che può donare la vita, la gioia di una moglie nell’aver capito che è veramente innamorata del padre dei suoi figli e poi anche perché esisteva qualcuno che dava importanza a tutto questo…causando l’invidiare della gente..

Fu così che la regina riuscì a completare la profezia della maga… da quel giorno le sue ragioni di vita diventarono più veritiere …la regina si sentiva veramente felice..tutti proprio tutti nel regno..invidiavano la regina Amelia..poichè si riteneva che ella avesse avuto tutto dalla vita…

Questo era il parere di molti..ma non era il parere di qualcuno …tutti tranne uno erano contenti della regina, volete sapere chi era costui?…era il principe Fernando ..costui era invece diventato geloso di lei e la disapprovava…

La regina Amelia secondo lui, non meritava la vera felicità…in fin dei conti la regina aveva scelto erroneamente, essendo una persona nobile, di sposarsi ad un bandito gretto e ignorante, che si comportava in modo sgarbato per essere un re…ed era a causa dei figli che aveva avuto da lui, che la povera ingenua se ne era dovuta anche innamorare …ma al parere del principe non perché l’uomo che sposò Amelia fosse la sua anima gemella ideale, ma semplicemente se ne era innamorata poiché i figli avuti da lui avevano bisogno per la loro educazione, di vero amore in famiglia..quindi secondo il principe fu un sacrificarsi questa decisione……

Fu così che il principe Fernando dimostrandosi offeso per il suo amore rifiutato… affermò: “E poi, è per me grave, ella rifiuta il mio amore dopo avermi fatto innamorare ed io sono diventato infelice per questo..così ho deciso… e così farò allora!”

Accadde quindi il mese dopo, che la carrozza della regina Amelia con all’interno il re ed i suoi figli, mentre transitava per la foresta, fu assalita da molti briganti mascherati, agguerriti ed minacciosi, i soldati di scorta furono tutti uccisi…e l’intera famiglia reale fu presa prima prigioniera e poi trucidata mortalmente a colpi di spada dai briganti…

Il principe Fernando, una volta innamorato, in seguito al provare molto rancore per la regina Amelia..infelice com’era diventato ..aveva deciso di pagare con molto denaro i briganti della foresta per far commettere loro un attentato…e potè così calmare la sua invidia soltanto quando seppe della morte dell’ingrata regina..

Fu così che la regina Amelia non visse felice e contenta per sempre, poiché il suo convincimento e scopo di vita: “essere felice a causa della invidia degli altri”..gli aveva portato molta sciagura..infatti questa ossessione causò la sua morte…

La gente del regno..capì così, che essere troppo invidiati non rendeva felici per sempre nemmeno una regina, poichè l’invidia della gente è un sentimento cattivo..che potrebbe dare falsi consigli..infatti una cosa è invidiare ed un altra cosa è ammirare..

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Morale: La buona filosofia consiglia di non invidiare gli altri, ma tra chi è invidiato e chi invidia, quello che sbaglia è quello che dice a tutti di invidiare qualcuno, poiché è lui che dimostra agli altri di avere una vita non pienamente felice, quindi se proprio dovete invidiare qualcuno… fatelo in segreto…..

Probabilmente parte della gente ricca, non vuole, che tutti siano felici, forse al loro parere è da questo desiderio ardente del povero di vivere come uno ricco e di volere quello che non si ha, che si forma nell’animo dei ricchi vanitosi una sensazione di felicità…quindi secondo parte di loro è meglio che molta gente resti povera per sempre..così tutto questo malcontento dei poveri che si trasforma in felicità per i ricchi non finirà mai..

E’ un buon motivo, da parte di chi si ritiene intelligente e saggio, evitare di rovinarsi la vita invidiando gli altri..

infatti l’invidia è un peccato mortale per chi la prova.. e dovete sapere che circondarsi di invidiosi é pericoloso per chi è invidiato da loro….

fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2016)

Giudizio. interessante, originale

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Arlecchino ed il tesoro

 

Arlecchino-Maschera

(racconto di tipo verde)

FAVOLA DI EGIDIO PER MAMME E BAMBINI

ARLECCHINO ED IL TESORO

INTRODUZIONE: il nostro Arlecchino trova un tesoro, e da quel momento la sua vita cambierà, comincerà così l’avventura per Arlecchino e la sua Colombina

INIZIO

Favola: Arlecchino ed il tesoro

Per il teatro dei burattini – PERSONAGGI:

Arlecchino: il protagonista fortunato

Brighella: l’amico di Arlecchino

Il Cavalier Spaventa: soldato abile con la spada ma senza un soldo

Pantalon: il banchiere avido

Il Dottor Balanzon: il furbo medico

Colombina: la cameriera innamorata di Arlecchino

Corallina: figlia devota obbediente al padre Vincenzo

Messer Vincenzo:..il padre di Corallina..in cerca di un marito ricco per la figlia

Brunilde: madre di Corallina e moglie di Messer Vincenzo

Il brigante Antonio detto Trallalà: il capo dei briganti del bosco

I briganti del bosco: gruppo di avventurieri ladri e malfattori

Svolgimento

Siamo in un paese qualsiasi del nord Italia..ad esempio a Bergamo, siamo nel 1700 d.c., questa è una epoca barocca e fortunata ma non per il nostro protagonista..che per saziare la fame aspettava che la fortuna si ricordasse un giorno anche di lui.

Vi voglio raccontare le avventure del povero Arlecchino, persona di poche parole ma dal cervello fino, che l’ignoranza e le poche opportunità avevano reso povero..”che se ero ricco” usava dire egli stesso…”chissà quanto successo avrei nella vita e quanto da mangiare avrei e non come ora!.”

CAP. 1° – Un giorno fortunato Arlecchino trova un tesoro

Un giorno che Arlecchino era più affamato del solito, camminando per i boschi e le colline che circondavano la città di Bergamo..in cerca di qualche albero da frutto…si trovò non si sa come sotto un albero di castagno, cominciò a guardare il terreno in cerca di qualche castagna e vide dalla nuda terra sporgere un forziere.

“Sta a vedere che ho trovato un tesoro.. da me medesimo!” diceva il fortunato Arlecchino mentre dissotterrava con le nude mani la cassetta di ferro dall’umida terra marrone vicino all’albero.

Si! cari amici…nella cassetta di ferro trovata da Arlecchino c’era un tesoro di monete di oro e gioielli preziosi..ed era tutto suo..di Arlecchino..”ma è proprio mio! Si l’ho trovato io, quindi è proprio mio!” rispondendo a se stesso con fare allegro.

CAP. 2° – Arlecchino torna in paese

“Non lo devo dire a nessuno che oggi ho trovato un tesoro” ..pensava Arlecchino mentre si portava dietro il pesante forziere…”non vorrei che chi lo saprà ne vorrà una parte!”

“Ah! ecco il mio amico Arlecchino!”..disse una voce alle sue spalle era l’amico Brighella un morto di fame anche lui.

Il nostro Arlecchino pensava che era meglio che lui faceva finta di niente e cominciò a fischiettare per camminare innanzi…ma l’amico che lo aveva visto lo chiamò ancora:

“Donde vai oh Arlecchino con quella grossa cassetta che hai in spalla?” disse curioso il Brighella..si sa la fame rende curiosi…e anche lui era un affamato…ed a quel tempo i curiosi erano tanti.

“Chissà cosa c’é dentro?… dai che ti aiuto a portarla!” disse Brighella ad Arlecchino.

“Non te lo posso dire..nessuno deve sapere che ho trovato un tesoro!” rispose Arlecchino facendo finta di niente e tornando a fischiettare..

“Ma a me lo puoi dire… sono o non sono io… il tuo compagno di fortuna e di sfortuna amico di tante avventure?” aggiunse il Brighella che aveva capito che ci poteva scappare un guadagno anche per lui.

“Nessuno deve sapere che la fortuna mi ha baciato e ha voluto che trovassi sul mio percorso una cassetta piena di cose preziose… ecco guarda qui!” disse lo sprovveduto Arlecchino aprendo il forziere e mostrando all’amico il contenuto..

“Oh! che bel tesoro! Ma ti serve qualcuno che ti aiuti a nasconderlo non sai che ci sono i ladri in queste contrade..le strade poi non sono sicure?” affermò lo astuto Brighella reso avido dalla vista.

“Dammene un po’ del peso anche a me!..dammene una parte in custodia a me…sai Arlecchino bisogna diversificare i nascondigli… poi te lo rendo..dai lo faccio per aiutarti” e così Brighella allungò il braccio per mettere le mani dentro il forziere.

“Si te lo rendo… dicon tutti così..poi spariscono e chi li vede più!” disse Arlecchino chiudendo la cassetta di preziosi all’improvviso..impedendo così a Brighella di metterci dentro le mani..

“Non ti fidi più di me oh! Arlecchino..non ti fidi del tuo amico migliore?”..disse il furbo Brighella

“Sarà! ma è più giusto fare come dice il proverbio “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio” disse tra se e se il nostro Arlecchino.

“Ah! così che fai… mi hai offeso..addio!”..disse in modo sgarbato il Brighella girando le spalle all’amico e andandosene risoluto camminando in direzione del paese.

Al che!.. mentre il Brighella se ne andava invidiando il tesoro dell’ingrato Arlecchino…l’offeso Brighella pensava:..

”Lo dirò in tutta Bergamo vedrai che quel tesoro gli creerà più problemi che favori… così impara a non rendermi suo complice quell’egoista”.

E si avviò più veloce di Arlecchino per la strada del paese..

Dietro di lui, più in là, seguiva il nostro Arlecchino appesantito dal forziere portato su una spalla, che camminava ad una ora di distanza.

CAP. 3° – Tutta Bergamo ha saputo del tesoro di Arlecchino

Il Brighella tanto fece tanto disse a tutti quelli che incontrava che in poco tempo tutto il paese venne a sapere che Arlecchino aveva trovato un tesoro nel bosco circostante.

Tutti i suoi amici e conoscenze lo seppero e decisero a causa del tesoro di cambiare atteggiamento con l’ignorante Arlecchino.

”Eh si! una parte del tesoro lo terrò per me e l’atra la metterò in banca ..è più sicuro..che furbo che sei Arlecchino” diceva Arlecchino a se stesso mentre si avviava verso l’entrata della porta del paese.

Infatti, a proposito di parlare di banche…all’entrata del paese sopraggiungeva il banchiere e strozzino, oltre che arzillo vecchietto, messer Pantalon..il quale vedendo Arlecchino appesantito dal forziere e avendo parlato poco prima con Brighella..decise il da farsi e di approfittare di quello stupido ignorante.

“Buona giornata Arlecchino!” disse il banchiere…

“riverisco ma lei chi è?” rispose l’emozionato Arlecchino

”Ehila! Arlecchino non riconosci messer Pantalon..io sono un noto banchiere ed ho saputo che ora hai un tesoro da sorvegliare… dammene a me la consegna che lo metterò in un posto al sicuro e non c’e posto più sicuro in tutto il paese di mettere quel forziere insieme a miei numerosi risparmi..nella mia banca..i tuoi soldi con i miei soldi..ti va?” disse messer Pantalon.

“Oh! ma mi pare una bellissima idea!” rispose Arlecchino e pensò tra se e se:

”Ma chi me dice che poi questo vecchio non li sa distinguere i miei soldi dai suoi soldi!” allora affermò subito…”eh si! ma questi sono i miei soldi beninteso e non i tuoi!” poi Arlecchino aggiunse: “oh! messer Pantalon mi sembra una buona idea ma vorrei da voi una garanzia ..un tocio de carta che poi lei me li restituisce”….“Ne va della mia parola Arlecchino puoi stare tranquillo…” aggiunse Pantalon

“Mi devi però pagare la pigion..in cambio del tocio de carta e del servizio bancario..ti pare?” disse Pantalon

Farò come dice voi..messer banchiere…spero che non costi troppo il suo servizio”

E così Pantalon condusse Arlecchino e il suo tesoro nella sua casa e gli mostrò la stanza sicura dove egli teneva tutti i suoi soldi..i suoi e quelli di altri..

Convinto di far bene Arlecchino dette una parte del tesoro al banchiere, ma volle tenere qualcosa per se diciamo cento monete di oro..tanto per sentirsi ricco:

”Ecco tieni questi soldi e questa borsa mentre invece tutto il resto resta qui” disse Pantalon

“tieni messer Arlecchino” disse il soddisfatto Pantalon al fortunato Arlecchino consegnando la borsa.

“Avete sentito orecchie mie, mi ha chiamato messere..oh! come sono fortunato..la vita da oggi cambia per me”

“Ora tutti mi chiameranno messer Arlecchino eh si! sono diventato ricco”.

Intanto diceva Pantalon:” ora questo tesoro lo investirò e arricchirò la mia banca….è proprio vero chi ha più soldi… più ne vorrebbe eh eh!” fregandosi le mani con avidità.

Brighella intanto aveva raccontato a tutti quel che sapeva e di come l’economia di Arlecchino era cambiata dal giorno del ritrovamento del tesoro.

Da un giorno all’altro tutti avevano capito il segreto di Arlecchino e tutti in paese ne parlavano.

Ed Arlecchino era un pò preoccupato di questo, ma per consolarsi e vedendosi con i soldi in mano, si andò subito a comperare un panino al salame e del vino in una osteria del paese..

Poi si cercò un posto tranquillo per farsi una bella dormita..”ah! ecco una panchina in un bel giardino..”

Arlecchino era diventato un ricco signore..ma la paura che i ladri potevano derubarlo, non lo faceva star bene..la sua borsa era in pericolo ed Arlecchino non riusciva a prender sonno..

“Come se dice..Arlecchino ha il mal di testa per la preoccupazione di tornare povero! ”

Proprio per questo chi lo vuol curar ad ogni costo è il dottor Balanzon..

infatti era così ad Arlecchino in quei giorni lo prendeva una paura, ma una paura, che farebbe cambio con un altro ma non si può..

Si sa che la paura è un tormento, ed il tormento causa cattiva salute tante che ormai Arlecchino pensava solo a come curarsi ..e andò dal dottore.

Ah! ecco arrivare il dottor Balanzone..medico e medicastro un po’ imbroglione, dalla buon parlantina e dal grosso panzone.

“Fatti visitare Arlecchino forse che tu sei malato infatti ti vedo pallido..sono di certo le preoccupazioni!” e il medico continuò:

“Dimmi Arlecchino ti tremano le gambe?”

“Dimmi Arlecchino ti manca il respiro per l’ansia?

“Dimmi Arlecchino non riesci a dormire?

“E con calma! dottor fatemi rispondere… quante domande!” disse Arlecchino

“No! dottor ho soltanto dolore alla testa…una forte emicranea..”

Il dottor Balanzone restò in silenzio..e disse:”Arlecchino fammi un po’ veder la lingua”

dopo avere visto la lingua..il dottor Balanzone mostrò una brutta faccia e borbottò tra se e se tanto che Arlecchino nel vederlo si spaventò ed esclamò:

“che brutta espression che ghà il dottor…Allor son grave dottor?”

“Ebbene si! Arlecchino tu sei ammalato di una malattia rara e mortale..”la balordite  fulminante dalla testa sbirulina””

disse il dottor Balanzone per intimorirlo..(malattia che noi sappiamo non esiste).

“E si può guarire da tale malattia?’” chiese Arlecchino spaventato.

“Si! si può guarire, ma devi finanziare la medicina che è da fare!” rispose l’avido dottore.

Ricordando i soldi che aveva adesso Arlecchino e siccome lo riteneva un grullo..il medico Balanzone affermò..”Messer Arlecchino ascolta” e continuò a dire la sua bugia “mi serve per fare la medicina..il veleno di un insetto che vive in Egitto..e sai dove si trova l’Egitto, si trova nella lontana Africa!” aggiunse il dottor Balanzone.

“E devo quindi mandare in viaggio nel lontano Egitto un mio incaricato, per catturare laggiù ben 10 scorpioni neri da cui estrarre il veleno e fare quindi la medicina che a te serve per salvarti la vita eh si! Arlecchino tu sei grave!” affermò l’astuto medico.

“E quanto costa tale medicina o povero mi..ghò paura e temo di saperlo” disse l’Arlecchino.

“Se mi darai quaranta monete d’oro..saranno sufficienti e potrai guarire..te la procuro io la medicina stai tranquillo!” disse il dottore.

Il nostro Arlecchino temeva di morire ora che era ricco… eh si! vuol guarire dalla malattia…”siccome sono ricco ora temo di più la morte di prima ..ma mi posso curare che bello!..ci ho i soldi infatti” disse tra sé e sè il nostro amico.

Arlecchino prese i soldi dalla sua borsa e pagò il medico..il quale se ne andò tutto contento del guadagno appena ottenuto pensando: “un po’ di acqua e zucchero e qualche colorante nell’acqua saranno sufficienti!”

CAP. 4° – Arlecchino incontra il padre di Corallina messer Vincenzo

Viveva nel paese di Bergamo..un nobile..ma era in realtà un nobile decaduto e cioè si diceva di lui che aveva dei debiti da pagare… molti debiti da pagare..la sua unica speranza era organizzare un buon matrimonio per la figlia Corallina in modo da imparentarsi con qualche ricco abitante del paese.

“Vedrete che un fesso lo trovo che mi sposa mia figlia!” pensava messer Vincenzo.

In paese si raccontava di un certo Arlecchino diventato improvvisamente ricco e il nobile bisognoso di soldi messer Vincenzo lo voleva conoscere…”é il tipo che fa al caso mio, dai che forse ci scappa il matrimonio!” disse messer Vincenzo.

Ma la figlia Corallina donna seria e sottomessa al padre, era invece innamorata di un cavaliere…il cavalier Spaventa, bravo capitano di armi ma al giudizio del padre era da ritenere troppo povero ..più volte il cavaliere aveva chiesto la mano della figlia di quel nobile in quanto innamorato di lei..ma il padre messer Vincenzo non voleva sentire ragioni: la sua Corallina doveva sposare un  uomo ricco.

Messer Vincenzo andò incontro ad Arlecchino fermandolo in piazza:

“Ho saputo caro messere Arlecchino che siete diventato ricco..di cosa ha bisogno un uomo ricco..facile la risposta… ma di una casa e di una graziosa moglie devota..ed io caro amico ho tutte e due queste cose ..caro Messer Arlecchino…” disse il nobile dando allo sprovveduto una pacca sulle spalle…” vorrei che conosceste mia figlia Corallina..donna saggia e in età da marito..brava donna e intende essere se vorrete anche un ottima madre”.

Quando padre e figlia si incontrarono si dissero tutto, la figlia capendo le intenzioni di suo padre pensò:

”Oh! che disdetta mio padre mi vuole dare in sposa ..ma io sono già innamorata di un cavaliere e sono anche ricambiata..”

