La bellezza dell’incontro

 

Riflettendo in questi giorni, cerco di sviscerare qualcosa che è ancora un embrio-pensiero.

Penso alla bellezza dell’incontro.

Ci sono incontri che trasformano, portano luce, gioia, movimento, costruzione, proiezione, mutamento, condivisione, motivazione, evoluzione.

Ci sono incontri che trasformano, portano buio, spengono, fermano, sfioriscono, distruggono, annientano, tolgono valore.

Incontri, rapporti, che siano di lavoro o di relazione.

Dovremmo scegliere ogni giorno di essere felici, che quante volte lo abbiamo sentito.

Dovremmo scegliere ogni giorno chi ci fa stare bene, chi ci comprende, sprona e supporta; chi ci fa crescere e chi ci crede, in noi.

Dovremmo essere capaci di scegliere di stare bene, semplicemente.

Dovremmo alzare la voce e avere parole per raccontare la bellezza e la felicità.. da uno a dieci come stai?

Dovremmo cercare di non dare voce, invece, alle lamentele di quello che ci infastidisce, che ci fa arrabbiare, che ci accende emozioni di timore, paura, rigidità.

Poi penso a quanto facciamo immensa fatica a lasciare andare ciò che ci fa male e cerco di pensare al perché.

Penso che probabilmente io senta minare la mia autostima, come se non fossi mai abbastanza, come se il non avere titoli, o la stessa esperienza, o la stessa fluidità verbale, o lo stesso entusiasmante modo di coinvolgere, o le stesse brillanti idee di progettualità, in un qualche modo mi facessero sentire un passo indietro e allora via, a dover dimostrare che invece no, che valgo, valgo anche io, che ho le mie idee, le mie capacità, che posso stupire, che posso arrivare, che possono comunicare.
E così perdo tempo, perdo il mio tempo a dover dimostrare chi sono, perché di essere “sbagliata” e in “difetto” tant’è non mi piace.

Poi penso, ma perché continuo a stare in un posto che mi fa sentire così?
Quante milioni di possibilità possono esserci intorno?
Quanti modi diversi di sbocciare ad ogni primavera?

E parlando e ascoltando e guardando ritorno alla “bellezza dell’incontro”.
A quante possibilità possa darci un bell’incontro, a quanti scalini possa farci salire e a quante porte possa aprirci davanti, quanto sia fluido uno scambio e quanto costruttiva un’incomprensione, quanto sia facile essere, di fronte alla stessa stima.

 

bho… è ancora tutto lì, aggrovigliato.

Abitudine

si perché ormai mi ci sono abituata,
in uno spazio piccolino ed essenziale,
dove basta girarsi di quarto in quarto per essere ora in cucina, ora in bagno, ora in camera da letto, ora in soggiorno.

Mi ci sono abituata ai rumori di fuori, nuovi, diversi,
ai rumori vicini, dei vicini… che la tentazione di prestare lo svitol per il cigolio delle porte d’ingresso mi è salito più di una volta.
A chi rimane in casa e a chi non si è mai fermato davvero.

Mi sono abituata a riconoscere da letto se mi aspettava una giornata di sole o di nuvole,
che il riflesso, in un caso, arriva quasi fastidioso sugli occhi, nell’altro lascia la stanza in penombra.

Mi sono ritrovata ad avere momenti di crisi, di pianto, di giornate improduttive, di sguardi vuoti al soffitto, di ore che non passano, di ansia che sale, di essere fuori luogo, di buttare via tempo.
E giorni in cui il risveglio era propositivo e ho trovato lo spazio del workout, della cucina, della coccola, della meditazione, del lavoro, dello yoga e del divertimento nella creazione.

Giornate in cui ho guardato questa casa con gli occhi di un inquilino che ha concluso il contratto, che prende la valigia e chiude la porta alle spalle; giornate in cui invece ho sentito un forte legame affettivo, di libertà e indipendenza.
Giornate in cui sono stata stanca di essere sola, giornate in cui ho desiderato l’amore.