“Figlia mia! ho urgente bisogno di denaro! Devi fare un buon matrimonio in nome del nostro casato”…

Fu così che Corallina chiese consiglio a sua madre Brunilde.

“Si! Figlia mia..”…disse la madre Brunilde….” la nostra famiglia ha bisogno di denaro per pagare i debiti, noi però ti chiediamo solo di sposare messer Arlecchino, che tu sai è diventato ricco, ma non sei obbligata da noi a restare fedele a tuo marito se questo ti è sacrificio, innanzitutto ti sistemi e risolvi i miei problemi ed anche quelli di tuo padre, ti sistemi sposando un marito ricco e poi dopo che sei sposata, nessun ti impedirà di soddisfar il provar amore con chi vuoi….siamo intesi cara figlia?”

e fu così che Corallina si rassegnò ad obbedire al padre e pensò:

“Mio padre ha bisogno di denaro e se una figlia si vuole degna di suo padre deve sacrificarsi!” pensò Corallina…” ed accettò di conoscere Arlecchino di incontrarlo e di passeggiare con lui per il paese”.

E così tutti in paese videro Arlecchino ….anzi messer Arlecchino, parlare di amor e di matrimonio con la graziosa Corallina.

E così Arlecchino amoreggiò con Corallina in quanto lo doveva sposare per volontà del padre, che aveva saputo come tutti in paese che Arlecchino era diventato una persona ricca..

“Ma non è vero amore il suo..ella è una donna istruita e lui Arlecchino è un povero ignorante!” diceva la gente nel vederli senza farsi sentire dai due futuri sposi.

“Il mio vero amore è cavalier Spaventa..mio unico amore!” pensava tristemente Corallina sopportando Arlecchino.

Un giorno li vide passeggiar per la strada centrale del paese anche la povera Colombina, che una volta era fidanzata del povero Arlecchino..ella faceva la cameriera e non aveva la dote per sposarsi.

“Ah! e così neanche la grazia di avvisarmi delle sue nuove intenzioni..il mio Arlecchino non mi ama più….oh! povera me..resterò da sola per sempre!” pensava la cameriera Colombina tra se e se.

CAP. 5° – Il cavalier Spaventa

Il più incavolato per il futuro matrimonio di Arlecchino e Corallina era il soldato cavalier Spaventa.. bravo soldato ma povero in canna…egli era geloso di Arlecchino..e andò incontro al nostro amico nella piazza del paese per affrontarlo.

Arlecchino fu subito provocato al litigio con lui… il cavalier Spaventa voleva sfidarlo a duello e per farlo capire il soldato geloso percosse il volto di Arlecchino con un guanto come si usa tra soldati.

“La sfido a regolar duello messer Arlecchino!” disse il soldato.

“Proprio come si fa tra i nobili..quasi quasi sono contento..mi fa sentir nobile” disse il vanitoso Arlecchino..”ma in realtà ahimè! ..ho paura di morir di spada” aggiunse il malcapitato questa volta più modesto…

Eh si! il nostro Arlecchino doveva battersi a duello con quel cavaliere e dovete sapere che egli si chiamava cavalier Spaventa proprio perché era molto bravo con la sua spada a infilzare i suoi nemici…e tutti avevano paura di lui.

“Solo se mi vincerà in duello e se resterà vivo, solo allora Arlecchino potrà sposare la gentildonna Corallina.” diceva Cavalier Spaventa a tutto il paese.

Arlecchino potrebbe diventare un nobile…era lusingato dal poter sposare la dama di nome Corallina..ma aveva paura di cavalier Spaventa..una brutta paura, quel soldato era bravo con la spada.

Arlecchino rifiutò il duello e si mise a scappare…ma fu rincorso da cavalier Spaventa per tutto il paese, che sguainando la spada voleva ucciderlo lo stesso perché era geloso di Corallina…e diceva mentre il soldato rincorreva Arlecchino:” ma non ti vergogni che scappi, brutto vile e ricco ignorante”

“Fermati infingardo..tu vuoi portarmi via la mia Corallina, ma io ti infilzerò con questa spada..quanto è vero che mi chiamo cavalier Spaventa!” ed era tutto un rincorrersi per le strade del paese tra le risate dei divertiti abitanti di Bergamo.

CAP. 6° – La cameriera Colombina

Fuggendo per le strade del paese Arlecchino..trovò un riparo dal suo nemico in una contrada, ed incontrò per caso in quel luogo la serva Colombina che una volta era la sua fidanzata.

La cameriera Colombina aveva saputo che Arlecchino era diventato ricco..come tutti in paese sapevano..e che pensate si stava per sposare. Colombina pensava che era di certo per effetto dei tanti soldi che ora aveva nella borsa Arlecchino..egli non la voleva più come moglie per questo…e preferiva ora Corallina…

“ Lui è diventato ricco..ed io sono ancora povera è una altra politica ormai…oh! sfortunata me!” diceva Colombina.

“Oh! Arlecchino adesso non mi vuoi più e preferisci a me la gentildonna Corallina, ti ho visto sai con lei nella piazza del paese a passeggio.. brutto ingrato!…cosa ne sarà del mio cuore triste?”…e la ragazza si mise a piangere singhiozzando.

Arlecchino per consolarla: “No! Colombina io ti voglio ancora, ma la gente è diventata così premurosa con me… così gentile con me…non è più come una volta ..che io non capisco più niente..dicono che mi devo sposare una donna nobile ora che sono diventato ricco..si usa così al giorno di oggi.”

” Ma tu non piangere Colombina vedrai che lo risolverò questo problema interiore..questo mal di cor ..che ci ho”

CAP. 7° – Arlecchino ricattato dai briganti

La notizia che in paese c’era un uomo ricco in più, arrivò oltre il bosco e lo seppero i briganti.

Ecco infatti all’improvviso arrivare i briganti in paese e con loro il pericoloso capo brigante Antonio detto Trallalà.. (che aveva questo soprannome, perchè da bambino il brigante cantava sempre trallalà..trallalà… ovunque si trovasse e gli amici gli avevano dato questo soprannome per prenderlo in giro) egli aveva saputo del tesoro scoperto e voleva estorcere del denaro ad Arlecchino..li aveva spiati e vedendo la preoccupazione di Arlecchino nei riguardi di quella ragazza di nome Colombina…il brigante li raggiunse e urlò: “ presto prendete la ragazza è di certo la sua fidanzata e portatela via!”.

“Senti un po’ Arlecchino, devi sapere che il tesoro che hai trovato nel bosco ci appartiene… esso è nostro… è di noi briganti….se non ce lo ridai subito faremo del male a questa innocente ragazza e poi anche a te ..chiaro!” urlò il capo brigante ad Arlecchino ..mentre i suoi compari rapidamente mettevano un sacco in testa alla ragazza e la portavano via…Colombina gridava ma non c’era nessuno intorno per aiutarli…non si poteva fare niente i briganti erano tanti.

“No! per carità non fate del male a Colombina è tutta colpa mia ..solo mia..sono io che ho trovato il tesoro!” diceva Arlecchino inutilmente. Intanto qualcuno dalle finestre in parte chiuse a causa della presenza dei briganti per le strade, aveva osservato la situazione ed era pronto a riferire alla comunità.

Intanto Arlecchino sentendosi preoccupato per Colombina aveva capito che il suo cuore era innamorato di lei ed aveva deciso di liberarla anche se gli sarebbe costato molto denaro…”Finisca nel nulla la mia ricchezza!” disse risoluto ad un tratto “Io amo Colombina!”.

CAP. 8° – Arlecchino vuole dare il suo tesoro ai briganti

Arlecchino tornò quindi da Pantalone a chiedere indietro il suo tesoro per salvare la vita a Colombina e accontentare i cattivi briganti..e raccontò tutto al banchiere: “Presto i briganti vogliono il mio tesoro…presto ridatemi i denari che ho dato!” diceva trafelato il povero Arlecchino.

Ma Pantalone era restio a quel ritornare: “Ma come messer Arlecchino con tutto il lavoro che ho fatto per custodirlo ora tu.. te lo vuoi portare indietro.. non te lo posso dare tutto il tuo denaro… devo trattenere una parte… ecco questa è la tua parte e questa la mia!” affermò il furbo banchiere Pantalone.

Arrivò nella piazza in quel momento il medico: il dottor Balanzone che disse: “Aspetta Arlecchino devi finanziare la medicina che ti sto preparando…ma mi servono altri soldi per completarla!”

“va bene dottor, tenga una parte del mio tesoro…per la medicina medesima” disse Arlecchino

Arrivò in quel momento messer Vincenzo:

“E forse così!? Mi ha detto la gente di paese che Arlecchino vuole ritornare insieme a Colombina” diceva messer Vincenzo fingendosi offeso.

“Per me va bene questa decisione!” disse il cavaliere Spaventa, sopraggiunto anche lui sul luogo in quel momento:

”Ora io ed Arlecchino siamo di nuovo amici in quanto non siamo più concorrenti in amore e quindi non lo voglio più uccidere.. anzi lo voglio aiutare… cosi son certo che tornerà con Colombina davvero e per sempre e non disturberà più il mio amore per Corallina.”

“E no! Aspetta Arlecchino ci devi fare un regalo di addio a me e mia figlia Corallina… un indennizzo per tutto il tempo che abbiamo perduto a frequentarti!” disse Messer Vincenzo con furbizia…”Tu hai amoreggiato con mia figlia..è giusto..devi fare un regalo di addio!”

“E va bene… tenete anche voi una parte del mio tesoro… come regalo di addio” rispose Arlecchino a quei due furbi.

Ecco che arrivò nella piazza il furbo Brighella che sapeva già tutto in quanto le voci corrono come il vento in paese, il quale disse:

“Senti Arlecchino io so dove sono nascosti i briganti nel bosco e ti voglio aiutare a liberare Colombina..ma prima tu mi devi regalare una parte di quel tesoro che tu sai!”

“E va bene! tieni anche tu Brighella una parte del mio tesoro come regalo in cambio del tuo aiuto” rispose Arlecchino a quel furbacchione.

Poi Arlecchino si rivolse al cavaliere Spaventa e disse:

“ora che siamo tutti amici… tu cavaliere devi aiutarmi a liberare Colombina dai briganti perché il tesoro e ormai terminato e i briganti lo vogliono indietro..é questa è la situazione…quindi come facciamo..ora che non c’è più un tesoro?” affermò il disperato Arlecchino.

“Lascia fare a me!” disse il cavalier Spaventa chiamerò i miei amici soldati che in cambio delle restanti monete di oro ci aiuteranno ma bisogna fare presto…e così Arlecchino consegnò le ultime monete di oro al cavaliere per convincere i suoi amici soldati a rischiare la vita per lui ..lo avrebbero aiutato a vincere i briganti che erano tanti..

CAP. 9° – Tutti nel bosco a liberare Colombina

I soldati amici di cavalier Spaventa furono guidati da Brighella al nascondiglio dei briganti che si trovava nel bosco, dove avrebbero fatto giustizia e liberato Colombina..

Era scesa la notte e i nostri amici tutti armati di bastone erano nella foresta per affrontare i briganti..il tesoro non c’era più ormai era terminato davvero, Arlecchino lo aveva speso tutto e l’unica soluzione per salvare Colombina, era questa: fare battaglia ai briganti.

Durante la notte armati di bastone tutti quanti, entrarono nell’accampamento dei briganti situato nel bosco e colpirono a bastonate tutti quei ladri che stavano dormendo attorno al fuoco ignari… i quali tutti spaventati scapparono tutto intorno..ma ping e pong colpi di bastone sulla testa dei briganti..

Il capo dei briganti Antonio Trallalà dopo aver preso delle sonore bastonate da cavalier Spaventa, fu subito arrestato dai soldati in quanto era ricercato dai gendarmi da tempo e c’era infatti una taglia sulla sua testa..e finalmente in questo modo i briganti si arresero e Colombina fu liberata con la gioia di tutti.

CAP. 10° – Gran finale

Il tesoro ormai non c’era più… era terminato.. era stato diviso tra tutti e Arlecchino era tornato più povero di prima.

Però il nostro Arlecchino aveva dimostrato a Colombina che gli voleva bene davvero..i due giovani erano davvero molto innamorati.

E così per una serie di avvenimenti ..il tesoro… che era di Arlecchino, era passato dalle sue mani a quelle dei suoi amici e per il nostro amico non restava più niente .

E così Arlecchino ritrovò la povertà che aveva lasciato, che però era una sua vecchia amica e lui ci era abituato ad averla.. e Arlecchino ritrovò soprattutto anche la pace…la pace di chi si accontenta.

Inoltre aveva avuto conferma che era il sentimento di amore ricambiato per Colombina a renderlo felice davvero e non l’oro trovato nel bosco.

Il padre di Corallina tale Messer Vincenzo non volle più Arlecchino come genero, aveva smesso di insistere, ora che quell’ignorante era tornato povero si congratulò con se stesso per aver ottenuto un regalo di addio, ricevuto da Arlecchino, e potè così pagare i suoi debiti e finalmente Corallina potè sposare il suo innamorato il soldato chiamato cavalier Spaventa…che aveva intascato dalle autorità della città un premio in denaro per aver catturato il capo dei briganti…ed era diventato benestante anche lui…..

Il tesoro trovato da Arlecchino non si seppe mai di chi era, forse apparteneva ad Antonio Trallalà il capo dei briganti, che adesso era rinchiuso nel carcere per tutta la vita..ma forse no non apparteneva a quel brigante..Arlecchino a questo proposito diceva a se stesso:

“Che problemi da non saperlo!.. se io Arlecchino ho danneggiato dei veri ladri e assassini, erano tutti soldi rubati quelli che ho trovato ..è giusto che sia finita così e che l’oro trovato abbia fatto godere la gente onesta.. e poi potrebbe non essere vero che il tesoro apparteneva a quei briganti..forse era questa una loro frottola..detta per causare un ricatto a me medesimo..si sa che chi è ladro ed assassino é anche un vero bugiardo..eh si! chi è ladro non è mica una brava persona! ”.

Si consolava l’onesto, ma furbo anche lui, ad Arlecchino i suoi rimorsi di coscienza gli passarono subito, infatti egli aggiunse sempre parlando da solo:

” è meglio essere più attenti ad evitare i rimorsi alla pancia causati dalla fame, quelli si che fanno soffrire davvero!.”

Ed è cosi che alla fine della favola il personaggio Arlecchino contento di essere tornato povero come prima ..dichiarò la frase che è l’argomento principale di questa favola :

“Vi sembrerà impossibile cari amici, ma sono più felice ora che sono povero, che quando disponevo della ricchezza!. Bastano pochi soldi e un tocio di pane da mangiar, un bicer di vin da ber e tanta speranza di una buona salute che si prova la vera felicità.”

E la nostra Colombina era contenta di queste parole.. ora che Arlecchino era tornato degno di lei…glielo diede un bel bacio..anzi diede ad Arlecchino più di un bacio, uno sulla bocca ed uno sulla guancia..

E finalmente i personaggi di questa favola vissero tutti felici e contenti.

Morale: l’ignorante sta meglio e conferma tutte le sue capacità nella sola vita in povertà..mentre il ricco che non sa servire gli altri e nemmeno se stesso…ottiene forza dal suo solo avere e non dal suo essere..quindi non saprà mai la persona ricca quali sono i suoi veri limiti .

Il povero non sa capire alla lunga i benefici della vita nella ricchezza e si sente diventare un altro se diventa ricco all’improvviso…. e si sente davvero strano ..poichè non è abituato a vivere da ricco…non è la sua natura..

fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Ottobre 2010)

Giudizio: divertente, originale, saggio

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: il contadino ed il folletto Ceresetto

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(racconto di tipo verde e bianco)

FAVOLE DI EGIDIO (per mamme e bambini)

IL CONTADINO ED IL FOLLETTO CERESETTO

INTRODUZIONE: Un contadino ebbe la fortuna di incontrare un folletto nel bosco, ma la sua fidanzata pretese troppo dalla sua magia ….

Favola: il contadino ed il folletto Ceresetto

INIZIO

C’era una volta nel mondo delle favole, un villaggio di contadini, e dovete sapere che viveva in questo villaggio, un giovane contadino di nome Federico.

Costui era innamorato di una contadina molto bella, ma capricciosa, di nome Clementina..

Il contadino si era più volte dichiarato, ma la contadina diceva sempre di no..ella era ambiziosa e voleva sposare un principe..

“So di essere bella e quindi mi aspetto tanto dal mio matrimonio!” diceva Clementina..

Federico non era ne ricco ne nobile, però non aveva perso ancora la speranza, qualcosa gli diceva che la bella Clementina avrebbe un giorno cambiato parere …

Un giorno Federico camminando nel bosco, vide un lupo che inseguiva un coniglio per mangiarselo, il coniglio correva a zig zag tra i cespugli, squittendo per la paura, ma il lupo feroce lo inseguiva famelico, il coniglio era stanco stava per cedere, Federico allora si impietosi e armato di un grosso bastone si mise fisicamente tra il lupo e il coniglio..e disse:

“Lupo lascia in pace questo coniglio oppure te la vedrai con me!…”

Ma il lupo non si arrese e si mise a ringhiare: “Grr Grr!” faceva il lupo e si lanciò con un salto contro il contadino per morderlo al collo, ma questi con un colpo di mazza lo colpi sulla testa….”Cai Cai!”…si lamentò il lupo …ed il lupo per il dolore fuggì via..

Al coniglio selvatico non restò altro che nascondersi in un cespuglio e via.. era in salvo..

Federico il contadino, fu contento per la buona azione compiuta, raggiunse la sua casetta nel villaggio, quella sera cenò e si bevve un bicchiere di vino e si mise nel letto per farsi una dormita..

Dopo la mezzanotte, Federico fu però svegliato da strani rumori nella sua casa..aprì gli occhi, guardò tutto intorno, e vide un folletto vestito di un colore verde ed in modo buffo, era vicino al letto, era proprio un folletto.

“Chi sei tu?” chiese Federico

Il folletto rispose: “Sono il folletto Ceresetto, di giorno sono un coniglio e di notte sono un folletto!…è questa la volontà della magica fata di nome Fantasia, creatrice e padrona di tutti i folletti ed io mi sono rassegnato al mio destino…Sappi che tu oggi nel bosco mi hai salvato la vita!”

“Ah! ricordo il coniglio del bosco… eri tu quel coniglio ..” affermò Federico stropicciandosi gli occhi…

“Devi sapere che io Ceresetto, quando sono in sembianze di coniglio non ho nessun potere, i poteri magici mi ritornano quando divento un folletto e questo capita durante la notte!” disse il piccolo folletto…

“Io so tutto e visto che mi hai aiutato… ho anch’io deciso di aiutarti..Federico puoi esprimere tre desideri..” disse pieno di gratitudine Ceresetto il folletto.

Federico si mise seduto sul letto, e tristemente disse che il suo più grande desiderio era di sposare la contadina di nome Clementina.. “Ma devi sapere, caro folletto, che lei non mi vuole!” disse Federico..

Ed il folletto Ceresetto rispose a lui:

“Io Ceresetto non uso volentieri i filtri di amore, poichè voglio che i giovani si inamorino spontaneamente, ma ti posso dare un consiglio..prova a fargli un regalo…vai da lei e chiedi a lei… cosa desidera di più e poi torna nel bosco vicino alla sorgente, io sarò là, ed io sentirò il suo desiderio e lo esaudirò durante la notte..” disse il folletto.

Fu così che il mattino dopo Federico andò a trovare Clementina nella sua casa nel villaggio..

Federico decise di dire la verità, che aveva conosciuto un folletto fatato ect ect…che gli aveva promesso di esaudire ben tre suoi desideri..

“Se tu vorrai sposarmi Clementina, io permetterò a te, di chiederli tu i desideri al folletto magico…si! al posto mio!” disse Federico

La contadina dapprima fu scettica, pensò che era tutto uno scherzo, poi sentendo parlare con serietà Federico cominciò a crederci e si convinse.

Clementina intuì che stava per capitare un momento fortunato e accettò le condizioni di Federico poiché la ragazza era una grande opportunista..

Così Federico e Clementina andarono nel bosco a trovare il coniglio che stava brucando l’erba vicino alla sorgente.

Federico riconobbe il coniglio e disse:

“Salute a te.. oh! caro amico folletto..sarà la mia fidanzata Clementina a chiederti un desiderio al posto mio..” disse Federico

e la contadina Clementina chiese:

“Io Clementina voglio un bel vestito che piacerebbe ad una regina!”

E quella notte quando il coniglio, obbedendo al suo destino, ritornò un folletto, ,.. la magia si avverò.

E Clementina al mattino seguente, diventò vestita di un abito simile a quello di una regina..

Il giorno dopo tutti potevano vedere la contadina Clementina tutta vestita di un abito ricco e sfarzoso.

Clementina andò subito da Federico era entusiasta…

“E’ tutto vero.. è proprio vero… il coniglio è un folletto magico…sai ho già deciso il secondo desiderio.. se vuoi che ti sposi.. devi accompagnarmi nel bosco di nuovo..” disse la contadina..

E così i due contadini andarono tutti e due nel bosco nei pressi della sorgente e dissero al coniglio:

“Io Clementina..voglio essere padrona di una bella carrozza trainata dai cavalli!” disse la contadina..

E così quella notte si avverò un’altra magia… ed al mattino vicino alla sua casa nel villaggio, Clementina potè trovare una bella carrozza trainata da due cavalli.… Clementina potè attraversare il villaggio in quella carrozza simile a quella di una regina…tra lo stupore di tutti i contadini del villaggio…che non poterono fare a meno di applaudirla nel vederla così vestita e in bella posa in una carrozza trainata da due bei cavalli bianchi…

“Ora vorrai sposarmi? “ chiese l’innamorato Federico che le faceva intanto da cocchiere alla carrozza muovendo le briglie dei cavalli…

“Non ancora!” rispose Clementina mentre ricambiava l’applauso dei presenti con un saluto della mano..

“Ora sono come una regina, ma in effetti non lo sono davvero, non ho ancora il potere, voglio quindi esprimere un desiderio che mi permetterà di avere anche il potere!” disse con vanità Clementina..

Rassegnato Federico il giorno dopo accompagnò di nuovo Clementina nel bosco, ed insieme andarono alla sorgente per esprimere il terzo desiderio.

E Clementina disse:

“Io Clementina, voglio avere il potere su tutti gli animali del bosco e su tutti i folletti!” disse la contadina vicino alla sorgente..

Per tutta risposta, all’improvviso il cielo si rabbuiò e cominciò a piovere…

I due tornarono a casa loro accompagnati da un triste presagio..

Putroppo durante la notte si avverò una magia, ma non era la magia che preferiva Clementina e qualcosa di spiacevole capitò..

La contadina Clementina al mattino, si ritrovò senza il bel vestito sfarzoso e senza la carrozza reale..eh si! Clementina aveva esagerato, aveva chiesto una cosa impossibile, il potere di comandare tutti i folletti non è possibile per i mortali….dovete sapere che la fata Fantasia vera padrona di tutti i folletti si era molto adirata e offesa per questa presuntuosa richiesta ed aveva deciso di riprendersi tutti i regali fatti a Clementina..

Fu così che tutto tornò nel villaggio come era prima…

E tutti i contadini del villaggio poterono vedere..Clementina tornare povera e diventare triste…”non ho più niente!” diceva singhiozzando la contadina..

Il contadino Federico per consolarla gli disse:

“non è vero che non hai più niente..ti resto io Clementina..io ti amo!”

Clementina si asciugò una lacrima e sorrise a Federico.

La bella contadina imparò così ad accontentarsi, comprese la lezione avuta e voluta dai folletti, Clementina divenne più comprensiva e si accontentò di sposare Federico, ella infatti aveva capito che non aveva la saggezza ne l’educazione di una vera principessa, probabilmente mai un principe si sarebbe innamorato di lei..

I due sposi vissero per sempre felici nella loro semplicità..avevano una casetta tutta per loro ed il loro amore..e compresero che il dono dell’amore è il vero regalo della vita…

Morale: Chi troppo vuole nulla stringe! E chi si sa accontentare.. gioirà!…

fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2016)

Giudizio: divertente, interessante

voto (da 5 a 10): 9

 

 

Favola di Egidio: Moreno, Tauro ed il Faraone

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(racconto di tipo nero e bianco)

FAVOLE DI EGIDIO..

MORENO, TAURO ED IL FARAONE

INTRODUZIONE: un eroe proveniente da un altro pianeta renderà libero un intero popolo e renderà re il suo buon amico, si dimostrerà così che l’extraterrestre è un valido aiuto nonostante le sue sembianze siano differenti dalla norma

INIZIO

Favola: Moreno, Tauro ed il Faraone

C’era una volta su un altro pianeta, differente dal nostro ed uguale solo nel nome, situato nel mondo delle favole, nel tempo simile al 2.000 a.c., un regno dove governava un faraone scellerato ma molto furbo che da buon faccendiere patteggiava con tribù di banditi e briganti, facendo un gioco falso con il suo popolo in quanto era un re disonesto…il suo nome era re Kalom.

Questo re raggiunse il potere fingendosi e dichiarandosi incarnazione di una divinità, si dichiarò figlio di una divinità ed ottenne in questo modo timore dalle genti, egli diceva che lui doveva regnare per il volere autorevole di un essere divino che si era inventato e bisognava che tutti le genti lo riverissero e lo adorassero (ma noi sappiamo che erano tutte menzogne)

Proprio come i faraoni o gli imperatori romani di altre storie, egli si dichiarò l’incarnazione di una divinità e pretese onori e tributi.

Ma in realtà re Kalom, non era degno di questo onore, era stato molto spesso immorale, ed era dedito alle orge pagane con chiunque, molto spesso mentiva, e corrompeva gli onesti commercianti e le famiglie nobili e molto spesso invitava loro a seguirlo nelle sue iniziative disoneste.

Siccome la gente credeva che tutto ciò che esisteva era stato creato da un essere Onnipotente, egli in quanto furbo si era convinto di poter essere re per sua volontà, come diceva una leggenda inventata per lui da disonesti sacerdoti pagani, e quindi pretendeva che tutti gli obbedissero e donassero le loro cose e averi a lui e alla sua futura discendenza.

Questo re Kalom, per vincere facile, molto spesso chiedeva ai briganti di un paese vicino di proteggerlo dalle iniziative degli eroi che ogni tanto nascevano tra il popolo, di proteggerlo dalle congiure dei nobili ambiziosi e dalle richieste di giustizia di profeti che avevano il favore del popolo, a cui molte genti si affidavano ogni tanto, e dovete sapere che non sempre i capitani dei suoi soldati gli erano fedeli.

Il regno era infatti organizzato come un feudo, ed il re aveva spesso bisogno per governare dell’amicizia dei nobili, dei principi e dei loro soldati, a questo re obbedivano infatti poche guardie reali e lui non si sentiva sicuro della loro fedeltà, così di nascosto e in segreto re Kalom patteggiava con i capi briganti che abitavano oltre i confini, e mediante loro, organizzava crimini, assassini e congiure, mediante sicari pagati per danneggiare i suoi nemici politici.

Cosa chiedevano i briganti in cambio del loro aiuto?

Essi chiedevano di poter saccheggiare e derubare i pacifici contadini e gli allevatori delle campagne ai confini del regno, oltre ad ottenere qualche regalo in forzieri di pietre preziose ed oro da parte del re, era in questo modo che quel re si guadagnava la loro complicità.

E così il regno non aveva sicurezza di buon governo e la vita pacifica di chi ci abitava era sempre in pericolo, ma a quel re falso non sembrava importarsene, egli teneva soltanto a restare lui il re, ed il popolo superstizioso credendolo figlio di una divinità lo assecondava nelle ambizioni che aveva, ma egli in verità non adempiva sempre ai suoi doveri di monarca e protettore divino di un popolo.

Dovete sapere che abitava in quel regno un uomo di nome Moreno e questa é la sua storia.

Moreno riteneva se stesso un uomo buono, e si riteneva anche un “gentile”, in quanto spontaneamente egli difendeva il pluralismo di opinione, la tolleranza all’errore umano e l’importanza ugualmente di essere efficienti nel lavoro, dicendo che bisognava essere indifferenti ai giudizi pignoli ed era necessario accontentarsi del solo merito di favorire l’abilità nel lavoro, sia dei peccatori che della gente seria.

L’uomo chiamato Moreno, un giorno mentre camminava per la sua strada, attraverso sentieri assolati e foreste buie, vide in una zona della foresta gli alberi sradicati da una grossa nave spaziale capovolta che era li precipitata.

Si avvicinò e osservò il luogo con attenzione e lo vide….c’era vicino ad un albero un uomo con il volto assomigliante ad Adamo..(che tutti sanno fu il primo uomo vissuto sulla Terra)..ma questi era vestito con abiti differenti…decisamente spaziali, era di certo un abitante dei cieli ed era ferito, ammalato e sembrava sperduto…giaceva rivolto sul terreno d’innanzi a lui..infatti quell’uomo sembrava essere precipitato con la sua astronave dal cielo sulla Terra e si era certo ferito mentre la sua navicella spaziale rotolava sulla pianura.

Era proprio vero, un individuo vivo molto somigliante ad un uomo, si trovava sul prato sofferente:

“Chi mai sei tu che hai le sembianze dell’uomo della Terra ma provieni dal cielo?

Chiese l’uomo di nome Moreno.

“Chi mai sei tu..che hai la forma di vita di un umano, ma sei vestito in modo strano, hai forse bisogno di aiuto?” chiese Moreno.

L’uomo visibilmente stanco, si rialzò sofferente per le ferite riportate e rispose : “Sono un uomo di un altro pianeta…mi chiamo Tauro…la mia razza seppur umana abita lontano…nel cielo…sono arrivato qui comandato dai miei ragionamenti astronomici…viaggiando alla velocità del pensiero..passando di dimensione astrale lontana in dimensione spaziale vicina …e sono giunto sulla vostra Terra…con intenzioni di pace.

Purtroppo l’impatto con la vostra densa atmosfera è stato dannoso alla mia astronave e sono così precipitato in questa foresta.

Anche se sono straniero alla tua vista e giudizio a causa dei miei abiti…ti chiedo di aiutarmi e di curare le mie ferite.”

L’uomo terrestre, capì che aiutare il prossimo sofferente è dovere di tutti e portò quindi l’uomo dello spazio alla sua capanna nel bosco e li essi si raccontarono ulteriormente la loro storia.

“Devi sapere che sul mio pianeta..si è consigliati dalla libertà di cercare la verità…il preoccuparsi della felicità di ogni forma di vita è un dovere per noi..da dove vengo io sono tutti convinti che le regole sane debbano essere rispettose di tutti, esse sono regole serie ma non devono litigare con la libertà di cui necessitano gli onesti” raccontava l’uomo spaziale.

Moreno comprese che l’uomo spaziale era anche una creatura magica ma buona anche lui, e decise di aiutarlo, e così l’uomo di nome Moreno curò l’extraterrestre e medicò le sue ferite.

Moreno offrendo la sua ospitalità e capendo che in fondo aiutare un extraterrestre non era pericoloso ..aiutò quell’uomo-spaziale e lo nascose nella sua casa..

Nutrì lo straniero e diede a lui da bere e chiese ai suoi servi di accudirlo.

Lo straniero seppur alieno accettò il cibo in offerta e lo ritenne adatto a lui..egli infatti si nutriva di cose comuni…la sua alimentazione era vegetariana come quella di molti umani abitanti della Terra…quindi mangiò il cibo in compagnia di Moreno ringraziandolo per la sua generosità.

Intanto nel paese vicino, dove abitavano i parenti di Moreno, erano giunti alcuni briganti, malvagi mercenari che con futili pretesti derubavano e saccheggiavano i piccoli villaggi situati vicino al confine del regno, essi obbligavano a regole che si ispiravano a forze malvage..e quindi litiganti con il bene e le virtù del mondo, istigavano la gente ad una falsa moralità imponendo una furba iniquità nel giudicare.

Tutto il paese fu quindi saccheggiato da essi e la sua pace disturbata, senza che il legittimo re ed i suoi soldati difendessero i contadini da quella ingiustizia, i soldati del re erano indifferenti in quanto il re era complice dei briganti e li proteggeva di nascosto…il re pensava:” che fa che qualche villano soffre, l’importante è che non soffrano tutti quanti i miei sudditi!”.

L’uomo dello spazio intanto guarì dalle sue ferite..ed ebbe modo di insegnare le regole libertarie ma positive del suo pianeta, esse erano libertarie ma rispettose di tutte le opinioni e non litigavano con la serietà indispensabile alla pace.

Fu così in segno di amicizia che l’uomo dello spazio, regalò un ricordo di lui a Moreno…una copia del suo spirito magico..in segno di riconoscimento e di fratellanza..regalò un piccolo spirito “deeden” che avrebbe riferito agli uomini dello spazio, suoi simili, i problemi che aveva il suo amico umano..

Il deeden aveva la sembianza di un omino tutto verde in quanto era composto di ectoplasma verde, era magico ed era uno spirito vivo..era una creatura spirituale del mondo degli alieni…viveva infatti nella loro mente..quello spirito aveva il compito di creare un legame psichico tra Tauro e l’uomo di nome Moreno giudicato un generoso in quanto questi lo aveva aiutato.

E così chiunque aveva nella sua casa, lo spirito del deeden verde..aveva trovato nel lontano Universo un vero amico…e poteva giovarsi dell’aiuto degli uomini spaziali..

Fatto questo Tauro, che era intanto guarito, salutò Moreno promettendogli di ricambiare il favore ricevuto, e si inoltrò nella foresta per trovare materiali con cui riparare la sua navicella spaziale danneggiata.

Intanto Moreno andò a far visita ai suoi parenti, nel suo paese di origine..ma trovò quel giorno il villaggio occupato e invaso da una banda di briganti..che saccheggiavano e picchiavano la gente indifesa.

E pensò:..”i soldati del faraone come sempre non ci difendono da questi briganti…i miei parenti sono in pericolo..ed é a rischio anche la mia vita!”.

L’uomo dello spazio che era nella foresta nell’intento di riparare la sua astronave..sentì il richiamo telepatico e la richiesta di aiuto del suo amico..egli fu chiamato dallo spirito verde che fungeva da messaggero dato in dono a Moreno, subito capì, che il suo amico terrestre era in pericolo e corse rapidamente in direzione di quel paese dove si trovava Moreno in difficoltà per aiutarlo.

Arrivò nel paese in tutta fretta….entrò in paese e capì subito chi era buono e chi era cattivo..e pieno di ira per gli usurpatori.. desideroso di fare giustizia…bastonò e prese a pugni tutti i briganti che incontrava…ed i predoni impauriti e spaventati chiesero aiuto al loro capo….

L’uomo dello spazio affrontò senza nessuna paura il capo dei briganti, lottando con lui ferendolo e poi uccidendolo…era quindi finita… l’uomo dello spazio aveva vinto i briganti, alcuni erano fuggiti ma molti erano stati uccisi.

Fu così che gli abitanti del paese poterono riappropriarsi delle loro cose rubate e così in quel villaggio gli abitanti poterono tornare liberi confortati dal gioire di tutti.

Moreno raccontò a tutti chi era quell’uomo vestito con abiti spaziali..dicendo che aveva intenzioni amichevoli con noi terrestri.

I paesani di Moreno ringraziarono quell’uomo vestito stranamente..anche se era un abitante di altro pianeta.

Dicendo che quell’uomo diverso da loro, era la Provvidenza che lo aveva mandato..”Egli ci ha ridato la pace..merita rispetto anche se è di un’altra razza” dissero tutti per ringraziare..

Nel paese fu decisa una settimana di festeggiamenti e di baldoria per festeggiare lo scampato pericolo…il paese era finalmente libero..e non per merito del re legittimo..quell’egoista non si era mai importato del suo popolo e dei suoi problemi, “quell’ingrato re pensava solo a pretendere tributi dal popolo” diceva la gente….”la pace é stata causata dal coraggio dell’uomo giunto dallo spazio!”.

Questa notizia che in un paese del suo regno, i paesani erano stati aiutati da un essere molto forzuto chiamato Tauro e proveniente dallo spazio ed il merito di questo non era dei suoi soldati..questa notizia arrivò al sentire del faraone ….

“Tutto ciò che si trova nel regno è mio..poiché io sono l’incarnazione dello spirito dell’essere divino, che ha voluto il destino per me, tra gli uomini, di essere un re…ogni cosa, sia le bestie che gli umani sono miei..e quindi quell’uomo spaziale deve essere mio anche lui…è questo il volere del vostro faraone e padrone..

L’Onnipotente mi ha fatto re, così dicono i miei sacerdoti pagani e vostri consiglieri spirituali di questo regno, quindi comando io su tutto ciò che esiste su questa parte della Terra!”.

Con queste parole il re voleva dire insistentemente che l’uomo dello spazio doveva servire il faraone e solo lui…anche se strana creatura aliena, doveva obbedire al re.

Ma l’uomo dello spazio che era un testardo difensore della libertà e che non cercava il potere ma solo la giustizia, decise che non era d’accordo con questa intenzione prepotente…egli era un uomo di un altro pianeta, e non voleva diventare schiavo di nessuno…soprattutto servo di un faraone ladro e menzognero come re Kalom.