Di certo mi sono abituata a tempi strani o a tempi veri(?!), in cui si mangia quando si ha fame e si dorme quando si ha sonno… e anche qui, a volte riuscendo a concentrarmi su quanto stessi mangiando, altre volte sfruttando la tecnologia come compagnia.

Mi sono abituata, mio malgrado, a sentire il corpo affossarsi inesorabile.

Mi sono abituata anche al silenzio e anche di questo si è fatto un percorso… le prime settimane avevo sempre un sottofondo musicale, nella ricerca di coccolare le giornate, oggi non solo non ascolto musica ma anche raramente accendo la Tv.
Spesso preferisco silenzio e isolamento, ascolto il mio stare e rimango aderente alle emozioni.
Ammetto a me stessa di star male e prendo consapevolezza anche di essere restia a chiedere aiuto o semplicemente un po’ di compagnia… rinchiudersi in casa, la casa nella casa, come fossi una tartaruga.

Mi sono incazzata nel vedermi passiva, sempre troppo passiva.
Mi sono incazzata nel vedermi spenta e senza una prospettiva lanciata oltre quel tetto mezzo rugiada mezzo marrone, che osservo quotidianamente.
Mi fa incazzare non riconoscere un posto, il mio posto.
Mi fa incazzare non trovare la passione della svolta.
Mi urta barcamenarmi ed essere in costante fluttuare.
Mi fa incazzare sentirmi così, perché infondo di salute sto bene e non mi manca nulla di prioritaria importanza.

Sento un tempo sospeso.

Questo tempo nutre il desiderio di volermi portare ancora lontana da “qui”, da tutto.

E’ arrivato anche questo agognato giorno, sono pronta ad uscire? vivo nella paura, l’ultima volta ho sentito l’affanno del vedermi tante persone sconosciute intorno, sempre di più, sempre più vicine, quasi un soffocamento.
No, non sono uscita.

 

“A domani”

 

.. so che il piccolo principe non è un libro che ti piace molto.

però ho proprio pensato a quel passaggio:

“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore…

E’ stupido ed è quasi imbarazzante scriverlo, è insensato e probabilmente ti procurerà dolore. Ci manco io a complicarti le cose. Ho però necessità di esternare.

E’ stato bello sentire tanta vicinanza soprattutto in questo periodo e anche tu lo hai fatto facendomi recapitare un messaggino da Lei.

Non posso nasconderti il dolore, nella speranza, nel desiderio e nella voglia di sentire il tono della musicalità della tua voce.
Avevo preparato il cuore a quella possibilità, come se mi avessi dato appuntamento.
“Buonanotte, a domani”.
Ero già felice di sapere che ci sarebbe potuto essere, domani. Ero pronta, qualunque ora fosse stata.

Ho messo insieme tutti i pezzi in quell’aspettativa, infinite volte trattata e srotolata, ma non so in quale altro modo chiamarla.
Ho pensato al mio e al tuo.
Alla mia attesa e alla tua lotta.
Alla mia speranza e al tuo fardello.
Al mio desiderio e al tuo subire “incalzante libertà”.

Che poi mi pare sia così, ogni giorno, qualunque giorno sia.

Ma a te cosa rimane di noi in questo costante scontro?
Io lo sento ancora quel Noi e sento tutto, tutto quello che puoi metterci nel tutto.

A questo punto posso scegliere di cercare tutto il bello e ringraziare per tutta l’energia che è arrivata, essere contenta di aver preparato una torta e aver festeggiato a modo mio. Posso far spazio a tutti i pensieri belli soffiando via l’altra parte della medaglia…

Eppure questo tempo, ancora di più, mi fa stare lì e non posso far finta di niente.

Non so dove sono finita,
forse vorrei solo avere uno spaziotempo davanti ai tuoi occhi e tra le tue braccia.

Ti guardo e li vedo tutti, quei particolari,
sei meraviglia.