“Tu vuoi diventare mio re e anche mio padrone?” rispose Tauro a re Kalom quando lo incontrò nella città che faceva da capitale..

” Sei un illuso!….un essere libero come me non ha, ne re.. ne padroni ..anzi dirò di più furbo re…io se voglio posso impedire che tu possa governare questo regno per sempre!” disse l’uomo dello spazio in tutta risposta alle pretese del re.

Fu così che l’uomo arrivato dallo spazio pur trovandosi davanti ai soldati gridando ad alta voce, sfidò il re con queste parole ad una battaglia nell’arena:

“Ti sfido oh! re menzognero….mettiamo alla prova la tua fortuna..io sfido il più forte dei tuoi soldati a vincermi in una lotta nell’arena..

Se egli vincerà me ..io uomo di un altro pianeta.. sarò tuo servo..ma se vincerò io..sarai tu oh! faraone a perdere il tuo trono e ti dovrai dimettere lasciando il tuo trono ad un altro.”

“Che hai da dire re?, non ti fidi dei tuoi soldati..sei tu che li hai scelti e arruolati!” disse l’uomo dello spazio “devi accettare la mia sfida!”.

Tutti i soldati sentendosi sfidati urlarono: “ accetta la sfida oh! re..non dimostrare timore di lui…vinceremo il nemico che ti provoca e lo renderemo tuo schiavo!” ed i soldati aggiunsero:

“Se è vero che una divinità ti protegge oh! re, e che tu governi per sua volontà..se è vero quel che hai detto..di certo vinceremo questo tuo nemico!” dissero i capitani dell’esercito.

Re Kalom e faraone di tutte quelle terre, pensò preoccupato..”stò per perdere la credibilità ed il rispetto dei miei sudditi..é in gioco il mio onore!”…e così pensò come vincere facile, come era suo solito avrebbe agito usando la furbizia…avrebbe barato come sempre..avrebbe drogato il forte uomo straniero…si! meglio vincere con astuzia ..avrebbe usato una droga contro di lui”…pensando tutto questo fu così che re Kalom disse:

“Popolo!..io accetto questa sfida..il più forte dei miei soldati contro questo straniero…io metto in questione il mio regno..e lui creatura aliena la sua libertà..” disse poi rivolto all’uomo spaziale: “siano le divinità che governano la terra pagana a decidere chi tra noi due deve vincere!”

Il giorno dopo..tutto era pronto..nella arena vicino alla città capitale…tutto fu organizzato per la competizione.

Il re Kalom disse: “ prima di confrontarci nell’arena..dimostriamo la nostra sportività …brindando insieme..siano portati dai servi delle coppe colme di buon vino!” disse il re Kalom alla servitù presente ed essi eseguirono l’ordine con molta solerzia.

I servi portarono due coppe colme di vino..ma la coppa che fu servita a Tauro aveva una diversità dalle altre, era infatti stata drogata..di una droga che annebbiava la mente e i muscoli.

“Bevo questo vino… in onore del popolo di questo paese..alla libertà!” disse l’uomo dello spazio.. alzando il bicchiere e bevendo mentre il popolo lo applaudiva.

Intanto un gigantesco soldato alto due metri e all’apparenza molto forte era entrato nella arena e si era disposto poco distante.

Ma cosa aveva bevuto Tauro… poichè pensò:. “ mi sento strano e debole…qualcosa mi ha drogato…ma devo combattere ne va della mia libertà..quindi ugualmente mi batterò!” e così si scagliò contro quell’uomo forte suo avversario che lo affrontava nell’arena.

Purtroppo il gigantesco uomo era molto forte davvero ed a suon di pugni e combattendo a mani nude stava per vincere Tauro..infatti l’uomo dello spazio era sul terreno impolverato ..immobilizzato da una presa micidiale dall’avversario..e l’uomo forte esperto di lotta libera disse: “Alieno! …stai per perdere la tua libertà…come pretendevi tu di un altra razza di vincere un uomo  terrestre….ti dovrai arrendere!”

Fu un attimo..ma come per magia a causa del suo sogno di libertà a rischio, e soprattutto di quelle parole offensive dette dell’avversario.. fu così che gli occhi del uomo alieno diventarono come di un colore rosso, e una furia pazzesca si impadronì del suo corpo..

e così facendosi forte e vincendo gli effetti della droga..la situazione della lotta cambiò all’improvviso…con uno sforzo della schiena, Tauro si rigirò su se stesso e mise l’uomo forte sotto di lui e lo immobilizzò..

Agendo con abilità con il suo corpo Tauro piegò un braccio al suo avversario con più forza di prima..stortandolo e facendo leva sulla gambe e poi agendo sulla schiena dell’avversario usando le sue forti braccia.. Tauro finalmente immobilizzò l’uomo più forte del regno…

Intanto il re Kalom pensò ”forse la quantità della droga non é stata sufficiente…forse i servi hanno sbagliato a mettere la dose!” il faraone era infatti spaventato.

L’uomo alieno si impegnò ancora nel suo sforzo disumano e mise l’uomo forte sotto il peso del suo corpo e l’uomo forte temendo la frattura delle sue braccia, che capitò, chiese la pace e si arrese in preda al dolore dell’arto fratturato..

Fu allora che Tauro capì di avere vinto e capendo di essere stato drogato e quindi imbrogliato urlò adirato alla folla:

“Popolo il vostro faraone è da ritenere un falso ed un bugiardo..dove è la divinità che dovrebbe proteggerlo..dovete sapere che è anche un traditore del popolo..poiché patteggia con i predoni del deserto che sono vostri nemici…presto insorgete tutti..e liberate il regno da lui..egli non è un re degno del suo popolo!”.

La folla alterata si scagliò sui pochi soldati che difendevano la guardia del re Kalom..ed all’improvviso un capitano di nome Selok, intuendo la cattiveria e il non merito con la quale il re aveva governato tutto questo tempo..vedendo il re intento a fuggire come un vigliacco dal palco …disgustato dal poco onore che dimostrava il suo re e temendo che egli non volesse mantenere la parola data al popolo…che era di dimettersi…estrasse all’improvviso la spada e infilzò con essa il re, mettendoci molta forza trafisse il petto del suo sovrano..

Fu così che Re Kalom… re disonesto.. a causa di una ferita mortale al torace…morì nel suo sangue che gli usciva dal petto..

“Evviva Tauro..l’uomo dello spazio!”…urlava il popolo ..

Accadde questo inneggiare nell’arena per molti minuti..ad un tratto qualcuno.. facendo segni alla folla di calmarsi si fece avanti..era Moreno, che disse a voce alta:

“Il re Kalom è morto..chi volete ora come vostro re!”..chiese Moreno alla folla.

“Vogliamo il più forte.. come nostro re..vogliamo Tauro..egli è forte come un toro e onesto come un vero uomo, vogliamo Tauro!” rispose la voce del popolo.

Sentendo il volere della folla, l’extraterrestre preoccupato rispose:

“No! Io Tauro non voglio diventare vostro re…perchè io sono un abitante di un altro pianeta.. voi siete umani legittimi ed io invece no!” rispose l’uomo dello spazio alla richiesta del popolo.

Fu allora che come promesso Tauro ricambiò il favore ricevuto dall’uomo buono di nome Moreno per averlo guarito quando lui era ferito ..si avvicinò alla folla e disse:

“Io consiglio di far diventare re di questa parte della Terra, l’uomo più buono che conosco…il fidato e uomo buono Moreno!”.

”Popolo! ..io consiglio di nominare vostro re…Moreno..lui è degno di governare, in quanto ha ottime intenzioni per la vita di tutti voi” disse Tauro l’uomo giunto dallo spazio.

Ci fu un momento di silenzio tra la gente..poi ci fu un intenso mormorare…. finche si sentì tutta la folla dire:

“Si! Evviva!” urlarono tutti..”vogliamo Moreno come nostro re…sarà per noi un re dai modi gentili e onesti” disse la voce del popolo.

Fu così che morto Kalom…l’uomo di nome Moreno fu incoronato re di tutto quel regno.

I soldati finalmente ricevettero l’ordine dal re Moreno di dare battaglia e scacciare dalle loro terre tutti i predoni malvagi…essi furono allontanati oltre i confini del regno ed i loro capi furono presi prigionieri…

I giorni successivi in tutto il regno passarono sereni e motivati da buone intenzioni.

Fu così che Tauro disse ai consiglieri di re Moreno:

“Nella mia esperienza di conoscitore e viaggiatore dell’Universo.. ho capito molte saggezze!” disse l’uomo giunto dallo spazio.

“Occorrono nuove regole al vostro popolo..in modo che in futuro nessuno uomo si finga una divinità falsa..e così più nessuno potrà appropriarsi della vita spirituale del vostro paese”.

Fu così che l’uomo giunto dallo spazio disse a tutto il popolo:

“Che non capiti più che un re iniquo, in nome di una divinità che non esiste, si dichiari degno di governare questa parte della Terra, come è capitato a voi prima che io arrivassi qui..mi riferisco al deceduto re Kalom l’iniquo, …poiché il suo regnare ha causato molto dolore alla vita del paese”.

“Vi aiuterò io a capire come si comporta un vero re!” affermò Tauro ..

Fu così che Tauro insieme al giusto re Moreno.. decisero e stipularono le nuove regole per capire chi era veramente degno di essere creduto un protettore del popolo, e chi invece non lo era.

Le regole furono decise e messe per iscritto da Moreno…poichè basate su una esperienza pratica e pacifica quale era stata l’esperienza globale di Tauro..

Tauro dopo aver fornito a re Moreno consigli su come governare..pensò che il suo compito era terminato …salutò tutti i consiglieri e se ne partì..

Tauro si recò nella foresta e dopo tre mesi riuscì a riparare con l’aiuto di soldati amici ..la sua navicella spaziale… e quindi riuscì a farla funzionare di nuovo..adesso Tauro era in grado di ripartire nel suo viaggio spaziale per i cieli dell’Universo…e potè tornare quindi dopo qualche anno di viaggio sul suo pianeta di origine.

Re Moreno invece si avvantaggiò dei saggi consigli ricevuti dall’uomo dello spazio, e per molti anni il suo popolo visse e gioì del suo governare onesto e nel far restare efficiente e forte il paese… dimostrando abilità nel risolvere le esigenze spirituali del suo popolo…Moreno quindi fu un degno re..

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Morale: le Forze del Bene hanno consigliato molti modi all’uomo per essere saggio .. se l’uomo non litigherà con il senso di libertà inconscia di cui ha bisogno l’essere umano, anche se questi consigli si ispirano a volte ad ideali di un altro pianeta…ma in quanto ugualmente sono volontà di intenzioni di pace.. questi consigli meriteranno rispetto ed obbedienza………

Fine

Autore: Egidio Zippone

Milano, Settembre 2012

Giudizio: originale, avventuroso

voto: (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Valerio lo spione (per adulti)

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(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

VALERIO LO SPIONE..
INTRODUZIONE: un ragazzo si chiedeva come guadagnare denaro in poco tempo, così imparò ad utilizzare una magia che permetteva di fare la spia a qualche ladro e quaccherequa senza rischiare nulla, ed in seguito proponendo delle iniziative per risolvere le conseguenze della violazione del privato causato alla vittima, otteneva in cambio con questa furbizia molte ricchezze..
INIZIO
Favola: Valerio lo spione..
Nel mondo delle favole, In un paese non lontano, in Europa nel 1750 d.c., situato in una contea con molti boschi e città, viveva un ragazzo.
Dovete sapere che a questo ragazzo, un giorno i genitori morirono e restò purtroppo da solo.
Il ragazzo che si chiamava Valerio si mise quindi per poter campare e vivere a cercare un lavoro.
Ma dai e ridai, cercava e ricercava ..il lavoro non si trovava e se qualcuno ogni tanto gli dava del lavoro, questo era per un tempo molto limitato.
Così il ragazzo un giorno dovette decidere come guadagnarsi dei soldi ugualmente, si! ugualmente senza pretendere di essere onesto per forza…poiché era per lui una questione di vita e di fame.
C’era del buono in Valerio, aveva delle capacità…dovete sapere che il ragazzo aveva il potere della telepatia e del capire i segreti della gente, leggendo e intuendo osservando semplicemente la fronte del prossimo, lo aveva ereditato questo potere, pensava il ragazzo, da sua nonna poiché si pensava in famiglia che la nonna defunta era di nascosto una strega, Valerio sapeva infatti leggere nei pensieri della gente e scoprire le verità nascoste di ogni persona…leggeva nelle linee delle mani e nei grumi delle tazze di thé consumate, aveva l’abilità di intuire i segreti di chi lo interessava.
Ma chiedere alla gente di pagare per farsi dire e scoprire i segreti che già avevano, era considerato da lui un poco futile e poco dignitoso come lavoro, la gente riteneva la vita privata importante, e tutti si rifiutavano di collaborare, semmai la gente chiedeva ai maghi ciò che ancora non sapeva, ad esempio chiedeva di solito ciò che il futuro avrebbe portato loro…ma il presente non interessava proprio a nessuno..il presente seppur strano essi lo sapevano già…e il sentirselo dire da un altro non aveva alcuno scopo.
“Cosa me ne faccio di questo potere ereditato geneticamente da mia nonna…non mi da idee utili…ma purtroppo ho bisogno di soldi!” pensava Valerio…
Il ragazzo si mise a pensare seduto sul bordo del marciapiede, mentre un vento gelido soffiava per le strade del paese..pensava:” per avere qualche idea e necessario meditare molto!”…e continuò a riflettere su come risolvere i suoi problemi…
Ma idee valide non riuscivano a formarsi nella sua testa.. così il ragazzo deluso decise di andarsene nel bosco a vivere, in quel luogo nessuno avrebbe capito quanto era povera e triste la sua vita…vivendo in solitudine si sarebbe vergognato meno..forse avrebbe trovato alberi da frutto per saziare la fame…
Si addentrò nel bosco sempre più fitto..cammina e cammina..finchè raggiunse un luogo antico, situato proprio nel centro della foresta.
Esisteva in quel punto ormai avvolto in gran parte dalla vegetazione selvatica, un paese antico con molte case diroccate, forse danneggiate da un terremoto, un paese vuoto e disabitato… ormai deserto…c’era una torre ed un pozzo…delle case di pietra ma ormai senza tetto..delle stalle vuote…e tutto era deserto ed abbandonato da qualche secolo, era solo abitato da corvi, cornacchie e lucertole…
Il ragazzo trovò tra le tante abitazioni deserte e avvolte dalla vegetazione, una casa ancora in buono stato, nonostante il tempo passato, essa era ancora accogliente..ma essa era chiusa da un portone…colpendo la porta con calci e spintoni, Valerio riuscì ad aprirla e vi entrò..
La casa era leggermente illuminata da una finestra, era una casa con tre stanze, Valerio decise che quella sarebbe stata la sua abitazione..avrebbe mangiato bacche e frutti di bosco e colto dei funghi e con la legna secca del bosco si sarebbe riscaldato ed avrebbe bevuto l’acqua del pozzo…forse avrebbe trovato delle castagne oppure delle noci..forse avrebbe soprattutto catturato dei conigli selvatici.
Nell’ interno della casa su un lato..sotto un tetto che stranamente era ancora in buono stato e si sosteneva, c’era un “muro grigio”..quel muro che era grande come una larga lavagna lo interessò particolarmente e Valerio ebbe una idea, decise di dipingere, avrebbe dipinto per passare il tempo le pareti di quel muro…con scritte e immagini..per abbellire quella casa..che sarebbe quindi diventata casa sua…il ragazzo passò la serata in questo modo..aiutandosi con i bastoncini di carbone di legna bruciata e il gesso di certi mattoni di argilla rossi che trovava qua e là tra i ruderi delle altre case, egli dipinse e scrisse abbellendo e rallegrando la vecchia casa.
Poi stanco verso sera, Valerio si addormentò in quella casa..dormendo sul suo zaino disposto in terra, protetto dal soffitto di quella casa antica, e mentre dormiva si mise a sognare.
Valerio sognò che era l’alba e il sole stava sorgendo, sognò colui che aveva costruito quella casa tanti secoli prima..
Sognò un uomo vestito con un pastrano nero e un cappello nero come quello di un mago che gli parlava e gli diceva:
“Ragazzo! Stai dormendo in una casa magica, devi sapere che questa è la “casa della rivelazione” costruzione che io mago Agivulfo ho edificato quando ero ancora in vita, allo scopo di far “giustizia degli imbroglioni e quaccherequa”..questa casa ha dei poteri..ma questo potere lo scoprirai da solo…e il mago nel sogno indicò il muro grigio..facendo contemporaneamente una allegra risata “Ah! Ahh! Ahh!”
Ed il sogno di Valerio continuò: “Sappi ragazzo, che ogni cosa che scrivi su questo muro apparirà su tutti i muri del paese vicino, ogni cosa scritta o disegnata apparirà in altro luogo, apparirà finchè da questo muro non sarà tolta mediante l’acqua magica del pozzo che si trova vicino la torre vecchia..” ridendo nuovamente il mago del sogno lo salutò svanendo.
Valerio si svegliò dal sogno con la risata del mago ancora negli orecchi, era un pò spaventato, era da solo in quel luogo disabitato ed non restò altro a lui che fuggire da quel luogo lugubre e tornare subito nel paese abitato da cui si era allontanato.
Tornò nel paese che si trovava all’esterno della foresta ed camminando tra le case, si stupì di una cosa, infatti come predetto dal mago, su ogni muro di piazza o di via e di palazzo o di magazzeno erano apparsi i suoi disegni e le sue scritte..
Tutti leggevano e giudicavano le sue parole..c’era chi ne rideva soltanto e chi si lamentava purtroppo di quel disordine causato da un maleducato.
“Ma chi era stato, egli aveva scritto su tutti i muri della città le stesse sue parole e imitato i suoi stessi disegni…ciò era molto strano?” pensò Valerio..
“Ecco si ho capito! Le parole sono proprio quelle scritte da me ..ma come era possibile? era di certo stata una magia!”
Così Valerio si ricordò dell’avviso avuto in sogno dal mago: “Chi scriverà sulle pareti tipo lavagna di quella casa abbandonata nel bosco..eseguirà una magia..le parole scritte appariranno su ogni parete o muro del paese vicino..finché qualcuno non le toglierà dal muro magico di quella casa nel bosco con un acqua particolare…l’acqua della torre appunto che doveva essere magica anche essa…si così aveva detto quello strano tipo nel sogno, come si chiamava? ah si! Agivulfo, si chiamava così!” Valerio ricordava anche il suo nome.
Fu così che in quel momento Valerio ebbe una idea più furba delle altre, ma forse un po’ cattiva, ma a lui piaceva….infatti la pancia era vuota ed i suoi vestiti erano strappati…ed il ragazzo aveva bisogno di soldi…quindi il ragazzo era da capire.
Valerio ebbe di conseguenza questa idea:
“ Quel che scoprirò dalla mente della gente, mediante i poteri ereditati da mia nonna, se mi sarà utile a guadagnare, lo scriverò su quel muro-lavagna della casa magica nel bosco e poi chiederò alle vittime della violazione del segreto, di avere denaro in cambio per fare sparire le scritte dai muri del paese…solo io so come fare a far sparire le scritte…grazie allo spirito del mago Agivulfo che me lo ha insegnato, egli sarà per me il mio amico mago!”..
“Proprio così, chi mi pagherà bene sarà aiutato da me nella sua richiesta di far sparire le scritte dai muri…poichè solo io sono capace di far questo..in questo modo farò finalmente dei soldi…chi vuol tutelare i suoi segreti mi dovrà pagare bene e tanto!”
ed inoltre pensò: “è proprio vero la fame rende pratico l’essere umano…ed è giusto rubare ai ricchi per dare ai poveri..ed il povero sono io…ed il fare giustizia dei quaccherequa mi farà capire dalle divinità!”..
Subito si mise in cerca di segreti da svelare…girò per il paese come se fosse un turista e avvicinava le persone che incontrava, rivolgeva loro la parola con un pretesto e leggeva e ascoltava i loro pensieri semplicemente guardandoli sulla fronte…gli ignari intervistati non se ne accorgevano delle sue vere intenzioni…ogni abitante del paese fu studiato e spiato …mediante il potere telepatico di Valerio.
In questo modo Valerio capì tra le tante cose che aveva letto nel pensiero, mentre conversava con la gente con una scusa qualunque, che Enrico l’oste del paese aveva per amante, la legittima moglie di Corrado il sarto del paese.
I due amanti se la intendevano di nascosto e se qualcuno avesse saputo della loro relazione, ad esempio i sacerdoti del vescovado, sarebbe stata di certo una brutta figura per tutti, il sarto Corrado marito di quella donna era compiacente della tresca escogitata da sua moglie, poichè non era desideroso più di fare sesso con lei…e vivevano insieme per solo interesse di economia..
Tutto il paese avrebbe deriso Corrado ugualmente…se si fosse saputo l’intrigo che sopportava…sarebbero stati guai per tutti…i tre immorali avrebbero perso il rispetto del vicinato..
Subito Valerio capì che quella era una occasione buona, per fare un po’ di soldi…la gente commetteva errori e lui giustamente li avrebbe raccontati a tutti..
In questo modo …quella gente peccatrice ed infedele al perbenismo….avrebbe imparato a non commettere più azioni immorali…”è giusto che qualcuno approfitti di loro!, sono bugiardi e ipocriti.. non meritano ne la mia solidarietà ne la mia complicità…meritano una lezione!..” così pensava Valerio..
Valerio incattivito dalla sua povertà che lo rendeva affamato e gli causava l’invidiare la roba di altri, andò nel bosco raggiunse la vecchia casa del defunto mago Agivulfo e dopo aver pulito con l’acqua i vecchi disegni precedenti, cominciò a scrivere ed a disegnare sui muri interni di quella casa il segreto della vita libertina dell’oste e del sarto e di sua moglie..scrisse con puntiglio tutto quello che sapeva su di loro..poi verso sera si addormentò stanco.
Durante la notte la magia si compì..come Valerio aveva intuito..da quella parete qualcosa di magico portò le scritte su tutti muri della città vicina…facendole apparire in altro luogo..
Infatti all’alba..il ragazzo andò in paese e cosa vide?
Su tutte le pareti di ogni piazza, via e palazzi c’era scritto la storia dell’adulterio tra l’oste e la moglie del sarto con tutti i particolari ed i riferimenti.
Tutti gli abitanti del paese lessero quel segreto peccaminoso e tutti ridevano del sarto fatto becco dall’oste…creando scompiglio e scandalo tra i commercianti.
“Presto! qualcuno ci aiuti..lo pagheremo bene”…diceva l’oste di nome Enrico visibilmente pentito in quanto temeva il reagire violento del marito dell’amante, ormai che il sarto Corrado era becco era risaputo da tutti, “starò più attento, non coinvolgerò più in adulterio la moglie di un altro..ho sbagliato! “….diceva tra se e se, e continuava dicendo l’oste pieno di vergogna.. “ma che qualcuno tolga al più presto quelle scritte che parlano di me sui muri!” aggiungeva l’oste ormai triste per la sorte dell’amante…che aveva litigato con suo marito e si era pentita anche lei del suo comportamento immorale..
Il sarto Corrado era molto infuriato con sua moglie, soprattutto perché la tresca era diventata nota a tutti, le finestre della loro casa e del negozio di sartoria erano state chiuse con delle grosse persiane per la vergogna che provavano…la gente faceva strani commenti ad alta voce quando passava per la strada li vicino..e loro i due coniugi colpevoli di immoralità li sentivano e provavano molto  disonore…..
“Molti ci hanno provato a toglierle…ma quelle scritte non si riesce proprio a farle sparire! E poi c’è sempre qualcuno che se le legge e le riferisce per dispetto quelle scritte… causando il parlare a sproposito ” diceva la gente incuriosita.
“E’ questo il momento di ottenere un guadagno da questa situazione particolare.. ora agirò con furbizia…è giusto che quei tre peccatori paghino per le loro colpe!”…pensò Valerio.
Il ragazzo andò subito dall’oste e dal sarto e si offrì loro di far sparire quelle scritte, le avrebbe fatto sparire in un attimo quelle brutte parole che li riguardavano dai muri della città, però c’era un però…
Questo rimedio vantaggioso per loro, sarebbe stato possibile, solo se essi gli avrebbero donato in segno di ringraziamento un compenso: “ vi chiedo solo mille denari per ognuno di voi ed io farò sparire quelle scritte, cosa sono mille denari in cambio della pace in famiglia?.”.
Essi allora gli chiesero: “davvero ragazzo tu sei in grado di fare sparire quelle scritte..sappi che molta gente ci ha tentato ..perfino io e il sarto ci abbiamo provato, ma nulla le fa sparire…se dici il vero ecco! tieni i soldi..dai presto fai sparire quelle intriganti parole da tutti i muri delle case…fai presto!”
Valerio prese i soldi tutto contento, e s’incamminò quindi nel bosco per raggiungere il paese e la casa del mago..riempì dal pozzo della torre un secchio di acqua stregata e tolse con quell’acqua, aiutandosi con uno straccio, le parole scritte su muro magico, i muri della vecchia casa nel bosco tornarono puliti..le parole erano sparite …
E tornato in paese, Valerio come previsto e per magia..vide le parole che aveva scritto scomparire dalle pareti delle case..e quindi da tutti i muri del paese, anche da li scomparvero..e i muri del paese tornarono ordinati come prima…per effetto della magia di Agivulfo.
Inoltre nessuno nel paese, come ipnotizzato, ricordava più cosa c’era scritto su quei muri.. e se qualcuno ricordava qualcosa pensava, senza fatica, che erano di certo parole false, e pian piano la vita del sarto di sua moglie e dell’oste poté tornare tranquilla nonostante i tre personaggi avevano deciso di restare ad abitare ancora nel paese.
Tutto tornò come prima..ma ora qualcosa era cambiato i tre immorali si erano pentiti ed erano tornati a comportarsi come persone serie..questo cambiamento in meglio era stato anche merito del furbo Valerio..
Ed inoltre fortuna per lui, adesso Valerio era diventato benestante…..e con quei soldi guadagnati furbescamente infatti si prese in affitto una casa pulita, dei bei vestiti e ottenne da mangiare per tutto l’anno.. con quei soldi Valerio si mise a vivere come un ricco signore.
CAP. 1° – Valerio incontra l’amministratore della contea
Un giorno nella piazza del paese, a differenza del solito via vai di persone, si radunò in quel luogo molta gente, infatti quel giorno avrebbe parlato in pubblico a tutti quanti gli abitanti, il conte Anselmo in persona.
Così tutto il paese si radunò nella piazza e con esso anche Valerio..tutto incuriosito di conoscere il conte che aveva il compito di unico amministratore della contea
Il conte arrivò con una carrozza trainata da cavalli.. annunciato dal suono delle trombe degli araldi.
Il conte Anselmo salì sul palco di legno costruito apposta per lui e parlò e conferì a tutti…complimentandosi per la ricchezza del paese ed i suoi lavoratori ed elogiandosi per gli abbondanti ricavi fiscali con le quali lui aveva fatto guadagnare il re e finanziato il benessere di tutto il paese.
Furono applausi e complimenti per il conte Anselmo…ci fu per lui un ovazione di compiacimento da parte di tutta la gente presente.
Valerio osservò per bene, poiché era proprio vicino al palco, la fronte del conte…egli era una persona anziana di circa 60 anni, ben vestito e dal volto abbronzato.
Osservando la fronte del conte..il ragazzo capì i suoi pensieri più segreti e riuscì a sapere quando e dove il conte mentiva in quel che diceva e quando invece diceva la verità.
Così Valerio capì che il conte Anselmo aveva mentito in molte cose..egli infatti aveva rubato parte delle tasse destinate al suo re…rubare al re era ritenuto un fatto grave per quei tempi.
Se lo avessero saputo le guardie, che il conte aveva rubato al re parte dei soldi delle tasse per comperarsi beni immobili, molti cavalli e anche vestiti per se stesso…sarebbero stati guai per tutti e per la sua famiglia..
Infatti il denaro delle casse della contea, dovete sapere non era solo del re, ma era anche di tutti i nobili del paese ed era usato soprattutto per spendere in aiuto delle varie necessità dell’intera nazione.
Il conte Anselmo pretendeva un consistente stipendio per questo lavoro e viveva rispettato nel suo bel palazzo in nome della sua onestà e delle sue nobili responsabilità..
il resto delle tasse serviva quindi a pagare i soldati, a costruire ponti e altri castelli, un pò qui un pò là, nei confini della regione…ed era quindi il denaro ricavato dalle tasse ogni semestre a essere spedito in un forziere alla capitale dove viveva il re, mediante una carrozza sorvegliata da molti soldati.
Valerio aveva capito che il conte Anselmo aveva rubato al re, aveva intuito che si era appropriato di molta parte di quel denaro ingiustamente..così Valerio decise di scrivere un pò per punire per dare una lezione ad un imbroglione, ed un pò per guadagnare in questo modo altro denaro.
Valerio decise di scrivere quel che sapeva del conte sul muro magico della casa del mago…voleva fare giustizia di quel ladro, ed ottenere con questo ricatto segreto favori dal conte Anselmo.
Il giorno dopo di conseguenza su tutti i muri della città..apparvero scritte che avvisavano chiunque che il conte Anselmo aveva rubato…ed aveva rubato anche tanto…ed anche era descritto come aveva fatto a rubare ed il tipo di furbizia usata per imbrogliare il re…erano raccontate sui muri tutte le prove..
Subito il conte comandò..camerieri e valli a pulire e togliere quelle scritte irrispettose dai muri delle case..dovete sapere che a volte per il paese passavano ambasciatori di altre nazioni e quelle parole contro di lui erano pericolose per la sua immagine di persona nobile…se lo avesse saputo il suo re…il re avrebbe castigato di certo duramente il conte Anselmo..in quanto era un amministratore infedele..
Ma niente e nessuno riusciva a eliminare quelle scritte sui muri..così il conte Anselmo cadde in una profonda depressione e tristezza, poiché tutti ora pensavano che lui era un ladro…era vero purtroppo aveva rubato… ma come lo avevano saputo?
Fu così che il furbo Valerio decise di andare al palazzo del conte, per offrirsi come lavorante al suo servizio, allo scopo di essere lui l’incaricato di pulire le pareti delle case del paese dalle scritte…
Il conte Anselmo lo ricevette pieno di speranza….visibilmente depresso.
“Si conte! Io Valerio sono in grado di pulire con buon risultato, le pareti dei palazzi della sua città, quelle brutte scritte contro di lei saranno tolte e tutto sarà dimenticato” disse il ragazzo dopo aver fatto un gentile inchino.
“Si, dici davvero! E dimmi cosa vuoi in cambio da me ragazzo?”
“Niente ha valore per me..non voglio ne oro ne gioielli” rispose Valerio..
“E cosa vuoi allora, dimmi ragazzo!” chiese il conte incuriosito vedendo una speranza…
“Voglio solamente il permesso da voi di avere in sposa ..una delle vostre figlie…solo questo!” disse Valerio facendo un inchino garbato nuovamente…
“Vuoi in sposa una delle mie figlie..ma tu non sei nobile di origini..sai che i nobili sposano i nobili… oppure sposano persone di valore o persone speciali che hanno poteri magici!” disse il conte.
“Se la pensate così conte, allora non vi posso aiutare!” disse Valerio
“Va bene, va bene..non ho scelta..d’altronde, molti non ci sono riusciti nel compito che tu dichiari di saper risolvere..quindi tu avresti qualcosa in te di speciale e di valore, se tu ragazzo riuscirai a togliere quelle parole nefande da tutti i muri..avrai in sposa una delle mie figlie..parola di conte Anselmo! E adesso dimmi come farai?”
“Non posso rivelare come farò ..ma abbiate fede..l’importante è che io riesca a risolvere il problema vostro, non vi pare?” rispose il ragazzo.
Fu così che Valerio tornò nel bosco..entro nel paese disabitato..cercò la casa del mago e vi entrò..e vide sul muro le sue scritte..riempì dell’acqua dal pozzo della vecchia torre..e con essa pulì per bene il muro magico da quelle parole.
Come promesso in tutta la vicina città all’improvviso per la gioia del conte, le parole scritte contro di lui sparirono da tutti i muri ..e il conte vedendo il suo problema risolto, di conseguenza guarì dalla depressione che lo aveva preso…infatti la gente reagì come ipnotizzata per effetto della magia, la gente del paese decise di dimenticarsi di ciò che aveva precedentemente letto e chi se ne ricordava convinceva se stesso che quelle parole, scritte in quel modo poco serio, non dovevano certamente essere considerate sincere..probabilmente erano menzogne…erano calunnie…in quanto erano parole anonime ed erano di certo lo scherzo di un burlone..
Valerio fu accolto dal conte Anselmo come un abile mago, fu giudicato una persona speciale da tutti i famigliari del conte..soprattutto dalle figlie che avevano capito che Valerio aveva poteri magici, e l’anno successivo Valerio come promesso in precedenza, poté sposare Nicoletta la figlia più giovane del conte Anselmo e divenne anche lui un nobile riconosciuto di quella città.
Il conte Anselmo avendo capito che grazie a quel giovane mago aveva evitato un brutto castigo, per salvare con certezza il suo onore di amministratore del re ed evitare punizioni, decise di rimediare al più presto all’illecito che aveva sulla coscienza, e decise con un sotterfugio, in modo segreto, di restituire tutto il denaro rubato al tesoro del regno..il conte si organizzò dichiarando di elargire una donazione allo stato da cui aveva avuto l’incarico di amministratore delle finanze…una donazione di valore molto di più del denaro rubato al re anni prima..e registrò la donazione sul libro dei conti delle tasse..
Valerio con i suoi poteri telepatici intuì e fu soddisfatto di sapere di aver contribuito a far rimediare quel conte che era diventato suo suocero..era per i famigliari del conte Anselmo una questione di onore farlo…di conseguenza Valerio comprese il suo comportamento insolito…e ritenne da quel giorno di aver contribuito anche lui a migliorare la vita di qualcuno..ed il sapere dei poteri della casa del bosco costruita dal mago Agivulfo ..restò per sempre un segreto che Valerio non rivelò mai a nessuno..
Valerio ora non aveva più bisogno di iniziative furbe e disoneste per guadagnarsi da vivere, decise quindi di non utilizzare più i poteri della casa del mago Agivulfo…e si comportò da persona onesta per tutto il resto della sua vita.
Valerio visse ricco e nel benessere, tipico della nobiltà di allora, quindi fu facile per lui diventare onesto, e vivendo da innamorato insieme alla moglie Nicoletta  ebbe da lei molti bambini..
Valerio era diventato un nobile in seguito al matrimonio e adesso era anche padre, doveva ora anch’egli avere un lavoro degno di un aristocratico, ebbe quindi un giorno l’incarico dal re, di consigliere degli agenti di finanza di tutta la contea, e fu da quel giorno addetto al controllo dei versamenti delle tasse dei contribuenti.
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Morale: non abbiate paura della verità, se avete commesso il fatto è giusto che non abbiate timore che gli altri lo sappiano.

Il coraggio che avete dimostrato nel commettere la cattiva azione in passato, ora vi serva, visto che avete deciso di commetterlo, a ritenervi nel giusto ed a sopportare i rimproveri dei perbenisti, in questo modo non subirete i ricatti degli opportunisti, che per la loro  bramosia di denaro minacciano di raccontare i vostri fatti privati a tutti…..
La verità seppur riassuntiva è sempre salutare e non va mai abbandonata come regola di vita, se temiamo la verità non saremo più vivi..
Chi teme la verità vivrà nella paura in eterno..lasciate pure che i vostri segreti siano divulgati da qualche spione..
Questo atteggiamento indifferente con chi minaccia di farvi la spia…vi libererà da un gran peso lo spirito..poiché non sempre ci sono delle conseguenze da subire.
E poi si sa, la gente dichiarata nemica, per motivi di antipatia con voi, è in grado di raccontare anche bugie e calunnie sul vostro conto, poiché forse ha capito in modo sbagliato la vostra infrazione…quindi non temete nulla… in un modo o nell’altro sarete capiti da chi sa dimostrare buon senso…

Fine

Autore: Egidio Zippone
(Milano, Settembre 2009)
Giudizio: interessante, originale
voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: la storia dei pomodori magici

organic tomato plant and fruit on a natural background

 

(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura 20 minuti..

FAVOLE DI EGIDIO..

LA STORIA DEI POMODORI MAGICI..

INTRODUZIONE: Forse a volte nascono piante magiche, ma anche loro obbediscono ad un determinato destino, che potrebbe essere di sacrificio…rappresentano tutte la Natura che si sacrifica per noi esseri umani e ci nutre..

Favola: La storia dei pomodori magici

Inizio

C’era una volta in una regione nel mondo delle favole, dei campi in cui crescevano molti ortaggi.

Un giorno la Fata della Natura, passando da quelle parti, con l’intenzione di dare vita a qualcosa di magico, decise di collaborare, e seminò durante la notte in un orto, già in precedenza seminato in parte da un contadino, dei semi speciali, essi erano semi magici di pomodoro…e subito dopo come molte volte fanno le fate, se ne andò per la sua strada lasciando che il destino di ogni sua creatura facesse il suo corso…

La Fata della Natura aveva piantato i semi di pomodori magici sulla Terra, affinchè chi si nutrisse di quei pomodori e quindi l’essere umano, potesse diventare più buono e più saggio nel giudicare..

Fu così che in Primavera, a causa del tanto sole, nacquero nell’orto tante pianticelle di pomodoro, ma una di queste piante era speciale.

Quando sopraggiunse l’estate, dovete sapere che i frutti attaccati ai rametti di questa pianta diventarono magici, essi erano come i veri pomodori, ma in più essi parlavano e camminavano diventando leggeri sul terreno e potevano in questo modo andare dove volevano per la campagna…

La pianta magica di pomodoro produsse ben sei pomodori magici, essi quando furono maturi, decisero da loro stessi di staccarsi dalla pianta madre e di andarsene tutti e sei per la loro strada in cerca di avventura.

Ai sei pomodori magici in giro per la campagna capitarono molte cose, ed io in questa fantasiosa favola ve le voglio raccontare.

Al primo pomodoro magico, nel suo percorso avventuroso, capitò di dover attraversare per forza una strada, essa gli impediva il cammino in avanti e il pomodoro affermò:

“ io sono un vero pomodoro ed a un pomodoro non si vieta niente..e così decise di rischiare e si concentrò nell’attraversare quella strada, essa era percorsa da molte auto e da molti camion, proprio quando il pomodoro aveva quasi raggiunto la parte opposta della strada muovendosi a zig zag.. qua e là, il pomodoro ebbe una distrazione fatale e si fermò, in quel momento arrivò proprio un camion che con una delle sue ruote lo schiacciò…”prep splash”….fu così che il primo pomodoro morì e fece una brutta fine, diventò una macchia rossa sull’asfalto…poveretto!…il potere di rendere buono e tollerante l’essere umano andò sprecato..

Il secondo pomodoro magico invece, si mise in cammino per la sua avventura e cammina e cammina anzi trasla qua e là, finì per incontrare il grosso piede ricoperto da uno scarpone del corpo di un contadino, il contadino disse: “ io sono più forte di te e se voglio ti schiaccio!” il timido pomodoro…rispose: “per favore non mi schiacciare, fammi solo ombra con la suola del tuo scarpone!..” allora il grosso scarpone fu alzato e fu disposto al di sopra del pomodoro per fare ombra, ma dopo un pò il contadino disse: “ caro pomodoro…siccome è mia abitudine schiacciare e camminare quà e là..in quanto ho delle grosse scarpe…non posso resistere oltre alla tentazione di farlo e quindi ti schiaccierò..e poi mi sono stancato!” e “prep splash”….del povero pomodoro non restò altro che una polpa rossa schiacciata sul terreno…il contadino prese una pala e con essa raccolse il pomodoro spiaccicato e lo buttò nella pattumiera…povero pomodoro!…anche questa volta il potere dei pomodori magici di rendere gli esseri umani più buoni e pazienti andò sprecato..

Il terzo pomodoro magico partì per la sua avventura e cammina cammina e traslando, incontrò un ragazzo che lo vide e gli disse: “ ti prego pomodoro permetti, a me che ho fame, di spremerti e di spalmarti su questa asciutta fetta di pane..così potrò mangiare qualcosa di saporito…”

il pomodoro che era un buono di carattere, decise di donarsi al ragazzo e si fece spalmare sulla sua fetta di pane e “prep splash”…il ragazzo con sua molta gratitudine si mangiò pane e pomodoro e diventò sazio per un pò…questo ragazzo da adulto divento un buon giudice di tribunale poichè fu sostanziale nel giudicare l’umanità…in quanto comprendeva il Volersi Santo del Signore..e decise di diventare un uomo indulgente..

Il quarto pomodoro magico invece nel seguire il suo desiderio di avventura, fini in una cucina di una casa e incontrò una massaia.. costei disse al pomodoro:

“ caro pomodoro…fatti tagliare in tanti spicchi rossi, così con te farò una grande insalatona e potrò dare da mangiare ai miei figli…” il pomodoro rispose:

” ci riuscirai solo se mi prendi..e diventò leggero e si mise a muoversi per tutta la cucina e la povera massaia gli correva dietro con il tagliente per cercare di prenderlo…e così per molti minuti un via vai per la cucina…ma il pomodoro con il passare dei minuti fu stanco di fuggire e la massaia riuscì finalmente a prenderlo ed a metterlo sul tavolo e quindi subito cominciò ad affettarlo e “prep splash”…il pomodoro fu servito fatto a fette insieme alla insalata e fu mangiato dai figli di quella donna…questi bambini crescendo diventarono bravi studenti e diventati grandi furono considerati buoni nel giudicare le attenuanti di ogni essere umano..ed ebbero molta pazienza con chi era ritenuto un peccatore..

Il quinto pomodoro magico… siccome si era messo in cammino da tempo….e dopo aver camminato tanto… incontrò un gruppo di pomodori sdraiati che prendevano il sole, siccome era un po’ stanco e vedendo beati i suoi simili…si mise di fianco ad loro per riposare anche lui, e rimase sdraiato vicino agli altri pomodori normali che stavano sul telo steso sul terreno…era stanco faceva caldo, c’era molto sole..ed aveva anche sonno, fu così che il pomodoro si addormentò sotto il sole…ed a causa della forte radiazione solare, la sua polpa divenne secca e fu preso nei giorni successivi e poi messo da una donna insieme agli altri pomodori secchi, tutti in un vasetto di vetro pieno di olio di oliva e basilico…dovete sapere che chi lo mangiò divenne un bravo giudice delle vicende umane…

Il sesto pomodoro magico…era il più coraggioso…e cammina e cammina sempre traslando… evitò molti pericoli…per tutta l’estate restò intero e vivo… qualcuno aveva cercato di catturarlo…ma lui era più furbo di tutti e riusciva sempre a fuggire…e nel suo camminare giunse in un campo coltivato ai confini della Terra, in quel luogo il tempo e la temperatura facevano il loro compito sovrani e pian piano il pomodoro diventò vecchio…lo si capiva perché sulla sua pelle una volta rossa e liscia, ora si incominciarono a formarsi delle macchie di muffa bianca e delle macchie marroni molto numerose…e fu così che con il tempo quel pomodoro non ci fu più…

E così sembrò finire la storia e l’avventura dei sei pomodori magici, ma dovete sapere che su tutta quella regione del mondo delle favole, passò la stagione dell’Inverno e con il mese di Marzo arrivò di nuovo la Primavera e cosa accadde?

Nel punto sul terreno dove era scomparso il sesto pomodoro magico, nacque qualcosa, proprio così, nacque una pianticella di pomodori…che con il sopraggiungere dell’estate produsse anche lei ben sei pomodori….ed erano tutti pomodori magici…in effetti erano tutti uguali ai pomodori normali, ma in più essi potevano parlare e diventando leggeri potevano spostarsi sul terreno…la Fata della Natura riconobbe la pianta magica era essa una sua creatura, e si ricordò che l’essere umano che si sarebbe nutrito dei suoi pomodori sarebbe diventato più saggio e più buono nel giudicare il suo prossimo, e così la Fata della Natura comprese che le creature che sono utili nel rendere la vita più buona e più giusta, ottengono il permesso di esistere per sempre……e detto questo la favola anche se è una favola particolare  può ricominciare..

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Morale: E’ necessario per avere pace, accettare il proprio destino….. anche se ci riteniamo magici è impossibile evitarlo…dovete sapere che ognuno ha il suo ruolo nella vita…fuggire da esso è molto difficile…

la Natura si sacrifica per noi nutrendoci..é questo il suo destino mantenere in vita la umanità..

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Settembre 2016)

Giudizio: originale, fantasioso

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: insegnamenti da un altro mondo

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(racconto di tipo verde)

tempo teorico dedicato per la lettura circa 30 minuti..

FAVOLA DI EGIDIO

INSEGNAMENTI DA UN ALTRO MONDO

INTRODUZIONE. esistono mentalità che portano discordia tra la gente, ma saranno vinte dal credere in metodi nuovi…

Favola: Insegnamenti da un altro mondo

Inizio

Dovete sapere cari lettori, che l’Universo è infinito, e lontano, esiste di certo un pianeta simile alla Terra, identico nei problemi e nelle soluzioni, dove il problema esistenziale che si vive ricorda quello della nostra umanità, ma si tratta comunque di un altro pianeta…

Dove sarà nell’Universo? é sufficiente cercarlo è lo si trova…esso è già avanti nel tempo…esso è nel futuro e ci porta consiglio…traete pure insegnamento da questo pianeta…che ha un nome strano…pianeta Sostanziale …muniamoci di un grosso telescopio elettronico e osserviamo cosa accade in quel lontano pianeta .

In quel lontano sistema solare, regolato dalla luce di due soli luminosi, ci sono vari pianeti, su uno di essi rivolgiamo la nostra attenzione, sul pianeta prescelto noteremo che c’é un continente e nel continente si può intravedere un paese.

Questa è la storia di quel che capitò in questo paese tanti anni fa…

Una volta questo paese era abitato da persone, che non discutevano mai con cattiveria, ma nemmeno litigavano mai, poiché si ritenevano tutti amici.

I rapporti sociali erano gentili anche se un pò freddi e questo per non disturbare la libertà degli altri, nessuno riusciva ad approfittare degli altri poiché era messo subito a posto..dicendo “ognuno a casa sua! é dovere di tutti farsi i fatti propri!”.

In quel paese gli abitanti avevano vissuto tante storie di vita molto differenti tra loro, nel comportamento privato avevano agito in modo differente e lo sapevano… ma erano ugualmente amici, in quanto a nessuno gli passava per la mente che gli errori di un altro avvantaggiassero i loro..erano d’accordo per le pari opportunità…..

Un triste giorno però, una donna entrò in paese, una donna di nome Tiziana, vedendo che tutti si facevano i fatti loro, a differenza degli abitanti di altri luoghi..ella giudicò questo un modo strano di vivere, poiché era un modo di vivere che non aveva l’intenzione di migliorare ne di selezionare, al parere di questa donna di nome Tiziana la competizione tra gli esseri umani era necessaria ..e decise quindi di parlare alla gente per causare un cambiamento delle abitudini e si intromise nella loro vita.

Facendo comizi in paese, Tiziana si prodigò inizialmente istigando alla vanità tutti, facendo complimenti per abituarli, a volte basati su pregi e su valori fasulli, ed avendo poi saputo i fatti e i segreti di alcuni, volle usare i suoi modi da faccendiere per causare un volersi diversamente, e quindi disse agli abitanti di quel paese:

“Tra di voi, in questo paese c’è una sola persona veramente brava..egli è veramente il più bravo di tutti..e quindi giusto che i complimenti li facciamo solo a lui, non vi pare? poichè egli vi è superiore, ditemi voi chi è?..e ditemi cosa siete voi? …siete forse voi il più bravo di tutti?..chi è a parer vostro il “primo” del paese..? Chi è il migliore tra di voi? e chi é invece il peggiore?”

Per effetto di queste parole in quel paese fu il caos..

i sentimenti di pace e di vita tranquilla nel paese finirono all’improvviso..fu l’inizio delle ostilità tra i suoi abitanti. Nessuno tra gli abitanti voleva considerarsi inferiore ad un altro…nessuno voleva essere definito, soprattutto nessuno voleva essere giudicato meno bravo di altri, e tutti speravano che capitassero errori al prossimo per poi raccontarlo in giro per sminuirlo…ed impedivano in questo modo che qualcun altro si sentisse il migliore..

Nemmeno il podestà, che governava il paese, era ritenuto un esempio di vita migliore ed esemplare…poichè tutti sapevano tutto di lui…soprattutto quelli accusati di avere disobbedito alle regole della giusta moralità, di conseguenza molti si sentivano obbligati a far passare i loro errori per cose giuste, inventando insane falsità che poi incrementavano ancor di più i rancori tra gli abitanti…qualcuno diceva infatti che un errore compiuto, se esso è meno grave di un altro, se piace al migliore diventa una cosa giusta se tutti lo faranno…fu anche per questo che cominciarono le ostilità.

I paesani provocati nella propria autostima e vanità, si intestardirono nel dar la colpa agli altri dei loro errori e molti facevano la spia al prossimo per farlo giudicare peggiore di loro e per allontanare l’attenzione dalla loro vita che dovete sapere in verità era mediocre per altri motivi…

Molti cominciarono a litigare per difendere la propria opinione di vita dal giudizio, per loro falso, di essere meno bravo di un altro.

”Il meno bravo sei tu! che hai tradito tua moglie e tua moglie non era d’accordo, ed io che non ho fatto questo sono quindi più bravo di te!” disse un paesano ad un altro.

”No! Il meno bravo sei tu che hai rubato la valigia e ti hanno messo in galera”..disse un altro ancora..” adesso sono io il più bravo, poiché io non ho precedenti penali!”.

”Sarà!, ma forse il meno bravo è lui” …facendo segno a quello lontano “che ha bevuto troppo vino e si è ubriacato, é stato male ed ha detto parolacce volgari durante la ubriacatura, chi glielo ha fatto fare? Doveva stare attento! Ora sono più bravo io di lui di certo!” affermò un altro.

“No! Il meno bravo è quello là… che ha fatto un grave errore di lavoro..il lavoro non è un divertimento, si è pagati e non si può sbagliare, adesso non è lui il più bravo di tutti…adesso lui non è più il primo!” disse un altro.

“Ma che dite! il meno bravo è quella donna laggiù, che non è riuscita a trovare marito in tutti questi anni..significa che non la pensano brava e bella come le altre donne, il prossimo lo ha capito e resterà sempre da sola!” disse un altro ancora.

Queste persone per un attimo smisero di parlare, ci pensarono su, ma poi reagirono e ricominciarono a litigare ed a discutere offendendosi a vicenda nuovamente… nessuno voleva che gli fosse attribuito il giudizio di essere meno bravo di qualcuno…”Chi ti dice che tu sei migliore di me! Per me sei tu il meno bravo tra noi..e non io!”

Per qualcuno di loro quella donna di nome Tiziana aveva ragione, di certo esisteva il migliore di tutti, ma doveva ammettere che se i più bravi esistevano in quel paese, erano solo quelli che riuscivano a tenere nascosti i loro errori… ma la donna chiamata Tiziana disse: “sappiate che il più bravo è uno, solo a lui quindi farò dei veri complimenti.. agli altri invece niente..gli altri li farò sentire colpevoli per aver fallito in questa competizione!”..Tiziana era riuscita ad imporre il suo modo di giudicare a tutto il paese..

Arrivarono poi i bambini di una scuola, infastiditi dal dovere giudicare i loro genitori a causa delle domande degli insegnanti, risoluti questi bambini anch’essi dicevano; ”No! mio padre non è meno bravo di un altro..no! io voglio essere figlio del più bravo del paese..io voglio essere figlio del “primo”..voglio essere nato da un vincente…mio padre non deve essere un perdente..no e poi no!” dicevano alcuni bambini spazientiti dagli insegnanti che avevano chiesto loro, se i loro genitori erano veramente i più bravi come educatori ad esempio se in famiglia erano seri, in quanto bisognava sapere chi era il più bravo del paese, ormai solo questo contava per la gente…ed i bambini molto spesso dicevano la verità su quello che succedeva in famiglia, per gli insegnanti quello che dicevano era attendibile..i bambini erano dei validi spioni.

Ma la donna chiamata Tiziana disse ancora: “vi ripeto il più bravo tra di voi è uno solo, quindi confrontatevi pure tra voi con pignoleria e meritocrazia..la vostra vita deve essere in continua competizione in modo da migliorare il destino della nostra specie, questo è l’impegno ambizioso per meritarsi il miglior complimento..chi di voi sarà il vincente..chi di voi è il vero “primo” del paese?”

Ci volle poco a convincere tutti di questo metodo, tutti volevano essere “il più bravo del paese:..il primo” ..in quanto i meno bravi di certo deludono i padri..e deludono anche i propri figli e probabilmente dopo morti vanno pure all’inferno in quanto nessuno li sa difendere, perché di certo non sono riusciti a rendere esatti gli errori della loro vita…”solo i più bravi”, dicevano falsamente i seguaci di Tiziana, sono da considerare eroi, in quanto saranno giudicati campioni, è questo il premio..essi sono simili a esseri superiori in quanto hanno convinto che non hanno errori!”.

Per colpa di Tiziana la gente si offendeva nella vita e nel privato famigliare e litigava continuamente..si era creato di conseguenza un timore innaturale per la violazione della propria privacy, esisteva il timore che se i “panni sporchi” fossero stati risaputi da qualcuno, avrebbero causato alla famiglia che aveva errori, minor competizione in società, non c’era più pace nel paese e qualcuno si lamentò tristemente di questo…

Il paese era diventato di conseguenza un brutto paese, pensate quanto era diventata cattiva la gente , si gioiva solo quando, qualcuno estraneo per loro, dimostrava di avere problemi psichici a causa della fissazione di competere e ricorreva all’analista, ed era obbligato per suo consiglio di medico a togliersi dal confrontarsi e perdeva quindi il rispetto degli altri, in quanto pensato vulnerabile nella mente e quindi considerato un perdente: ”ecco finalmente uno di meno!” dicevano i più opportunisti.

Tra i paesani nascevano nella gente strane sindrome, alcune parole dette forse a casaccio ricordavano, per associazione di idee, a qualcuno certi strani errori..e con questo tutti avevano paura di pensare quelle parole e di sentirle dire dagli altri, essi si sforzavano di non far capire agli altri che si era sbagliato in qualcosa…ma molti altri si divertivano a ricordare gli errori al prossimo in questo modo sadicamente…era divertente ricordare gli errori a chi si pensava migliore di loro..

I padri dicevano ai figli che:” la gente non deve sapere i nostri segreti famigliari, é questo diventato molto importante, nessuno deve sentirsi più bravo di noi, se ammettiamo i nostri errori ci riterranno perdenti e quindi diversi, non bisogna far capire che abbiamo vissuto dei problemi in famiglia ..intesi!” “Solo in questo modo ci meriteremo il miglior incarico lavorativo ed il miglior stipendio!” state attenti a quello che dite agli insegnanti della scuola..

Era proprio una faccenda comica quello che era accaduto nel paese, qualcuno aveva chiesto chi fra tutti era da considerare il migliore, e tutti invece di rispondere avevano cominciato a litigare tra loro…non era più un bel paese..bisognava inventare qualcosa per far tornare il paese come prima……

– IL CAMBIAMENTO NECESSARIO

Tutti decisero di pregare durante la notte i loro antenati, per portare con il loro consiglio in sogno, una soluzione al problema esistenziale della gente, poiché essi preferivano vivere in un paese di gente simpatica e allegra, bisognava impedire che la situazione attuale diventasse traumatica per i più deboli a causa del falso bisogno di competere.

Tutti gli abitanti mentre facevano colazione, finalmente avvertirono che intorno a loro nei rapporti tra le persone si era creata molta cattiveria, antipatia e diffidenza, resi saggi invece dalla magia notturna dei sogni voluti dagli Angeli, essi finalmente capirono questo e quindi affermarono:

“ Questo paese si è incattivito ed è diventato egoista, si respira collera e malumore di continuo, occorre più pace, ma la vera pace, ora lo capiamo, si ottiene con la collaborazione alla fraternità e consigliando alla solidarietà tra le genti, senza sentirsi obbligati a confrontarsi continuamente con gli altri e per giunta con un metodo assurdamente pignolo per un essere umano, questa situazione non serve al nostro paese!”..dicevano altri ancora “per vivere in pace non bisogna essere ostinati a dimostrarsi più bravi degli altri, questo non serve all’amicizia tra le genti, é sufficiente partecipare alla vita per essere contenti”.

Nonostante la certezza di avere qualche errore, l’impegno a comportarsi bene poteva continuare a esistere e le buone regole potevano restare insegnate..in quanto consigliavano e influenzavano a sbagliare poco gli abitanti..

Non importava più a nessuno se qualcuno aveva commesso anche degli errori nella vita..la buona regola non doveva causare la persecuzione di chi aveva sbagliato… “anche chi sbaglia è una persona normale..in quanto è un essere umano e non una macchina…deve solo ammettere di avere un errore e sarà lasciato in pace, avere errori infatti non è una diversità é normale!”…non c’è bisogno di rendere per forza giusti i nostri errori… lasciamo pure che una piccola parte delle nostre azioni ..restino cose sbagliate….non è vero che bisogna per forza essere considerati i migliori.”

Finchè qualcuno tra gli abitanti disse: “Facciamo così, questa è la soluzione che propongo, questo è il consiglio che do a tutti voi”: e continuò:

“difendere il sentirsi “primo” non è più obbligatorio, il termine primo è un giudizio falso in quanto troppo esagerato per un essere umano in quanto ingiusto per la nostra natura vulnerabile, in quanto in verità tutti abbiamo degli errori segreti, questo lo abbiamo capito dall’effetto che questa parola (essere un primo) ha sulla gente, essa ci fa sentire falsi superbi e ci fa litigare in quanto si teme ancor di più la verità, il giudizio di primo non esiste più per noi, siete stati tutti per alcuni momenti vittime della società e quindi ora siete anche voi portatori di incoerenze morali, avete di certo per questo motivo commesso errori..però avete anche voi imparato dagli errori degli altri…il vostro errore sarà differente, ma siete uguali a tutti nell’avere errori di certo..risultate pentiti di qualcosa..quindi di certo avete errori..

In tutte le genti per via della stessa natura umana che ci mantiene vivi, comanda la verità, questa verità ci fa capire, che non siamo perfetti moralmente, quindi dobbiamo essere comprensivi gli uni con gli altri..altrimenti capiteranno all’interno della nostra comunità fatti dolorosi di certo..(atti di vandalismo, omicidi, persecuzioni, incattivimento dello spirito, ricatti) secondo me si può essere uguali tra noi lo stesso pur avendo errori differenti da consolare, considerandoci tutti anche differenti, ma proprio per questo tutti uguali, per questa verità, siamo tutti meno bravi di qualcuno allo stesso modo anche se in modo diverso…questa certezza di essere anche meno bravo di qualcuno è normale infatti non ci causa la prigione…che è l’unica situazione di schiavitù che oggi l’uomo conosce e molti vivono questo dispiacere, quindi è l’unica situazione che si deve temere.

Era forse vero si poteva trovare una soluzione per far tornare la pace, elaborando il problema in altra maniera…forse si poteva ottenere pace dalla questione nei riguardi di chi merita e di chi non merita.

“Vogliamo vivere con più praticità la nostra vita!” dicevano in molti…

“Il nostro ideale di vita, lo stile che seguiamo, interpretato con pignoleria e severità rende cattiva l’umanità…l’integralismo degli ideali non è normale alla natura umana…bisogna essere sostanziali…non esageratamente idealisti della storia di vita”.

“Di conseguenza facciamo così: “affermò un individuo certamente più saggio degli altri:

“Togliamo di mezzo la persona che ha inventato il termine di giudizio “primo” ed i doveri che impone questo termine..e tutto tornerà come era tempo fa, ricordate si viveva in pace ed eravamo contenti a sufficienza ..

ritorneremo tutti amici e ci piaceremo di più..siccome ho capito come tutto il malcontento è cominciato, io do a voi questo consiglio…togliamo di mezzo chi ci ha fatto litigare con i suoi metodi da faccendiere obbligandoci a essere per forza migliore di un altro!”.

E così fecero, tutti in paese andarono a trovare la donna che aveva cominciato e provocato l’alterigia e la rimproverarono aspramente, la donna chiamata Tiziana fu messa con le spalle al muro e gli fu detto con molta decisione: “Non giudicare il tuo prossimo, poiché chi giudica offende e sarà per questo giudicato a sua volta con pignoleria…adesso o ti fai i fatti tuoi, oppure te ne vai dal paese..in questo paese vogliamo vivere tutti stando d’accordo, quindi tu te ne devi andare da qui!”

Molti abitanti del paese dissero questo con severità a quella donna … e la donna chiamata Tiziana fu finalmente allontanata dal paese…con sollievo di tutti…molti potevano dire: “Finalmente se ne andata quella spargi-zizzania!”.

La donna chiamata Tiziana da quel giorno scomparì, svanì nell’aria, si diceva che qualcuno vide il suo corpo svanire nel nulla, in quanto ella era in realtà “il diavolo della discordia” diventato persona per magia e per dispetto all’umanità..con l’intenzione di causare nel mondo degli umani l’iniquità di giudizio e il loro litigare….

Come un diavolo, ella era riuscita a far litigare tutto il paese..ma qualcuno lo aveva capito che quella persona era parte del demonio e ascoltando la positività dei saggi aveva allontanata l’influenza di quella figura negativa, il male che la consigliava e la discordia che la nutriva, avevano perso anche questa volta..il loro tentativo di affliggere l’individuo umano ed il non considerare le sue attenuanti esistenziali..si era dissolto con lei..nel nulla..

Tornò la pace nel paese..nessuno era ritenuto più “un migliore degli altri”…..

“Diciamo no! ai termini troppo estremistici nel giudicare l’umanità, le persone non sono macchinari e possono avere anche errori…lo sbaglio giusto non esiste…chi al mondo non è stato mai vittima della sfortuna? Anche i migliori commettono errori rispetto al comportamento ideale!”

Qualcuno è stato protetto dalla società e qualcuno invece no!..Smettete quindi e non incattivite inutilmente la gente, tutti devono essere tollerati sia il povero che il ricco, la perfezione continuativa non esiste sulla Terra, dobbiamo quindi essere più indulgenti con il prossimo…sulla Terra esiste anche la mediocrità…in quanto esseri umani possiamo avere anche errori.

Affermare “Errare è umano!.. diventerà legittimo per tutti”..

La società da il privilegio ad ogni individuo di inventare filosofie ed ottenere da esse idee nuove per consolare al meglio le cose sbagliate di ogni vita.

“E per questo che la creazione libera e saggia di sapienze alternative intelligenti e valide, rende utile e pacifica la ricerca della felicità umana…..occorre quindi cercare ed inventare metodi nuovi!”

– CONCLUSIONE

In quel pianeta lontano tanti anni fa capitò questo, e gli abitanti hanno risolto il problema allontanando e rimproverando i metodi discriminatori che facevano disprezzare la mediocrità umana obbligando a essere il migliore per forza..

E noi che viviamo sulla nostra Terra e che con un grande telescopio elettronico, abbiamo potuto vedere e capire ciò che è accaduto in passato su quel pianeta, traiamo il giusto insegnamento da questa storia e portiamo da domani un gentile consiglio ai nostri amici….avete capito come si da pace al problema morale?

Fine

Autore: Egidio Zippone

(Milano, Gennaio 2011)

Giudizio: interessante, originale

voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Gideon Giulius e lo spirito della pace

racconto di tipo bianco
FAVOLA DI EGIDIO
GIDEON GIULIUS E LO SPIRITO DELLA PACE
INTRODUZIONE: Nel paese tutti erano in guerra contro tutti, c’era la guerra civile, Gideon decise che bisognava fare qualcosa, avrebbe fatto tornare lo spirito della pace nel paese, ma bisognava essere degni di Lui, per avere il suo aiuto….
INIZIO
Favola: Gideon Giulius e lo spirito della pace
C’era una volta, nel mondo delle favole, un bel paese tra le colline alberate.
Vi ricordate di Gideon-Giulius, ecco per voi raccontata un’altra delle sue avventure.
Gideon conduceva la sua vita semplice, coltivando il suo campo agricolo, producendo così ciò che gli serviva per vivere, e facendo commercio con gli allevatori del paese vicino,
Nel paese, che si trovava poco distante dall’abitazione di Giulius, dovete sapere che Il re morì in circostanze misteriose, forse avvelenato, e siccome non aveva eredi, fu decisa all’unanimità che doveva governare una repubblica parlamentare, ma a causa di sentimenti di ingiustizia e di poca fiducia nella nuova politica, accusata di pensare solo agli interessi di pochi, si instaurò nel governo creato, stufo del malcontento e dei rimproveri della gente, un sentimento egoista e totalitario che comandò le autorità a soprusi e iniquità.
Il popolo si ribellò a questo malgoverno ed all’improvviso il paese si divise in tante fazioni, tutte litigavano tra loro per poter diventare governanti del paese.
Qualcuno, per ottenere il suo scopo e dimostrare la debolezza organizzativa di chi governava attualmente, si prodigò in attentati terroristici, fu per questo instaurato dalle autorità il coprifuoco, molte furono le cattiverie che il popolo subì, molte persone giudicate sovversive e ribelli a causa delle loro opinioni, furono rapite, malmenate e rinchiuse in luoghi segreti, di loro non si seppe più niente, questo causò una ulteriore rancore e senso di ingiustizia nei riguardi delle istituzioni e per le autorità.
Il popolo così diviso, si abbandonò alla guerra civile, invalidi vecchi e donne e bambini non potevano essere più tutelati e curati, il tormento di sentimenti di vendetta si era incarnato in tutti e non c’era tempo per la solidarietà, e molti provavano odio nei riguardi dei propri avversari.
I vecchi ed i bambini e le donne decisero di pregare per far tornare la pace, ma nonostante molti momenti di preghiera, nulla accadeva, sembrava che i Signori del Tempo avessero abbandonato il paese al proprio destino tormentato.
Fu cosi che qualcuno si ricordò di Gideon Giulius, egli in passato aveva aiutato il prosperare del paese, era stato un eroe, forse poteva farlo di nuovo.
Un gruppo di persone, piene di speranza, si incamminarono verso la casa di Giulius che si trovava fuori dal paese per chiedere aiuto a lui.
Gideon ascoltò le loro richieste, i paesani si lamentarono che non c’era più pace, tutti avevano scelto di farsi giustizia da loro, i sacrifici necessari alla pace erano ritenuti troppo gravosi e causa dell’auto-giudizio di essere poco furbi nell’accettarli..
Dopo aver valutato i pro ed i contro Giulius rispose loro:
“Vi aiuterò!” disse Giulius….”in fondo siete miei paesani..in voi io ritrovo le mie natalità e le mie origini”.
Il giorno dopo Giulius preparò il suo zaino e si mise in cammino per la montagna degli angeli, sulla cima di quella montagna era possibile evocare gli Angeli e chiedere consiglio a loro.
Dopo molte ore di cammino faticoso a causa di una ardua salita che sembrava non finire mai, Giulius raggiunse l’altipiano verdeggiante che si trovava lassù.
Giunto nel luogo adatto a questo, Giulius si inginocchiò e chiese agli Angeli di apparire e di parlargli…
Dopo qualche ora di attesa, gli Angeli apparvero a lui come creature luminose vestiti di abiti bianchi.
Giulius raccontò: “nel paese il mio popolo è in guerra, chiedo che qualcosa di miracoloso portì pace alla mia gente, essa in questo momento patisce la violenza e la morte, anziani, bambini e donne sono in pericolo, essi sono innocenti, in nome loro chiedo che voi creature celesti portiate pace nel paese”.
Gli Angeli risposero:” lo spirito della pace ha abbandonato quel luogo poiché la gente si è tutta impegnata in sentimenti di vendetta e di egoismo, inorridito lo spirito della pace se ne andato da loro.”
“Dove posso incontrare questa sapienza…lo spirito della pace….ditemi? chiese Giulius con tono rispettoso.
“Lo spirito della pace …che ha il potere di portare pace e consigliare alla mitezza gli uomini, vive nel corpo dei Santi, essi lo custodiscono..e lo rendono puro e giusto”.
“Vai tu Giulius, alla ricerca di un uomo Santo e chiedi aiuto a lui.” Risposero gli Angeli e aggiunsero “ noi custodiamo la saggezza e la purezza, devi sapere che la pace invece la custodiscono i Santi!” …detto questo gli Angeli rimasero in silenzio e poi salirono al cielo.
Gideon Giulius comprese tutto questo, rimise in ordine le sue cose nello zaino, e si incamminò alla ricerca di un uomo Santo a cui chiedere consiglio.
Quando incontrava qualche viandante, Gideon Giulius chiedeva loro se sapevano dove abitava una persona ritenuta Santa, e venne così a sapere che non molto lontano, oltre la foresta c’era una capanna con vicino un piccolo ovile, in quella casetta , abitava una persona, forse era un Santo…chissà…tutti pensavano che era un Santo.
Ugualmente Gideon Giulius decise di recarsi da lui, ma doveva fare presto, la guerra si stava diffondendo ovunque ed i cuori della gente erano pieni di litigiosità.
Cammina e cammina, finalmente Giulius raggiunse la casa del Santo.
Il Santo lo accolse in modo benevolo, vestito come un frate, egli accudiva un capretta nell’ovile…il resto del suo tempo lo passava pregando il Signore.
“Dimmi Gideon Giulius, sei famoso ovunque so tutto di te, cosa ti porta così lontano dal tuo paese?”.
Gideon Giulius baciò le mani a quella persona, ritenuta da tutti un Santo, e gli rivelò le sue preoccupazioni.
“Oh Santo! devi sapere che in paese è guerra civile, i deboli non sono più tutelati, tutti pensano a litigare ed a vendicarsi, nessuno a tempo per fare la carità…ed i poveri patiscono la fame..nessuno si cura più di loro!” affermò Giulius.
“E’ accaduto, caro Gideon Giulius, che lo spirito della pace ha rispettato il loro libero arbitrio, che è un diritto di ogni essere umano, e nel tuo paese hanno tutti deciso che preferiscono da parte loro litigare anziché scendere a compromessi con il prossimo, invece di trovare un accordo vantaggioso per tutti, c’é sempre nel paese qualcuno che si lamenta che i sacrifici richiesti sono troppi per lui e ritiene questo un ingiustizia e vuole risolvere il suo problema in altro modo ad esempio sobillando alla rivolta le genti, lo spirito della pace si è disgustato di tali intenzioni egoiste, ed ha quindi abbandonato il tuo paese…nessuno parla più di volere la pace per questo, lo spirito della discordia ha preso il sopravvento!”.
“Come posso convincere lo spirito della pace a tornare ad influenzare le menti delle genti del mio paese causando desiderio di fratellanza in loro?” chiese Gideon Giulius.
“Si Giulius! lo spirito della pace è deluso, occorre un buon esempio, qualcuno che compia un sacrificio e sia esempio di volontà di altruismo per tutti gli altri e renda degno il paese di volere la pace per tutti” disse il Santo.
“E qual’è questo sacrificio da compiere”? Chiese Gideon Giulius
“Non lo so ancora, le vie del Signore sono infinite e porteranno consiglio prima o poi, prima che sia troppo tardi…restiamo in attesa di un miracolo, di un segno divino”….rispose il Santo ed aggiunse: “Vai Gideon Giulius per il mondo alla ricerca di un segno divino, io pregherò per te!”.
I due si salutarono e Giulius tornò verso il suo paese, occorreva un miracolo, Giulius pensava che non poteva essere lui di aiuto, riteneva se stesso un peccatore, infatti era un peccatore anche lui, molto spesso beveva vino, si ubriacava e quando era ubriaco se qualcuno lo rimproverava di essere ebbro, gli diceva a volte parole cattive, parole cattive contro chiunque ma non contro il Signore li ci stava attento nonostante l’ubriacatura, ma come poteva essere lui l’eletto, la persona degna che avrebbe ottenuto clemenza dai Signore dei Santi ed aiuto per il suo popolo.
Pensando questo Gideon Giulius camminava verso il suo paese e ivi giunto alla periferia, Giulius si fermò poichè vide un gruppo di persone che stavano picchiando un ragazzo con cattiveria, il ragazzo forse era colpevole di certo di qualcosa, non importa cosa..quello che sconvolse Giulius fu: “ma che diammine!… quanta crudeltà verso quel ragazzo!”.. Giulius si avvicinò e prese quindi le sue difese..
“Cosa ha fatto questo povero ragazzo da meritarsi tutta questa cattiveria…lo avete punito fin troppo, smettete quindi e lasciatelo andare…” disse Gideon Giulius impietosito dalle ferite sanguinanti del ragazzo.
Un gruppo di persone lo aveva infatti picchiato e malmenato ed ora pensavano esagerando di lapidarlo…il ragazzo sputava sangue contro di loro e li malediva pieno di rancore per loro…e quelli a sentirlo più si arrabbiavano con lui e più lo maltrattavano.
“Chi sei tu, che ti intrometti nel suo destino?” chiese il capo del gruppo di uomini.
“Chi sei tu che ti ritieni degno di rimproverarci con quello sguardo accusatore e pieno di sdegno? Chiese un altro.
“Tu ci infastidisci!..vuoi forse fare lo eroe, ora sfogheremo la nostra cattiveria anche su di te, che hai avuto la presunzione di non farti i fatti tuoi..ti daremo una lezione….così anche tu imparerai!” Dissero tutti.
Si lanciarono contro Giulius e lo presero per le braccia e lo picchiarono con bastoni e con calci….finchè egli sanguinò dalla bocca….poi urlando e dicendo parole cattive..lo trascinarono fuori dalle mura del paese, dirigendosi fin sull’orlo di un precipizio poco distante..e giunti laggiù si divertivano a minacciarlo di buttarlo di sotto, ridendo dello sgomento e dei timori di Giulius…
“ Vuoi la pace, sei uno stupido!…sono le persone deboli che vogliono la pace, noi siamo i forti.. ed accettiamo di combattere e di difendere con la guerra i nostri ideali che senz’altro sono verità… in quanto la nostra volontà merita di più di quella degli altri!”
Urlò uno dei capi dei rivoltosi a tutti quanti…
“Ormai tutto si è concluso sto per morire…” pensava lo sventurato Giulius vedendo con timore il fondo del precipizio dall’alto..
“Buttiamolo di sotto, che si sfracelli sul fondo del burrone…così impara a non farsi i fatti suoi…” dicevano tutti quanti fingendo di fare questo all’improvviso…così minacciavano di causare una fine crudele a Giulius…tenendolo precariamente sull’orlo del precipizio.
“oh! Signore perdonali..sono stati privati nell’anima di ogni sentimento di pace…gli spiriti dell’ira e della crudeltà li hanno presi….per questo si comportano in modo malvagio…anche se mi faranno del male ..li potrai comunque perdonare e se vuoi accogli la mia anima dopo la mia morte….” pregò guardando verso il cielo Gideon Giulius con voce disperata.
A udire queste parole qualcosa in cielo capitò.
All’improvviso un raggio di luce apri il cielo nuvolo..il raggio di luce provenendo dal cielo investì il corpo sofferente di Giulius…e intorno al suo corpo umano si creò un aurea di luce che cominciò a proteggerlo…facendo capire a chi era lì, che si trattava di un miracolo voluto da una forza divina.
Il gruppo di malvagi..vedendo il miracolo..comprendendo l’intervento di qualcosa di divino…smisero di infierire sul corpo di Gideon allontanandosi da lui..erano sbigottiti e spaventati…Gideon Giulius era diventato luminoso come un sole vivente…. …era diventato una creatura di luce…
Gideon Giulius non essendo più sostenuto da alcuno, prima si inginocchiò in quanto era stanco, poi le forze gli ritornarono ed all’improvviso si rialzò….e fattosi forza, preso da un improvviso coraggio, Gideon camminò tra quei malvagi senza che nessuno di loro facesse niente per impedirlo e lo lasciarono passare..i litigiosi vedendo il miracolo che circondava Giulius… erano come intimoriti da lui….
Essi pensavano: “è un miracolo il Signore è con lui!” …ed il timore del Signore li prese…nessuno impedì che Gideon Giulius se ne andasse da quel luogo….
Cosa era successo?
Lo spirito della pace era tornato, Egli si era impietosito….aveva capito che era possibile, che in quel paese esisteva almeno una persona che sapeva anche perdonare i suoi nemici, nonostante le cattiverie che aveva subito, le cattiverie subite erano tante e lui aveva perdonato ugualmente, esisteva quindi una persona degna dello spirito della pace…….
Gideon Giulius al parere dei Signore del Santi meritava aiuto….
Lo spirito della pace decise di aiutarlo e si era incarnato con un miracolo, incarnato in Giulius lo spirito della pace aveva reso luminosa la sua aura spirituale, il corpo di Giulius era diventato forte di una luce bianca…era come se un ectoplasma luminescente possedesse Gideon Giulius e lo rendesse miracolato….
Gideon Giulius per questo motivo, ebbe la forze di camminare tra la gente nel paese sempre avvolto da quella luce divina..come se fosse un sole bianco di forma umana….capì in quel momento quale era il suo compito e posseduto dallo spirito della pace..raggiunse ogni luogo del paese…illuminando i cuori di chi incontrava con la sua presenza e dicendo: “Vogliate la pace tra gli uomini, vedete il miracolo..il Signore esiste!.”
Cosa accadeva alla gente che incontrava Giulius? , tutti furono convertiti dal miracolo e capirono che quella luce aveva lo scopo di far comprendere una intenzione divina, fu così che tutti quelli che guardavano Gideon Giulius così pieno di luce, in quel momento avvertivano nel loro animo mitezza ed ebbero sentimenti di tolleranza verso il prossimo, era come una magia quella…la malvagità che li governava li abbandonava ed al suo posto una forte volontà di esigere la pace prendeva il sopravvento …..parte di quella luce lasciava il corpo di Giulius e raggiungeva le menti della gente, illuminando il loro animo inquieto e rendendoli pacifici tutti quanti…
Tutti quanti capirono all’improvviso quanto era importante vivere in pace per l’umanità…come se si fossero resi conto solo adesso della cattiveria che avevano vissuto e causato fino ad allora…la loro mente si era aperta ad una migliore saggezza.
A poco a poco… lo spirito della pace, sottoforma di luce bianca, abbandonò pian piano Giulius e si diffuse nell’animo dei suoi paesani, essi seppero ritrovare, grazie a questo spirito intenzioni di fratellanza e di tolleranza .
Il giorno dopo, le differenti fazioni, pur restando differenti nelle loro opinioni, si erano convertite spontaneamente ad una improvvisa saggezza ed avevano deciso finalmente di scendere a compromessi con gli altri, questo nell’interesse di un bene comune…tutti avrebbero fatto sacrifici, ma tutti avrebbero ottenuto anche molti vantaggi..poichè avevano capito che questo era una richiesta divina, mentre il loro comportamento precedente era solamente causato da intenzioni di uomini.
Una improvvisa positività ed un sapersi accontentare li aveva presi rendendoli più saggi, facendogli decidere che era importante che la guerra civile terminasse al più presto….
Dopo qualche mese, la pace governava ormai in tutto il paese, e tutti poterono ringraziare Gideon Giulius per l’esempio positivo che aveva dato a loro…che aveva convertito tutti alla convivenza pacifica….
Ritornata la pace nel paese, Gideon Giulius potè tornare una persona normale, potè così compiacersi di aver risolto il problema ai suoi paesani e decise quindi di tornare alla sua casa fuori paese ad occuparsi del suo orticello, era felice ma ugualmente si giudicava umilmente e sappiate che questo è l’atteggiamento tipico di chi ha saputo nella vita essere un eroe……
Morale:
solo se sapremo dimenticare le ingiustizie subite e allontaneremo da noi i sentimenti di vendetta, potremo vivere in compagnia di uno spirito pacifico, che con il tempo influenzerà tutta la società in cui viviamo, rendendo più buoni e gentili gli uomini che ci partecipano.
Ben venga qualche sacrificio da compiere, che saprà convincere della sincerità della gente, questo spirito di sacrificio comune sarà garanzia di pace per i tempi futuri, in quanto inviterà la gente a credere che l’accordo instaurato dalle parti è sincero……..
Fine
Autore: Egidio Zippone
(Milano, Luglio 2015)
Giudizio: interessante, saggio
voto (da 5 a 10): 9

Favola di Egidio: Wolf il lupo

coppia di lupi

(racconto di tipo verde)

FAVOLE DI EGIDIO..

WOLF IL LUPO.
INTRODUZIONE: anche i lupi hanno una storia di vita, lottano per sopravvivere, ma il loro nemico è sempre l’uomo, il cacciatore..ma…
INIZIO
Favola: Wolf il lupo
C’era una volta nel mondo delle favole, proprio nel parco nazionale dell’Appenino abruzzese..sulle colline ornate di boschi e da alture maestose.
Una coppia di lupi grigi, compiendo il loro dovere con la natura, i due lupi misero al mondo una cucciolata di piccoli lupetti un po’ di colore nero ed un po’ di colore grigio…essi erano buffi e simpatici e con la coda sempre scodinzolante…essi erano affamati del latte della loro mamma.
Mamma lupo e papà lupo diedero i nomi ai sei cuccioli..il più furbetto lo chiamarono Wolf…egli è il protagonista della nostra storia.
Il lupacchiotto di nome Wolf era vispo ed in salute e ciucciava il nutriente latte da sua madre bisticciando con gli altri cuccioli per il capezzolo migliore.
Il padre lupo invece era un capo branco era forte e agile e mostrava la sua grinta quando questa ci voleva con i giovani lupi turbolenti del branco…a volte li mordeva per redarguirli.
Il branco di lupi agiva con strategia quando ogni tanto andava a caccia, essi rincorrevano a turno i giovani daini impauriti fino a stancarli e poi con furbizia li intrappolavano in cerchio e la preda finiva per arrendersi, la carne era subito divorata mediante un criterio gerarchico..prima si sarebbe nutrito il capo lupo poi tutti gli altri…questa era la regola poiché lui il capo era il più forte.
Questo criterio non era un problema per il branco, in quanto tutti i lupi riuscivano a sfamarsi sempre e comunque.
Molto contento era il padre lupo della nascita dei nuovi lupacchiotti..il branco si rinforzava in questo modo ad ogni primavera.
Passano gli anni ed il branco di lupi era il padrone indiscusso di tutta quella zona boschiva dell’Appenino.
Nonostante i daini erano diventati molto attenti..la fortuna aiutava i lupi e i cervi più deboli o vecchi erano sempre catturati e uccisi…in questo modo la natura compiva il suo ruolo di selezionatore e rinforzante della vita animale..
Passano i mesi e i piccoli lupi erano diventati giovani ed esuberanti e si contendevano il potere sulle poche femmine e sul ruolo di chi doveva essere il nuovo capo.
Ed intanto anche Wolf crebbe..ed a lui suo padre lupo insegnò i segreti della caccia e di come evitare le trappole dei cacciatori di frodo..le taiole erano attraenti e pericolose, eh! si il pericolo era l’uomo e le sue invenzioni, gli uomini erano incuranti delle leggi della natura…ma anche questa difficoltà era un modo per selezionare la vita di ogni specie..
Ma esisteva un altro problema per padre lupo….i giovani volevano diventare capi branco a loro volta, per avere le femmine, essi litigavano spesso..e molte volte ringhiavano e mordevano, il padre lupo di Wolf doveva spesso vincere la loro aggressività e ambizione.
Un giorno sfortunato per Wolf, il padre lupo, vecchio e stanco, fu affrontato dai giovani lupi gregari..essi erano troppi..e non avevano più paura di lui.. erano cresciuti…i giovani lupi lo accerchiarono e padre lupo fu vinto e obbligato a gettarsi da una rupe alta…i giovani ambiziosi erano troppi anche per un grande lupo come suo padre..e così morì..
Wolf riuscì a scappare e si allontanò dal branco poiché non accettava la nuova autorità di Ted, così si chiamava il nuovo capo lupo…
Wolf portava rancore per lui, aveva ucciso suo padre e resa schiava sua madre…mai avrebbe accettato l’autorità di quello ingrato.
Passarono i mesi e così il lupo Wolf diventò più adulto, vagò nell’immenso parco per giorni e giorni stando attento a non avvicinarsi alle strade sterrate percorse dall’uomo e facendo molta fatica a trovare vero cibo….per trovare rifugio si nascose in una zona montagnosa…scavò con le sue zampe artigliate buche profonde nelle grotte tra le rocce ed ottenne in questo modo la sua tana..egli aveva più di un rifugio ed ogni notte per prudenza cambiava sempre posto.
Era solo ma non aveva paura ed imparò, a volte rischiando, a vivere da solo senza la protezione del branco, vagando per quei boschi..imparò molte cose ad esempio come fare a nascondersi tra le rocce grigie o nei piccoli anfratti per ripararsi dalla pioggia.
Ma come nutrirsi…dopo aver fallito molte volte..imparò a catturare piccoli conigli oppure grossi insetti..era cibo molto proteico ma doveva vincere la concorrenza di volpi e aquile.
Passarono gli anni e un giorno dopo aver camminato giorni e notti da solo nelle valli e colline..ascoltando con timore l’ululato dei lupi suoi fratelli..e tenendosi lontano dalla posizione del branco, Wolf entrò nella notte in una grotta per ripararsi dalla pioggia…ma appena entrato sentì l’odore di un altro animale..nel buio vide i suoi occhi luminosi dall’odore capì che era un lupo…che fare…pensò di fuggire…ma era troppo tardi i due cominciarono ad annusarsi diffidenti..il lupo che aveva incontrato era in realtà una giovane lupa ..una forte e giovane lupa, essa era sperduta come lui..chissà quale era la sua storia segreta, forse giungeva da molto lontano, mai lo sapremo…in ogni caso l’istinto naturale li consigliò a calmarsi, la differenza dei loro sessi li rese meno competitivi e Wolf si affezionò a lei..si leccarono più volte a vicenda per creare una simpatia tra loro e dormirono insieme quella notte, vissero insieme li nella stessa grotta per molti giorni andando a caccia a turno…ed in primavera contemporaneamente al fiorire dei peschi e dei ciliegi nacquero da loro ben sei lupacchiotti di numero…buffi e grigi..
Wolf pensò “ma cresceranno?” poichè li giudicava piccoli ed indifesi.
Col tempo i piccoli lupi infatti crebbero e si formò in questo modo un nuovo gruppo di lupi..e Wolf loro padre divenne il capo branco ed insegnò ai figli tutti i segreti che aveva imparato girovagando per i boschi in solitudine.
Wolf era adesso il capo branco..e tutti obbedivano a lui…e lui si ricordò di come i lupi cacciano i daini…ora avevano bisogno di carne fresca e buona…le bocche da sfamare erano tante..
Ed i giovani lupi ormai svezzati e forti cominciarono a loro volta a cacciare..diventando con il tempo più abili.
Tutti insieme cacciavano le caprette selvatiche e le uccidevano e se le mangiavano ma prima si divertivano a rincorrerle per i monti saltando insieme a loro..agili tra le rocce puntute…dovete sapere che di estate nel grande parco degli abruzzi …il cibo non mancava.
Ma giunse l’inverno..e il branco aveva ancora fame..molta.
Wolf sentiva un profumo di carne buona che il vento portava dalla valle salendo per il pendio del monte.
La fame, era vera fame..e Wolf decise nonostante la neve lo dissuadesse, decise di scendere a valle..ma c’era un rischio nello scendere giù verso il paese abitato dagli uomini….erano nascoste le loro invenzioni…le taiole.
Rischiando di cadere in trappola a causa delle esche di carne, ma ricordando l’educazione ricevuta da suo padre lupo, con molta abilità i lupi del branco di Wolf evitarono le taiole e le resero innocue aiutandosi con i legni ricavati dagli arbusti….
Alla fine del bosco guidati dal loro forte odorato, i lupi giunsero nella valle e videro un recinto con all’interno animali di colore bianco…. erano le pecore..le assalirono inferociti dalla fame e uccisero tre pecore… tra il belare spaventato di tutte le altre…essi si nutrirono..era il loro comportamento naturale..erano predatori..
Mentre i lupi e Wolf stavano completando il loro pasto selvaggio…
Poco lontano udirono degli spari, erano i pastori..gli uomini insospettiti dal sentire il belare frenetico del loro gregge di pecore stavano accorrendo in suo aiuto
Ma Wolf fu bravo a comandare di fuggire il gruppo di lupi al più presto ed a far perdere nonostante la neve le tracce di tutto il branco .
Giunti vicino alle rocce asciutte Wolf diresse il branco verso di loro camminando a ritroso si! al contrario…interrompendo così la continuità delle orme sulla neve, tutti i lupi fecero come il capo Wolf, subito saltarono sulle rocce vicine e poi via camminando dove non c’era più neve in quanto il sole l’aveva asciugata…il branco di lupi all’alba riuscì così a fuggire agli inseguitori.. al mattino era già lontano.
I pastori si erano radunati nel paese e si dissero che dovevano allontanare i lupi dalla valle poichè erano diventati numerosi e pericolosi e si organizzarono come veri cacciatori.
Essi si armarono delle loro invenzioni e posero molte trappole con gustose esche nelle vere tagliole… ma i lupi non si fecero imbrogliare..nessuno del branco di Wolf fu catturato.
Catturarono invece altri lupi, lupi di un altro branco…tra cui l’ambizioso lupo Ted, quello che ricordate causò l’uccisione e ferì a morsi il padre di Wolf..
Il capo branco suo rivale finì intrappolato in una stringente taiola e tutti gli altri scapparono..Ted stupido lupo, fu catturato e poi portato in paese per pagare con la sua vita l’uccisione delle pecore dei giorni prima..
Ted fu infatti ucciso ed subito impagliato ed esposto nella sede comunale al giudizio di tutto il paese…che commentò la sua morte come un atto di giustizia.
Tornò la primavera nell’Appennino e Wolf decise che mai più sarebbe sceso a valle…era troppo rischioso cercare il cibo laggiù..in questa stagione daini e caprette si trovavano più facilmente c’era molto cibo pur restando sull’altipiano..
La natura comandò come sempre a ricrearsi e nacquero altri cuccioli di lupo e vissero tutti felici e contenti..il branco di Wolf diventò forte e numeroso.
Si! la storia di questi lupi, come quella di Wolf, si ripete di continuo…Wolf con il tempo anche lui invecchiò e fu allontanato dagli ingrati giovani lupi…desiderosi di diventare capi..poichè é il più forte che deve dominare..e la legge dei lupi..
Un lupo più forte e più giovane si era fatto avanti e comandava ora il suo branco…Wolf diventato vecchio fu sfidato e fu vinto nella lotta e dovette andarsene dal branco ferito nell’orgoglio.
Wolf ormai anziano vagava nei boschi e durante la notte, Wolf si lamentava della sua solitudine ululando alla luna piena..purtroppo é così che con il tempo finiscono i capi lupi…finiscono esiliati e diventano lupi solitari…
Gli anni passarono, ed un giorno Wolf ormai mezzo ceco, in quanto invecchiato, la natura volle per lui porre fine alla sua vita di lupo, Wolf era stufo di nutrirsi di insetti e si diresse senza rendersene conto verso il basso della valle in cerca di facile cibo, fu così che incontrò un cacciatore di frodo che gli sparò, il cacciatore si spaventò nel vederlo e con il suo fucile lo prese la mira e lo uccise..e Wolf morì..
Sarà stato bravo il cacciatore a ucciderlo, oppure in realtà fu Wolf che forse desiderò in quel momento di porre fine alla sua vecchiaia, in modo da potere rinascere e ritornare…non lo sapremo mai..
Si dice che quando un uomo uccide un animale, quel cacciatore ha un debito con la natura, fu così che lo spiirito di quel cacciatore aveva ora un debito con Wolf.
Si dice che il figlio di quel cacciatore durante la notte in sogno, vide un lupo grigio che correva nei boschi…
Forse l’anima di quel lupo ora viveva in lui, nel figlio del cacciatore, incarnato a causa di quel sogno selvaggio….

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Morale: la storia della umanità come quella degli animali si ripete continuamente nonostante gli sforzi della natura di inventare qualcosa di nuovo, ma le regole severe della vita, causate dalla selezione ambientale e dal clima, non cambiano, e quindi molti destini di chi è vissuto ieri, sono simili al destino di chi vive oggi.

fine

Autore: Egidio Zippone
(Milano, Ottobre 2010)
Giudizio: interessante
voto (da 5 a 10): 9